Finalmente è mattina, il cane del vicino di casa da tempo abbaia di continuo, dal momento che è già un’ora che mi giro nel letto in attesa del suono della sveglia, circostanza che non ho mai aspettato così tanto. Sono al presente impaziente, inquieta e insofferente, eppure avrei voglia di qualcosa che malgrado ciò non riesco a decifrare. In quell’istante m’alzo dal letto, la giornata s’annuncia magnifica, il sole splende già alto, poiché mette addosso una voglia incredibile di fare e di muoversi. Sorseggio un caffè in maniera veloce, giacché devo correre al lavoro tenuto conto che ho sempre del lavoro arretrato da sbrigare.
Entro in bagno, m’osservo rapidamente allo specchio, per il fatto che dormo sempre quasi nuda squadrando i seni che stavolta spuntano da sotto la maglietta. Dopo mi guardo e più sento i capezzoli indurirsi, riecco quella voglia, quell’insolita quanto inespressa insoddisfazione. Passo una mano distratta sulle labbra, mi sorrido, sfilo la maglietta per entrare sotto la doccia, ancora uno sguardo al mio corpo nudo, mentre la mano scivola lungo il profilo fino ai seni. M’accarezzo la pancia, le gambe, le natiche, immaginando che la mano non sia mia, percepisco crescere i brividi lungo la schiena, mi sto realmente eccitando, è tardi, non posso ora.
Vado nella doccia, l’acqua fredda mi fa sobbalzare, però resisto, giacché mi dà tono e vigore, m’insapono dolcemente, però il tocco delle mie mani sulla pelle nuda mi provoca un enorme e insperato piacere, cosicché mi soffermo sui capezzoli sempre duri, in tal modo impugno entrambi i seni e li stringo. Reclino la testa all’indietro, m’immagino d’essere su d’un palco dove la platea mi chiama eccitata, mi tocco pensando a quante persone sono davanti a me, che vorrebbero leccarmi e toccarmi. Le mie mani scendono lungo il corpo bagnato, l’eccitazione è sempre più forte, incontro i peli della mia pelosa fica vogliosa, apro le gambe, l’accarezzo forte, intanto che un dito stuzzica il clitoride, l’altro scende fino all’apertura più nascosta. L’altra mano m’accarezza l’interno delle cosce e i glutei, perciò comincio ad ansimare e vedo decine d’uomini davanti a me, con le mani tese per sfiorare la mia pelle pronte a rubare con un tocco proibito la mia essenza e infine sentirli gridare il mio nome. Apro gli occhi e vedo il tubetto del dentifricio appoggiato sul lavandino, lo afferro d’istinto, lo passo sul viso, lo lecco, lo insapono e dolcemente comincio a spingermelo nella fica aperta. Sento le incitazioni degli spettatori, il movimento ritmico dentro di me, la lingua lecca le labbra schiuse, frattanto l’acqua scorre sul mio corpo donandomi brividi ovunque.
La mano spinge sempre di più il tubetto, ancor di più, sia dentro che fuori, fino a che esplodo in un orgasmo violento che mi lascia interamente sfibrata. Attualmente c’è silenzio, la platea tace, sfilo il tubetto, lo osservo impregnato del mio piacere, lo lecco davanti a tutti assaporando il gusto della mia voglia convulsa e irrefrenabile, successivamente esco dalla doccia, si è fatto tardi, devo correre in ufficio. Mi vesto in fretta, scappo fuori e scendo in garage, uso la moto e via m’immergo fra il caotico traffico cittadino. Guidare con la motocicletta mi rilassa, poiché sento il vento caldo sulle braccia nude e ripenso a ciò che è stato poc’anzi. Sì, ecco che cos’era quella strana sensazione della mattina, penso e m’accorgo di strofinarmi contro il sellino della moto, sei proprio una porcella sogghigno frattanto in maniera maliziosa e malpensante, contenta a dispetto di ciò che sono.
Arrivo al garage dell’ufficio, è talmente tardi che non c’è posto nemmeno per posteggiare una moto, salgo fino all’ultimo piano, in quanto non ho mai parcheggiato la moto fin quassù. Adopero l’ascensore per scendere e sono da sola, intanto m’osservo nel grande specchio di fronte, non c’è che dire, ho un gran seno ancora duro e gonfio per la splendida doccia che spinge contro la maglietta aderente, per il fatto che sembra quasi voglia uscire. Se allontano la camicia s’intravedono nitidi i capezzoli, allora mi pizzico, osservo le mie labbra carnose, ispeziono la lingua rosea, il mio sguardo è inequivocabile, la voglia è ancora lì più intensa di prima. Sono talmente concentrata a osservarmi, che non m’accorgo che l’ascensore nel frattempo si è fermato al piano di sotto ed è entrato un operaio, uno di quei bei signori muscolosi che ho intravisto prima rifare la facciata del garage. Lui m’osserva dapprima disorientato, poi curiosamente divertito, vede la mano stringere i capezzoli, mi sente respirare affannosamente, ammira la bocca schiusa, la lingua che bagna le labbra. Io ho una voglia incredibile, la smania m’assale, guardo la sua immagine riflessa nel vetro, lo sento allungare una mano, la sento correre lungo la schiena fino al seno, lo lascio fare, è alto, mi guarda dentro la maglietta mentre afferra il mio seno, io sospiro di piacere al tocco forte e rude della sua mano:
‘Oddio’ – che cosa sto facendo? Non riesco a fermarlo, poiché si china, mi bacia il collo manifestando:
‘Hai voglia troietta?’ – mi enuncia.
‘Sì, parecchia’ – replico io infoiata.
Scendiamo con l’ascensore fino al piano sotterraneo abbandonato, lui mi conduce verso uno stanzino degli attrezzi e chiude la porta. Sono da sola con uno sconosciuto e ho una voglia pazzesca di scopare, lui ha intenzione quanto me, poiché mi spinge contro il muro durante il tempo in cui infila le mani sotto la maglietta e sotto il reggiseno. Io lo lascio fare, gli lascio fare qualsiasi cosa, perché sono in balia e in potere del suo radicale desiderio. In quella circostanza mi schiaccia nell’angolo con la sua virilità, sento il suo alito caldo di caffè sul collo, mentre mi bisbiglia nelle orecchie che in modo accalorato dichiarandomi:
‘Spogliati, ti voglio tutta nuda, vedo che sei una sgualdrina capricciosa e vogliosa. Adesso t’accontento io’ – m’intima.
Io eseguo e ubbidisco, mi spoglio lasciandomi addosso solamente le scarpe, dopo lo vedo chinarsi davanti a me, aprirmi le gambe e infilare dolcemente la lingua tra i miei folti peli. Sento la sua faccia tra le mie gambe, lo sento spingere con la lingua dentro di me, sollevo una gamba per aprirmi meglio davanti a lui, perché mi lecca tutta sia davanti che dietro. In seguito comincia a infilarmi le dita, prima un dito, poi un secondo, dentro e fuori, sempre più forte:
‘Sì, dai così, fammi venire, ecco ancora’ – intanto che io sbraito nei suoi confronti tutto il mio radicale piacere.
Lui sfila le dita, appoggia la bocca e beve il mio liquido, si rialza e lo osservo. Adesso ha il viso bagnato dei miei fluidi con gli occhi spalancati, io m’avvicino alla sua bocca, lecco il mio sapore eccitandolo maggiormente, lui mi spinge la testa verso il suo cazzo eretto liberandolo dai pantaloni e me lo infilo immediatamente in bocca fino alla gola. Succhio e spingo forte, avverto le sue mani che mi premono sulla testa accompagnando quel lussurioso atto, lo sento che vuole godere, capto il suo desiderio di trattenersi per non sborrare subito, giacché lui mi vuole fermamente scopare. Ricordo attualmente d’essere completamente nuda, allora sfila quel cazzo meravigliosamente duro dalla bocca, mi gira e me l’infila di prepotenza. Io m’appoggio al muro, cerco di contrastare come posso la sua focosa irruenza, ma lui è al presente come un cavallo lanciato al galoppo, ha le mani sui fianchi, me li stringe, mi sbatte dentro sempre di più senza sosta, più forte conficcando il suo cazzo nella mia focosa fica. Trascorrono soltanto pochi minuti, perché lui alquanto infervorato non resiste più manifestandomi:
‘Godo, vengo anch’io, sì, eccomi, tieni, prendila tutta’ – m’enuncia lui riempiendomi totalmente, mentre io avverto la sua suprema sborrata che m’inonda la fica sovrastandomi e scompaginandomi le membra.
In seguito ci riprendiamo immediatamente, io mi rivesto, lui si risistema e usciamo insieme dirigendoci verso l’ascensore e mentre attendiamo che lo stesso arrivi mi propone di sorseggiare un caffè al bar di fronte.
Io accetto gradendo molto volentieri l’invito, poiché questa mattina arriverò abbastanza tardi in ufficio.
{Idraulico anno 1999}