Andrea aveva la netta impressione il destino volesse accanirsi contro di lui quella mattina. Era costretto ad una un’interminabile fila all’ufficio postale, la temperatura si avviava a superare i trenta gradi con annessa opprimente umidità e, come se non bastasse, sembrava che le Poste avessero deciso di regalare una pensione aggiuntiva a tutti gli ultrasettantenni.
Possibile che tra le diverse decine di persone, non vi fosse nessuno intorno ai trentanni, magari di sesso femminile? Ogni lento secondo che passava, continuava a rimpiangere di non essere nella sua casa studio a dipingere.
Sbuffò per l’ennesima volta decidendo di andare a prendere una boccata d’aria, anche se questo significava rinunciare all’aria condizionata, magari per strada sarebbe passata qualche bella donna. Appena uscito si guardò intorno iniziando a pensare che forse il destino aveva deciso di mollare la presa.
Proprio dinanzi a lui, stava passando una ragazza sulla ventina, vestita con una gonna rossa a falde, di tessuto leggero che arrivava poco sopra il ginocchio, una canotta bianca con le spalline sottili, fisico snello, viso dai lineamenti leggeri, un filo di trucco e capelli biondi raccolti.
La osservò entrare nell’ufficio postale, si avvicinò al vetro della porta e la vide andare alla macchinetta che distribuiva i numeri. La ragazza, prese il bigliettino numerato, diede una rapida occhiata al display e tornò verso la porta. Andrea, vedendola tornare, si allontanò dalla porta con fare disinvolto, ma continuando sempre a tenere gli occhi sulla fanciulla.
Andrea capì che il vento, in quella tediosa giornata, stava finalmente cambiando quando una calda e provvidenziale folata sollevò la gonna della ragazza. Fu solo un istante, ma sufficiente perché la visione catturasse l’attenzione dell’uomo. La signorina aveva un sedere piccolino, in linea con il fisico snello, ma sodo, alto e dalla curva piacevole, avvolto in una culottes merlettata di pizzo a fiori, che creava un piacevole gioco di vedo non vedo.
La visione durò un attimo. La ragazza, imbarazzata, fu lesta a trattenere la gonna con una mano. Una rapida occhiata intorno per verificare se qualcuno avesse goduto dell’involontario spettacolo. Notò la presenza, tra diverse persone anziane, di un uomo sulla trentina che però guardava altrove, così fu lei a soffermarsi sull’aspetto decisamente piacevole di questi.
Andrea, da attento osservatore qual era, aveva notato lo sguardo insistente della fanciulla, così, durante la lunga attesa, fece in mondo di non perderla di vista. Anche senza ulteriori folate di vento a scoprirne le grazie, aveva potuto osservare come questa possedesse il classico fisico da ballerina. Snella, poco seno, ed un sedere alla brasiliana che sembrava scolpito: un soggetto perfetto per uno dei suoi dipinti.
Quando finalmente l’attesa di Andrea terminò, la ragazza si trovava ancora all’esterno, in attesa del proprio turno. Questa volta non si mosse con indifferenza ma si avvicinò con decisione.
«Ancora molto da aspettare?»
«Un po’» rispose la ragazza dopo qualche istante.
«Quanto sarebbe un po’? Abbastanza per andare al bar qui di fianco a berci qualcosa di fresco? Con questo caldo sarebbe l’ideale, no?»
«Fai sempre tutte queste domande?» Rispose la ragazza sorridendo.
«Solo quando sono molto interessato alle risposte.»
«Comunque, mi chiamo Luisa.»
«Gran bel nome. Adatto alla persona che lo porta. Io sono Andrea. Allora? Andiamo al bar?»
«Perché no. Va bene!»
I due trascorsero circa un quarto d’ora all’interno del bar, bevendo un fresco aperitivo e trovandosi simpatici a vicenda. Luisa osservava l’uomo, alto, dal fisico robusto, l’aspetto curato ma non troppo, i capelli neri mossi, un filo di barba, gli occhi furbi e vivaci, i lineamenti non troppo marcati. Andrea invece la osservava come se stesse già disegnandola su una tela, scrutandone ogni curva e dettaglio.
«Così sei un’artista» disse lei mentre tornavano verso l’ufficio postale. Arrivati dinanzi alla porta osservò il display luminoso, finalmente anche la sua attesa stava per terminare.
«Ebbene sì! Perché qualche volta non vieni a visitare il mio studio? Che poi sarebbe anche la mia casa. Così ti mostro le mie opere.»
«Perché no. Ci penserò. Ora però entro dentro, è quasi il mio turno.»
I due si salutarono scambiandosi i numeri di telefono.
***
Quando Luisa bussò alla porta della casa-studio di Andrea, questi aveva già predisposto tutto, sperando la ragazza accettasse di farsi ritrarre.
«Prego mettiti pure comoda» disse Andrea indicando un divanetto.
La ragazza, appena entrata, si perse ad osservare i numerosi quadri alle pareti, molti erano solo appoggiati ai pochi mobili o alle pareti. Bastò uno sguardo per rendersi conto di quale fosse il soggetto preferito, forse l’unico, di Andrea. Tutte le tele su cui posò gli occhi, erano nudi di donna.
Donne dalle caratteristiche più disparate. Ve ne erano di snelle, in carne, robuste, atletiche, dai capelli rossi, neri, biondi, corti, ricci, lunghi, di colore, dai tratti asiatici, dell’est, caucasiche, con forme poco pronunciate, curve sinuose, alcune avevano seni piccoli e puntuti, altre prosperosi e capezzoli grandi come caramelle, pubi del tutto depilati, si alternavano a ciuffi voluminosi di peli, a depilazioni alla brasiliana e triangolini.
Dinanzi agli occhi di Luisa vi era un campionario di donne che sembrava poter sintetizzare il genere umano per intero, tutte ritratte con una tecnica straordinaria.
La conversazione, come era inevitabile, non poté che avere i quadri come argomento. Andrea non aspettava altro, impiegò ben poco prima di iniziare a lusingare Luisa dicendo che con la sua bellezza, avrebbe meritato di far parte della sua collezione.
«Sì… come no…» disse lei arrossendo.
«Perché no?» insistette Andrea, notando che la ragazza non avesse detto di vergognarsi a posare nuda. «Hai dei lineamenti davvero belli, per me sarebbe un piacere ritrarti.»
«Ma no dai, che dici. Non sono mica una modella.»
«Vedi ritratte modelle? Sono donne normalissime. Alcune hanno i fianchi troppo larghi, altre il seno cadente, qualcuna il naso aquilino. Ognuna ha le proprie caratteristiche. E tu ne hai di meravigliose. Proviamo! Faccio dei bozzetti preparatori e vediamo cosa ne viene fuori. Ci stai?»
La ragazza rifletté per qualche istante, continuando a guardarsi intorno, intuendo che se avesse accettato, avrebbe dovuto posare nuda: «Dovrei spogliarmi, giusto?»
«Beh sì! È arte!»
«Va bene! Ci sto!» Luisa non poteva negare di essere andata a casa di Andrea sperando di rendere intima la loro superficiale conoscenza. Si era sentita attratta da lui sin dal primo momento in cui lo aveva visto.
«In fondo al corridoio c’è un bagno. Puoi spogliarti lì. Intanto io preparo l’occorrente. Fai con comodo.»
La ragazza fece due passi in direzione del bagno per poi arrestarsi di colpo. Andrea temette avesse avuto un ripensamento.
«Posso spogliarmi qui?» chiese Luisa rivolgendosi all’artista. «Se vado in bagno, non so se poi avrò il coraggio di uscirne, nuda.»
«Come vuoi. Per me va bene. Fa pure.»
Luisa non perse tempo. Levò le ballerine. Poi prese un respiro profondo osservando l’artista che la scrutava e sfilò con un gesto secco la maglietta di colore bianca, mostrando allo sguardo di Andrea il piccolo seno avvolto in un reggiseno arancione. Questi iniziò subito a disegnare, con lo sguardo che prima percorreva le linee del corpo della sua modella, per poi andare rapido al foglio.
La ragazza sentiva lo sguardo come una carezza che le percorreva il corpo. Già pregustava ciò che sarebbe potuto accadere di lì a non molto.
Si sbottonò i bottoni degli shorts neri e aderenti e prima di sfilarli verso il basso, si girò. L’indumento scivolò alle caviglie, mostrando una culottes alla brasiliana in coordinato con il reggiseno. Stava per spostare gli shorts con i piedi, ma il sospetto che lo sguardo di Andrea stesse scrutando la forma statuaria del suo sedere, la convinse ad abbassarsi e prendere con le mani i pantaloncini. Le gambe restarono dritte in modo da offrire una prospettiva seducente del fondo schiena, coperto solo nella parte superiore.
Girandosi il sospetto trovò conferma: lo sguardo di Andrea la scrutava in ogni minimo particolare. L’idea di stare facendolo eccitare, gli diede la spinta per togliere anche la biancheria. L’attesa era eccitante, sentiva chiaramente un torpore crescente tra le gambe. Sfilò le spalline del reggiseno per poi sbottonarlo allungando le mani dietro la schiena.
Lo sguardo di Andrea corse rapido, quasi vorace, ai piccoli e sodi seni, punteggiati da due capezzoli scuri. La mano correva rapida e precisa sul foglio. La sensazione nota di stare possedendo nella sua natura più intima il corpo che aveva di fronte, trasformandolo in arte, lo inebriava, spingendo il suo sguardo a penetrare ciò che aveva dinanzi in maniera sempre più profonda, per poterne trasmettere, prima su carta e poi su tela, la sua essenza e sensualità.
La culottes scivolò lungo le snelle e sode gambe. Lo sguardo dell’artista corse al triangolino di peli non troppo folto, venendo percepito ben più che come una carezza. Luisa sentì il suo corpo infervorarsi, seguendo l’eccitazione della sua mente. Sperò che Andrea si stancasse presto di ritrarla e passasse dal possederla con il solo sguardo, per quanto penetrante, al prenderla con tutto se stesso.
«Ti dispiace metterti sul divano? Scegli tu se distesa, seduta. Come vuoi. Ma non cambiare troppo spesso posizione.»
L’eccitazione di Luisa ricevette un brusco raffreddamento. Andrea, non sembrava intenzionato a smettere di disegnare tanto presto. La ragazza comunque decise di assecondarlo, per quanto le sue voglie iniziassero a manifestare segnali di decadenza. Ma decise di tentare, in maniera ancora più esplicita, di far traboccare la libido dell’artista.
Si sedette sul divano, allungò le braccia sullo schienale, allargò, in una posa sensuale ed in parte volgare, le gambe, mettendo in mostra il proprio sesso.
La posa non sembrava però sortire l’effetto cercato. Andrea continuava si a scrutarla con quello sguardo penetrante, attento, che carezzava ogni curva e centimetro di pelle ma dava, al contempo, l’impressione di stare ritraendo una statua. Nel prendere quella posa, Luisa aveva sentito l’eccitazione rimontare, in fondo, si stava sedendo, nuda, con le gambe divaricate, dinanzi ad un uomo che vedeva per la seconda volta in vita sua… l’idea la eccitava non poco.
Dopo oltre cinque minuti in quella posizione, però, con Andrea che continuava imperterrito a disegnare, gli umori si asciugarono, confermando che il suo piano non stesse funzionando. Così decise di tentare in altro modo. Forse quella posa era troppo lasciva. L’uomo, essendo artista, poteva essere abituato e apprezzare pose di altro genere. Luisa decise di distendersi su un fianco, le gambe strette che lasciavano intravedere solo il ciuffetto di peli, e con un braccio si coprì anche in parte i seni.
Passò dieci minuti in questa nuova posa, iniziando a sentirsi quasi stupida e decisamente poco attraente. L’artista continuava ad osservare e disegnare con imperterrita concentrazione. Luisa spinse lo sguardo ai pantaloni di questi: nessun gonfiore in vista.
«Andrea scusami. Mi sono ricordata di avere un appuntamento. Ti spiace se mi rivesto e vado via?»
‘‘Ora o mai più’’.
Pensò nella sua mente la ragazza, ormai più spazientita che eccitata.
«Ok. Nessun problema. Non ti voglio trattenere, ho parecchi bozzetti. Mi metto subito a lavorare alla tela. Sei davvero meravigliosa come modella!»
Nonostante il complimento, Andrea appariva ancora più distaccato, ora che lo sguardo aveva abbandonato la sua modella. Luisa lo osservò iniziare ad armeggiare con un cavalletto.
«Allora vado a rivestirmi in bagno» disse senza ricevere alcuna risposta, mentre raccoglieva i propri indumenti. «Magari poi ci rivediamo, così mi mostri il risultato…»
Luisa era già nel corridoio quando Andrea finalmente rispose: «Sì sì. Poi ci sentiamo.»
***
Passati dieci giorni senza avere notizie di Andrea, Luisa, spinta dall’amica Carla, con la quale si interrogava da quel giorno sul comportamento dell’artista, si convinse a chiamarlo.
«Ciao Andrea, sono Luisa. Ti ricordi? Disturbo?»
«Luisa… sì sì… mi ricordo, ovvio. Dimmi pure.»
«Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo rivisti, per farmi vedere il quadro.»
«Ah sì… il quadro. Senti ti posso richiamare? Ora non posso proprio parlare. Scusami. Mi faccio vivo io.»
Luisa non ebbe il tempo di dire neanche una parola. Andrea riattaccò prontamente. Lo sguardo sconcertato e deluso si incrociò con quello dell’amica.
«Ma come…»
«Sarà gay» propose come spiegazione Carla.
«Non può essere. Te l’ho già detto. Uno a cui le donne non piacciono, non ti scruta con quegli occhi. Già quando ci vedemmo la prima volta fuori all’ufficio postale. Non ti dico mentre mi ritraeva, poi.»
«Ecco, non me lo dire. Perché me lo hai già detto più o meno tremila volte. Fattene una ragione. È andata così. Evidentemente sarà una specie di feticista.»
«Cosa? Che c’entra?»
«C’è chi si eccita con i piedi, con la biancheria, o altre cose, lui si eccita ritraendo le donne… e poi nulla. Soddisfatto così!»
«Soddisfatto? Lui… io per niente…» esclamò sconsolata Luisa.
Piacevole, ben scritto. Mi chiedevo se avevi voglia di scrivere un racconto su mia moglie
Grazie, mi fa piacere ti sia piaciuto il racconto. Guarda di solito scrivo di pura fantasia, ma perché non provare, se ne può parlare dai, magari mi dici se hai già qualche idea in mente e vediamo cosa ne può venire fuori.