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High Utility

Episodio 30

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Le gocce di argento che ballavano sulla sommità delle increspature del lago ferivano gli occhi come aghi, ma Luca, in realtà, le bramava. Come poter sperimentare il filtro polarizzato che aveva comprato per la fotocamera se non scoprendo come far scomparire il riflesso dagli scatti ruotando la ghiera e cercando la posizione migliore? All’inizio si era chiesto perché fosse necessario modificare l’orientamento per ottimizzare l’effetto, ma poi aveva capito che era la cosa aveva a che fare con la posizione del sole rispetto alla direzione verso cui puntava l’obiettivo. Il ragazzo si appuntò mentalmente di controllare da qualche parte o chiedere ad un professore di scienze che leggi fisiche ci fossero dietro a tutto questo, magari, pensò con malignità, lo stesso che aveva messo in difficoltà con la domanda relativa alla forza del vento in quota rispetto a quella all’altezza del mare.
Quella mattina si erano trovati tutti e quattro davanti al bar “La riva”, un locale di poche pretese accanto al molo a cui approdavano piccole imbarcazioni e che, la sera, faceva piatti di pesce, anche se nessuno si aspettava che venisse pescato nel laghetto. Avevano deciso di passare lì la domenica già il lunedì precedente all’uscita dalla scuola, o per lo meno Luca e Alessio si erano messi d’accordo, e Flavia aveva accettato di seguire il suo fidanzato pur di non rimanere a casa, sebbene non avesse fatto i salti di gioia alla proposta. Come da qualche tempo in poi, subito Gaida si era aggiunta al gruppo, nemmeno avessero avuto intenzione di escluderla per dispetto quando, in realtà, in precedenza non aveva quasi mai voluto partecipare alle uscite dei due amici.
Flavia era poco più in là, all’ombra di un albero, intenta a guardare con disinteresse lo schermo del proprio cellulare, l’altra in tasca, le spalle basse. Qualche metro oltre, Giada stava usando anche lei il cellulare, sollevandolo davanti a sé e sorridendo con quell’espressione imbarazzante a culo di gallina che le ragazze come lei, che sembravano comunicare con il resto del mondo solo attraverso autoscatti pubblicati sui social nemmeno dovessero adescare clienti, sembravano incapaci di togliersi dal volto quando una fotocamera le inquadrava. Alessio, alle sue spalle, fece una smorfia che doveva scimmiottare l’espressione della sua fidanzata la quale, quando se ne accorse controllando la foto rovinata, iniziò a sbraitargli contro.
– Cucciola, – chiamò Luca, deluso dallo sguardo annoiato della rossa, – ti va se ti faccio una foto?
Flavia abbozzò un sorriso, che parve quasi più un riflesso condizionato, sollevando lo sguardo dal telefonino. – Grazie, Luca, ma non credo di essere un soggetto adatto alle foto – rispose, un velo di tristezza che ammantava le parole. Guardò sconfitta la distesa d’acqua accarezzata dalla brezza, quasi fosse un’amante che le avesse portato via il ragazzo senza la possibilità di riaverlo indietro.
Luca sentì improvvisamente l’ombra del panico scivolare sul suo cuore, la certezza che qualcosa di spaventoso stava per accadere: il comportamento di Flavia, solitamente attivo e solare, era da giorni calato in uno passivo e indifferente, come se non le importasse più di nulla. Uscivano, si vedevano, ma sembrava che la ragazza fosse diventata una spettatrice annoiata di uno spettacolo che non sembrava portare più a nulla di eccitante. – Ma sei bellissima, Flavia – le disse lui, dando voce al primo pensiero che gli passò per la mente. – Verrebbe una foto meravigliosa!
La ragazza sollevò le spalle, tornando a perdere la propria coscienza nel telefonino.
– Perché non la fai a me, la foto? – domandò Giada con un sorriso che non aveva nulla di cortese.
– Stanne fuori, Giada – le ordinò Alessio con una voce piatta. Sembrava teso quanto Luca, qualche metro più in là. A giudicare dal suo volto, si sarebbe detto che fino ad un attimo prima non avesse fatto il buffone prendendo in giro la sua fidanzata.
– No, – ribatté la bionda, – se lei non sa apprezzare la fortuna di avere un fotografo bravo quanto Luca che…
– Giada! – sibilò Alessio, come a farle capire che stava accadendo qualcosa di molto spiacevole e che Luca e Flavia avevano bisogno di tranquillità per poter risolvere il problema che stavano attraversando. – Vieni, – aggiunse, a bassa voce, – allontaniamoci.
– No! – ribatté l’altra, e al pari di una bambina corse da Luca, stringendolo ad un braccio. – voglio stare qui con lui. Ha bisogno di qualcuno che lo apprezzi.
Luca si sentì raggelare a quel tocco, come se Giada avesse preso a sberle Flavia davanti a tutti.
Ma la rossa parve prenderlo con molto distacco. Troppo distacco. – Sì, fatti fare una foto, figa di legno, – ribatté senza nemmeno sollevare lo sguardo dallo schermo, – così magari puoi aprire un Onlyfan e guadagnare qualcosa con quelle tette senza scopare.
Così come Flavia appariva indifferente a tutto, altrettanto il volto di Giada divenne di fuoco. – Senti chi dà della troia a qualcuno! Sei solo una zoccola, dovresti tornare da quegli stronzi che ti scopavano in gruppo…
– Giada! – ruggì Alessio, mostrandosi per la prima volta infuriato, soprattutto verso la sua ragazza.
-…invece di stare con un bravo ragazzo come Luca. Lui si merita di meglio di te.
Flavia sollevò lo sguardo dal piccolo schermo, fissando la bionda quasi stesse guardando un animale dall’ espressione sciocca. I suoi capelli rossi vennero accarezzati dalla brezza, muovendosi per un attimo davanti al suo volto pallido come se stesse soffrendo di indigestione. Un’indigestione più psicologica che fisica, in realtà.
I due ragazzi non emisero un fiato, quasi che una loro parola potesse far crollare quell’istante di tensione in qualcosa di peggiore, mentre Giada si stringeva al braccio di Luca come se fosse lui il suo fidanzato. Anche gli uccelli che, fino ad un attimo prima cantavano alla luce del giorno, sembravano aver colto la situazione e avessero riconosciuto che non c’era posto per allegria e spensieratezza; solo il sussurro delle foglie sui pioppi nei pressi della riva e lo sciabordio dell’acqua del lago dimostravano che non erano diventati sordi.
Fu Flavia, infine, a rompere il silenzio, e la sua voce fu appena più forte delle onde o del vento tra le frasche. – Forse hai ragione… no, anzi, hai proprio ragione: Luca si merita di meglio, ma spero abbia l’accortezza di non scegliere te, che sei tu la più squallida zoccola, qui attorno.
Giada scattò come una molla, ringhiando e alzando le mani con le dita contratte al pari degli artigli di un rapace. Solo i riflessi di Luca, sviluppati dopo anni passati davanti a videogiochi di azione, le impedirono di fare più di un passo prima che il ragazzo l’abbrancasse alla vita con un braccio e la fermasse.
– Lasciami andare! – strillò con un furore che sembrava impossibile potesse svilupparsi in una ragazza simile, dimenandosi per sfuggire al ferreo abbraccio del ragazzo, il quale doveva faticare per non lasciarla sgusciare via.
– Giada, maledizione! – urlò Alessio, rosso in volto. – Chiedile perdono!
Nella tempesta che si stava consumando a pochi passi dalla riva del laghetto, l’unica che appariva fuori luogo era proprio Flavia, che sollevò una mano nella direzione di Alessio come a dirgli che non aveva importanza, lasciò cadere il braccio con cui impugnava il telefonino e si voltò, allontanandosi.
Luca, intento a trattenere Giada, che sembrava avere la furia di una tigre, e a non farsi colpire troppo forte dalla testa bionda o dai suoi gomiti, dolorosi come martellate, cercò di chiamare la sua ragazza, sconvolto nel vederla andare via. – Flavia! Dove vai?
Lei non rispose, sollevando di nuovo la mano, ma con meno energia, e abbassando la testa, scuotendola appena.
– Lasciala andare – ribatté Giada, a bassa voce, perdendo una parte della foga che stava caratterizzando il suo tentativo di liberarsi della stretta di Luca. – È meglio così.
Alessio si avvicinò con passo veloce. – Cosa cazzo ti è venuto in mente, cretina? Ti sembra il modo di trattare Flavia.
La bionda non rispose, non diede nemmeno segno di aver capito di essere stata insultata da Alessio, cosa che Luca non gli aveva mai visto fare in un modo così severo, come un padre che rimprovera la figlia discola e irresponsabile. Perse, anzi, ogni resistenza tra le braccia del ragazzo e, quasi, lui si aspettò che lei iniziasse a considerare quella stretta come un dolce gesto di affetto, sciogliendosi contro di lui.
Luca aprì la stretta, un po’ imbarazzato, mentre si accorgeva lui stesso che stava palpando il corpo maestoso e perfetto della ragazza del suo amico. – Io… – balbettò, cercando di scacciare il pensiero del sedere di Giada contro il suo cazzo che, nonostante la situazione, stava apprezzando quel contatto, sebbene attraverso diversi strati di abiti. – io vado a parlarle.
– Lasciala andare – disse la ragazza, risistemandosi la maglietta larga che si era spiegazzata mentre era tra le braccia di Luca. – Ha bisogno di stare un momento da sola, deve pensare sulla situazione in cui si è cacciata.
Luca aprì bocca per ribattere, ma poi non rispose. Si limitò a guardare Flavia scomparire dietro l’angolo dell’edificio del bar. Non era sicuro che avrebbe dovuto dare retta a Giada, ma lui, quando aveva qualche problema, riconobbe, voleva avere la possibilità di ragionare in solitudine, senza nessuno che gli arrecasse disturbo. – D’accordo.
Alessio non disse nulla, ma il suo sguardo lasciava intendere cosa pensasse del comportamento che Giada aveva appena avuto. Lei si aprì in un sorriso appena accennato, non tanto di scusa quanto piuttosto per la soddisfazione di aver fatto qualcosa che era necessario che venisse eseguito da tempo.

****

Lo strepitio stridulo dei sassolini sotto le suole delle scarpe colpiva l’udito di Flavia come se fossero unghie su una lavagna, ogni scricchiolio che si ribaltava nel suo stomaco che sembrava pieno di magma intento a rimestarsi, mentre nella sua testa la mente sembrava essere stata messa nel cotone. Sentiva la rabbia, la frustrazione e la depressione prossima ad uscire dal suo corpo, e non avrebbe saputo dire se solo dagli occhi o anche dalla bocca.
Ignorava dove stesse andando, ma l’importante era che si allontanasse il più possibile da Giada, da Alessio e soprattutto da Luca, e non avrebbe saputo dire se per il bene suo o loro; seguì per un tratto la stradina davanti al bar, poi decise, più o meno volontariamente, per nascondersi nel caso Luca avesse deciso di venire a cercarla, entrò nel boschetto accanto. Lei pregò che non lo facesse. Avrebbe voluto che lui la raggiungesse, le chiedesse cosa stesse accadendo, che gli raccontasse cosa provava, e allora Flavia avrebbe spurgato la sua anima da ogni sensazione velenosa che la intossicava, si sarebbe liberata dalle ombre che gravavano sulla sua felicità. Lui avrebbe dimostrato che la amava, che aveva a cuore i suoi sentimenti, che non era solo un corpo da fottere ma una persona con delle emozioni, sogni e timori… ma sarebbe stato meglio se lui non si fosse presentato affatto, se l’avesse lasciata andare: le avrebbe permesso di riacquistare la sua libertà, di autocommiserarsi senza doverlo nascondere ad un ragazzo che l’amava ma non sapeva amarla davvero, che desiderava farla felice ma non era in grado di comportarsi correttamente.
Si sedette su un sasso in mezzo a degli alberi, all’ombra delle foglie che la celavano agli altri e alla sua coscienza. Mai come in quel momento si pentì di non aver mai preso il vizio del fumo, perché fu certa che, in quel momento, una disgustosa sigaretta sarebbe stata un toccasana, o anche tutto un pacchetto.
Il telefono era ancora nella sua mano. Lo fissò, aspettandosi che Luca la chiamasse, che le domandasse dove fosse e cosa potesse fare per lei. Lo sbloccò con un movimento delle dita ormai entrato a far parte della sua persona, e allo stesso modo accedette alla rubrica. Nella sezione dei numeri preferiti, il polpastrello del suo pollice rimase qualche istante a un centimetro dal minuscolo schermo, nascondendo alcune lettere del nome.
Nella mente arrotolata e pesante di Flavia si fecero strada un paio di pensieri riguardo a quanto aveva detto quella stronza di Giada e su quanto tenesse alla propria dignità. Ponderò diversi secondi, mentre la gola iniziava a dolere e a chiudersi, domandandosi cosa fare, quali sarebbero state le conseguenze…
Il desiderio di una fottuta, puzzolente, vomitevole sigaretta cominciò a diventare un malessere fisico, come la necessità dell’aria o dell’acqua.
Lo schermo cambiò al movimento del dito, poi venne accostato all’orecchio destro della ragazza. Il tono della chiamata echeggiò un paio di volte, e il terzo venne tagliato a metà da una voce maschile.
– Flavia?
– Sì, vieni a prendermi, – rispose, – e chiama gli altri. Ti mando la mia posizione.
– D’accordo – rispose Vittorio, – sarò lì tra dieci minuti.
La ragazza non aggiunse nulla, chiudendo la chiamata. Passò otto dei dieci minuti di attesa lasciando uscire parte della rabbia, della frustrazione e della depressione dal suo corpo. Per sua fortuna, solo dagli occhi.

Continua…

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