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Erotici Racconti

Il mio primo colloquio

By 9 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Quel giorno ero molto emozionato: era il mio primo colloquio di lavoro. Dopo 5 brillanti anni di universita’, pensavo di poter dimostrare il mio valore e di ottenere quel posto che mi interessava tanto.
La signorina della reception mi accompagno’ in una sala meeting. Era una sala abbastanza grande, con un enorme tavolo ovale al centro ed una dozzina di sedie attorno ad esso. La parete che divideva la sala dal corridoio era totalmente a vetri: “malgrado la forma del tavolo, non e’ una sala per stagiste” pensai ironicamente. Dentro la sala erano sedute gia’ altre 8 persone che attendevano, presumibilmente, di poter sostenere lo stesso colloquio. Non potei fare a meno di notare quella ragazza bionda seduta nell’angolo opposto alla porta. Sinceramente non avrei saputo dire se indossava una gonna o era solo una cintura un po’ alta… di certo lasciava ben poco spazio alla fantasia. Anche la canottierina bianca minimal di cotone lasciava ben capire che il reggiseno era un accessorio molto opzionale per la signorina. “Speriamo che l’esaminatore non sia il tipo d’uomo che si lascia abbindolare da queste cose” pensai. Presi posto in una delle sedie libere e comincia a concentrarmi sul colloquio che stavo per affrontare. Era importante che focalizzassi bene i miei punti di forza per il ruolo da ricoprire. Nella sala c’erano anche un paio di persone con qualche annetto in piu’ dei miei: sicuramente avrebbero potuto far valere le loro esperienze lavorative. Per me, invece, era il primo lavoro e dovevo puntare tutto sull’energia e l’entusiasmo dei giovani, oltre che, ovviamente, sul mio curriculum di studi.
La signorina della recption interruppe le mie elucubrazioni: “signor Rossi ?”. Un signore sulla quarantina si alzo’ e la segui’. Rimasi in attesa, quasi contando i minuti, per vedere quanto poteva durare un colloquio. Passo’ una buona mezzora prima che il signor Rossi passasse lungo il corridoio, proseguendo verso la reception. Osservai il suo volto, alquanto tirato. La durata del colloquio faceva presagire un discreto interessamento per il candidato, ma la faccia di Rossi lasciava intendere che lui avesse avuto una diversa impressione.
“Signorina Verdi” disse la receptionist che era entrata subito dopo il passaggio di Rossi. La biondina scavallo’ le gambe e si alzo’. “Almeno le mutandine le ha messe” pensai, e, dagli sguardi, capii che dovevano averlo pensato un po’ tutti. Dopo che fu passata oltre la mia posizione, notai che anche il retro della gonna era decisamente insufficiente a coprire il sedere, e capii inequivocabilmente che le mutandine, in realta’, erano un perizoma. Confesso di aver fatto qualche pensierino non troppo professionale sulla signorina Verdi. Dopo neanche dieci minuti, la signorina Verdi attraverso’ il corridoio con passo spedito ed un’espressione a dir poco furibonda. “Non e’ il tipo che si lascia abbindolare” pensai lasciandomi sfuggire un sorrisetto.
La processione di candidati lungo il corridoio continuo’ per tutto il pomeriggio. Purtroppo io era arrivato un po’ in ritardo, colpa dei soliti lavori stradali, e dovevo rassegnarmi ad entrare per ultimo. La cosa non mi esaltava, di solito gli esaminatori sono stanchi ed hanno voglia di andare a casa, quando si arriva a sera. Avrei dovuto risvegliarlo con un po’ di brio.
Poco dopo le 18:30 inizio’ una processione di impiegati che, con passo spedito, si avviavano lungo il corridoio, verso la reception. Era finito l’orario di lavoro, ma prima di me c’era ancora un altro candidato in attesa. Verso le 18:45 la receptionist entro e lo accompagno lungo il corridio. Quell’ultima attesa sembro ancor piu’ interminabile. Ed in effetti anche il colloquio, malgrado l’ora tarda, duro’ parecchio. Erano quasi le 19:30, ed anche gli ultimi irriducibili stacanovisti avevano fatto la loro passerella lungo il corridoio, quando il mio occasionale collega se ne ando’. Questa volta notai uno sguardo abbastanza soddisfatto, il che non contribui’ a rassicurarmi. La receptionist entro’ e, questa volta, per me. La seguii lungo il corridoio, fino ad una porta chiusa. Lei si fermo’, busso’ ed apri’ la porta senza nemmeno attendere la risposta. “Dottoressa, il signore e’ l’ultimo” disse affacciandosi dentro l’ufficio. “se non e’ un problema io andrei a casa”. “Vai pure, grazie” rispose una voce femminile dall’interno. Dunque l’esaminatore era, in realta’, un’esaminatrice. Non c’era da stupirsi se la signorina Verdi se ne era andata cosi’ contrariata. “Prego, entri pure” disse quella voce dall’interno, appena la receptionist ebbe liberato l’uscio. Entrai. Non potei fare a meno di notare l’eleganza dell’uficio, un po’ vintage, o forse semplicemente arredato diversi anni fa. “Prego, si sieda” disse la dottoressa. Era una signora verso i 60, molto elegante e curata. Non potei non notare come mi guardava, senza mai staccare gli occhi dai miei. All’inizio abbassai lo sguardo, ero un po’ intimorito. Poi mi dissi che dovevo mostrarmi sicuro e ricambiai quello sguardo senza cedere. Lei abbozzo’ un sorriso ed io feci altrettanto.
Prese il mio curriculum e comincio’ a scorrerlo. “La prima esperienza lavorativa, vedo”. “Certo, ma ero addetto al laboratorio all’universita'” risposi. “Non si preoccupi, Marco, ciascuno ha delle esperienze da offrire, anche se non ha mai lavorato”. Sul momento quella frase mi sembro’ alquanto strana, come strano mi sembro’ il fatto che avesse usato il mio nome di battesimo. “25 anni, una bella eta'”. Non sapevo cosa rispondere, abbozzai un sorriso. “Come se la cava con la lingua ?”. “Intende … l’inglese ?” balbettai. “Intendo la lingua” confermo’. In quel momento fece cadere la penna che teneva in mano. Ebbi la netta senzazione che l’avesse fatta cadere di proposito. Non mi lascio’ il tempo di rispondere alla precedente domanda e, del resto, non avrei saputo cosa rispondere. “Sarebbe cosi’ gentile da raccogliermi la penna ?”. “Certo” e mi inginocchiai letteralmente sotto la scrivania. La penna era in terra, fra i piedi della dottoressa. Mentra mi avvicinavo carponi per prenderla, lei sollevo’ la gonna fino al bacino e divarico’ la gambe. Non potevo non guardare quel punto, e non potevo non notare che aveva distrattamente dimenticato di indossare le mutandine quella mattina. “Come se la cava con la lingua ?” ripete’. Era chiaro che non era una risposta quella che desiderava. Mi avvicinai alla sua passera, gia’ da una certa distanza ne potevo sentire il profumo, intenso ed eccitante. In quel momento non pensai all’eta’ della signora. Affondai la mia lingua fra le sue grandi labbra e cercai il suo clitoride. Lo leccai e lo succhiai. “Piuttosto… bene… mi pare” balbetto’ lei ansimando. Continuai ad esplorare i sui anfratti con la lingua, soffermandomi sui punti che la facevano gemere di piu’. Ad un certo punto abbandono’ completamente le inibizioni e comincio’ a gemere a voce altissima “Daii, cosiii’ ancora, sii’ liii… affondami la lingua dentro porco schifoso…”. Assecondai il suo orgasmo come meglio potevo. Quando sentii che i sui fremiti si erano affievoliti, mi staccai e mi rialzai. La guardai, era abbandonata sulla sua poltrona, con i capelli in disordine ed una sguardo fra lo sconvolto ed il soddisfatto. Girai attorno alla scrivania, lei mi segui’ solo con le pupille. La presi per le ascelle e la sollevai, facendo sbattere le sue chiappe sulla scrivania, poi la spinsi in avanti fino a farla stendere, con la testa a penzoloni dalla parte opposta. Era come un peso morto, non opponeva la minima resistenza. Mi abbassai velocemente i pantaloni e le mutande. Poi la presi per le ginocchia e tirai verso di me finche’ le chiappe non uscirno dalla scrivania. Mi misi le sue gambe sulle spalle. Avevo il cazzo durissimo, lo affondai nella sua fregna fradica, senza tanti complimenti e comincia a scoparla con forza. “Ti piace questo troia ?”. “Si, si” aveva ricominciato a gemere, ma non si muoveva. Subiva passivamente tutti i miei colpi, lasciando andare solo qualche flebile gemito ad ogni affondo. “Prendilo tutto lurida puttana, come vedi, oltre alla lingua, me la cavo bene anche con il cazzo”. La situzione era troppo eccitante e mi accorsi che stavo per venire. Mi staccai. Le sue gambe caddero a peso morto sulla poltrona che era rimasta dietro di me. Feci il giro della scrivania. La presi per i capelli e tirai forte gridando “Apri la bocca vecchia sgualdrina”. Non saprei dire se avesse aperto la bocca volontariamente o per via dello strattone ai capelli. Non stetti a pensarci su ed infilai subito il mio cazzo, ancora durissimo ed al limite della resistenza, dentro quell’orifizio. Le presi la nuca con entrambe le mani ed iniziai a muovere il bacino. Lei ebbe un impeto di energia e mi punto’ entrambe le mani sullo stomaco cercando di respingermi. Le tirai la testa verso di me con piu’ forza e venni. Poi la lasciai e mi staccai. Diede due colpetti di tosse ed un rivolo di sperma le usci’ dalla bocca, andando a finire sul piano della scrivania. Mi tirai su le mutande ed i calzoni e mi affrettai verso l’uscita. Mentre stavo aprendo la porta dell’ufficio, udii la sua voce bassa e pacata: “ci vediamo domattina alle 8:30, signor Bianchi. Cerchi di essere puntuale”.

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