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Erotici Racconti

Discorso semplice

By 19 Dicembre 2016Gennaio 31st, 2023No Comments

‘Per me va bene’. Quelle quattro elementari e minime parole, per il fatto che continuano a diffondersi risuonandomi dentro soffermandosi, frattanto che l’aereo finalmente si prepara per l’atterraggio. Parole peraltro basilari, azzarderei dire rudimentali pervenute all’improvviso da un numero di telefono fino ad allora sconosciuto, nel bel mezzo d’una delle mie improduttive, interminabili e inutili riunioni lavorative, perciò al termine di quell’adunanza i colleghi presenti si domandavano alquanto meravigliati, sebbene la riunione fosse andata davvero male, sbaragliando peraltro le aspettative, come io riuscissi ad avere e a portare incredibilmente ancora il sorriso sulle labbra in modo super partes. 

Il dare vita e corpo a quelle parole, comprensibilmente non fu facile né elementare, perché coordinare organizzando un incontro al buio e per di più clandestino, tenuto conto che ha le sue difficoltà e i suoi naturali intoppi, eppure ha lo stesso effetto della pioggia che cade sulle rocce del Carso. Quella mattina, in effetti, tu avevi scoperto che avresti avuto un corso di formazione vicino a casa, ma non troppo, da permetterti in ogni caso di rientrare a domicilio la sera, così di punto in bianco avevi deciso di comunicarmelo per tempo, poiché adesso spettava a me mantenere rispettando quella promessa, in tal modo per difenderla e per onorare al meglio quella parola data, eccomi di nuovo in viaggio. 

Questa volta però l’autostrada era fatta di nuvole, quelle nubi che una volta scavalcate m’avrebbero portato a sentire il profumo del tuo mare, in una baia a tuo dire ammirevole, incantevole e suggestiva. Certo che è bizzarro e inconsueto, che due amanti della montagna debbano poi ritrovarsi in riva al mare. Anche questo, nondimeno poteva essere l’emblema e il vessillo del nostro astruso e stravagante incontro.

L’aereo è in ritardo, io avverto dentro di me il tempo che corre fin troppo, in quanto non prediligo la velocità, ma neppure essere in ritardo. Almeno questa volta, però lo scorrere del tempo mi permette di non sentire i morsi dell’emozione, allora scendo dall’aereo e per fortuna riesco a trovare una macchina che in un tempo abbastanza accettabile mi porta al luogo del nostro incontro. Una volta capitato là, l’entusiasmo per quella località conquista velocemente le mie intime percezioni, considerato che inquadro subito un’insenatura di pescatori, qualche rimessa per le barche, alcune abitazioni per la villeggiatura e incomprensibilmente un centro per i congressi, che francamente un po’ contrasta stonando appieno con il resto della situazione e del paesaggio.

L’alloggio è indubbiamente una vera perla tra gli scogli incassato a picco sul mare, ben incastonato in quel magnifico contesto paesaggistico, naturalmente anche questa volta avevi avuto ragione tu. Giusto il tempo di sistemare la stanza, mettere in fresco il regalo per il dopocena e fare una doccia veloce. Appena mi siedo al tavolo del ristorante, giacché pare più che una cucina di casa per la verità, nemmeno il tempo di fumare una sigaretta per far calare la tensione che vedo da lontano la tua ombra entrare nel locale. Io non t’avevo ancora mai visto, eppure sapevo che eri tu. Al momento mi riecheggia repentinamente la tua voce, sì, quel suono che raramente avevo ascoltato, aveva al presente disegnato tracciando dentro di me il tuo individuale aspetto: piccola, splendidamente disegnata nel tuo vestito nero poco sopra il ginocchio, i sandali con il tacco, le unghie delle mani e dei piedi d’un color prugna, perché tutto ciò non fa altro che far risaltare maggiormente la tua carnagione fantasticamente chiara e i tuoi occhi color verde acquamarina, perché più t’avvicini e più non posso non notare che l’unica biancheria intima che indossi sono solamente un paio di culottes.

Io m’accorgo di grondare per l’impaccio che avverto, sperando frattanto di riuscire a tenere a bada la mia istintiva, sciocca e irrefrenabile erezione da fanciullo, perché l’imbarazzo iniziale dopo la stretta di mano e il bacio sulle guance come due vecchi conoscenti scivola via per fortuna abbastanza in fretta, dal momento che l’atmosfera che si è creata assieme alla cena e al cibo ci aiuta a far sbrogliare sciogliendo a ragion veduta le nostre parole, così tra un morso e l’altro discutiamo di libri, di fumetti, di gite in montagna e di vette mai raggiunte, conversiamo di noi attraverso ciò che ci piace, nel momento in cui la tua risata è piena e avvolgente. Appena hai finito d’assaporare il pesce spada, ti chiedo se finalmente vuoi assaggiare il famoso Ramandolo a te sconosciuto, poiché ero riuscito a mettere in fresco nel frigo della stanza, per il fatto che volevo finalmente capire se avevo vinto la scommessa sul fatto che era più buono della Marsala. Tu per l’occasione mi guardi un po’ divertita e un po’ stupita non tirandoti indietro, in tal modo nel tempo in cui saliamo su per le le scale capto distintamente il tuo sguardo, che cerca di scrutare a fondo i miei pensieri e le tue mani che fino ad allora non avevo nemmeno sfiorato sento che mi pizzicano il sedere, io inaspettatamente provo un lieve imbarazzo, perché non me lo aspettavo davvero, neanch’io tuttavia mi tiro indietro.

Io spalanco pacatamente il portone e ti lascio accedere, in questo modo ne approfitto per sospingerti flemmaticamente verso il canapè, tu frattanto ti lasci andare e allunghi le gambe, giacché questo è uno schietto invito per slacciarti i sandali e per cominciare la mia ingegnosa opera, perché in breve tempo inizio a godermi la tua epidermide, nel tempo in cui tu cominci a svestirmi. Quando il tuo seno appuntito appare da sotto il vestito vedo che avevo ragione sulla quantità della tua biancheria, considerato che ti chini un po’ e m’afferri la testa con le mani, ordinandomi di baciarti sulla bocca spingendo la mia lingua dentro di te sul collo, mentre i miei denti mangiano i tuoi brividi, sul seno, soffermando la mia bocca sui tuoi capezzoli eretti e fieri, intanto che le mie mani portano a compimento la tua completa svestizione. 

Io sollevo il tuo sedere e la mutandina non c’è più, l’eccitazione nell’aria sale sempre di più incontrollata davanti al tuo corpo interamente liscio, sei leggera e così ti faccio scivolare dalla poltrona al pavimento, gradualmente ti lasci distendere per terra e resti preda dei miei baci e delle mie mani che cominciano a scavare tra le tue cosce. Anche le tue mani però non stanno per niente ferme, perché in poco tempo mi spogli e le mani afferrano il mio sesso ormai duro, sennonché ti sollevi e così adesso sono io per terra, mentre tu ti metti cavalcioni offrendoti a me per leccarti da dietro. In realtà non faccio nemmeno in tempo a far scivolare la mia lingua tra il tuo sesso aperto e succoso, che sento già la tua bocca avvinghiare totalmente la mia asta, facendomi mugolare dal piacere, sennonché te lo spingi fino in gola senza titubanze, intanto ti siedi a sfregarti sulla mia bocca che non desidera altro che riempirsi dei tuoi liquidi. 

Io ti lecco velocemente la fica, poiché il nettare che largamente comincia a riempirmi il volto mi fa pensare che tu gradisca ben volentieri la mansione che sto eseguendo. I respiri al momento crescono, io vertiginosamente sono in affanno, il tempo di pensare che ormai sia finito, che ti fermi e lasci la presa. Alla fine mi baci guardandomi senza esprimere nulla, restando così piegata in avanti giacché m’offri la parte villosa e odorosa più nascosta di te da riempire. Tu vuoi percepire nettamente il mio cazzo che t’imbottisce opportunamente il didietro, cosicché io slitto lì di sopra tra le chiappe, dopo aver appropriatamente intriso il glande per pochi secondi fra i tuoi abbondanti fluidi e lo depongo in conclusione all’ingresso dell’ano, tu trattieni ragionevolmente il respiro, io spingo per l’occasione leggermente saggiandone la profondità, stando attento per non causarti indolenzimento alcuno. Tu blocchi nuovamente il respiro, nel tempo in cui io entro ancora un po’, in seguito tu cominci a riprendere fiato, infine ti volti rasserenata per farmi vedere il sorriso che ti riempie il volto in maniera animosa concedendomi in tal modo il benestare. Io entro ancora di più, comprendo che posso placidamente proseguire, dal momento che sento che ormai il tuo primo affanno di dolore si &egrave già trasformato agevolmente in un libidinoso e in un lascivo piacere, poiché sono dentro di te.

I tuoi muscoli sono pienamente rilassati giacché seguono il ritmo dei nostri corpi, dentro e fuori in maniera sempre più frenetica e spasmodica. Per un istante sento anche la tua mano che scivola da sotto fino al nostro amplesso, perché lo vuoi sentire in tutte le direzioni con tutti i tuoi sensi. A questo punto i nostri corpi si muovono simultanei, sbattono l’uno contro l’altro provocando ogni volta un grido di piacere maggiore. Con il ritmo che stiamo dettando io sono pronto per eiaculare. Tu senti il mio sesso gonfiarsi dentro di te ancora di più, avverto che il nettare che cola tra le tue cosce aumenta fino quasi a schizzare, in tal modo afferro i tuoi fianchi e mi spingo dentro di te il più possibile, tu rilassi i tuoi muscoli e cerchi di farmi entrare fin dentro la tua anima. In quell’istante comincio a riempirti di me, mentre le nostre grida di godimento e di piacere riempiono la sera frastornandola, che fino a poco tempo fa era tiepida, quasi fresca.

Alla fine mi cedono ineluttabilmente le gambe e scivolo sopra di te, tu m’afferri le mani e te le stringi al seno, infine con cautela riprendiamo fiato l’uno accanto all’altro, mentre adesso cominci a farmi assaporare i baci croccanti che t’hanno reso famosa e rinomata ai miei occhi.

Devo ammettere e confidare, che per questa volta, non sono sicuro però se ho vinto concretamente la scommessa, perché adesso è arrivato il tempo del nostro caffè, una miscela questa qua indubbiamente e rigorosamente arabica. 

{Idraulico anno 1999} 

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