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Erotici Racconti

Impasto di tinture

By 15 Luglio 2018Febbraio 10th, 2023No Comments

L’ambiente in quell’occasione era accogliente e gradevole, le luci disseminate con perizia, la musica di genere ‘ambient’ che permeava avvolgendo la grande stanza, spandendosi e ingiungendo in conclusione ai presenti un gradevole stato d’animo e di distensione. Tutto questo avveniva per mezzo degli aromi dei pastelli, dei colori e di quegli olii che restituivano a quel locale un’impronta unica fuori da ogni stagione. La ciclicità quotidiana trascorreva distesa e sfumata presso quella serie di lezioni di dipinto. All’epoca, invero, eravamo circa quindici praticanti, quelli rimasti giungendo al 5′ anno di perfezionamento, peraltro assistiti durevolmente da Mirella, l’eccellente docente ritrattista già piuttosto rinomata.

Lei era una gentildonna suppergiù come me, intorno ai quarantacinque anni d’età, poiché appariva una femmina garbata e graziosa sia d’indole quanto dall’aspetto esteriore. Essendo venuta fuori incolume da una tormentata separazione, aveva decretato di scagliarsi sul lavoro sfoderando dedizione e passione su varie mansioni, agognando in tale maniera in ultimo d’abbandonare radicalmente le sue avvilenti, disgustose e logoranti vicende personali vissute. Fra noi due si era stabilito un inconfondibile affiatamento, probabilmente dovuto ad attinenze e ad analogie del carattere o perché io ero il solo e insolito esemplare di maschio praticante del corso di quel 5′ anno. Io ero tenacemente pensieroso su d’un affresco che mi trascinavo appresso da svariati giorni, malgrado vari tentativi non ero mai riuscito a dare interezza e culmine finale a quello che stavo svolgendo, cercando di realizzare l’operazione nel modo in cui realmente ambivo io. La raffigurazione in questione era semplicemente un abbozzo senza veli d’una donna, moderatamente protetta da un addobbo cristallino marcato sulla tela, che avevo impostato già da alcuni studi addietro quando là per l’occasione era astante un’indossatrice.

Io ero rimasto molto affascinato dalla gradevolezza di quella femmina, malgrado il suo corpo non fosse più arzillo e giovanile era molto equilibrato e smagliante, con un favoloso seno e un’epidermide che appariva levigata come il velluto. In quella circostanza avevo decretato di tentare, proseguendo nel dedicarmi alla tinteggiatura, sebbene non avessi più l’indossatrice di fronte imperniandomi unicamente sul ricordo e ricorrendo alla mia naturale creatività. Catturato da quella mansione non m’accorsi dell’arrivo di Mirella, giacché lei esaminando taciturna la mia opera m’addossò una mano sulla spalla, cominciando a gingillarsi con il lobo del mio orecchio arrecandomi da principio un guizzo, in un secondo tempo causandomi un attacco d’inedita eccitazione. Io vagheggiai all’istante, pensando che le attenzioni avvenute con il tocco delle dita della docente, fossero fondate su ben altra parte del mio corpo:

‘Caro Lorenzo, non credo che sarai in grado d’ultimare decorosamente questa tela. Dimmi un po’, in che modo potrai completarlo regolandoti unicamente sulla reminiscenza? Come ben saprai, per esempio i chiarori, le zone buie, gl’incastri cromatici, non si possono fare senza preparazione, dovresti essere al corrente di questo’.

In quella precisa circostanza ricevetti un poderoso sobbalzo, perché non l’avevo sentita arrivare essendo ormai sufficientemente amareggiato dalla conclusione e sfibrato per il lavoro accostato alla tela, sovrapposi perciò la tavolozza delle tinte sul tavolo, mi stropicciai in ultimo gli occhi per lo snervamento accumulato appoggiandomi prostrato alla sedia, mentre alquanto frustrato e indispettito ribattei:

‘E’ vero, sì, hai ragione, ma come posso rimediare? Comprendimi, tu fai capitare qua l’indossatrice unicamente una volta, capisco che è per ragioni di studio e questo che implica un costo, eppure quell’indossatrice mi sarebbe davvero interessato acquerellarla come si deve’.

‘Sta’ attento che ti sei inzaccherato la faccia di giallo e di blu: in ogni caso, se quel quadro desiderassi finirlo è sufficiente che tu me lo ripeta, perché l’indossatrice essendo una mia fidata amica, potrà posare di certo soltanto per te’ – affermò Mirella deridendomi e stropicciandomi amorevolmente il sopracciglio, facendomi nel contempo l’occhiolino. Frizionandomi ulteriormente le mani imbrattate di tempera io cercai di nascondere la mia soddisfazione, ribadendo che se non esigeva un prezzo troppo elevato mi sarebbe piaciuto parecchio:

‘L’ascolterò e ti riferirò, non ritengo che lei esiga come ricompensa più d’una gustosa e stuzzicante cena a casa mia. Se tu verrai da me sabato pomeriggio, oltre alla tela, ai colori e con due bottiglie di vino sarà fatta. Per non sbagliare prendine uno bianco e uno rosso. Tu porti le bevande, io t’offro la casa, la cena e l’indossatrice. Che te ne pare?

Sogghignando io ribadii che se tutte le docenti fossero state come lei, sarei rimasto un allievo a vita. Il sabato pomeriggio mi presentai con la tela e con le bottiglie ben incartate:

‘Che bello vederti, ciao Lorenzo, su accomodati’.

Mirella mi fece scandagliare la casa, lei dimorava in un bel casolare sui colli nei dintorni di Perugia, la casa era molto accogliente e i dipinti appesi alle pareti erano fantastici, realizzati da lei e da vari suoi amici artisti. Io mi congratulai per quel casale e poco dopo mi misi al lavoro in cucina, lei sbrigò del lavoro rimasto indietro accendendo il fuoco nel caminetto. L’ambiente era fantastico e ospitale, io e Mirella ci stavamo assaporando rilassati quegli attimi, discorrendo d’arte e d’argomenti vari con un calice di vino davanti al focolare, finché suonò il campanello. Era Josephine, l’indossatrice, perché notai che il saluto fra lei e Mirella fu molto cordiale, espansivo e tenero, all’istante distolsi lo sguardo e la mia mente iniziò a volteggiare a casaccio, rimuginai alquanto allietato alla mole di quelle considerazioni che mi circolavano per il cervello, finché in conclusione stabilii di trascorrere la serata assistendo come sarebbe proseguita, senza troppe aspettative, lasciando alla sorte il compito finale senz’imporre né forzare nulla.

La cena fu un vero successo, io cucinai la carne sulla brace e il calore del fuoco e qualche bicchiere di vino sciolsero in definitiva sia le introversioni che i tentennamenti, fu effettivamente piacevole e giunti al termine Mirella ci riconvocò ammonendoci all’ordine: 

‘Un attimo d’attenzione, se non erro siamo qua per una ragione precisa, non è vero? Molto bene, tu Josephine intanto organizzati, mentre tu Lorenzo estrai di fuori il pennello’ – mentre ci sbottammo dalle risate avviandoci nel fare i preparativi. 

Io cominciai ad allestire il necessario per acquerellare e Josephine comincia a rilento a denudarsi, collocandosi in posa nei pressi del focolare nell’identica maniera di quando era nello studio. Cominciai a istoriare travasando parecchio colore sulla tavolozza, ma forse il vino, può darsi pure l’eccitazione per quella stravagante situazione, fatto sta che non riuscii a ultimare nulla. La corporatura di quella ragazza era splendido, il brusca e pure lo scorbutica riverbero del fuoco disponeva maggiormente in evidenza i suoi meravigliosi capelli, facendo spiccare quei seni minuscoli e compatti, che parevano spostarsi autonomamente dal corpo, mossi soltanto dai contorni del fuoco, il corpo minuto, la fica pelosissima ma piuttosto ben curata, in definitiva un’esteriorità favolosa.

In quel frangente io ero là avvinto, intrigato ed esitante con il pennello tra le mani, quando Mirella comparve nuovamente dietro di me sedendosi accanto e ambendo nel suggerirmi delle esortazioni. Stavolta lo compì, eppure in modo dissimile dal consueto, perché mi collocò le braccia sulle spalle sussurrandomi frattanto i particolari precisi e specifici che avrei dovuto mettere in risalto:

‘Lorenzo, ascolta un attimo, perché non evidenzi meglio le tette, i capezzoli sono già graziosi e perfetti così, non ti pare? – mormorandomi quel suggerimento con la voce lieve e suadente.

Io, oramai pienamente capitolato per quell’eccitazione crescente, rivolsi la testa indietro come per indicare la mia incapacità quella sera per poter agevolmente dipingere, perché era un gioco e a quel punto io volevo partecipare. Scivolai con un dito sulla tempera della tavolozza e senza voltarmi lo sfregai sul viso di Mirella, causandole un ampio segno rossiccio sulla gota. Lei accettò adattandosi emettendo nel contempo una fragorosa risata, volendo anch’essa eseguire ugualmente lo stesso gesto, così afferrò il cilindro più vicino riempiendomi la schiena con il colore, calcando sulla canottiera in modo tale che la tempera si sparpagliasse propagandosi sul dorso. A questo punto la festosità si era ampliata, perché pure Josephine abbandonò la posizione mollando tutto venne verso di noi per partecipare al gioco. Mirella sogghignando m’abbrancò da dietro, Josephine si sollevò facendo sgusciare per terra il velo trasparente, perché approssimandosi verso di me interamente nuda, si piegò per raccogliere la tavolozza che avevo appoggiato sul pavimento sfregando la mano, dato che gioendo introdusse la mano umidiccia dalla tempera dentro la maglietta, massaggiandomi e sporcandomi prima il torace in ultimo l’addome. 

Io ero interamente adagiato e incustodito tra quelle due donne, ciò nonostante non potevo essere talmente inoperoso, in quel momento non avendo l’opportunità delle mani intinsi il naso, la bocca e la barbetta sulla tavolozza in mano a Josephine e con un movimento repentino le introdussi la faccia in mezzo alle tette, successivamente sul collo creandole delle striature di colore celeste. Josephine rimase meravigliata dalla mia iniziativa, tuttavia anziché tirarsi indietro, gioendo s’avvicinò maggiormente accanto appoggiandomi le tette di fronte al viso. Erano talmente accostati che non ero in grado d’osservare la mimica di Josephine, ma percepii che le mie due amiche si stavano attualmente sbaciucchiando entusiasticamente sopra la mia testa. Mirella in quella circostanza mi lasciò le mani e da ultimo svincolato fui in grado di gettare le braccia al collo di Josephine, che era lì dinanzi a me mentre stimavo la mollezza della sua epidermide. Proseguii a sbaciucchiare le tette e con le mani la cinsi da dietro godendomi la pienezza delle sue chiappe, dopo risalii e approdai sempre più in giù fino a iniziare a captare l’incavo del didietro, continuai a scendere e raggiunsi il paradiso, perché con una mano le massaggiai l’orifizio del culetto e simultaneamente con l’altra iniziai a ispezionare approfondendo la sua fremente e vogliosa pelosissima fica. Josephine stava frignando di piacere, sicché proseguimmo in questo ruolo per diversi minuti, allorquando Mirella passò davanti, fece spostare Josephine e sogghignando sostenne:

‘Coraggio, adesso scarceriamo e sganciamo l’adorato pennello del nostro simpatizzante’.

Josephine mi sfilò la canottiera durante il tempo in cui Mirella mi sbottonava i calzoni, in tal modo rimasi totalmente denudato e disadorno con una fantastica erezione in bella vista, ma coperto sul torace e sul dorso di svariati colori. In quel momento ci fu un attimo d’inedito e d’originale disorientamento, squadrandoci in modo attonito e interdetto, su chi avesse dovuto pigliare la decisione finale, però Mirella essendo ancora l’unica infagottata, in quel frangente con risolutezza e con inverecondia intrapresi a denudare con vero piacere la mia adorata maestra di pittura. Erano attimi di silenzio quelli che sperimentavamo, perché stavamo transitando in pochi secondi dalle sghignazzate eseguite qualche istante prima, all’impudico, febbrile fermento, fino alla lasciva e viziosa provocazione totale poi. Ponderai che era affascinante seguitare nel portare avanti quel gioco, perché dopo aver svestito totalmente la mia adorata docente la feci sdraiare sull’arazzo di fronte al camino afferrando due cilindri di tempera e iniziai a spalmarle i colori sulle tette e sul ventre sostenuto da Josephine che ridacchiava in continuazione vedendo i capezzoli di Mirella tonificarsi cambiando colore a ogni passaggio di mano.

La visuale che riscontravo da lì era eccezionale, avevo infatti in primo piano la foltissima peluria della mia maestra, nella parte posteriore spiccavano le due tette che avevano assunto una colorazione astratta e dietro di lei squadravo Josephine, che nel frattempo si era dislocata collocandosi cavalcioni contro il viso di Mirella facendosi leccare deliziosamente la fica. Josephine nel mentre godeva come una forsennata manipolandosi le tette e parallelamente stava scrutandomi essendo in bilico tra la fica di Mirella. Quest’ultima, infatti, era una congiuntura esuberante e sfrenatamente deliziosa, in tal modo stabilii d’allungarmi cercando d’incurvarmi ritmicamente e nel contempo esordii baciando Josephine che si trovava di fronte a me. Celermente agguantai un cilindro di tempera e cominciai a spalmarla sulle tette di Josephine che peraltro apprezzò ben volentieri potenziando i gemiti. 

Mirella frattanto era già pervenuta all’orgasmo per il fatto che si divincolava sotto di me, io captavo la sua fica contrarsi risucchiando il mio cazzo al suo interno. Pure io percepivo frattanto il mio seme che s’inerpicava scorrendo lungo i condotti spermatici, eppure non volevo sborrare, facevo di tutto per trattenermi, interrompendo in tal modo un’esperienza così irreale, sorprendente e suggestiva, in maniera tale che non terminasse così presto, essendo noi tutti globalmente inzaccherati di tempera. Josephine mi scongiurò d’entrarle dentro disponendosi nella posizione della pecorina guardandosi indietro, Mirella invece, avendo abbondantemente goduto, si collocò al di sotto di noi iniziando a leccarmi con frenesia il cazzo, durante il tempo in cui entravo e uscivo dalla fica di Josephine.

Quell’insperata sensazione fu fantastica, perché raggiunsi un poderoso e veemente orgasmo in pochi istanti, in quanto un lungo brivido mi percorse tutta la schiena sconquassandomi le membra, giacché fu il preludio ad un’eccezionale e impensata sborrata, che scaricai sul petto di Mirella la quale iniziò a spalmarsi tutto il mio seme sul petto mischiandolo con dovizia assieme alla tempera.

Dopo ci fermammo un attimo e iniziammo a sorridere guardandoci e gioendo a vicenda tutti interamente amalgamati da un miscuglio di tempera, di sperma e di fluidi vaginali. In questo modo avevamo raggiunto la pace dei sensi e dei colori.

{Idraulico anno 1999} 

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