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Erotici Racconti

Il nostro paradiso

By 4 Agosto 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Era la prima volta per noi, la prima volta in cui potevamo partire assieme, la prima volta in cui non avremmo dovuto nascondere né tacere il nostro amore. Eravamo felici uscendo dall’ufficio postale, perché avevamo appena inviato il vaglia telegrafico con il quale bloccavamo una camera nella casa d’un pescatore su di un’isoletta della Grecia. Finalmente stava per avverarsi un sogno, poiché in parecchie occasioni avevamo divagato e fantasticato su una cosa che pensavamo fosse inizialmente impossibile e inattuabile da realizzare.

Sbarcammo dal traghetto con un sorriso stampato sui nostri visi, mano nella mano come due liceali con uno stato d’emozione forte dentro di noi. Stavamo andando per ritirare un premio, ci sentivamo i protagonisti della più bella storia d’amore. Il sole al presente è caldissimo, il cielo è limpido, mentre la luce si riflette sulla calce bianca di cui sono dipinte le casette attorno a noi. Le porte e le persiane sono colorate d’un azzurro intenso, assieme ai vasi di fortuna ricavati da vecchi bidoni e secchi che contengono fiori variopinti, giacché offrono il colore a questo paesaggio sempre estivo.

Gli odori, i profumi che provengono da un ristorantino sul mare completano il quadro rendendolo piacevolmente reale. Siamo arrivati amore mio, è il nostro paradiso. Io m’informo con la gente del posto che sostava sul molo e m’indirizzano da Tonino, proprietario d’un pericolante mezzo con tre ruote che rimpiazza il taxi, carichiamo i bagagli nel baule esterno e c’infiliamo a fatica con Theodoulos – conosciuto meglio come Tonino nella cabina del mezzo. Tonino parla bene l’italiano, è un uomo magro con un’età indefinita, la sua pelle rugosa e annerita dal sole sembra racchiudere l’essenza e la sostanza dell’isola su cui ci troviamo, sembra selvaggio ma è cordiale e di buone maniere, è ricoperto da abiti usurati che ricordano qualche cosa di più affabile e borghese. Con un sobbalzo l’Ape Piaggio parte e inizia ad arrampicarsi verso la nostra meta, su d’una strada asfaltata chissà da quanti anni fa. Gabriella è felice, perché i suoi occhi lo dichiarano e lo gridano al mondo, lei è bellissima, semplice e spensierata come una bambina, ha persino una vocazione particolare in quanto riesce a fare amicizia con tutti e a farsi benvolere per il suo carattere radioso e socievole.

Per tutto il tragitto non fa altro che parlare con Tonino che c’indica tutti i posti più belli dell’isola, ci ha svelato dove andare, che cosa fare e arrivati a destinazione ci ha fatto promettere che saremmo andati a trovarlo a casa per conoscere la moglie e i suoi nipotini, perché ci vuole a cena da loro. Abbiamo dovuto insistere per pagargli il viaggio e ci siamo salutati con quella promessa. La casa non è molto grande, ma già davanti alla sua porta si sente l’odore del pulito. Bussiamo con le mani sulla porta e ci viene ad aprire una signora un po’ grassottella con i capelli tirati e retti da forcine con un grembiule da cucina a quadroni bianchi e rossi. E’ lei la padrona di casa, una vedova di circa cinquantacinque anni che vive sola da quando i figli sono partiti per la Germania dove hanno trovato un ottimo lavoro in un cantiere edile ci fa eco lei, accogliendoci con un sorriso e con un’infinita gentilezza mettendoci subito a nostro agio. Da qualche tempo affitta le camere che appartenevano ai figli per arrotondare la somma che puntualmente i figli le inviano ogni mese.

Lei ci mostra quella piccola dimora umile ma decorosa, ci colpisce ancora la pulizia e appena entrati in cucina un odore meraviglioso di pane appena sfornato ci pervade riempiendoci le narici. Per tutto il tempo non fa che farci i complimenti, dice che siamo una bella coppia, paragona Gabriella alla sua nuora tedesca raccontandoci delle sue doti. Noi la seguiamo mano nella mano e anche se la conversazione è piacevole non vediamo l’ora che ci mostri la nostra camera, quella camera che rappresenta per noi l’intimità e la privatezza che da tempo cerchiamo, il nido in cui poterci rinchiudere per coccolarci e per stupirci ancora di questo viaggio che finalmente è diventato realtà.

Ecco che iniziamo a salire al piano di sopra dove sono collocate le stanze da letto. Anche qui si parte da lontano. C’è un corridoio con quattro porte, ci mostra la sua stanza con adiacente il bagno, poi passando dinanzi alla terza porta lei abbassa la voce e ci dice che c’è un altro ospite nella casa, un signore francese che è lì già da un mese. A questo punto tocca a noi, ecco finalmente schiudersi la porta della nostra stanza. C’è un piccolo ingresso con la porta del bagno sulla destra e sulla sinistra la camera con un grosso letto matrimoniale, infine ringraziamo la signora e ci congediamo. Non appena richiusa la porta e poggiati a terra i borsoni e lo zainetto, ci abbracciamo con entusiasmo e voliamo sui letti finalmente soli. Il letto ha un materasso rigido coperto da lisce lenzuola fresche di bucato, la testata di legno è molto vecchia e sul nostro fianco destro c’è un comò, dello stesso stile della testata, coperto da un centrino fatto con l’uncinetto. Di fronte a noi, al centro della parete, un vecchio armadio e sul suo fianco una poltroncina, la parete laterale è libera e al centro c’è una grossa finestra chiusa da persiane di legno di colore azzurro. Ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere per la felicità, siamo ancora stesi sul letto e in un abbraccio iniziamo a rotolarci sulle lenzuola, intrecciando le nostre gambe per sentirci più attaccati e incrociando le nostre lingue in un bacio senza fine. Non so quanto tempo sia durato quest’abbraccio, però la sua intensità la ricordo ancora.

Una sorpresa ci si è presentata quando ci siamo alzati e abbiamo aperto i grossi scuri, sì, un terrazzino stupendo grande quanto tutta la camera era nascosto da quegli infissi. Due poltroncine, uno sdraio e un piccolo tavolino sono circondati da piante fiorite e colorate, alloggiate anche loro in vecchi bidoni e in vasi di fortuna, perché una vista stupenda s’apre sulla collinetta coltivata e poi sul mare blu intenso, di tanto in tanto macchiato dal bianco candido di qualche vela. Un profumo particolare di rosmarino e un concerto composto di vari cinguettii ci fanno sentire in paradiso. Nonostante siamo partiti ieri sera e abbiamo appena sonnecchiato sul traghetto, non ci sentiamo per nulla stanchi e la voglia di godere di questo paradiso ci porta a uscire al più presto. Sul pianerottolo delle scale quasi ci scontriamo con il nostro vicino di camera che a malapena ci saluta ed entra nella sua stanza. L’impressione iniziale è che sia un tipo arcigno e burbero, noi avvisiamo la signora che usciremo e che non torneremo per il pranzo, ci facciamo indicare il viottolo che porta al mare e c’incamminiamo. La strada non è lunga, attraversiamo dei campi coltivati fino ad arrivare in una zona brulla dove la terra è mista alla sabbia e la vegetazione cambia, giacché è fatta di cespugli bassi e spinosi costeggiati da serpentine di vialetti naturali. L’odore di rosmarino è più forte ed è misto all’odore del mare, seguendo i viottoli arriviamo in un’incantevole baia, dato che adesso con noi c’è soltanto il rumore del mare a farci compagnia.

Gabriella e felice e tanto mi basta per esserlo anch’io. La baia è stupenda, raccolta e circondata da collinette di sabbia e di cespugli, la spiaggetta che offre è di sabbia bianchissima che sprofondando nel mare lo rende quasi cristallino. Un turchese chiarissimo, un invito ad accomodarsi, siamo da soli nel paradiso terrestre, io e lei, io e la mia compagna, la mia amica. Stendiamo gli asciugamani che avevamo nello zainetto, ci spogliamo e iniziamo una corsa sfrenata verso il mare, corriamo a perdifiato, schizzandoci come due ragazzini fino a cadere in acqua assieme sfiniti. Riemergiamo ridendo e abbracciandoci, l’acqua ci arriva a mezzo busto e sento il calore del corpo di Gabriella avvolgermi, sento la sua pelle a contatto con la mia, sento la pressione del suo seno sul mio petto, sarà la situazione, il luogo o non so che cosa, però l’effetto è immediato. Sento crescere l’eccitazione e assieme a lei, sento crescere il volume dei miei pantaloncini.

Gabriella mi spinge facendomi cadere steso in acqua e scappa ridendo, così approfittando del vantaggio si sfila il costume e me lo mostra con aria di sfida. Io sono eccitato, raccolgo il duello e l’inseguo verso la spiaggia e la raggiungo non appena usciamo dall’acqua nei pressi dei teli stesi. Ci cadiamo sopra abbracciati e ci baciamo, sento il sale sulla sua pelle, sul suo seno e tra le sue gambe. E’ un cocktail buonissimo, il suo sapore è un po’ aspro misto al sale, m’appassiono per leccarla e cerco di raccogliere ogni goccia tra le sue labbra. Adesso anche lei vuole la sua parte, eppure si sottrae da me, mi sfila il costume e con apparenze quasi animali s’avventa sul mio pene. Io so che cosa vuole, vuole godere anche lei di quello che chiama il primo sapore, le prime gocce. Lei me lo succhia ingorda, come se accanto ci fosse un’altra bocca pronta a sottrarle il suo trofeo, lei mi provoca piacere, io chiudo gli occhi e li riapro dopo un po’, siccome per un attimo perdo la cognizione di tutto, dove sono? Gabriella non mi dà il tempo di riprendermi, visto che è sopra di me e con abilità si poggia il cazzo sulla fica e preme con il peso del suo corpo penetrandosi. Emettiamo entrambi un sospiro di piacere, al momento è lei a scoparmi e lo fa trascinandomi e incitandomi a sborrarle dentro. Lei crolla sul mio petto e le mie braccia l’avvolgono e la stringono forte, dopo ci mettiamo un po’ per riprenderci, siamo felici e sudati, ci guardiamo intorno, non c’è nessuno.

‘Non male però, come primo giorno di vacanza. Ti adoro, sei come sei, unica e speciale’ – mi sussurra.

Erano le tredici passate, rimettiamo i teli nello zainetto e decidiamo di seguire la costa camminando lungo i sentieri naturali delle dune di sabbia, percorriamo pochissima strada ammirando il paesaggio e di tanto in tanto fermandoci per lunghi baci. Davanti a noi s’apre un’altra cala un po’ più grande con alcune persone sparse per riposare, c’è un gozzo tirato a secco sulla sabbia e c’è un capanno con una tettoia in paglia e dei tavolini di legno grezzo. Il capanno ha un’apertura dalla parte della tettoia, c’è un uomo indaffarato con dei gamberoni che arrostisce su d’una graticola. Se avessimo cercato una situazione simile, non l’avremmo mai trovata. Il profumo è buonissimo e non mente, i gamberoni lo sono ancora di più. Ci accomodiamo a tavola e dopo esserci dissetati ne mangiamo un vassoio intero. Le nostre posate sono le mani e la sensazione di vivere in maniera selvatica rende tutto più frizzante anche il vino che ci viene servito, anche le dita di Gabriella che succhio avidamente. Che cosa si può chiedere di più? La donna che ami, un luogo da sogno, un cibo gustoso. Decidiamo di rientrare per riposarci e rinfrescarci con una doccia, siamo soddisfatti e innamorati. Passiamo in silenzio davanti alla camera del nostro vicino ridendo a bassa voce di quanto c’era sembrato accigliato e apriamo la porta della nostra camera. E’ fresca, dalle persiane filtrano i raggi del sole, la luce non è molta nella stanza, è buia abbastanza da creare un’atmosfera di pace, ma è luminosa per osservare il viso di Gabriella, con la sua bellezza, con la tenerezza del suo sguardo e la gradevolezza dei suoi sorrisi.

Io non posso resistere dalla voglia di stringerla in un abbraccio, non posso resistere dalla voglia di baciarla ancora e di godere del suo sapore. Mi butto sul letto mentre lei si spoglia per infilarsi sotto la doccia. Sono pigro, lascio che inizi, sento il rumore dell’acqua e decido di raggiungerla. Lo spettacolo che si presenta davanti ai miei occhi mi blocca impedendomi di muovermi ancora. E’ lì sotto la doccia con gli occhi chiusi e la testa inclinata indietro, l’acqua bagna il suo corpo insaponato e rende lucida la sua pelle abbronzata evidenziando tutte le sue curve. Io rimango per lungo tempo a guardare quella creatura meravigliosa accarezzarsi dolcemente, fino a quando, chiudendo l’acqua lei non apre gli occhi e accorgendosi della mia presenza m’offre un sorriso che ammalia e che disarma. Io agguanto l’asciugamano e lo apro avvolgendola e abbracciandola ancora. Adesso è diventata nuovamente una bambina tenera davanti ai miei occhi, cosicché la prendo in braccio e la porto sul letto, la bacio dolcemente, le accarezzo il viso e giù con la mano la scopro nuovamente accarezzandole i capezzoli carnosi. Vedo le sue palpebre chiudersi per il piacere e allo stesso tempo le sue gambe aprirsi invitandomi ad accarezzarla ancora.

Le mie dita vanno alla ricerca del suo clitoride peraltro gonfio come i suoi capezzoli, in quanto lo stimolano, ci giocano. Lascio che il suo corpo si contorca guidato dalla pressione delle mie dita, avverto i suoi fluidi venire giù in gran quantità. La mia erezione è al culmine, le sollevo le gambe e le poggio sulle mie spalle. Non c’è bisogno di cercare la strada, sono già dentro di lei a muovermi, dapprima lentamente e poi sempre con più forza, guidato dalle sue urla di piacere. La vecchia spalliera batte a ogni colpo sul muro ma poco importa, il piacere non va interrotto. Gabriella si lascia andare a esso e dalla sua bocca esce ogni cosa. Io le vado dietro, fino a quando sentiamo chiari dei colpetti di tosse dalla stanza accanto. Quando entrambi veniamo, siamo costretti a ritornare sotto la doccia, perché abbiamo fatto una tra le sudate più piacevoli.

Ripensiamo in seguito a quei colpi di tosse talmente chiari che sembravano provenire dalla nostra stessa camera e al baccano fatto da noi, infine scoppiamo a ridere. Io penso che dall’altra parte del muro, al massimo ci sarà stata un po’ d’invidia e poco importa se quell’uomo ci abbia sentito scopare e parlare di sesso estremo. Abbiamo riposato un paio d’ore abbondanti e adesso siamo pronti a scendere per la cena ad assaggiare la gustosa cucina della nostra ospite. Come apriamo la porta della camera ci ritroviamo nuovamente quell’uomo, tuttavia questa volta la sua espressione è diversa, lui ci saluta cordialmente e cede il passo a Gabriella facendole cenno con la mano e accompagnando il suo gesto con un grosso sorriso. Noi ci accomodiamo in sala da pranzo, dato che c’è un unico tavolo apparecchiato per tre, qui non siamo in un albergo, ma in una piccola casetta su d’una piccola isoletta della Grecia. E’ chiaro per tutti che ceneremo allo stesso tavolo. L’uomo non stacca gli occhi da Gabriella, anche se cerca di non farlo notare e non appena lei s’avvicina al tavolo, lui le sposta la sedia per aiutarla ad accomodarsi. La cosa mi lascia un senso d’orgoglio, sapendo d’avere una creatura così stupenda al mio fianco. Io m’accorgo che anche lei ha notato gli sguardi e mi sembra soddisfatta. La cena ha inizio e si dimostra molto piacevole. Lui è uno scrittore francese, anche lui come me è sulla quarantina, un bell’uomo molto colto e sorpresa delle sorprese è anche piuttosto simpatico, cosicché parliamo di tutto. Del posto, della pace dell’isola, che in questo periodo ospita pochissimi turisti della sua ispirazione letteraria misteriosamente scomparsa, di cui lui è alla ricerca.

Si parla di tutto, eppure non le stacca gli occhi di dosso. Gabriella è magnifica, intrigante nelle sue domande e notevolmente eccitata, forse anche a causa del vino, mi guarda come per chiedermi il permesso di osare, perché cerca la mia complicità. Io le sorrido e le strizzo un occhio per non farla sentire da sola. Alla base del nostro rapporto c’è sempre stata una completa partecipazione, è nato su esperienze già fatte e che nessuno dei due vuole azzardare né rischiare di ripetere. Ambedue siamo un’unica persona, abbiamo gli stessi gusti e gli stessi interessi, siamo certi del nostro amore. Il nostro è un rapporto diverso, siamo compagni, conniventi, amanti e amici, cerchiamo il piacere per entrambi e non ci poniamo limiti. Finita la cena, chiediamo alla signora di lasciarci bere il suo liquore fatto in casa sulla terrazza, però la signora desolata ci risponde d’averci steso poco prima il bucato.

Fa caldo e nessuno ha voglia d’andare a letto. Mi sembra naturale proporre di portare la bottiglia con noi e bere l’ultimo bicchierino sul terrazzino della nostra camera. Saliamo in camera e ci accomodiamo fuori a discorrere, la serata è veramente calda e noi abbiamo sbagliato abbigliamento, intanto che Gabriella decide di cambiarsi per mettere qualche cosa di più leggero. Rientra in camera e si spoglia vicino alla poltroncina tra l’armadio e il muro alle spalle della sedia su cui è seduto Jean, dato che è il posto più coperto alla sua vista. Io invece mi godo lo strip. Ho di fronte a me sulla destra Jean e separata da un muro sulla mia sinistra Gabriella, io la guardo spogliarsi e continuo a conversare con il nostro ospite, che però noto che mi segue a malapena. E’ distratto da qualcosa all’interno della stanza, alle mie spalle. Noto Gabriella che dopo essersi rivestita con un abitino cortissimo che a volte usiamo per qualche giochetto per strada, si sfila il reggiseno e le minuscole mutandine. Lei s’accorge che la guardo e mi fa uno sguardo complice. Lei vole giocare, il pensiero mi provoca eccitazione. Ecco che torna da noi e occupa posto con il suo splendido sorriso sullo sdraio. Decido d’imitarla un po’ per il caldo e un po’ per facilitarla, per lasciarli da soli, infine scusandomi entro anch’io in camera e scelgo lo stesso posto di Gabriella per cambiarmi. Ora è chiaro il motivo per cui Jean non seguiva i miei discorsi. Di fronte a me, sul comò c’è uno specchio da cui io attualmente vedo lui ammirare Gabriella. E ora è chiaro il motivo per cui Gabriella s’è sfilata l’intimo, perché si è accorta d’essere guardata e l’ha voluto provocare. Sento che Gabriella ha difficoltà a stendere lo sdraio e vedo che lui s’alza ad aiutarla, adesso l’immagine che ho di Jean non è più quella riflessa dallo specchio, ma è diretta davanti a me a pochi metri. Gabriella è stesa sullo sdraio, il vestitino è diventato ancora più corto mostrando la fica che custodisce tra le gambe. 

Jean è chinato su di lei e cerca d’aiutarla, la sua mano cerca di tirare su d’una bacchetta di legno ai piedi dello sdraio e il suo avambraccio al centro tra le gambe di Gabriella, strofina le labbra della sua fica. O forse è Gabriella che si strofina sull’avambraccio? Di colpo sento il sangue salirmi velocemente verso la testa, le gambe tremare. E’ un’emozione forte e travolgente, è un misto d’assillo, d’eccitazione e di sospetto, pure io vado fuori, Jean ritira velocemente il braccio, è visibilmente scosso, non dice una parola, è rosso in viso e chissà che cos’altro. L’imbarazzo dura pochissimo, Gabriella s’alza e mi sorride. E’ stupenda. Con la sua mano destra prende la mano di Jean e con la sua sinistra la mia, poi lentamente s’incammina davanti a noi avvicinandosi al letto e poggiando prima un ginocchio e poi l’altro ci sale sopra e s’inchina rimanendo in quella posizione, mostrando il suo meraviglioso culetto che racchiude il suo tesoro. Io e Jean ci ritroviamo seduti ai lati, Gabriella rimanendo nella stessa posizione si gira verso me e mi cerca, io mi tiro un po’ più su e vado verso di lei baciandola. Jean ha superato l’impaccio e inizia ad accarezzarle l’interno delle cosce. Quando la tocca sento Gabriella che ha un fremito di piacere e l’avverto accanirsi ancora di più sulla mia lingua. Io noto il braccio di Gabriella che alla cieca cerca il sesso di Jean, lo trova e abilmente lo libera dai suoi pantaloni tastandolo come per misurarlo. Io le lascio libera la bocca, la faccio girare sempre in ginocchio e infilo la mia lingua tra le sue gambe. Alzo per un attimo la testa e vedo il nostro nuovo amico in piedi davanti alla mia compagna con il suo membro eretto all’altezza della sua bocca. Lei lo guarda in viso e poi chiudendo gli occhi prende in bocca l’oggetto del suo desiderio. Siamo andati così avanti per molto tempo, è stata una notte indimenticabile e meravigliosa. La mia fortuna è stata d’aver fatto l’amore già due volte quello stesso giorno, altrimenti sarei venuto troppo presto. Io ero eccitatissimo, vedevo Gabriella godere, l’ho sentita venire più volte. L’ho sentita regina tra i suoi sudditi, coccolata da quattro mani, al centro di quell’universo. Io sono esultante e felice. Ci siamo svegliati la mattina seguente, Gabriella era al centro con la testa poggiata sul mio petto, mentre Jean era disteso di lato e aveva come guanciale la pancia di Gabriella.

In ultimo lui si è alzato, ci ha ringraziato con un sorriso ed è scomparso richiudendosi la porta alle spalle, lasciandoci abbracciati e più innamorati di prima. 

{Idraulico anno 1999} 

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