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Erotici Racconti

Grido liberatorio

By 21 Agosto 2018Febbraio 11th, 2023No Comments

Quel lontano giorno d’agosto era notevolmente torrido, tanto arroventato, tuttavia la corrente infuriava in maniera energica e le ventate improvvise che urtavano la cute, producevano al tempo stesso molte bizzarre e inedite vibrazioni. Benché la città si fosse gradualmente svuotata, molti lavoravano anche adesso, perché nell’aria con l’olfatto si poteva percepire una fragranza di dolci e di pagnotte calde in lontananza, perché qualcheduno nel quartiere limitrofo, probabilmente in una di quelle case laggiù oltre la strada illuminata dai lampioni, stava sfornando anche le paste fresche mattutine da consegnare alle caffetterie e presso i bar della metropoli che ancora poltriva. 

A quell’ora presto, infatti, s’avvertiva un bislacco e singolare silenzio, in effetti erano le tre di mattina, quell’ora è comprensibile che ci sia poca affluenza per strada, in aggiunta a ciò i tenui frastuoni non giungono fino al quinto livello d’una palazzina. Daniela era distesa sul canapè e aveva lo sguardo fisso puntato al di fuori della finestra, scrutava sorniona la volta celeste che sembrava proprio voler offrire dell’acqua alla terra, ma in realtà i suoi occhi non stavano vedendo nulla, poiché era come se fosse stata testualmente incantata e in seguito magnetizzata dai suoi medesimi concetti interiori. Quella mattina di buon’ora non aveva proprio desiderio d’uscire, in quanto le piaceva restare in casa, quando fuori il tempo non era dei migliori, per il fatto che si disponeva sul canapè con ancora indosso gl’indumenti per la notte, perché adorava eccezionalmente infilarsi le sottovesti in raso anche nei giorni più caldi appoggiandosi sul corpo perfino un lenzuolo sulle gambe.

La sua mente stava progressivamente ripercorrendo il sogno che aveva ultimato quella notte, in verità le capitava sporadicamente di provare un orgasmo durante il sonno, per il fatto che nel tempo in cui si svegliava era ancora tutta accesa e infoiata. Lei si trovava presso un veglione, l’armonia e la tiritera dei brani era molto forte, la sala era zeppa di ghirlande tinteggiate, c’era molta affluenza, ciascuno portava degli abiti d’epoca, lei all’opposto era vestita da fanciulla capricciosa con le trecce simili al personaggio dell’omonima serie televisiva ‘Pippi Calzelunghe’ di tanti anni orsono che proiettavano nella TV. Lei sgambettava per la sala squadrandosi da ogni parte senza sapere che cosa stesse esattamente cercando, finché non s’accorse ammirandosi allo specchio che il suo costume era molto particolare. Aveva solamente un perizoma rosso e persino gli stivali, le lunghe trecce le sfioravano i capezzoli irti e la maglietta sufficientemente striminzita da lasciare scoperte le favolose chiappe. Anche gli altri frequentatori avevano dei costumi peculiari ed erano per la circostanza tutti uniti in coppie. D’improvviso qualcuno la ghermì alle spalle, Daniela non si voltò, sbarrò gli occhi e inarcò la schiena, in quanto lasciò che quella persona dal cazzo abbastanza consistente la scopasse fino in fondo.

Lui la brandiva per una spalla e la tirava a sé, nessuno in quel frangente sembrava accorgersi della scena, poiché tutti erano affaccendati nelle rispettive mansioni. Dopo, quando quel cazzo lasciò quel buchetto ancora bagnato, Daniela si voltò e intravide il compagno del veglione, un uomo alto e dal fisico massiccio vestito da orco. Lei ebbe appena il tempo di guardarlo, che lui si stese per terra attirandosela verso di sé, Daniela iniziò a cavalcarlo, inizialmente l’impaccio era molto, giacché si muoveva a rilento e in silenzio, in seguito l’eccitazione divenne più vigorosa abbandonandosi interamente. Cavalcava sempre più veloce e sbraitava, le sue mani erano ancorate a quei pettorali ben modellati e avvertiva quel cazzo largo che si muoveva dentro di lei, sennonché nel momento in cui raggiunse l’orgasmo si svegliò. Adesso era lì seduta su quel canapè da ormai molte ore e non riusciva a non bagnarsi di nuovo, ripensando a quel sogno così coinvolgente e poderoso. Sbadatamente teneva la mano negli slip e infilava prima uno, poi due dita in quella fessura morbida e appassionata, ma neanche infilando tutta la mano poteva provare le sensazioni di quella notte. 

In un battibaleno si rammentò quando andò a esercitarsi da quella sua amabile amica d’università, Raffaella che era parecchio coinvolgente e intrigante, ogni volta che la guardava arrossiva e abbassava di netto lo sguardo. Lei era avvenente da intimorire, tutti i ragazzi le correvano dietro e lei provava un prestante senso d’ammirazione, di consenso e di rispetto. Si sentiva assai turbata e sobillata, in quanto l’infervorava squadrare l’amica seduta sul letto con le gambe incrociate, giacché riusciva a immaginare da sotto la gonna la sua deliziosa e pelosissima fica. Lei non aveva giammai avuto rapporti con una donna, ma la questione l’aveva svisceratamente di frequente stuzzicata, perché sovente s’attizzava elettrizzandosi osservando le belle ragazze per strada. Raffaella la osservò e iniziò a ridere, Daniela non afferrava che cosa le fosse preso, dopo s’accorse che dalla maglia attillata spuntavano due capezzoli rigonfi e pronti. Raffaella smise di ridere e il suo sguardo divenne compunto e scaltro, poiché iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore avvicinandosi all’amica iniziando riservatamente a toccarle i seni.

La reazione di Daniela la sorprese e ben presto s’eccitò, perché la spinse con forza gettandola sul letto cominciando baciarla dappertutto. Le sbottonò la camicetta facendo uscire quei seni palpitanti, la spogliò del tutto e rimase a guardarla disadorna e incustodita sul letto, con lo sguardo di chi non aspetta altro che prorompere di piacere. Le succhiò all’istante i capezzoli e con la mano iniziò a ispezionare le sue parti intime, per lei era alquanto stravagante introdurre le mani in una fica che non era la sua, per il fatto che sperimentava una commozione strampalata, che comunque l’eccitava sproporzionatamente. Iniziò a digradare con la lingua fino giungere all’inguine, ispirò risolutamente l’odore del sesso che emanava, s’introdusse fra la folta e pelosissima foresta posando la lingua sul clitoride dell’amica. Raffaelle abbozzò a gemere, con una mano si toccava i seni, con l’altra lisciava la capigliatura dell’amica, interamente avvolta fra le sue gambe. Ogni tanto Daniela sollevava la testa per guardare la faccia dell’amica dimenarsi dal piacere, con la mano libera cominciò a toccarsi anche lei, perché l’orgasmo infatti non tardò molto a sopraggiungere, anticipandolo di qualche istante rispetto a quello dell’amica. 

Da allora, infatti, aveva rivisto spesso Raffaella quando sentiva il bisogno di tirarsi su, chiamava l’amica, passava da lei e trascorreva una notte di gradevole e puro sesso liberatorio. Anche l’amica compiva altrettanto lo stesso criterio, ogni tanto la chiamava invitandola nel passare la notte da lei. Nessuna delle due aveva intenzione in effetti di tuffarsi completamente in una relazione sentimentale con una donna, eppure seguitavano flemmaticamente la loro vita sperando di trovare il ragazzo appropriato, perché per loro due quello che eseguivano era puramente un delizioso e spassoso gioco. Mentre era lì, su quel canapè sommersa dai ricordi, Daniela sentì squillare il telefono, s’alzò lasciando cadere il lenzuolo e corse a rispondere. Era Angelo, un tizio che le rompeva le scatole da mesi con le scuse più incongrue e insensate, tuttavia Daniela sapeva che tanto voleva unicamente scoparsela. Stava per rispondergli come di consueto, quando s’accorse che i ricordi delle sue esperienze e quel sogno che aveva fatto la notte precedente, l’avevano eccitata scalfendola e segnandola, scompaginandola come non mai, poiché non sapeva che cosa compiere per farsela passare. In quella circostanza ribadì ad Angelo di raggiungerla rapidamente presso la sua dimora e di fare alla svelta, perché era pronta a fargli provare delle sensazioni uniche. 

Quando Angelo arrivò presso l’abitazione di Daniela trovò la porta aperta udendo una melodia provenire da una camera in fondo al corridoio, il ragazzo chiuse la porta dietro alle sue spalle e s’incamminò verso la musica e la luce soffusa. Daniela era distesa sul letto con le gambe incrociate facendo cenno all’amico con la mano d’avvicinarsi, dopo s’alzò e cominciò a togliergli gli abiti di dosso. Angelo s’eccitò immediatamente, in quanto il suo già cazzo duro premeva per uscire dai pantaloni. Daniela lo aiutò a liberarsi e iniziò a succhiarglielo. Dopo un po’ si stacco da quel cazzo tutto bagnato, poggiò le mani sulla spalliera del letto e disse ad Angelo di scoparla. Il ragazzo presentemente esitante per quello che stava succedendo, non se lo fece ripetere, agguantò Daniela per i fianchi e cominciò a spingere. Delle goccioline di sudore gli scendevano dalla fronte, il suo respiro divenne più affannoso, finché Angelo non emise un sospiro di sollievo e cominciò a muoversi sempre più adagio, perché in poco tempo raggiunse l’orgasmo, sborrandole tutta la pelosissima fica di sperma, cospargendole in conclusione tutto quel denso seme da troppo tempo accumulato.

Daniela non era ancora soddisfatta, sicché ricominciò a leccare il cazzo dell’amico, fino a farlo tornare della consistenza giusta per montargli di sopra nella postura della smorzacandela seduta con la schiena dritta di spalle rispetto al partner e cominciò a scoparselo. Iniziò a cavalcarlo proprio come era successo nel sogno, anche se le dimensioni del cazzo erano leggermente differenti. Quando raggiunse l’orgasmo la ragazza emise un grido liberatorio, ma non s’alzò subito, perché le piaceva captare ancora dentro di lei quel che rimaneva di quel cazzo anelante, compatto e smanioso. 

Ormai Angelo non ce la faceva più, era sfinito, pure Daniela aveva ottenuto quello che ambiva, sicché fece rivestire in fretta l’amico, che ancora non credeva a quello che gli fosse accaduto, lo accompagnò alla porta e lo salutò, riferendogli che difficilmente sarebbe ricapitato un episodio simile, perché sarebbe stato più conveniente per entrambi non rincontrarsi né rivedersi, in definitiva era stata la prima e l’ultima volta.

In ogni caso Daniela al presente si sentiva meglio, attualmente era notevolmente affrancata, si era risolutamente liberata riscattandosi da quel peso gravoso e ingrato che l’opprimeva, giacché adesso aveva finalmente scacciato l’angoscia e il tormento che la vessava.

Infilò di nuovo la sottana, si distese sul canapè con un lenzuolo sulle gambe e s’accinse ancora a sperare e a vagheggiare. 

{Idraulico anno 1999} 

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