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Erotici Racconti

Fragore e tempra

By 7 Agosto 2018Febbraio 10th, 2023No Comments

Quest’oggi mi sento particolarmente carica, deliziosamente euforica ed eccezionalmente determinata, mi sono alzata di buon’ora, cosa peraltro inusuale per me, poiché mi succede di rado, in quanto mi piace beatamente sonnecchiare sotto le coperte, per il fatto che vado a farmi un giretto fra il bosco a ridosso della mia abitazione, imponendomi di farmi almeno un’ora di giovevole camminata. Porto al termine il compito che mi sono prestabilita e rientro verso casa, entro nella mia dimora che ho ancora il respiro sostenuto, quando poco dopo dall’esterno attraverso la vetrata dell’androne la sento esclamare e subito dopo la vedo:

‘Priscilla’ – mi dice lei con enfasi salutandomi. 

‘Ciao, bella fighetta mora’ – ribatto io all’istante, sogghignando ed enfatizzando il saluto.

In quel momento l’esamino, porta il vestito nero con le spalline, i tacchi al punto giusto, i capelli schiariti dal sole e molto lunghi. E’ lieta, oggi pare leggermente astrusa ed equivoca, perché francamente &egrave la prima volta che viene da me.

‘Ascolta. Ti fidi d’arrivare fin qua dalla strega malvagia e perversa?’.

‘No, tranquillizzati, nessun pericolo, perché appena la megera mi vedrà scapperà via all’istante per lo spavento che le causerò’. 

‘In tal caso allora azzardo sul di sotto, per caso nulla?’.

‘Hai indovinato, è corretto, sì’.

Lei solleva il vestito sopra i seni: è nuda, tutta disadorna e sobria, la pelle annerita dappertutto, l’inguine per l’occasione rasato, un piercing sul capezzolo sinistro. E’ sovente arguta, briosa e spassosa, con freddure e gesti continuamente aperti come il sorriso che dispensa con cortesia e piacevolezza.

‘Dai, su, di conseguenza, vorrai sbalordirmi con una prestazione?’.

‘Sì, certo, anzitutto però dammi la possibilità d’entrare’.

Ridiamo in modo fragoroso ammiccando, oltre a ciò non trovo le chiavi, poiché devo averle lasciate nell’automobile, così m’auguro e spero. Scendiamo e vedo sono che sono appoggiate là sul sedile, lei sale e chiude la portiera:

‘Se ti fa piacere inizio qui?’. Io le strizzo l’occhio e ci avviamo, avvertendola che fra poco potrà sbizzarrirsi.

Adoperiamo nel mentre l’ascensore e siamo subito al quarto piano, mi ripete che vuol vedere come ho ammobiliato il covo, perché gironzola qua e là, poi si scaglia con un’espressione contenta sul canapè annunciando:

‘Onestamente mi conquista, perché anche lo scompiglio a modo suo fa mobilio’. 

‘Ci credo bene, se lo attesta con decisione un’affermata arredatrice’ – mentre le porgo un bacio sulla guancia con lo schiocco. 

In quella circostanza mi siedo accanto, in verità stando lievemente obliqua per osservarle la faccia. E’ aggraziata e deliziosa, non si discute, con il filo di trucco i suoi occhi di colore blu intenso diventano come dei profondi oceani, la tintarella è perfetta, mentre per l’occasione m’appunto la sua inedita asserzione:

‘Sai una cosa? Ti sei mai interessata di nudismo? T’affascina l’argomento?’.

‘Onestamente no, primitivismo che promuove e che difende la consapevolezza del benessere psicofisico, che l’essere umano può provare mediante il contatto libero del proprio corpo, con l’ambiente naturale come lo intendi tu al crepuscolo proprio no. M’interessa invece stare essenziale e scarna per situazioni coinvolgenti e intriganti’ – gioendo allusivamente con brio, giacché in tal modo non l’avevo mai esaminata abbigliata da sera.

‘Da che luogo giungi piccina?’.

‘Ti dirò dall’esterno, arrivo a solennizzare un compleanno, zona delle alture umbre, territorio di Todi’.

‘Presumo che i tuoi saranno trenta?’.

‘Hai fatto centro, da qualche tempo, ormai nubile’.

Adesso si è appoggiata con i sandali sul retro del canapè distesa con la testa quasi che tocca il pavimento, trattiene le gambe spalancate mentre s’accarezza con gli occhi semichiusi:

‘Adesso mi esploro, così tu m’osservi per bene’. 

‘Potrei finanche attizzarmi e scuotermi, non trovi?’.

Inizia in tal modo destreggiandosi con perspicaci e scaltri esordi, arrangiandosi nel vellicare i capezzoli, ingegnandosi giocherellando infine con il piercing che frattanto allunga frignando, dopo quando muove la lingua avanti e indietro vedo che lo ha anche là, poco oltre la punta. Si sfiora in mezzo le cosce con i polpastrelli, s’introduce le dita nella fica maneggiandosi in un baldanzoso e sfrontato crescendo, giacché mormora vocaboli scurrili e turpi, che io peraltro capto solamente in minima parte. Suppongo che lei mi chiami, in tal modo m’avvicino in modo sguaiato, malgrado ciò lei mi respinge iniziando il suo orgasmo individuale, dapprima adagio, successivamente poderoso, in ultimo dissoluto, disordinato, senza gestione. S’appella nel mentre ripetendo un nomignolo di donna, che io non comprendo per bene, lo ripete in più occasioni fino all’apice massimo del godimento, dopo s’incurva inveendo termini irriverenti e profanatori, rimanendo in conclusione ferma per il fatto che subito dopo manifesta: 

‘Dimmi la verità? Ti sono piaciuta? Adesso baciami con amore’.

Io cedo, ubbidisco ed eseguo. E’ invero la prima volta che la bacio, quante volte avevo sennonché fortemente desiderato il farlo, già dai tempi delle scuole medie superiori, la lunga attesa a fianco del portone, dopo dentro l’automobile soltanto il migrare dei gesti sognati. Una cosa accadde, solamente quella: dal suo bagno nuda lei viene ad accovacciarsi sulle mie ginocchia per un momento, dopo scappa nella stanza, così che da dietro la porta semichiusa io spio bramosamente la malizia del suo languore dentro lo specchio e il sorriso, benché inteso come invito, non mi concede il disincanto per varcare l’uscio del negato e del proibito. Adesso è qua, in carne e ossa che reclama baci, che cos’è cambiato mi domando al presente, si è comportata con naturalezza consumata, eppure anche adesso si mostra lasciva, triviale e sconcia sul mio canapè. 

‘Priscilla, levami una curiosità me che m’assale. Da quanto tempo sei stata così?’. 

‘In realtà lo sono sempre stata, perfino allorquando tu non eseguivi nulla’. 

‘Io in quell’epoca schiattavo per te’.

‘Non era necessario, quanto eri stolta e zuccona’.

‘Attualmente, invece? Raccontami del presente?’.

‘Al momento mi fa compagnia Licia, adoro lei’.

Quest’ultimo era precisamente il nome invocato prima. Che cosa s’attendeva da me in definitiva?

‘Spiegami una cosa Priscilla? Per quale ragione sei qua?’.

‘Il concetto &egrave molto semplice, perché t’ho scelto liberamente e volutamente’.

Lei è affidabile, convinta e leale, risoluta come di frequente, perché me lo dichiara con un’invitante disinvoltura, con una lusinghevole franchezza, mostrandomi lo stratagemma della sua lingua in movimento.

‘Di’ un po’ Priscilla, questa graziosa Licia verrebbe dal tuo privato paradiso’.

‘Attendi un istante’ – mi fa lei cenno, durante il tempo in cui risponde al telefono.

Al momento parlotta al telefonino un po’ sottovoce ma leggermente ridendo, ripete rapidamente il mio indirizzo, in aggiunta a ciò riporta la frase fa’ in fretta amore. Licia avrà suppergiù vent’anni, forse neppure, ha la capigliatura multicolore, come al giorno d’oggi le ragazze portano e si tingono, ha gli occhi verdi, è veramente graziosa in volto, veste con i jeans strappati e le scarpe ginniche, ha una fica pelosissima con una bella striscia larga di pelo che ti fa arrappare, peraltro deliziosa e mielosa tutta da leccare. Dopo che finisce di rivelarmi queste infervoranti notizie, improvvisamente si scaglia sul canapè e mi bacia sulla bocca. Al momento siamo svestite, lascivamente austere e disadorne, ci lecchiamo a vicenda le tette, ci mordiamo i capezzoli, ci frughiamo vicendevolmente la fica. Ogni movimento è disordinato e lento, un recitare senza regia, atti che paiono inventati in quel momento, sembrano bellezze inquiete, che inducono a maledire la virtù e sguardi maliziosi da far benedire il peccato. Gareggiamo all’amore senza tralasciare niente, perché pure le interruzioni sono carnalità dentro quegli occhi ingordi e sudici di slancio, perché perfino i baci innocenti si pitturano di rossiccio. In questo modo ogni detonazione di beatitudine è un’evoluzione di quanto già avvenuto, che si rigenera riproponendosi sempre più nuovo, sovente più intenso, maggiormente incantatore, fino a quando Priscilla m’invia un velato comunicato: 

‘Vorrai scherzare? Questo è nulla’.

‘Molto bene, allorquando verrà il meglio?’.

Nel frattempo che Priscilla mi formula commentando le sue inedite, lascive e peccaminose stravaganze il bubbolo trilla, Licia è già arrivata, lei va immediatamente ad aprirle abbracciandola e baciandola. Appena varca la soglia scaraventa lo zaino sulla mensola e si dirige verso la stanza del bagno, ambedue ci squadriamo facendoci vicendevolmente l’occhiolino. Poco dopo Licia è in mezzo a noi, subito dopo Priscilla mi comunica di denudarmi e di sdraiarmi sul pavimento, io mi lascio annodare i polsi e le caviglie al canapè che frattanto Licia ha estratto dal suo zainetto. Nel soggiorno si diffonde la musica classica, nell’ambiente echeggia la melodia inconfondibile di Chopin, durante il tempo in cui loro due s’accarezzano in maniera lieve. Nell’osservare quei corpi abbracciati io gradualmente mi sto attizzando. Al presente ammiro, considero e origlio, i corpi di quelle due femmine decentrano dislocando immancabilmente un’armonia aggiuntiva alla musica già zeppa sia di fascino quanto di lirismo, quella concupiscente e libidinosa innocenza asciutta e distinta, regala nuda abbandono e languidezza, per il fatto che le carezze sono esse stesse arte poetica e fascino. Nel mentre io vaglio considerando quanto sia evanescente e transitorio il confine nelle cose dell’amore: dai colori differenti alle ombre uguali, dai desideri assopiti alle esternazioni convulse. 

Adesso ripenso, ragiono e rifletto attentamente quanto tempo addietro ho amato Priscilla quand’era un’adolescente, alle mie personali composizioni poetiche concepite esclusivamente per lei, nel vagabondare nei parchi cittadini vuoti, al suo sorriso di quindici anni ormai distanti. In questo momento, che s’inebria entusiasmandosi in godimenti, con letizie avventate e insolenti, sono in suo potere stavolta però in attesa d’un qualcosa come al tempo, così come dopo una corsa cercando frettolosamente di subissare il suo cuore di fiori, nella pur raccapricciante amarezza e nell’infelicità, che mi tormentava dentro con le malinconie degli amori non vissuti, con la nostalgia di quelli che erano stati.

Quest’aspetto in verità lo intuivo senza mai capirlo, questo era il suo individuale baloccarsi trastullandosi nella più diretta provocazione infantile, il suo desiderio, il forte e forse radicato incitamento inconscio di vedermi vagare confusa. Come lo sono attualmente, che lei dichiara preziose promesse, mentre io confondo le mie riflessioni ponendole a ridosso di saccenti atti morbosi. In quell’istante Priscilla si china per baciarmi la bocca, Licia esegue allo stesso modo, però baciandomi la fica disadorna, non villosissima come la sua.

Subito dopo avviene l’esplosione totale dei concetti, delle essenze, delle impressioni, dei sensi e dei valori, perché a turno ci disponiamo di sotto, di sopra, di fianco e ci amiamo come mai prima d’ora era avvenuto.

Mi sembra di volteggiare, l’euforia e l’invasamento è al massimo, sollecitamente il cuore s’agita nel petto, perché sono realmente persa, un fuoco sottile emerge spuntando nella mente, percepisco il frastuono della vitalità alle orecchie, sono tutta un lago, mi divincolo, sobbalzo e vacillo, la piccola dolce morte non sembra distante.

L’orgasmo, infatti, poderoso e travolgente sopraggiunge, perché m’avvolge scardinandomi le membra e scompigliandomi le viscere e rapendomi totalmente l’intelletto, mentre strepito il mio lussurioso piacere davanti a Licia e a Priscilla, che m’osservano compiaciute, estasiate e felici.

{Idraulico anno 1999} 

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