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Erotici Racconti

Incredibili e favolosi momenti

By 22 Agosto 2017Febbraio 4th, 2023No Comments

Oggi è il tuo compleanno, per questa giornata così speciale avrei voluto organizzare le cose come sarebbero piaciute a me ovviamente, condite in conclusione con il mistero, con il gioco e con la sensualità. Avrei allestito e impostato tutto io, giacché tu non sei abituato a lasciarti approntare, eppure con me è diverso, perché tu sai che io ti metto a disposizione gli strumenti e tu in ultimo dirigi. Il mistero è che non sai dove di preciso io ti condurrò per due giorni, malgrado ciò conosci soltanto che dentro la valigia dovrai avere un abbigliamento adeguato per l’escursione in collina, l’occorrente per la piscina e da ultimo un abito elegante. 

Il gioco è un momento fondamentale che coinvolgerà interessando unicamente te e me, perché avrà il nome di ‘battuta pulita’. La sensualità è che avrai fra le mani una donna interamente affrancata, autogovernata e totalmente libera da chiusure e da inibizioni, che si dedicherà in special modo donandosi al tuo completo piacere, offrendo e realizzando con te le sue più intime e recondite fantasie, perché lei ti provocherà stuzzicandoti sapientemente con tre personaggi: la pantera, la civetta e la sirena. Per l’evento prospettato c’incontriamo nei pressi di Perugia al solito ritrovo. Tu sei arrivato lì sapendo solamente che la meta è un completo mistero, io salgo sulla tua autovettura e infine ti dico immediatamente la destinazione: il lago di Corbara, nel comune di Orvieto, presso hotel La Penisola. 

Finalmente partiamo, in viaggio ci coccoliamo con le parole, ci esploriamo stuzzicandoci i pensieri, ci accarezziamo con gli occhi, eppure nessuno dei due cede al contatto fisico, già siamo in duello, sono incuriosita dalla contesa di chi dei due aprirà il gioco. Poco più di quaranta minuti di viaggio ed eccoci qua, frattanto a entrambi ci si spalanca l’anima, come previsto siamo arrivati. Adesso ti guardi in giro, poi vedi il lago: mi guardi e intuisci parte del mio mondo. All’accettazione la camera è già pronta, prenotata da me da qualche tempo, in tal modo c’incamminiamo a piedi e quasi contemporaneamente sbadatamente le nostre mani si cercano. Svoltiamo rapidamente un angolo del corridoio, poiché mi ritrovo già contro il muro con la tua bocca che cerca la mia, io mi slego, tu mi lasci svincolare per alcuni metri ancora, perché in seguito saremo l’uno parte indiscussa dell’altro.

La camera è come doveva essere, curata, esemplare, direi perfetta: vista sul lago con due ampie portefinestre e il soffitto con le travi in legno. Nel frattempo sistemiamo le valigie mentre io contemplo il lago dal balconcino, tu invece sei al telefono, questa è già la quinta chiamata, ma sei fatto così. Io quasi non ci faccio più caso, sei mio per alcuni minuti, ma so che dai tutto te stesso in quel momento. Ecco il tuo respiro sul mio collo, sei dietro di me, m’abbracci il ventre. Io mi giro e ti voglio, ti guardo sorniona e ti butto sul letto, mi scaglio su di te così ora i nostri corpi s’assaggiano avvolti e schermati dagl’indumenti. Secondo i miei gusti ci stiamo scaldando troppo, successivamente mi stacco da te, è una decisione sofferta ma necessaria, giacché in maniera seria e contemporaneamente maliziosa t’annuncio:

‘Allora, adesso si gioca: dai vestiti che andiamo a faticare’. Tu sei sbalordito, forse un poco deluso, ma accetti.

‘Allora, questa qua è la meta e questo è il sentiero, tieni la cartina. Tu mi concedi un quarto d’ora di vantaggio, poi parti anche tu. Senza regole, io sono una pantera e tu il cacciatore, attualmente siamo nel bosco, se io raggiungo la meta prima di te tu sarai mio schiavo, mentre se tu mi fermerai prima, io farò quello che vorrai, ma soltanto nel bosco, intesi, è tutto chiaro?’.

Io vedo il tuo sguardo allucinato, giacché si era parlato d’un fine settimana rilassante, io mi cambio in bagno celata al tuo sguardo, in seguito esco con gli scarponcini e con l’abbigliamento tecnico, ti do un bacio e parto. Il sentiero non sembra particolarmente impegnativo in quanto vado spedita e veloce, ho il cuore in gola, avverto già il fiatone, non mi giro, ma guardo l’orologio, siccome immagino che tra un po’ mi raggiungerai di sicuro. Decido d’abbandonare il sentiero per costeggiarlo sul lato nascondendomi fra gli alberi: sento dei rumori, non ti vedo, ma ti sento. Corro, scappo e travolgo ciò che incontro: tu non ti lasci vedere, ti lasci sentire, ci rincorriamo per parecchio tempo forse intervallati da cento metri. Io sono sfinita: ansimo, m’adagio dietro una roccia, non riesco a capire dove sei, ma devo riprendere fiato. Sono adrenalinica, guardo quanto dista il prossimo albero, la prossima roccia, perché mi sto disorientando. Sento un rumore: corro, ti sento, sei tu. Corro ancora dietro l’albero, al momento dietro la roccia ti vedo: corro ancora più veloce, sennonché la tua mano bruscamente m’afferra: 

‘Pantera che cosa fai, scappi?’ – esordisci tu.

Io cerco di divincolarmi e ci riesco, ancora poche decine di metri e raggiungo la meta, devo farcela. Continuo a correre mossa da non so quale inedita energia perché sono sfinita, tu m’agguanti nuovamente, però questa volta mi blocchi, considerato che entrambi dobbiamo riprendere fiato. Appena abbandoni la presa io fuggo nuovamente, tu m’abbranchi quasi con violenza e mi sbatti per terra, dopo sali su di me imponendomi:

Adesso starai ferma, vero?’ – m’intimi tu in modo accorto e incuriosito.

Io cerco d’uscire dalla tua presa, lotto con tutte le mie forze, avverto che tu sei più forte di me, per il fatto che neppure i miei morsi ti smuovono, anzi, tu pertanto mi blocchi la testa, le tue labbra sono già sul mio collo, intanto che di sotto percepisco un veemente e vigoroso bollore, giacché mi sento così come una cavalla scatenata che scalpita in maniera forsennata. Tu sei fermo, quasi impassibile, ora le tue braccia bloccano le mie e la tua lingua mi cerca: siamo ansimanti, sudati, con il cuore ancora in sobbalzo per gli sforzi, al presente i nostri sessi si cercano bramandosi e frugandosi a vicenda: consumiamo lì fra i cespugli, tra gli arbusti e le foglie d’autunno il nostro appassionato e poderoso ardore. Osservo distintamente che quell’amplesso è un poco selvatico nei modi, un poco rude, un po’ violento, ma unico nuovo e trascinante nel suo genere, giammai vissuto prima d’ora, perché tu mi penetri con forza, io ora non mi dibatto più se non per l’eccitazione che mi pervade scompigliandomi tutta. Dai movimenti della mia testa tu riesci a intuire quanto piacere sto provando, mi mordi una spalla, io gemo ma non dal dolore. In seguito ci ricomponiamo, insieme raggiungiamo la meta mano nella mano e ci godiamo il panorama: la meta era veramente a non più di duecento metri di distanza. 

Riscendiamo il sentiero, adesso ci concederemo un poco di riposo, in camera ci facciamo la doccia insieme sempre stuzzicandoci. Dopo scendiamo giù nella piscina, due tuffi e alcune bracciate per stemperare tutta la situazione. Che fortuna che non ci sia nessuno, dentro l’acqua ci dedichiamo ad altre tenerezze, trascorriamo più di un’ora a ritemprarci. Ben presto ripenso a qualche ora prima quanto accaduto nel bosco, alle intense e novelle emozioni che ho sperimentato, cerco nel tuo sguardo quell’uomo selvaggio e ci trovo al presente un uomo amabile, attento e gradevole che mi porta la tisana alla liquirizia ricordandosi i miei personali gusti.

Il tempo gradualmente passa, si è fatta l’ora di cena, io ho prenotato in un ristorante ricercato della zona. Saliamo nella camera per prepararci, ti rivesti in un attimo, mentre io amorevolmente ti contemplo: tu con quella camicia verde petrolio e quei jeans neri mi fai proprio perdere la ragione. Quando esco dal bagno riesco a sbalordirti, perché attualmente porto indosso il vestito di Mariella Burani. In verità mi sono fatta aiutare dalla sarta copiando la foto che avevi pubblicato, per l’occasione indosso però una versione color nero-argento, perché t’ho fatto scegliere senza sapere a che cosa mi riferivo.

La cena è piacevole, il locale interessante, il vino è ottimo, tuttavia non esagero perché voglio esserci tutta per il dopo cena. A dire il vero ci ubriachiamo di parole più che d’altro, per il fatto che mille cose da svelarci. Compiamo un breve giro in riva al lago di notte e ci ritiriamo, in camera siamo caldi e passionali, io ti chiedo di metterti nella poltroncina e sparisco in bagno, perché ricompaio con una maschera di piume nere e grigie, coperta da un lungo mantello nero, con in mano una lunghissima stola di velo nero. Alla musica ci hai già pensato tu. Io volteggio intorno a te, ti sfioro con il mantello poi mi metto di fronte a te, dopo faccio passare la lunga sciarpa sulla trave di legno e la lego nel mezzo del letto. E’ il mio sipario perché si divide in due, è il mio palo, è la tua mano. Tu non potrai toccarmi, perché soltanto quel velo mi toccherà e mi sfiorerà. 

Io inizio a civettarmi, sì, sono una civetta in posa che vuole essere unicamente ispezionata e scrutata da te da quegli occhi bui e profondi come le tenebre. Io ballo, mi sfioro, inizio a spogliarmi del mantello, sotto ho una leggera vestaglietta che scherma il tatto ma non la vista, una collana molto sonora, piena di perle e di ciondoli accompagnato da un perizoma viola. I miei movimenti sono languidi e sensuali: ora in piedi sul letto, ora distesa, ora che m’infilo tra quei due tessuti immaginandomi stretta al tuo corpo. E’ un’agonia forse torturarti così, ma tu hai una pazienza inverosimile, più attendi più dai il massimo dopo. Io comincio a svelare i miei seni, inizio ad accarezzarmi più audacemente, disinibita e sciolta. La stola tesa dalla trave al letto è ora un palo intorno al quale avvolgo di volta in volta una mia gamba, un mio braccio, il collo. Non stacco mai il mio sguardo da te: scendo dal letto per sfiorarti, ma non ti tocco mai, mi levo completamente la vestaglietta dopo innumerevoli passaggi velata solamente dal perizoma, una collana e una maschera. Sono eccitatissima, mi lecco due dita che scendono verso la mia infuocata, pelosissima, nera e odorosa fica. 

Io m’avvicino a te, al momento inizio a spogliarti, le tue mani m’accarezzano con dolcezza e desiderio, mi levano la maschera, s’infilano nello slip per assaggiare il mio nettare, tenuto conto che sono loro che profanano le mie labbra boreali, mentre la tua lingua gioca con la mia bocca. Siamo nudi, in un intreccio di corpi su quel letto, un reticolo di dita, di lingue e di labbra, visto che non c’è un centimetro della mia pelle che tu non vai a scoprire con le tue dita, con la tua lingua e infine con il tuo cazzo. Giochiamo, ci regaliamo reciproco piacere, scambievoli attenzioni e ci penetriamo l’uno con l’altro in tutti quei modi che per mesi abbiamo soltanto calcolato e supposto. C’è dolcezza in tutto questo, c’è dono di sé, ci sono forza e passione. Io dopo innumerevoli godimenti ancora non sono sazia e mi ritrovo carponi, con te dietro che m’avvolgi la schiena, mi mordicchi le scapole e il tuo cazzo che ripassa nel solco delle natiche. Mi hai avuto in quasi tutti i modi: è giunto il momento di cancellare quel quasi, adesso i miei freni inibitori sono staccati, hai sentito quanto mi sono lasciata andare. Ti appoggi sennonché verso quell’ingresso segreto con coerenza, fermezza e rispetto. Subito scatto e m’irrigidisco, ma non svincolo perché cerco l’altra tua mano, la stringo, tu prosegui con dolcezza entri un poco e ti fermi dandomi modo di respirare, di capire che è un dolore ambiguo, che è la mia tensione che non mi fa percepire il piacere. Ecco, adesso inarco la schiena, poiché sono riuscita ad abbandonarmi, tu prosegui, con attenzione e con forza, m’abbracci il ventre e il mio godimento raggiunge l’apice sommo. Il nostro desiderio non trova pace se non a notte inoltrata, quando crolliamo svigoriti l’uno nelle braccia dell’altro, l’uno tra le gambe dell’altro, l’uno nei pensieri dell’altro.

Al mattino presto il sole alto ci sorprende, io mi tiro il lenzuolo sulla testa e ti copro di baci, di carezze mentre tu sonnecchi prendendoti tutte le mie coccole. Io ti risveglio con un’erezione che voglio avvolgere nella tua bocca, io so molto bene quanto tu adori sentirtelo in bocca, capti il mio ardore facendomi provare il massimo piacere. Dopo una colazione con i fiocchi io ti propongo una passeggiata in riva al lago, adesso c’è fresco, l’aria è pulita, i colori sono nitidi, l’acqua è piatta. Camminiamo parecchio, tu in compagnia del tuo telefono, io dei sassolini che si presentano sempre diversi ai miei piedi. Finalmente hai chiuso l’ultima chiamata e ci ritroviamo in quel posto particolare, dove il lago fa un piccolo golfo che non si vede dalla strada. Il lago è deserto in questa stagione fredda, io mi sfilo gli stivaletti e m’avvicino alla riva, v’immergo i piedi, sento un brivido di freddo, ma questo fremito scatena in me un desiderio inatteso e insano. Sembra che tu mi leggi nel pensiero, allunghi una mano quasi per trattenermi, ma io sono già dentro. Come una sirena attirata dal luogo di nascita m’immergo in quel lago placido così vestita, immergo pure la testa girandomi verso di te. Tu scuoti la testa, stai squadrando guardando una pazza, io sparisco sott’acqua e quando riemergo ho nelle mani i pantaloni che appallottolo e lancio verso la sponda con l’intento di colpirti. Ora lancio la camicetta, getto gli slip e il reggiseno, poi mi porto verso l’approdo sempre immersa nell’acqua. Io ti esamino con desiderio, in giro non c’è nessuno, emergo dall’acqua nuda per cercare te. Tu continui a scuotere la testa, ma intanto ti spogli, mi dai della scema, frattanto mi baci sussurrando: 

‘Lo sai che così ci ammaliamo?’.

‘Sì, lo so. Meglio ammalarsi vivendo un sogno, che continuare a sognare, ammalandosi comunque’.

Io t’abbraccio forte, ti voglio come non mai, mentre i miei capelli bagnati grondano. Nonostante tutto quel freddo intorno, in quell’istante desidero solo te. Penetriamo nell’acqua così come farebbero due pesci, stretti come due meduse, pazzi come due cavalli. La sensazione incredibile del tuo cazzo che s’adagia nell’acqua, io squadro quell’attrito liquido, tu schiavo indiscusso delle mie fantasie riesci a regalarmi emozioni fortissime. Appena tornati a riva scopri con piacere che nella sacca avevo già messo teli e abiti di ricambio, stretti ritorniamo in albergo con l’intenzione di buttarci nella sauna e così facciamo. Il nostro momento è agli sgoccioli.

Un impacciante e ingombrante silenzio avvolge la camera mentre prepariamo i bagagli, in viaggio parliamo poco e ci tocchiamo molto. Io scendo dalla tua automobile accarezzata dal tuo sguardo, assaggiata dalla tua mano. Al momento mi domando: si è più appagati nel fare un regalo o nel riceverlo?

Il bacio che ci diamo nel salutarci diffonde ed esprime questo: di quanto coinvolgimento, slancio e trasporto c’è tra noi due nel donarci e nel riceverci. 

{Idraulico anno 1999} 

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