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Erotici Racconti

Difficile reggere

By 5 Luglio 2017Febbraio 3rd, 2023No Comments

Nascosta per bene dalla penombra del locale la donna avanzava lentamente, mentre il suono abbreviato e riassunto da quella musica jazz-fusion sembrava accompagnare adeguatamente il suo incedere elegante e incerto al tempo stesso. Era facile intuire e peraltro nitidamente supporre, che lei non fosse abituata un granché a tali luoghi, perché le sue origini assennate, benpensanti e borghesi non prevedevano che le donne potessero recarsi da sole in locali di discutibili e di dubbie frequentazioni. Le indicazioni però erano state molto chiare, perché quelle poche parole scritte con quell’inquieta e nervosa calligrafia l’avevano guidata sin là. L’esteso spolverino dal colore corvino che le affagottava il fisico, non faceva altro che mettere in rilievo le curvilinee forme della donna, che attualmente stazionava statica in piedi con quelle lucide scollature nere ad adornarne i delicati piedi, le sue chiare iridi scrutavano l’ambiente, come se stessero cercando e inseguendo qualcuno.

Erano realmente poche le persone presenti a quell’ora, cinque i tavoli occupati, mentre uno in particolare che impegnava un angolo della fumosa sala sembrò attrarre l’attenzione della giovane. Una coppia di seggiole l’attorniavano, ciononostante una di esse ospitava un individuo, l’identico soggetto probabilmente che aveva compilato il cartoncino, dal momento che le era stato recapitato unicamente qualche ora prima. Piccole mezzelune posavano sul volto dell’uomo che sembrava comprendere e decifrare pacificamente un libricino. Era una figura che contrastava e che stonava con l’ambiente, che difficilmente era rapportabile e riconducibile a una sala di lettura. Un solo passo ed ecco che lei arrivava quasi a sfiorare con l’esile mano il piano liscio del tavolino, un muto richiamo, un’esortazione sottile d’attenzione, elegante e garbata esternazione e manifestazione della sua presenza. Inammissibile e irrealizzabile situazione per quel maschio, non innalzare e aumentare notevolmente la sbirciata depositandola sulla nuova e inattesa arrivata, indolente e pacata pure l’ascesa della stessa in direzione della sua avvenente e leggiadra fattezza di donna, andando ad agganciarsi per poi fermarsi e in ultimo spegnarsi sul suo volto: un sorriso di camuffato e di malcelato imbarazzo appariva, giacché adornava e impreziosiva quella forma ovale che accoglieva e conteneva una manifesta ed esplicita espressione dubbia e interrogativa:

‘Ben approdata, molto bene. S’accomodi pure, venga’.

Quelle esplicitazioni emersero e si mostrarono per giunta sennonché equilibrato, per il fatto che affiancarono il comprensibile e lineare cenno del maschio che segnalava e suggeriva la seggiola libera. Angelica si sedette con le ginocchia strette tra loro con le mani nervose per stringere i braccioli della seduta, nel momento in cui momentanee preoccupazioni le foravano l’intelletto: come aveva fatto precisamente a infilarsi in quella posizione? La tentazione, dannata, maledetta cupidigia, pestifera e tremenda curiosità, alla quale non aveva saputo resistere né respingere in alcun modo. In quell’occasione piantò gli occhi sul volto del suo interlocutore con finta baldanza e incauta spavalderia, che tra l’altro lui ignorò, dissolvendola e scacciandola con un sorriso. Dopo sfogliò il libro dal quale estrasse un biglietto e lo spinse con un dito verso di lei, senza pronunciare nessuna parola: 

‘Va’, dirigiti nei pressi dell’uscio che sfocia sul retrobottega’.

Lei in quell’occasione lo decodificò e lo valutò acutamente, piantonandolo con quella capacità espressiva accorta e pronta di quello che lui accennava e che nel frattempo gesticolava con le dita, a quel punto lui si voltò indicando in tal modo la soglia in questione. Lei incerta rivolse l’occhiata con un’espressività interrogativa in direzione del maschio, che per nulla sorpreso dal suo atteggiamento lo incitò con un gesto ad alzarsi e a raggiungere l’uscio. Lei a quel punto si sollevò in piedi tardando ancora un secondo prima d’incamminarsi verso la porta che le avrebbe regalato l’accesso ai suoi viziosi capricci, alle sue fantasie più dissolute e alle sue bizzarrie sfrenate.

Giunta di fronte alla scura superficie di legno allungò una mano per girare la maniglia dando un’occhiata al tavolino sul quale era seduta poco prima, sennonché il misterioso uomo sembrava nuovamente concentrato e ben raccolto sulla lettura. In seguito fece pressione sull’apertura entrando di questo andare in una sala resa luminosa a stento dal chiarore del soggiorno dal quale Angelica giungeva, giacché avrebbe fatto ancora un passo in avanti lasciando la porta richiudersi alle proprie spalle, poi diventò buio totale.

Lei distinse subito differenti figure, eppure era assurdo e impraticabile assimilare e comprendere quante persone ci fossero oltre a lei. In realtà qualcosa le sfiorò delicatamente i capelli, per scendere a tirare con ferma delicatezza la cintura che le stringeva in vita il soprabito. Ricevette solamente un’unica azione che le lasciò sgombra l’epidermide scoperta sotto quella pesante stoffa. Questa volta non aveva dubbi né incertezze di nessun genere, giacché fece scendere lungo le spalle e poi giù dalle braccia l’esclusiva recinzione che fino a quell’istante l’aveva adeguatamente e debitamente protetta. Adesso lei era disadorna, nuda, spoglia.

In seguito avvertì ancora una volta un lieve toccamento, percepì alcune dita addentrarsi tra la sua morbida capigliatura carezzandole la nuca, poi un respiro leggero solleticarle i lobi. Nessun suono definito, nessun vocabolo, soltanto lievi respiri a convergere, a identificarsi e a unirsi al suo appena accelerato sospiro. Delle labbra appena inumidite scivolarono sul collo verso l’incavo dei seni e con enorme stupore colse e distinse l’equivalente percezione avviarsi dalla collottola e digradare equidistante in direzione del dorso, sino alla zona che evidenziano e che marcano la morbidezza delle chiappe.

A dire il vero era concretamente disagevole, enigmatico, faticoso e persino inesplicabile opporsi e resistere all’intima e alla profonda eccitazione del momento, visto che era improbabile e inattuabile controllare le reazioni e le risposte congenite e naturali del proprio corpo. I suoi arti inferiori, in realtà, apparivano come se stessero per annullarsi e per squagliarsi da un momento all’altro, giacché s’arresero e poi crollarono indicativamente nel rigoroso istante in cui la femmina percepì quegli sfioramenti, quei baci leggeri e quelle acquose tracce sparse in ogni parte sul proprio corpo.

Tutto questo avvenne velocemente, in tal modo in un solo istante tutto si fermò come ebbe inizio, ogni cosa s’interruppe, giustappunto il momento di trattenere il respiro, accompagnati e imprigionati da quei secondi arricchiti e corredati da vari fruscii e poi da quella luce così improvvisa e dispotica, infine ecco comparire una stanza vuota con due porte socchiuse.

Lei si trovava lì presente, sennonché derelitta, incustodita e lasciata in disparte, perché al momento era rimasta là realmente da sola.

{Idraulico anno 1999} 

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