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Erotici Racconti

Intrusioni nella mente

By 28 Maggio 2017Febbraio 3rd, 2023No Comments

La penetrazione in quell’occasione fu amara, spiacevole e persino dolorosa, nonostante fosse il terzo uomo che la possedeva quella sera. Lui, infatti, agendo francamente in maniera molto sommaria non si era posto la problematica di denudarla, lei in quello specifico frangente non aveva avuto neanche la materiale opportunità di rivestirsi in modo appropriato dopo il secondo, dato che aveva portato addosso solamente la sottoveste e percepiva addirittura lucidamente sulla faccia il liquido seminale di quello che era a stento sgusciato dalla sua camera: per farla breve, non aveva invero avuto a disposizione il tempo necessario di coprirsi né di sistemarsi al meglio, poiché lui era entrato sgarbatamente e l’aveva afferrata villanamente, dando sennonché inizio in maniera sbrigativa alla sua prestazione con la sua arcigna e burbera maniera, sollevandole verso l’alto la sottoveste e insinuandosi tra le sue gambe come una furia affamata e indiavolata. 

Per dirla tutta, era schiettamente da un po’ di tempo che lui sopportava affinché giungesse il suo momento, giacché si era palesemente innervosito, per questo motivo il suo cazzo era diventato gonfio, pulsante e autoritario, rapidamente la dominò entrando in lei con un colpo secco e con un brontolio, in quel preciso istante lei avvertì precisamente la sapidità inconfondibile dello sperma che aveva giustappunto ingoiato. Lui in quell’occasione indietreggiò con la cavità pelvica predisponendosi prontamente per il secondo affondo, quest’ultimo addirittura più esagerato e incontrollato del primo, lei allargò di più le gambe, perché sapeva che se gli avesse facilitato l’ingresso sarebbe stato meno molesto e tormentoso, cosicché lui scivolò agevolmente dentro di lei schiacciandole distintamente il viso contro il suo petto: al momento le sottraeva il respiro e sperava che quest’atto finisse presto, in quanto lei ne era manifestamente certa, tenuto conto dell’eccitazione e dell’attesa, dal momento che lui avrebbe senz’altro sborrato istantaneamente. I mugugni sennonché aumentarono palesemente insieme al ritmo, giacché a ogni colpo lui la spingeva verso l’alto facendola cozzare contro la spalliera del letto, finché non si ritrovò con la testa contro il ferro battuto che la feriva inevitabilmente a ogni colpo ricevuto. Lui s’aggrappò fermamente per poi procedere con maggiore efficacia, in tal modo nella sollecitazione seguente lei inveì per la fitta ricevuta, lui prontamente si trattenne qualche secondo per squadrarla in viso, anche lei era stata opportunamente informata che non occorreva strillare, poiché quell’intrinseco e semplice naturale gesto lo avrebbe infervorato maggiormente. Lei lo guardò spaventata, in un attimo lui si sedette sopra il suo petto sottraendole marcatamente il respiro: 

‘Dai, prendilo così, apri correttamente la bocca, acchiappalo tutto prostituta’. 

Lei cupamente eseguì assolvendo in maniera infelice quell’indotto, forzato e triste atto, mentre lui gli spinse rudemente il cazzo fino in gola: lei per poco non si strangolava a causa dell’aggravio della mole del suo fisico e per la grandezza di quel cazzo imponente, che martellava la sua cavità orale cagionandole quasi la nausea. Lui si muoveva sopra di lei spingendo quel membro sempre più in fondo, mentre la reggeva per i capelli manovrandola e scuotendola in modo belluino, brutale e malvagio. Lei non respirava, per il fatto che il volto era diventato rosso dallo sforzo e dal dolore delle braccia a causa del suo notevole peso, tuttavia dopo un estenuante periodo lui vibrò sennonché rotto dai brividi traballando: 

‘Starà finalmente per eiaculare, speriamo che finisca presto’ – pensò lei tra sé e sé immaginando di concludere al più presto quella disagevole, ingrata e penosa afflizione. Lui si fermò per un istante ansimando, però resisteva a sufficienza contrastando e sopportando l’orgasmo, poiché avendo già erogato il suo compenso cercava di prendersela pacificamente, dal momento che non aveva alcuna intenzione di sborrare così in fretta. Lui l’agguantava trattenendola per i capelli, per un attimo lei riprese fiato, appresso lui la trascinò vigorosamente nel cantone della camera, la fece chinare premendole la faccia su quel legno gelido, mentre con l’altra mano le sollevava sgarbatamente la sottoveste: 

‘Ora apri le gambe, così, spalancale bene puttana’. Lei dilatò le gambe, intanto che le sue mani cercarono il bordo del tavolino, poiché stringendolo con tutte le sue forze mentalmente esordì:

‘Che cosa ci faccio qui?’. 

Quel pensiero sopraggiunse da solo come un bagliore come spesso accadeva, perché come ogni volta lei lottò accanitamente accapigliandosi per mandarlo via. La risposta era più infausta, penosa e sciagurata della domanda, perché proprio lì, in quel preciso istante rivide esattamente sua madre, che la sorreggeva fedelmente affiancandola all’interno di quell’abitazione parecchi anni addietro, tenuto conto che là dentro c’era un uomo che le aspettava. La mano avvizzita e sciupata di sua madre mollò la sua presa per acciuffare sbrigativamente un involto di numerose banconote, appresso si girò scomparendo bruscamente lasciandola in quel malinconico e tetro luogo: 

‘Magari ritornerà a prendermi’ – pensava lei affannosamente in maniera convulsa e incontrollata, cercando faticosamente di farsi coraggio.

Lui l’agguantò per i fianchi e la penetrò sennonché da dietro: un’insperata e potente scossa elettrica l’attraversò radicalmente, sennonché lei si bloccò irrigidendosi velocemente per il male ricevuto: lui affondava in modo brutale, crudele e imperturbabile dentro di lei in modo dispotico e insensibile, sua madre non era più tornata, probabilmente era stata per malefatta sua, dato che non si ricordava minimamente d’aver combinato birbonate così tanto gravose e sgradite per farla arrabbiare in tal modo, ma certamente era colpa sua se era stata portata lì, sì, indubbiamente era così, visto che era stata cattiva e turbolenta, per il fatto che sua madre era stata obbligata ad allontanarla da sé, escludendola, perché lei era stata infame e riprovevole, quasi certamente era una figlia abietta e disdicevole. Grosse lacrime sennonché cominciarono a segnarle le ciglia, mentre il dolore si espandeva irradiandosi fino alla punta dei piedi. Come poteva arrivare fin lì il dolore? Lui s’abbatté sopra di lei e sborrò accompagnando il suo orgasmo con uno spropositato strillo inumano, un minuto dopo lui uscì dalla stanza, mentre lei era ancora lì piegata sul tavolo addolorata e affranta. In seguito si sollevò sommessamente, perché adesso tutte le membra del corpo le facevano male, visto che non riusciva a stare dritta, mentre dalla porta entrò un uomo e la guardò, intanto che stava tirando giù la chiusura lampo dei pantaloni:

‘Concedimi soltanto quindici minuti, adesso esci fuori per favore’.

‘No, non esco, io sto aspettando ormai da più di mezz’ora’ – replicò quell’individuo.

‘Dammi soltanto quindici minuti. Esci, non te lo ripeto più’.

Lui esitò un attimo, poi con lo sguardo più esagitato e furibondo che mai si tirò su la cerniera e uscì, lei si sistemò la sottoveste, s’infilò la camicia stropicciata, indossò le calzature di legno e uscì velocemente dalla stanza:

‘Dove credi adesso d’andare?’ – le disse l’uomo.

‘Io vado a prendere la legna per la stufa, arrivo subito, aspettami là’.

Lei attraversò alla svelta il corridoio pieno di maschi, qualcuno la toccò mentre passava dicendo brutture e oscenità d’ogni sorta, intanto che dalle altre camere provenivano in maniera distinta gemiti, lamenti e urla, in quanto l’odore del sesso aleggiava in modo integro e netto in ogni parte. Lei uscì dirigendosi frettolosamente verso il capanno mentre l’aria gelida l’attraversò avvolgendola. Qualcuna aveva provato tempo addietro invano cercando di svignarsela da quel posto, nessuna però era mai riuscita nell’intento d’attraversare il fiume, perché i loro corpi vennero ritrovati a valle, altre furono riprese e la punizione superò di gran lunga lo spasimo della morte. Lei stava lì, nell’aria gelata origliando con attenzione il rumore travolgente del fiume, girò intorno al capanno e si ritrovò davanti alle violente acque nere che scorrevano veloci verso la cascata, si voltò lentamente e vide le luci della casa. Il suo sguardo ritornò alle acque nere e con gli occhi della mente rivide distintamente sua madre: lei non aveva mai sbirciato negli occhi sua madre, non era mai riuscita a incrociare il suo sguardo, dopo fece un passo avanti e l’acqua gelida l’investì con i suoi spruzzi. Un altro passo avanti, il rumore adesso era scrosciante, lei non sentiva più le urla né i gemiti provenire dalla casa, un altro passo e poi il vuoto.

Un milione di spilli attualmente le perforavano pertanto le morbide carni, non poteva essere così freddo, non poteva esistere un gelo così intenso. La furia del fiume non le permetteva di muoversi, eppure lei non voleva spicciarsi, si lasciò in tal modo trascinare per infiniti istanti. I polmoni cominciarono a reclamare, un fuoco rovente cominciò a bruciarle nel petto. Come poteva però bruciarle il petto in quell’acqua così gelida? Dopo prese l’adeguato coraggio e finalmente spiccò il grande salto: lei lo aveva immaginato un milione di volte, sarebbe stato come volare, però non era così: era trascinata giù da una forza arcana e misteriosa quanto potente, a una velocità impensabile, era scuro, gelido, rintronante, senza sensazione né senza idee, come sempre, tutto era senza significato, poi a un tratto comparve il silenzio interrotto da un delicato richiamo:

‘Sveglia bambina, coraggio, su svegliati, sta’ tranquilla, perché qui nessuno ti disturberà né ti maltratterà né ti molesterà. Tu hai fatto solamente un brutto, disgustoso e sgradevole sogno. Adesso sta’ calma e rilassati, cerca di dormire tesoro, cerca di riposarti’ – mentre una soave mano e un gradevole tono di voce la rincuorava rinfrancandola a ragion veduta per l’accaduto. 

{Idraulico anno 1999} 

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