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Erotici Racconti

Gustarsi ogni attimo

By 23 Settembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

La fantasia che diventa realtà talora intriga, spaventa e stupisce persino. La serie d’impressioni e le molteplici emozioni che ebbi dopo quest’incontro furono molto contrastanti, discordanti e quasi irreali, perché arrivò un messaggio sul mio cellulare ormai silenzioso e tranquillo da qualche tempo, accompagnate unicamente da due parole con un punto interrogativo:

‘Come stai?’.

Il numero era sconosciuto, poiché inaspettatamente e incredibilmente c’era qualcuno che s’interessava a me, oppure qualcuno che aveva sbagliato numero. Io ero sola da così parecchio tempo, infine risposi nell’illusione e nella speranza che volesse proprio me:

‘Sì, pronto? Non c’è male, sto benone. Scusami tanto, fatti conoscere, qual è il tuo nome?’.

Qualche attimo d’attesa, un respiro profondo ed ecco energica e solerte la risposta:

‘Silvia, ascoltami. Ci siamo visti qualche giorno fa ai giardini comunali, hai presente? Io ero con Argo il mio cane, abbiamo conversato piacevolmente dinnanzi all’edicola e successivamente prima d’allontanarci tu m’hai consegnato il tuo numero di telefono. Non ricordi?’.

Magari fossi stata io, in quanto non andavo a fare una passeggiata nei giardini cittadini da svariati anni. In realtà non ero io, perché l’appellativo non combaciava per nulla, la sede dell’appuntamento era impraticabile, e poi lui non m’avrebbe giammai notato, addolorata, fuggente, sfiduciata e triste come effettivamente sono al presente, dato che non si sarebbe nemmeno fermato per rivolgermi la parola. Al momento però non volevo perderlo in nessuna maniera, perché quegl’individui, fanciulle, fidanzate o maschi che fossero, che gli avevano consegnato il mio recapito telefonico scorretto, al momento m’avevano in fin dei conti creato sorprendentemente un inatteso favore, poiché m’avevano assegnato in modo insperato la compagnia di cui avevo bisogno, cosicché brillantemente risposi:

‘Ciao, adesso ricordo, scusa, ma non ti eri presentato. Come stai? E il tuo cane sta bene?’.

Io fingevo intenzionalmente simulando d’essere un’altra persona per non sentirmi più da sola, giacché questo era un trastullo semplice, che forse si sarebbe ben presto troncato subito non appena lui avesse afferrato che non ero colei che lui pensava io fossi, sennonché prontamente rispose:

‘E’ vero, scusami. Non ho scritto chi ero, tu non potevi avere il mio numero di telefono, perché non te l’ho dato. Allora, che cosa farai oggi?’.

Era effettivamente disagevole ed enigmatico rispondere, la situazione era chiaramente bizzarra, chissà quante altre informazioni le avrà dato questa presumibile lei o questo ipotetico lui, pensai io dentro di me.

‘Diciamo che oggi faccio una pausa, ho la giornata libera o almeno di quel che resta. Tu invece che cosa fai?’.

‘Io sono in albergo, pensavo a una cena, magari dopo ci vediamo, in tal modo staremo insieme come avevamo detto, niente impegno, soltanto sesso’.

La faccenda mi sbalordì abbastanza, pertanto si erano messi d’accordo coalizzando per una relazione clandestina, oppure solamente per un vincolo di sesso, magari erano due single che non volevano problemi sentimentali, o forse no, chi poteva affermarlo con certezza. Che cosa dovevo rispondere? Forse era meglio fermarsi, tuttavia non ascoltai quella vocina e continuai a riflettere come riuscire a vederlo nel migliore dei modi, come riuscire a incontrarlo in modo avveduto senza farmi notare. Lui non doveva tassativamente sapere che non ero la persona che lui stava cercando, così ragionai un attimo, pensai e ripensai accuratamente il da farsi. Che cosa potevo dire e che cosa potevo fare? Che cosa volevo da quest’uomo, che cosa avrei avuto il coraggio di mettere in pratica con quest’uomo? Avrei avuto l’audacia sfrontata e in ultimo l’impertinente baldanza necessaria d’averlo tutto per me solamente per una notte?

‘Pronto Silvia, non ti sento più, sei ancora lì?’ – annunciava ripetutamente lui all’altro capo del telefono:

‘Sì, scusami, stavo chiudendo le finestre, il vento le faceva sbattere. Allora, dimmi in che albergo soggiorni?’.

‘Sono all’hotel La Contessina, a Firenze. Possiamo cenare nel ristorante dell’hotel se sarai qui fra tre ore? Io so che abiti qua vicino’.

Per fortuna sì, molto vicino, ma non potevo andare a cena, in quanto lui avrebbe subito scoperto il mio gioco. Cavolo, dovevo fare qualcosa, questa situazione era troppo avvincente ed emozionante per lasciarla andare. Lui vuole soltanto sesso, io quello gli avrei dato specificamente, unicamente una notte d’emozionante e d’entusiasmante sesso.

‘Avevamo detto soltanto sesso, la cena non era inclusa’.

‘Bene, che cosa proponi?’.

‘Direi di svagarci un po’. Farai ciò che dirò? Che cosa ne pensi al riguardo?’.

‘Beh, in linea di massima sono d’accordo, dimmi prima però che cosa vorresti’.

Lui non mi doveva categoricamente vedere e probabilmente era meglio che non parlassi, già, era meglio, poiché poteva individuare e riconoscere la mia voce.

‘Ti rivendico unicamente d’attendermi nella stanza dell’albergo. Qual è esattamente la tua camera?’.

‘La numero diciannove’.

‘Molto bene, ti accomoderai sulla seggiola con le spalle rivolte verso l’uscio. Ancora una cosa: c’&egrave per caso un tavolo nella stanza?’.

‘Sì, ed è anche abbastanza ampio’.

‘Allora ascoltami: ti procurerai una corda robusta, ti spoglierai, accosterai leggermente la porta e appoggerai la corda sul tavolo’.

‘Intesi mia padrona, sarai servita. Tu invece, che cosa farai per me in cambio?’.

‘Io ti donerò me stessa, in tutto e per tutto e t’userò integralmente e appassionatamente per il mio piacere’.

‘Non potrei chiedere di meglio. T’aspetterò tra quattro ore nella mia stanza. Dimentica per stasera completamente d’essere una diligente e ligia fanciulla’.

‘Non ti deluderò, perché stasera non lo sarò, stanne certo’.

Forse dopo quella sera non l’avrei voluta più essere, per il fatto che ero confusa e spaesata, io guidavo il gioco, uno svago che in fondo nemmeno conoscevo, però che sentivo dentro di me. Ero però in grado di compiere quello che avevo espresso? Non lo so, malgrado ciò, nessuno lo avrebbe saputo, nemmeno lui che mi credeva valutandomi chissà come. Che meraviglia. E se mi fosse realmente piaciuto? Io non ragionavo più, non afferravo che cosa mettermi, che cosa dovevo fare, come dovevo comportarmi, così cercai la biancheria più bella e più seducente che avevo a disposizione. A che serviva però, lui non poteva controllarmi, non doveva vedermi, io dovevo trovare rapidamente una soluzione, i vestiti non servivano, ecco l’idea: per cominciare sarei stata integralmente nuda sotto il cappotto, in quanto non faceva poi così freddo e sarebbe stato in seguito più veloce spogliarmi e rivestirmi prima d’andare via, poi l’altra idea, perfetta anch’essa: una benda nera, dal momento che gli avrei coperto gli occhi, così non avrebbe potuto sapere chi fossi.

Nemmeno io sapevo più chi ero, eppure quel meraviglioso e sublime brivido era indefinibile, indescrivibile e mi rendeva magnificamente e ottimamente viva, sennonché mi preparai il più velocemente possibile prima che potessi cambiare idea m’avviai verso l’obiettivo. Nel frattempo meditavo per tutto quello che avrei potuto mettere in atto: non potevo parlare, però avrei potuto agire, volevo sentirmi unica quella sera, volevo che lui si ricordasse profondamente di me, che avesse qualcuna da sognare il giorno dopo, cionondimeno non avevo certezze, l’unica cosa che sapevo è che avevo bisogno di tutto questo, un bisogno, un’esigenza incalcolabile e immensa, giacché avevo il cuore vuoto da troppo tempo. L’amarezza, la delusione e la tristezza, avevano occupato il posto delle parole e il mio volto non sorrideva più da qualche tempo.

Arrivai ben presto davanti all’albergo, tenuto conto che l’itinerario era stato repentino, molto più veloce di quello che m’aspettassi, respirai profondamente, ero realmente sicura di quello che facevo? No, non volevo farlo, sì, ambivo che lui mi riempisse ravvivandomi l’anima con il semplice sesso? Anelavo donargli tutta la parte ancora esuberante e rigogliosa di me stessa? Sì, volevo che lui mi togliesse anche se per qualche secondo questo insopportabile e tremendo peso di vivere? Immancabili e svariate bordate di sì mi rimbombavano nella testa. Allora scesi, chiusi la macchina e un piccolo brivido m’attraversò per la schiena. Ebbi però paura per un attimo, inquietudine di non essere ragionevolmente all’altezza, ma questa volta non importava, io ero Silvia, poiché sarebbe stata lei la vera colpevole, la certa malfattrice e nessun’altra a cui attribuire ulteriori colpe.

M’avviai in tal modo fiduciosa, entrai nell’atrio titubante, utilizzai l’ascensore spaventata e mi fermai davanti alla porta semiaperta, atterrita e terrorizzata per quello che stavo per compiere, io stavo per donare il mio corpo nella speranza d’avere un po’ di pace e di serenità, perché volevo essere decisa e lo fui senza tentennamenti. Spalancai comodamente l’apertura e lo squadrai. Era adagiato di fianco al tavolo come gli avevo annunciato, il laccio era lì accanto pronto per l’uso. M’addentrai, sprangai l’uscio, lui neppure si voltò, giacché era immobile, mi tolsi infine il cappotto rimanendo discinta e inerme. In quell’occasione captavo spiccatamente il frutto dell’eccitazione bagnarmi, la mia fica era scatenata, pronta a dare battaglia, cosicché mi toccai assaporando per un istante quel piacere primitivo e pungente della mia intima esaltazione, m’avvicinai, lui tentò di voltarsi però io manifestamente gliel’impedii, bloccandogli la testa bonariamente con le mani:

‘Sei tu, allora sei venuta, non ci speravo’ – disse lui garbatamente, quasi meravigliato, ma infervorato più che mai.

Io gli accarezzai il viso, poi presi la corda di fianco al tavolo e lo legai lentamente facendo passare la corda prima intorno al collo e alle spalle, lentamente feci scivolare le mie mani lungo le sue braccia, infine le portai indietro e gli legai le mani, poi fissai la corda alla sedia:

‘Che cosa vorresti compiere?’ – lui disse, però io non risposi.

Agguantai la fasciatura dalla tasca interna del cappotto, la posai sui suoi occhi e la strinsi educatamente dietro alla nuca mentre assaporavo l’essenza odorosa della sua epidermide. Adoravo il suo odore, un misto tra l’eccitazione e il puro godimento, perché adesso potevo farne ciò che volevo. Iniziai a baciargli il collo da dietro, mentre le mie mani esploravano con amorevolezza quel corpo, la sua reazione fu immediata, poiché il suo cazzo rispose prontamente mettendosi a disposizione della padrona. Transitai dinnanzi e lo guardai, la mia mano non ebbe dubbi né incertezze, perché iniziai immediatamente a toccarlo saggiandolo in tutta la sua pienezza, impadronendomi totalmente del potere di quell’uomo.

La mia bocca lo assaporò con cupidigia, il suo piacere diventava simultaneamente pure il mio, mi bagnavo, perché fremevo smaniando nell’avere il suo cazzo dentro la mia pelosissima fica, fino a quando decisi che era giunto il momento di possederlo: il suo cazzo così dritto era per me un’attrazione cruciale, decisiva e irresistibile. Io sentivo il mio utero tendersi, anelavo febbrilmente che quel cazzo irruente ormai tutto impregnato dalla mia saliva s’intrufolasse. Lui essendo ancora bendato e con la testa all’indietro per il piacere non vedeva le mia mosse, non parlava, però potevo comprendere le sue espressioni piene di piacere, cosicché mi sollevai, salii cavalcioni su di lui e finalmente infilai il suo cazzo dentro la mia torrida e pelosissima fica e li mi sfogai.

Diedi sennonché tutta me stessa, lo scopai ancora, nuovamente più che potevo, come se quella volta fosse stata l’ultima, lo desideravo tutto, lo volevo globalmente dentro di me fino in fondo, fino a raggiungere le parti più profonde della mia fica. Iniziai a muovermi sempre più velocemente, sempre con più voracità, sentivo la mia fica bagnarsi, però ne volevo maggiormente. Mi voltai dandogli la schiena infilandomelo esplicitamente nel mio sedere e da lì non mi fermai fino a quando non lo sentii esplodere, facendolo sborrare liberamente di gusto, senza che lui potesse minimamente controllare né gestire quell’azione. Sentii chiaramente il suo cazzo fremere dentro di me con trasporto e passione inedita, mentre avvertivo il suo sperma sommessamente colare nelle mie viscere. In quel momento volevo sentire la sua bocca per far erompere il mio completo e smisurato piacere, infatti, non ci volle poi tanto tempo, perché con un fremito d’infinito godimento venni pure io sulla sua lingua costringendolo a tracannare tutto il mio fluido cristallino dell’orgasmo, finalmente al momento ero riempita, sazia e sfinita, giacché mi presi qualche attimo.

‘Sei stata per davvero grandiosa, veramente magnifica, piccola mia’ – mi riferì lui compiaciuto per l’opera inusuale raggiunta.

Io non gli risposi, indossai sbrigativamente il cappotto, lo slegai lentamente e prima che si togliesse la benda ero già fuori, avviandomi verso l’ascensore estenuata, distrutta e svigorita.

Utilizzai l’ascensore felice e soddisfatta, attraversai l’atrio dell’albergo, assaporando e godendo ogni singolo momento del mio piacere appena trascorso.

{Idraulico anno 1999} 

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