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Erotici Racconti

Incastri

By 20 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero appena tornato in Italia ed avevo scelto la Toscana per vivere.
Mi ero stabilito a Pisa, ma per lavoro stavo spesso a Firenze, dove avevo preso l’abitudine di girare di sera, cercando di mettere in scarico cuore, anima e cervello.
L’odore dell’arte mi avrebbe aiutato a far chiarezza in me e sul mio ennesimo ritorno. Più concretamente speravo di mangiare bene e trovare una compagna per la notte.
Ero un buon cacciatore e al mattino mi sentivo sazio e soddisfatto.
Quella sera invece ho rischiato di rimanere vittima io, incastrato in un gioco che spesso mi aveva fatto divertire.
Nelle orecchie avevo un alternarsi di musica heavey metal ed il piano di Ludovico Einaudi, come gli sbalzi e gli imprevisti di quella serata.
Avevo abbordato una ragazza dalle parti di Ponte Vecchio, innamorato del suo culetto prima del suo viso, ricordo di un rimpianto messo da parte da tempo. Una parola tirò l’altra, un aperitivo dalle parti degli Uffizi ed una cena un po’ fuori, dalle parti dello stadio.
Dimostrava molto meno dei suoi anni.
Sarebbe stata un’ottima cena, pensavo mentre mi lasciavo affascinare da quella ragazza.
Piacevole parlare, piacevole cenare, ma entrambi volevamo altro.
Un motel poco distante dall’autostrada, pulito e senza problemi di documenti, che evitavo di mostrare, anche se erano falsi.
Corpicino esile, non alta, capelli neri lunghi e lisci fermati con una fascia, occhi neri, unghie smaltate di nero, trucco leggero ma marcato.
Vestita bene, non da rimorchio, non da puttana, molto griffata. Aveva anche le unghie dei piedi smaltate. Più che bella affascinante.
Tra le gambe aveva un triangolino curato.
Profumo? ‘Replay’, come quello che aveva’..
Mi stavo sentendo vivo.
S’&egrave fatto sesso molto spinto, ad alti ritmi e piaceva ad entrambi.
Le ho chiesto se potevo prenderla dietro.
Nessun problema per lei.
Quando l’ho girata per violarla ‘li’ mi ha detto di metterle qualcosa in bocca per non gridare e tenerla contro lo schienale di una poltroncina. Per lei era la prima volta e me ne sono accorto quando le sono entrato tutto: forzava, poi tremava, ha iniziato a sanguinare un pochino ma potevo continuare. Le stavo sfondando quel bel culetto.
Dopo un paio di volte che entravo e uscivo, ha sputato il bavaglio, ha ripreso a perdere sangue ed &egrave svenuta, con me incastrato.
Panico sul momento, poi ho iniziato a reagire.
Ho iniziato a pensare.
Vaselina prima di tutto, poi un asciugamano da bagnare con acqua bollente da metterle sotto la pancia e una sorsata di Grand Marnier,
per me.
Ah, avevo preso pure un piccolo vibratore che aveva lei da infilarle tra le gambe.
Muoversi velocemente in quelle condizioni &egrave stato difficile, però &egrave andata bene e per fortuna non ha avuto un’emorragia.
Le avevo solo sfondato il culetto.
Che paura però!
Che idiota io!
Quando s’&egrave ripresa abbiamo continuato, senza problemi, alternando baci e respiri al liquore. Mi piaceva sempre di più e ci siamo fermati di nuovo solo quando alla fine delle nostre forze.
Era piaciuto anche a lei, ed il culetto dolorante ci poteva stare.
Mentre dormiva le ho guardato dentro lo zainetto. Oltre a quel vibratore ho visto un diario, che non ho letto, un’agendina strapiena di indirizzi, condoms, assorbenti, salviettine umidificate, profumo, sigarette, un coltello a scatto peggio dei miei ed un borsellino pieno di soldi, con un paio di carte di credito grosse.
Una ragazza di buonissima famiglia a vedere il cognome.
Il cognome mi ricordava qualcosa.
Avevo molta fame.
Quella ragazza mi aveva fatto stancare e meritavo di mangiarne qualcosa.
Avrei potuto mangiare e tornare alla mia vita senza problemi.
Invece qualcosa mi ha bloccato con forza, impedendomi una piacevole e nutriente routine.
Abbiamo lasciato quel motel quand’era ancora buio.
Pensavo di lasciarla in centro, invece mi chiese di lasciarla su un autogrill a metà strada tra Firenze e Pisa.
Nonostante tutto ero stato bene con lei, ben sapendo che non l’avrei più rivista.
Mai dire mai, &egrave vero, però se la dovessi ritrovare ora sarebbe una bella coincidenza e non esiterei a mangiarla.
Prima di prendere la strada di casa ci siamo fermati ancora in centro per fare colazione dalle parti della stazione di Santa Maria Novella.
Firenze prima dell’alba ha un odore pungente e sfuggente.
Avvolge veloce il naso, frizzante fino a far lacrimare gli occhi, ed un attimo dopo già &egrave sparito. Per assorbirlo bene bisogna respirare lentamente, mentre i nostri respiri erano veloci perché stavamo camminando verso le nostre vite normali.
La stazione era sempre movimentata anche presto.
Avevamo ancora un paio d’ore per noi.
Mangiammo con calma.
‘&egrave stato bello con te, aldilà dell’incastro’, le dissi accennando un sorriso.
Lei ricambiò con un sorriso splendido, che mi fece vedere a rimpianti e pensieri che non potevo permettermi di avere.
La baciai sulla bocca, infilandole le mani attraverso i vestiti.
Mi prese per mano e mi portò dentro una delle cabine del posto dei telefoni. Chiuse la porta, mi abbassò i pantaloni e me lo prese in bocca come e meglio di quanto aveva fatto qualche ora prima.
Era più forte di me e faticavo a non gridare per quanto stavo godendo.
Le sono venuto in bocca, lasciando pure uscire qualcosa.
‘Fino ad ora sei stato il migliore’, mi disse sistemandosi i capelli mentre leccava quello che mi era rimasto addosso.
Usciti dalla cabina andammo in bagno per sistemarci velocemente, dirigendoci verso la mia auto.
Mi chiese di poter mettere il cd dei ‘Franz Ferdinand’.
Buona scelta per me, poi silenzio fino all’autogrill che mi aveva detto.
Quella mattina era il cielo stava cambiando troppo velocemente e troppo spesso, ed il mio umore era inquieto.
All’improvviso sentivo in lei qualcosa di pericoloso.
Non riuscivo a capire, eppure era una sensazione che sapevo far parte del mio essere uomo.
‘Ti va un ultimo caff&egrave?’, mi chiese senza guardarmi negli occhi.
Ci poteva stare, ma in fretta.
Da lei volevo scappare, ma dovevo capire per me stesso chi era in realtà.
Dovevo affrontare, e magari superare, l’ennesima paura.
Entrambi abbiamo preso un latte macchiato corretto con dell’amaretto di Saronno, caldo e profumato.
‘Non ti credere di avermi salvato. Avrei potuto farti a pezzi senza problemi e mangiarti senza problemi’, assaggiando un croissant alla marmellata caldo.
Mi aveva sconvolto.
Avevo conosciuto un’altra come me.
Cercai di star calmo mentre lei mi toccava la mano destra
‘Quelli come noi li riconosco subito. Stavolta non ero sicura, ma ho rischiato. &egrave andata bene anche se dietro mi fa ancora male.’
Ci alzammo e mi accompagnò all’auto.
Mi strinse a se e mi baciò forte sulla bocca, infilandoci la lingua.
Ora sentivo che aveva il mio stesso sapore.
‘Buon viaggio gufaccio’ guardandomi negli occhi ‘Se mai ci incontreremo ancora non esiterò a mangiarti’ carezzandomi il viso.
Anche io non avrei esitato la prossima volta.

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