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Erotici Racconti

Episodio traumatizzante

By 29 Gennaio 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Adesso mi pento, mi rammarico e mi rattristo considerevolmente per ogni occasione di fare l’amore che ho rifiutato e rinunciato, perché dopo tutto il mio girovagare e il mio vagabondare per il mondo, al presente comprendo e scopro che la sola cosa che mi eccita e che mi stuzzica veramente è il sesso. Io non posso astenermi, non posso rinunciare alla pulsione erotica e non vedo nessun buon motivo né alcun presupposto per non compierlo, perciò ho deciso scegliendo di goderne appieno di tutte le sue molteplici sfumature fino a quando le forze mi sorreggeranno e mi sosterranno. Io sento il bisogno d’esaminare il mio rapporto con la sessualità sugli amanti che giocano e sui piaceri della carne che più m’attirano, anche se a ben guardare sono proprio questi ultimi che ho più praticato, perché tutto m’invoglia al peccato, al pervertimento e al vizio.

Io ipotizzo e suppongo che possa sembrarvi strano e diverso dal solito, però quell’immagine di sé innocente furono alla fine il disordine, lo scompiglio e lo sconquasso più grandi in modo categorico e indubbio. Quella fiammante mescolanza di corpi boccheggianti, la carne perfetta e splendente sembrava affondare senza fatica in sé stessa, oggetto e soggetto d’un piacere massimo, esclusivo e indipendente, così diverso da quello che suggerisce l’ano così avvilito e rugoso, chiuso in sé stesso, teso in conclusione una perenne smorfia di dolore. Mi eccita, poiché guardo con esclusivo piacere quelle natiche rosee e sode che gli si offrono con la pelle tirata, liscia e tenera. L’uomo che ammirava con me la visuale era grosso, non tanto muscoloso, però dal pelo ispido, con un cazzo spaventoso dal glande sporgente e gocciolante di sperma. Io avevo visto tante donne in quella posizione, avevo visto anche me stessa, eppure questa era la prima volta che vedevo un uomo in quell’atto di conciliante e di remissiva attesa. Io avevo ambito tante volte di trovarmi lì di toccarlo, scrutarlo, alzargli la faccia e fissare i suoi occhi, lubrificarlo con la mia stessa saliva. Io m’immaginavo nuda con un paio di quegli orribili stivali con le zeppe che hanno le puttane più svendute che ho visto per le strade di Verona, di quelle con i tacchi altissimi e affilati, legare quel corpo incolpevole con le natiche esposte e penetrarlo con uno di quegli spilli di vernice, lacerarlo, fargli male, dilaniare quella carne che si è insinuata nella mia mente, tanto da divenire un’ossessione.

Occasionalmente ho avuto addirittura la tentazione di prostituirmi, fare sesso con degli estranei, disposti a pagare per scopare. Dopo la prima violentissima scossa e una lieve vertigine avevo provato la strana sensazione di cambiare pelle, dato che ero enormemente allarmata e impaurita, perché mi piaceva e volevo possederlo così umiliato a faccia coperta. Carne perfetta. Io ero capitata lì per caso in quel noioso e soporifero pomeriggio d’una giornata di primavera. Avevo ventiquattro anni, di fuori il club non aveva nulla che facesse prevedere che cosa ci avrei trovato al suo interno, perché sembrava un bar come tanti in un quartiere alla periferia di Verona. Ero stata accompagnata dall’amante del momento, un elegante industriale di circa sessant’anni dai modi distinti e spiccati con un certo fascino. Con la sua macchina tirata a lucido percorremmo a gran velocità quel breve tratto di tangenziale che ci separava dall’oggetto della nostra curiosità, il circolo privé per l’appunto, un locale per scambisti che gli era stato raccomandato e altamente suggerito da un amico. Io non provavo il benché minimo interesse per quell’uomo, però adoravo i suoi soldi e il suo potere, per dirla tutta non che non ne abbia di mio, in effetti gli riconoscevo un certo talento, ed è per questo che mi sono concessa alle sue incessanti lusinghe.

All’interno del locale io mi ero volutamente separata da lui, giacché volevo usufruire della prima esplorazione per conto mio, naturalmente a nulla valsero le sue proteste, perché probabilmente non ero stata persuasiva nella giusta misura. Là dentro, in realtà, era buio totale e dovetti cercare un divanetto a fatica, quando poi gli occhi s’adeguarono all’oscurità un mondo d’ombre si rivelò d’improvviso ai miei occhi, dal momento che piccole luci colorate segnavano i percorsi fino alle camere del piacere, qualche lume avaro del proprio splendore brillava più intensamente tutt’intorno agli enormi letti collocati al centro delle piccole sale, ai bordi dei quali c’erano file di divani per gli spettatori occasionali, nel frattempo io vedevo che c’era molta gente sparpagliata per il locale impegnata in chissà quali giochi erotici. Masse di corpi attorcigliati erano appena visibili, la musica molto alta e l’odore di fumo, le giacche, i pantaloni, le gonne e la biancheria intima, il tutto abbandonato e sparpagliato casualmente senza troppa cura per terra o alla rinfusa ammucchiati in un angolo.

Per un lungo istante mi sentii triste, così come un relitto abbandonato dopo un naufragio, osservai che bagni e docce erano ben segnalati con delle piccole scritte all’interno di falli giganti al neon colorati di blu e di rosa. Io mi stavo masturbando frattanto con scomoda e snervante lentezza, seduta su quel divanetto di pelle nera con qualche evidente bruciatura di sigarette e con diversi di schizzi di sperma oramai cristallizzati sul bracciolo. Io tenevo le cosce spalancate, indecorosamente divaricate con la fica del tutto depilata a un palmo dal naso di quel biondino con il sedere scoperto, che al presente rimaneva immobile sul letto del privé. Una mano accarezzava lentamente il monte di Venere e l’altra infilata sotto la camicetta bianca direttamente a contatto con il seno giocherellava pazientemente con il capezzolo sinistro, ormai quasi del tutto raggrinzito dall’eccitazione crescente, io non indossavo per l’occasione nessun capo di biancheria intima. L’uomo che stava dietro al biondino si strinse frattanto la punta del cazzo fra il pollice e l’indice della mano destra, il suo sguardo affamato e tagliente passava dalla mia fica al sedere della sua vittima, però che dubbioso e indeciso il figlio di puttana.

Con un leggero accenno del mento io lo incitai ad affondare il cazzo in quella carne ondeggiante, così il mio corpo si trasformò presto in un posto accogliente e caldo, la fica si stava bagnando abbondantemente, in quanto potevo sentirlo. Con le dita divaricai leggermente le piccole labbra, vidi il peloso maschio affondare quel cazzo imponente nel sedere del biondino. Il suo volto per un lungo attimo divenne violaceo per lo sforzo producendo un rantolio da animale ferito a denti stretti, intanto che gli occhi luccicavano scintillanti di lacrime represse. L’uomo s’afferrò ai suoi esili fianchi e cominciò a pompare, il cazzo faticò a entrare per le prime due o tre battute, poi le pareti dell’ano s’assestarono e quel grosso pene cominciò a scorrere con relativa facilità. La discordanza, il contrasto estetico e fisico fra i due corpi erano piuttosto divertenti per me che osservavo la scena: il biondino era chino a testa bassa raggomitolato su se stesso per quanto possibile, i testicoli gli dondolavano sbattendo ritmicamente contro la pancia. Io m’avvicinai furtiva ai due, poiché non sembravano notarmi, perché voglio toccarli, voglio partecipare a quell’estasiante, meraviglioso e sofferto amplesso pensai dentro me stessa, cosiffatto mi misi di fianco del biondino, allungai una mano e gli agguantai saldamente il cazzo, in verità era piuttosto duro, ma non in completa erezione.

Il suo persecutore fermò acutamente la cavalcata e mi fissò sorridendo, poi riprese con una lentezza spaventosa la tortura. Lentamente, dentro e fuori, io mi sentivo torcere all’interno, poiché era come se stesse montando me. Il suo cazzo enorme e violaceo, la punta imbevuta di sperma continuava ad affondare nella carne sanguinante del biondino gemente di dolore però immobile, in quell’istante cominciai a fargli una lenta e sfibrante sega, perché volevo farlo soffrire ancora di più, partecipare al suo affanno, muovevo lentamente la mano destra lungo tutta la lunghezza dell’arnese robusto che sentivo crescere velocemente, accarezzavo dolcemente i testicoli, la schiena, le spalle e la testa. Lo sentivo ansimare, sfuggiva al mio sguardo, guardavo da vicino, sentivo ogni muscolo ogni vibrazione del suo corpo. All’istante l’uomo dietro di lui gli afferrò le spalle con forza e cominciò a montarlo, riversando colpi tanto forti da far schioccare la schiena come una frusta, afferrò i capelli con la mano destra e lo seviziò con tutta la potenza del suo peso e più aumentavano i colpi, più aumentavo il ritmo della mia mano. Io sentii il cazzo tendersi fino al suo estremo, la parte immediatamente sotto la punta ingrossarsi, ero eccitata, estasiata e incantata da quanto stava accadendo, in quanto mi bagnavo sempre più, lo voglio in bocca pensai.

Come d’incanto, come se mi leggesse i pensieri l’uomo rallentò leggermente il ritmo e tirò violentemente i capelli del suo schiavo alzandolo di peso e scaraventandolo di lato, lo fece appoggiare con le braccia tese in avanti alla parete alla sua destra senz’uscire dallo sfintere, perché lui muoveva quel peso morto senza apparente fatica, perché con maniaco e perverso piacere rideva. I suoi occhi erano lucidi di follia, sussurrava all’orecchio del poveretto, gli baciava la schiena e gli mordeva le spalle, sculacciandolo e martoriando le chiappe fino lasciarne segni evidenti, perché le apriva con entrambe le mani per penetrarlo più a fondo e poi le stringeva su quel suo fallo rosso vivo per provare più piacere, poi fece segno di mettermi di fronte al suo giocattolo di carne. Io non me lo feci ripetere, mi spogliai velocemente e mi misi raggomitolata sul fianco destro, con la schiena radente al muro e presi in bocca il giovane cazzo del biondino che tentava di scacciarmi con una mano, ma l’uomo dietro di lui lo bloccò con violenza dicendogli: 

‘Dai, lasciala fare, così se la spassa un poco’. E lui in modo infruttuoso replicava:

‘No, ti prego, falla smettere’ – tentando inutilmente di protestare.

Io non commentai e mi ficcai quel cazzo in gola mentre lo guardavo ansimare furiosamente e ghiottamente di piacere, entrambi s’abbassarono leggermente verso di me e la danza riprese il suo regolare ritmo:

‘Dio come lo sento, che buono il suo sapore, proprio dolce come lo avevo immaginato, sì, lo voglio dentro’.

Io scivolai di fronte a lui, ci spostammo sennonché leggermente indietro, afferrai con la mano destra quel cazzo eretto e me lo feci scivolare dentro. Il suo carnefice esplose in una furente risata e ricominciò a scopare con rinnovato vigore, io captai la punta premere fra le piccole labbra e infilarsi agevolmente, poi scivolarmi dentro del tutto fino ai testicoli, dopo lo avvolsi con i muscoli della fica, presi tutto dentro quel giovane uomo chino sopra di me, mentre contraevo la fica ritmicamente e con la mano destra solleticavo con perizia il clitoride. Stavamo sudando, il biondino continuava a nascondere il viso fra i miei seni, a un tratto afferrò in bocca un capezzolo e cominciò a succhiarlo dolcemente, così come farebbe un bambino nell’atto di succhiarne fuori del latte. Per un istante mi fece perfino tenerezza, poi sentii il vecchio porco gemere sempre più forte, in quanto il bastardo stava godendo prima di me. Il mio cucciolo ansimava, io boccheggiavo pesantemente, stavo per venire, ci muovemmo all’unisono, sentii un calore salirmi dallo stomaco. Venni sì, stavo godendo e gridando, anche il biondino e il mostro che ci stava scopando entrambi vennero con me, sentivo distintamente quel nervo che corre dalla base alla punta della parte inferiore del cazzo appena sotto la punta tendersi ritmicamente per tre volte e un calore invadere il mio utero.

Quello era il segno tangibile che abbondanti schizzi di sperma m’avevano già riempito, poiché li sentivo colare dalla fica fino al buco del sedere, bagnandomi abbondantemente. Quei due esseri m’ispiravano una strana violenza, eppure rimpiansi per un attimo di non avere le unghie lunghe da conficcare in quella carne morbida per timbrarla con il suo stesso sangue. I due s’alzarono subito, il più giovane traballava con il suo cazzo ormai ridotto a una caricatura di sé stesso, debole e floscio, contrariamente alla promessa di quella mazza che avevo dentro di me fino a poco prima, poiché svanirono rapidamente dietro la porta della sala. Io rimasi abbandonata alla sensazione di quel calore che mi dava sempre un orgasmo violento, però mi resi conto per la prima volta che altre persone erano lì nella sala con noi e mi stavano fissando. Per qualche secondo ebbi la spontanea reazione di coprirmi, ma la respinsi subito, anche se con evidente fatica, perché ormai non so a che cosa potesse servire. Due uomini, infatti, uno sulla trentina e l’altro con almeno dieci anni più grande d’età mi fissavano entrambi nudi dai divanetti, io sorrisi e rimasi lì distesa con gli occhi chiusi a riprendere fiato, finché uno dei due esordì:

‘Ti senti stanca?’ – nessuna risposta però da parte mia sopraggiunse.

Il più vecchio sedeva sul canapè con il cazzo dritto, si collocò al mio fianco indicando all’altro di fare lo stesso, io intuivo che cosa voleva esattamente. Il ragazzo giovane aveva cominciato a sfregarsi contro di me, perché potevo avvertire chiaramente il suo cazzo eretto contro la pelle sudata, mentre dei leggeri brividi percorrevano il mio corpo ansante. I capezzoli erano duri come chiodi e mi facevano male, in tal modo mi girai verso di lui e di scatto mi sollevai sedendomi sopra cavalcioni con tutto il cazzo stretto dentro di me, dopo m’adagiai stesa posando la testa sul suo torace per riposare un altro minuto, ma l’altro con uno scatto fu dietro, io feci in tempo soltanto a esclamare: 

‘Che cosa fai, no aspetta’ – fu la mia invana obiezione, tentando di resistere e di scostarmi, però loro m’avevano già afferrato entrambi e non mi lasciavano muovere, sennonché l’uomo maturo acutamente intervenne:

‘Sta’ calma, non è così doloroso e poi non ti servirà a niente, per davvero, credimi. In fondo non è colpa nostra se ci piaci tanto, visto che stai qua davanti mentre ci guardi vogliosa con quegli occhi affamati’. 

‘No, ti prego, io non posso. No, non l’ho mai fatto, no. Sei un figlio di puttana, non voglio, adesso lasciami’.

La sua mano destra che io immaginavo stretta al cazzo premette con violenza contro un orifizio, che io avevo sempre sentito come cagionevole e fragile, poi non potei più parlare, dato che il dolore mi lasciò immobile e muta paralizzandomi, perché giammai prima d’ora in vita mia avevo sperimentato un dolore e un tormento simile. In quel frangente scoppiai a urlare come un animale, alla fine un pianto esplose soffocandomi in gola e privandomi anche di quella consolazione, lasciandomi totalmente incapace d’oppormi a quelle bestie che si contorcevano dentro e sopra di me usandomi, come anch’io prima avevo usato quel giocattolo di carne umana. Successivamente benché mi sembrasse impossibile, il dolore s’intensificò, dal momento che l’uomo si lasciava cadere a peso morto sopra di me sfondandomi. Lui affondava e ritraeva quel cazzo che mi sembrava enorme, portandosi ogni volta sempre di più le mie viscere con sé, sentivo la sottilissima membrana che separava i due falli cedere e assottigliarsi, io ero imbrigliata, imprigionata dalle loro braccia che m’inchiodavano a quei cazzi mostruosi, che mi stavano torturando crudelmente. Non riuscivo a divincolarmi, il corpo era come un unico fascio di nervi percorsi dalla corrente elettrica, finché ebbi solamente il tempo di pensare, adesso questi due mi romperanno. La testa cominciò a girarmi, mi sentivo svenire, mi veniva da vomitare, sentivo a ogni botta il cazzo nel posteriore come risucchiato dentro di me, sentivo un impellente bisogno d’andare di corpo, non ce la facevo più, ogni fibra del mio essere era percorsa da un dolore acuto e martellante, mi sentivo aperta, esposta al piacere di quei due che mi stavano violentando con una furia omicida negli occhi, gridavo e piangevo, però non riuscivo a muovermi, poi quando li sentii gemere capii che stavano eiaculando, appresso rimasero immobili dentro di me, io restai ferma mentre continuavo a piangere in silenzio. 

Io volevo disperatamente che se ne andassero, però non riuscivo a muovere un solo muscolo, per il fatto che tutto il corpo mi doleva, perché la cognizione e la consapevolezza della brutalità e della violenza appena subita era sconvolgente. In seguito sentii che si stavano muovendo, mi fecero ruotare con delicatezza da un lato, il più giovane andò a sedersi di fronte a noi, l’altro prese in bocca uno dei miei capezzoli, giacché lo succhiava leggermente, riversava lievissimi colpi in cima con la punta della lingua, al destro e poi al sinistro, dopo scese baciandomi fino all’ombelico, intanto che strofinava la faccia contro il pube, la pancia e le cosce. Io non ero in grado di muovermi, in quanto il dolore era ancora troppo forte, sentii che m’allargava le gambe, tentai di sedermi, ma una spaventosa fitta di dolore mi fece crollare distesa e lui predicò: 

‘Non muoverti’. 

Io tenevo gli occhi chiusi, tutto questo non stava accadendo a me, allora sentii le sue labbra schiudersi intorno al clitoride, lui iniziò a leccarlo con dolcezza, perché ficcava tutto il viso nella fica umida di sperma del suo amico, giacché sembrava piacergli immensamente. Dopo mi sollevò le gambe e le divaricò fino al punto massimo nel tempo in cui leccava golosamente la fica, il buchetto e tutti i fluidi che c’erano là presenti. Una bizzarra e un’insolita sensazione cominciava attualmente a intrufolarsi dentro di me, poiché era un piacere inedito misto al dolore, perché mi piaceva innegabilmente quel servizio inaspettato. Appresso vidi che i due uomini si davano in cambio, poi due lingue, due bocche su di me, visto che un lieve mugolio di piacere fuoriuscì spontaneamente dalla gola, entrambi se ne accorsero e aumentarono il ritmo. Ambedue succhiavano, leccavano, sentivo distintamente la faccia, il naso, la bocca chiusa di uno e poi dell’altro immergersi freneticamente fra le cosce, onestamente mi piaceva. Il dolore stava scomparendo, ma non sparì del tutto, giacché rimase lì per tutto il tempo, finché il piacere non se ne staccò, crebbe e vinse, così mentre avvertivo ormai gli ultimi spasmi le gambe smisero finalmente di tremare e venni. Il ricordo della violenza appena subita aggiunse una nota toccante al piacere che mi stava possedendo e scatenò un risultato inaspettato e quanto mai spietato e bestiale nella sua originale sofferta bellezza, perché in quella circostanza i due individui s’alzarono sorridenti e s’allontanarono. Dopo un lungo istante io mi rialzai, la testa mi girava assai, grondavo di sperma e non mi ero giammai sentita così male, le guance erano rigate dalle lacrime, gli occhi mi bruciavano, strizzai l’occhio per capire se c’era qualcuno nella stanza, malgrado ciò non vidi nessuno, agguantai i vestiti, infilai in fretta l’uscita allontanandomi rapidamente da lì. 

In conclusione incrociai il mio assurdo, incoerente e irrazionale accompagnatore sulle scale che portavano al piano bar. Rimasi notevolmente disorientata, decisamente sconcertata e sorpresa di quanto lui fosse rimasto frastornato e turbato nel vedermi. Io non me ne preoccupai per nulla, perché volevo soltanto andarmene alla svelta da quel doloroso, infausto, sciagurato e torbido posto. Rientrai verso casa, non divulgai né rivelai l’accaduto con nessuno di quanto successe quel pomeriggio durante i successivi quindici anni.

Da quel giorno, però, non vidi più il mio accompagnatore, giurai e promisi accuratamente e fedelmente a me stessa, che non sarei mai più entrata a seguito di quella sgradevole e ripugnante esperienza per nessuna ragione al mondo all’interno d’un club privé. 

{Idraulico anno 1999} 

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