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Erotici Racconti

Elenchi a volontà

By 12 Aprile 2017Febbraio 2nd, 2023No Comments

A ripensarci bene, ponderando attentamente il concetto e il senso della logica e del ragionamento, fare l’amore in due è senz’altro una faccenda a tal punto indubbia, prevista e per di più scontata, dato che non vale la pena nemmeno d’argomentare né di ragionarci su ulteriormente, perché è in fin dei conti totalmente fuori trattazione. Il numero due però, non è indispensabilmente né necessariamente per forza l’unitaria quantità che s’adatta e che s’uniforma armonizzandosi all’evento o alla contingenza del momento per chi ha voglia di sfogarsi, preparandosi e infine scatenandosi facendo sesso. I calcoli sono innumerevoli, perché ogni porzione e ogni quantità può essere comparata, congiunta e legata a un’emozione diversa e innanzitutto a un differente e percepibile piacere, in brevissimo tempo li elenco esponendoveli qui di seguito.

(Uno). E’ il capriccio per eccellenza, per squisitezza il mio diletto e quello più protetto, tenuto conto che essendo isolata e solitaria è essenzialmente il primo piacere in sostanza che ho avvertito scoprendolo e adoperandolo da quando ero in verità nientemeno che una fanciulla, perché lui è sennonché fuori dubbio l’esclusivo e il prezioso alleato piacere che fino a oggi non mi ha giammai ingannato né raggirato, in quanto è il godimento garantito, riparato e sicuro su cui puoi fare completo e incondizionato affidamento. Adoperabile, disponibile e sfruttabile di continuo, da dosare e da frazionare nella quantità giusta e secondo i tempi più idonei e opportuni, direi non sempre entusiasmante né esaltante, malgrado ciò oserei affermare pratico e senz’eccessive né smodate complicazioni, sì, esattamente quello scoglio benefico, generoso e salubre sul quale appigliarsi consolandosi laddove il residuo esita e barcolla o non c’è in nessun caso.

(Due). Questo qui, è effettivamente l’appagamento, il diversivo e il trastullo che ho iniziato a intravedere sperimentandolo quand’ero una fanciulla alle prese con le prime infatuazioni, con i primi baci e con gli abbracci furtivi nei pressi di quegli svariati fabbricati poco distanti da casa mia. E’ stato inoltre il compimento che ho in seguito scoperto convenientemente contrassegnandomelo del tutto a diciassette anni da poco compiuti in una notte stellata su d’un litorale con molti amici della combriccola, mi ricordo ancora in cerchio con la chitarra attorno al falò e tanti altri sparpagliati con i relativi duetti, precisamente dove la luce non giungeva oltre. In seguito di conoscenze e di fidanzati ne sono comparsi altri ancora, per il fatto che le occasioni e le circostanze favorevoli per fare sesso si sono automaticamente moltiplicate. Con il passare degli anni, per fare un esempio, non c’è stato più bisogno di defilarsi sottraendosi dalla compagnia degli amici e delle amiche, perché a una certa ora della sera la compagnia si scioglieva di proposito, dal momento che ciascuno di noi potesse appartarsi liberamente nel migliore dei modi con il suo partner di turno. A un certo punto, infatti, non c’è stato più bisogno d’inventare scappatoie né di riferire scuse assurde e insensate con i miei genitori, per giustificare quella mezz’ora di ritardo al rientro usata per scopare in macchina, oppure rimanendo imboscati in qualche casa cantoniera abbandonata. Inoltre ricordo d’aver avuto qualche promesso sposo ospite per cena presso la mia abitazione e in seguito all’assenso e al beneplacito di mia madre, che con la scappatoia di non farlo rientrare a casa fuori tempo massimo, perché pure squattrinato, lei gli approntava accuratamente il giaciglio a questo punto inservibile di mia sorella già coniugata. In seguito mi ricordo di noi due da soli con quei ritrovi idilliaci e poetici in quello stabile in autunno, chissà perché quasi sempre di sabato. Lì dentro, infatti, ben asserragliati e scrupolosamente senz’estranei intorno c’infilavamo confortevolmente sotto quelle trapunte per riaffiorare unicamente la domenica verso sera alterati, trasformati e per di più stralunati dallo smoderato fottere a più non posso. Quella là, a dire il vero, è stata la stagione degli esperimenti e delle scoperte, dal momento che qualunque intreccio di gambe e di braccia era stato scrupolosamente misurato, qualsivoglia incastro possibile era stato ponderato, sperimentato e verificato. A ventidue anni però, ai tempi dell’università, ormai lontano da casa dei miei genitori, dividendo piccoli appartamenti più o meno malagevoli e stretti con questa e con quella compagna di corso, ho avuto sennonché il chiarore, l’esatta illuminazione, sì, dato che per la felicità bisogna essere in due sotto le trapunte senza nulla addosso, però non è affatto detto né definito che l’altra persona debba per forza essere un ragazzo. Questo, in realtà, è quello che è successo, in quanto si è verificato in pratica con Veronica, dal momento che il rompicapo si è spiattellato infine mostrandosi nella tarda serata d’un persistente nubifragio, dove l’angoscia e lo spavento del bagliore dei fulmini ci aveva inaspettatamente fatto riparare stringendoci in tal modo con ardore l’una nelle braccia dell’altra nel medesimo giaciglio. Il temporale, effettivamente, non è durato più di trenta minuti, eppure noi due da quel giaciglio siamo riemerse solamente a mezzogiorno del giorno dopo, senz’avere il pigiama né null’altro addosso, con la ferma e ostinata convinzione in testa che scopare assieme a una ragazza è una gran bella faccenda, e che noi due eravamo state proprio cretine e stolte a non rendercene conto parecchio tempo prima.

(Tre). Con Veronica, ho abitato per almeno un paio di anni e in quel tempo ho cominciato a sospettare che il numero giusto per scopare non fosse per niente il due, ma piuttosto il tre. Prima è stato un tre presumibile e anche un po’ schizofrenico. Oltre a me, il mio ragazzo lasciato al paese, ma con il quale trascorrevo arroventati fine settimana e per terza Veronica, con cui trascorrevo le altre sere della settimana in acrobazie diverse, ma non meno infuocate. Veronica naturalmente, sapeva del mio ragazzo (io altrettanto del suo), ma non c’era motivo né tema di gelosia d’argomentare. Del resto non eravamo innamorate, i nostri giochi erano puri svaghi fini a sé stessi per il sano e semplice gusto di godere. Il mio ragazzo invece, non sapeva di Veronica, anzi, poverino si rodeva e si tormentava angustiandosi inutilmente per l’antagonismo per via di alcuni nuovi amici in quell’anno di studio, sebbene verso i quali io non m’occupassi di loro in maniera alcuna. Questa era diventata una situazione ansiosa, contrastante e pure schizofrenica che non poteva durare, perché in effetti un po’ per questo e un po’ per altro, a un certo punto la storia tra di noi finì. Con Osvaldo i rapporti si sono lentamente raffreddati e quando lui m’aveva appena accennato d’una certa sua simpatia per un’altra giovane che gli ronzava intorno, io ho tirato un sospiro di sollievo, ho preso la palla al balzo e l’ho lasciato. Un altro ragazzo stabile in quel momento non lo avrei voluto per nessuna ragione, eppure un maschio come si deve giova e serve eccome, dal momento che è stato un gioco semplicissimo reclutarlo tra i compagni dell’università ingaggiando quello che potesse andar bene per me. L’ho scelto bene però, di cultura estroversa, d’impostazione spigliata e di mentalità sufficientemente aperta, l’ho sennonché informato già da subito dei miei lascivi, lussuriosi e sfrenati giochi con Veronica e c’è voluto davvero poco perché il tre eventuale diventasse immediatamente un tre compatto e reale a tutti gli effetti. Malignamente e maliziosamente complici, una sera io e Veronica abbiamo invitato Vito per cena e lo abbiamo fatto bere a sufficienza, abbiamo tracannato abbastanza pure noi, lo abbiamo provocato e punzecchiato in mille modi, ci siamo stuzzicati a vicenda e al momento buono ci siamo infilati nell’unico grande letto, tutti e tre. Dopo ci abbiamo fatto l’abitudine e per un bel po’ di tempo quell’amore veramente da goduria, lo abbiamo allacciato a questo fatto d’infilarci costantemente a letto tutti e tre come una specie di rito scrupoloso d’adempiere.

(Quattro). Anche Veronica aveva un ragazzo al suo paese, che chiaramente non dubitava né sospettava per nulla quello che Veronica combinava e organizzava con me e anche di quello che aveva iniziato a comporre assieme a me e con il mio nuovo amichetto, eppure anche per lei, a un certo punto giunse il momento di lasciarlo sostituendolo, perché anche lei lo ha rapidamente soppiantato con uno dalla mente più consona e maggiormente spalancata alle nuove sperimentazioni, visto che molto semplicemente si è messa assieme con un amico di Vito, perfettamente al corrente dei nostri strusci, ben lieto ed esultante d’esserci anche lui nella combriccola. E così, la sera, nel nostro appartamento da esperte e da intraprendenti ragazze universitarie, Vito ci veniva regolarmente a trovare con il suo amico, mentre i nostri sfregamenti sono diventati più complicati, lascivi e assai multiformi. Nella più tranquilla delle serate, infatti, si finiva per fare l’amore fianco a fianco nello stesso letto, osservandoci a vicenda per mezzo della grande specchiera a muro e incitandoci per fare bene e per provare questo e quest’altro novizio e benaccetto mutamento. Molto spesso c’erano le serate nelle quali i ragazzi ce li scambiavamo tanto per variare un po’, giacché aumentavamo le serate degli esperimenti e delle verifiche, in cui si provavano incastri strani e stravaganti innesti d’ogni genere. Poco alla volta li abbiamo sperimentati tutti, con la bocca, con le fiche, con i sederi, una volta con uno davanti e l’altro dietro e l’altra volta viceversa, poiché il sedere ce l’hanno anche i maschietti, così noi per non lasciare nulla d’intentato li abbiamo convinti anche a infilzarsi convenientemente tra di loro. Ce ne sono volute però d’esortazioni e d’incoraggiamenti per far prendere loro in considerazione l’idea di metterla in ultimo in pratica, sennonché noi ragazze avevamo tempo, pazienza e argomenti molto convincenti, e una volta adeguatamente sondato un primo tentativo, poi anche questo è in conclusione diventato un incastro abituale da ripetere di tanto in tanto, quando si era in vena di stranezze o si era un po’ più brilli del solito.

(Cinque). Completata l’università, l’idea di tornare a casa al paese per stare con i miei genitori non mi è lontanamente passata per la testa, visto che per un po’ io e Veronica abbiamo continuato ad abitare assieme nel vecchio alloggio, poi con il lavoro e con i primi soldi ci siamo sistemate al meglio ciascuna con il proprio ragazzo e di lì dopo un breve periodo di fidanzamento ci siamo anche sposate. Ormai non ci vedevamo più come tutte le sere, ma le capriole assieme nel grande letto le facevamo lo stesso eccome, dato che almeno un invito settimanale a casa nostra o a casa loro era d’obbligo, com’erano peraltro inderogabili i fine settimana insieme in montagna o al mare e soprattutto le ferie. Nel periodo di vacanza partivamo meticolosamente tutti e quattro e per un paio di settimane tornavamo indietro ai bei tempi d’una volta. Ed è stato proprio durante una villeggiatura che abbiamo sperimentato l’amore in cinque mettendoci alla prova. Avevamo affittato un cabinato e giravamo per le isole della Grecia, gettavamo l’ancora in calette tranquille e ci rilassavamo per prendere il sole facendo il bagno meticolosamente senza nulla addosso. In una di queste calette deserte, invero, il quinto soggetto si è materializzato sotto forma d’uno studente belga in vacanza da solo, con lo zaino e il sacco a pelo: noi intente prendendo il sole nude sulla barca ormeggiata a cento metri dalla riva, lui viceversa arrostendosi sotto il sole nudo in spiaggia, però evidentemente lo attiravamo, perché ogni tanto si tuffava avvicinandosi a nuoto, così lo abbiamo invitato a salire a bordo. Non era palesemente bello ma risultava simpatico, vestito soltanto della sua abbronzatura e con un aspetto molto più giovanile dei suoi ventisette anni, un lineamento da ragazzino, però un giovane molto pepato. Lui ci è subito piaciuto e noi dobbiamo essere piaciuti a lui, in quanto lo abbiamo arruolato e nel resto della vacanza è rimasto sempre con noi sull’imbarcazione. Un vero affare non c’è che dire: perennemente nudo, il cazzo dritto in cresta a ogni minima occasione, nessun’inibizione e nessuna remora né indugio alcuno. Io e Veronica ce lo siamo spupazzato a dovere per una settimana in tutti i modi immaginabili e ipotizzabile, siccome anche i mariti si sono abbuffati per bene molte volte approfittando della circostanza giovandosi in conclusione delle sue chiappe abbronzate e sode. 

(Sei e sette). Al sei ci siamo arrivati tramite internet, perché navigando in rete, infatti, Veronica e Cesare avevano trovato l’annuncio d’una giovane coppia di Como disponibili a fare maialate in compagnia. Dopo molti dubbi si erano decisi ad avvicinarli e dopo qualche contatto preliminare c’erano finiti a letto, poi, naturalmente li hanno fatti conoscere anche a noi e si sono organizzate un po’ di serate a tema con sei persone. Il sette invece non ci è mai capitato, ma la cosa non ci ha disorientato né sconcertato più di tanto. Se proprio si vuol fare i maialini, è inevitabile farlo sommando le coppie con dei numeri pari, e il sette ha il difetto e la lacuna d’essere un numero dispari.

(Otto). Per adesso è il massimo cui siamo giunti, giacché anche questa è stata la storia d’una vacanza estiva in barca. L’estate successiva, con lo studente belga siamo andati ancora in vacanza in Grecia e di nuovo abbiamo affittato un cabinato per girare le varie isole. Stavolta la fortuna ha voluto che in un’escursione a terra c’imbattessimo in due coppie giovani di Grosseto. Dopo gli abituali scambi di convenevoli e di cortesie tra italiani che s’incontrano all’estero, la scelta è stata quella d’andare a pranzo insieme in una taverna che loro conoscevano. Affinità e simpatia reciproca e altri pettegolezzi più rilassati, per scoprire infine che anche loro erano dei bei tipi e coltivavano abitudini sporcaccione e spinte come le nostre, così, poiché a bordo di spazio ce n’era abbastanza, e loro che erano per giunta scontenti dell’albergo dove erano alloggiati – giacché meditavano di trovarsi un’altra sistemazione, li abbiamo sennonché invitati a bordo tutti e quattro per continuare adorabilmente la vacanza assieme. Saliti sull’imbarcazione in avanscoperta, per vedere la sistemazione ne abbiamo approfittato per fissare bene le poche regole della vita di bordo, e lì in quel frangente abbiamo rischiato di mandare a monte tutto. Per farla breve, sia far la vita in comune a stretto contato di gomito e in spazi ristretti sia per stringersi un po’ per dormire tutti nei letti giacché non bastano per otto quanto, per fottersi reciprocamente i partner altrui tutte le volte che ne capitava l’occasione, pure per farsi le coccole tra ragazze, ai due maschi grossetani non andava proprio giù l’idea di mettere nel mucchio delle cose da scambiarsi liberamente, come le loro chiappe mascoline inflessibilmente e rigorosamente mantenute fino a quel momento completamente intatte. Su quest’argomento loro non volevano sorvolare, perché sarebbe stato un peccato perderli e così abbiamo trovato un accordo: i vostri glutei li manterremo lontano dallo svago, però non tentate d’indignarvi né di turbarvi se dei nostri deretani facciamo placidamente tutto ciò che ci aggrada, avevamo noi categoricamente ribadito per l’occasione. Dopo alcuni giorni anche questo problema si è risolto sistemandosi nel migliore dei modi, perché dopo aver visto Mario e Vito scoparsi placidamente in modo reciproco senza che succedesse niente di male, dopo essersi notevolmente eccitati nel vederlo fare e dopo essere stati etichettati e in ultimo marchiati come dei conigli, dei fifoni e degl’insicuri dalle loro donne, perché non avevano la baldanza né la spudoratezza di compierlo, i due individui sono infine discesi a posizioni più concilianti e più flessibili rimettendosi in gioco. Alla fine si sono decisi e sono stati loro stessi nel proporre di modificare le regole, niente di più semplice per noi. In un attimo siamo ritornati linearmente al metodo tradizionale, in tal modo all’istante i loro cazzi hanno potuto conoscere l’emozione e la trepidazione d’infilzare un sedere maschile e nella mezz’ora successiva con un po’ più di difficoltà senza nessun vero dramma, le loro chiappe hanno smesso per sempre e in ogni tempo d’essere illibate.

(Più di otto). Otto è già una bella cifra per fare l’amore tutti assieme, di più può anche darsi che sia maggiormente soddisfacente, eppure per il momento non abbiamo ancora provato, in futuro chissà, chi può dirlo. 

Del resto, la serie e la sfilza dei numeri naturali è per sua costituzione infinita, per il fatto che dopo l’otto di numeri ce ne sono ancora tanti. 

{Idraulico anno 1999}  

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