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Erotici Racconti

La corteggiatrice

By 28 Dicembre 2016Gennaio 31st, 2023No Comments

Il suo sguardo si perdeva per ammirare e per meravigliarsi di quel favoloso e incantevole tramonto nell’istante in cui finiva il giorno, giacché le aveva sempre dato forti emozioni fino alle lacrime, malgrado ciò oggi non riusciva a sentire niente di tutto questo, in quanto il suo cuore sembrava essersi di nuovo asserragliato, cedendo e lasciando fuori tutte le emozioni e tutte le suggestioni. 

Lui, il suo amante, passeggiava avanti e indietro sul grande terrazzo del lussuoso albergo sulla spiaggia con il telefono attaccato all’orecchio, discuteva con qualcuno dei suoi collaboratori catalogando e ordinando con la sua abituale voce pacata ma determinata, convinto che avrebbero comunque attuato ed eseguito senza contrastare né discutere in nessun modo. Ogni tanto s’avvicinava a lei per accarezzarla, qualunque evento era una percezione d’incomodo e di scocciatura, eppure fino a poco tempo fa le piaceva tutto questo, in altre parole essere l’amante di quell’uomo per essere lisciata e vezzeggiata.

Lui non era un uomo appetibile né di bell’aspetto, cionondimeno non le era mai stato a cuore, eppure con lei era amabile, la riempiva d’attenzioni e in cambio non chiedeva tanto, dal momento che non le costava molto scopare con lui, poiché non esisteva alcuna implicazione sentimentale e pertanto nessun rischio d’affliggersi né di penare ulteriormente. Questo punto di vista era andato bene però, fino a quando lei non aveva incontrato quell’uomo meraviglioso che era il suo amore, dal momento che con lui si era instaurata e stabilita un’amabile e raffinata comprensione diventata totale con il vivere del tempo senza alcuna pausa, fino a intuire d’esser diventati tutti e due perdutamente innamorati. Era qualcosa che lei non riusciva a tenere a bada, tenuto conto che era realmente una benevolenza e una tenerezza avvincente, energica e davvero irrazionale. Adesso, su quel terrazzo, seduta sulla sedia a sdraio guardava il mare tingersi di rosso e ancora si chiedeva che cosa ci facesse in quel posto. Lui, il suo spasimante s’accostò, le sfioro la capigliatura e poi le labbra con le dita, in quanto non la baciava mai, perché le puttane non baciano considerava e alla fine diceva lui sempre più convinto. A questo proposito la considerava una puttana, malgrado ciò sua e di nessun altro, dato che glielo aveva ricordato precisamente dopo pranzo. Lei si era però stancata, perché gli aveva annunciato che lo avrebbe lasciato, dato che non voleva più continuare, per il fatto che si era innamorata e non poteva più portare avanti questa storia.

‘Che cosa? Mollarmi? Scartalo dalla testa di potermi mollare così’ – la sua voce era diventata pungente, sarcastica e scortese.

‘Ti sei innamorata? Le puttane non s’innamorano né ci s’innamora di loro, perché servono soltanto per scopare, lo sai questo?’.

Da ultimo mollò quella presa, la fece innalzare e le ingiunse di denudarsi, lei avvertì istantaneamente un atteggiamento di collera e a quel punto agognò d’avviarsi alla svelta spedendolo al quel paese. Lui sennonché la bloccò afferrandola per la capigliatura, la trascinò alla volta di sé e scrutandola direttamente negli occhi le proferì:

‘Forse non hai afferrato per bene il significato mia beneamata. Io ti ho detto di svestirti non d’andartene, perciò esegui. Non costringermi a compiere atti disgustosi e sgraditi, in quanto sarebbe uno sbaglio danneggiare il tuo grazioso volto’.

‘Tu non puoi conciarmi né trattarmi né comportarti in tal modo. Io non sono per nulla un oggetto di tua proprietà’.

‘Ti sbagli di grosso, tu sei mia, perché lo sei giustamente dal momento che io ho definito che tu dovevi essere la mia amante e guai se qualcun altro s’arrischia e osa toccarti’.

Lui iniziò a rimuoverle convulsamente i vestiti, la fece adagiare sopra quell’ottomana, si slacciò i pantaloni di fronte a lei e li lasciò cadere sul pavimento, s’avvicinò, le afferrò la testa fra le mani e la tirò verso di sé:

‘Su dai, adesso leccamelo. Io so molto bene che gradisci gustartelo, per il fatto che ti è ogni volta andato a genio, leccamelo t’ho detto, che cos’aspetti’. 

Lei non si sarebbe mai aspettata da parte sua quell’inattesa intonazione, quell’asprezza e quella ruvidità despota e dittatoriale nei suo confronti. In realtà però, lei si era alcune volte accorta che lui accollava e assegnava spesso degli ordini al telefono, eppure con lei era stato sempre molto affettuoso, benevolo e tenero, visto che non l’aveva mai costretta né indotta a fare niente che lei non avesse gradito né voluto. La bocca s’aprì e cominciò a succhiarlo come faceva sempre, come a lui piaceva d’altronde.

‘Brava, esatto, sì così, lo so che ti piace’ – esprimeva lui, coinvolto a tal punto immergendosi con fermezza all’interno della sua bocca.

D’improvviso squillò il telefono, lui rispose con quella modulazione esanime, disinteressata e competente che adoperava di continuo, tuttavia senza sospendere quello spasso che gli aggradava, dato che si muoveva più forte lasciandosi sfuggire ogni volta gemiti di piacere. L’individuo dall’altra parte del telefono, al contrario, sembrava agitatissimo e allarmato, però lui gli rispondeva sempre con dei monosillabi tra un sospiro e l’altro fino all’apice totale del godimento, giacché lui eiaculò con uno strillo inaspettato riempiendole la bocca. In quell’occasione lei cercò d’alzarsi, ma lui la trattenne per un polso, la fece stendere vicino a sé e cominciò ad accarezzarla mentre affibbiava altre disposizioni al telefono al suo collaboratore. Dopo posò il telefono sul comodino e iniziò a interessarsi interamente a lei, dal momento che le sue lusinghe erano ardenti e determinate, poiché sapeva come toccarla per darle piacere, dato che adesso era tornato a essere inaspettatamente affettuoso.

‘Come puoi pensare di lasciarmi’. 

Lui affondò fra le sue gambe prima lentamente, poi con forza e con rabbia. Il suo pene era di notevoli dimensioni e di solito cercava d’essere delicato ma oggi no, perché a ogni spinta sembrava che le entrasse nello stomaco. L’orgasmo arrivò forte scuotendo tutto il corpo, scuotendola a tal punto e privandola quasi d’alitare. La fece roteare e l’abbrancò nella parte posteriore con la stessa forza, adesso era un po’ meno piacevole, ma rilassandosi riusciva a farlo entrare tutto fino in fondo e presto il piacere prese di nuovo il sopravvento. Lui la manteneva per i fianchi e faceva pressione ogni volta più impetuoso, fino a quando non s’accorse che il suo seme caldo fuoriusciva, poi lo estrasse e si lasciò cadere sul letto. Ormai il sole era quasi completamente sotto la linea del tramonto, lei cominciò a sentire un po’ di freddo, avrebbe voluto infagottarsi eppure non le andava d’alzarsi e se ne stava lì ad adocchiare il mare senza riuscire a muoversi. Lui si stava vestendo dopo uno di quei tanti banchetti di lavoro consumati al crepuscolo, successivamente sarebbe rincasato a tarda ora, lei però non vedeva l’ora di rimanere da sola per dar sfogo alle sue lacrime per potersi finalmente affrancare e liberare da quel peso assillante allo stomaco. 

‘Copriti bene, altrimenti piglierai freddo. Ti faccio recapitare la cena in camera?’.

‘No grazie, non ho fame’ – e intanto pensava tra sé e sé, dissolviti carogna, vattene via, crepa.

In conclusione sentì chiudere la porta, le lacrime uscirono da sole, chiudendo gli occhi ammirava e rivedeva il volto del suo prediletto desiderio, no, non poteva rinunciarci, non voleva privarsi, perché al solo pensiero di non poterlo rincontrare, il suo animo pareva lacerarsi e sbrindellarsi dalla sofferenza e dal rincrescimento. In quell’attimo lei s’agitò, si sollevò da quello sdraio, dato che sarebbe stato azzeccato fare una doccia calda per portarsi via di dosso il suo odore, sfregò la pelle con forza sperando d’allontanare e di disperdere via anche quella sensazione antipatica, irritante e sgradevole che le era rimasta attaccata addosso. Si guardò allo specchio e mentre s’asciugava davanti agli occhi gli comparve il benigno e cordiale sorriso del suo amore, lei doveva andare da lui, incombeva andarci adesso. Lei si vestì in fretta, afferrò la borsetta, scese nell’ingresso e chiese al custode di prenotarle un tassì. Andò fuori dall’albergo così com’era con la capigliatura gocciolante, il tassì approdò velocemente, entrò e gli consegnò l’indirizzo, poiché lui abitava fuori città.

Il tassista non voleva lasciarla da sola in quella carreggiata spopolata, giacché c’era unicamente un’automobile parcheggiata al lato opposto della strada, lui le disse che se avesse voluto l’avrebbe ben volentieri aspettata, lei replicò che non era indispensabile, per il fatto che non avrebbe fatto ritorno in città. Non c’era il campanello e il cancello era aperto, appena la sentirono i cani s’agitarono e iniziarono ad abbaiare, lei s’avvicinò, si lasciò annusare, infine la riconobbero perché aveva giocato con loro il giorno prima e in quel momento si lasciarono accarezzare. Sentendo abbaiare i cani lui s’affacciò alla porta e quando la vide si preoccupò:

‘Che cos’è successo?’.

‘E’ successo che ti amo’. 

Lui la strinse bonariamente, la baciò su tutto il viso ed entrarono in casa abbracciati, siccome non erano in grado di desistere di baciarsi lasciarono cadere per terra i vestiti e si tuffarono sul suo giaciglio, per il fatto che quel trasporto li batté e li sopraffò appieno. In quell’istante riusciva ad arrivare in ogni luogo, in quanto sembrava svolazzare in un ambito e in un’estensione infinita e avvertire soltanto i suoi sospiri, la sua bocca e le sue mani. Lo percepiva entrare dentro di lei, poiché era come se i loro esseri in quel preciso momento si fondessero, il godimento che viveva in quell’attimo peregrinava più in là del diletto corporeo. Non diedero importanza ai cani che continuavano ad abbaiare e non s’accorsero della finestra che prima era socchiusa e adesso si stava aprendo. Lui li stava guardando, poiché quello che sperimentava attualmente era un miscuglio d’eccitazione e di rabbia, dato che agognava d’accopparli tutti e due. La faccenda che lo faceva più incitare e infuriare era l’erezione che stava avendo osservando quei due corpi accasciati dal piacere. Lui contemplava lei, intanto che godeva sotto quel giovane uomo, visto che si spingeva dentro con forza facendola strepitare di gioia e di godimento.

Adesso le aveva chiesto di girarsi, lei si mise in ginocchio, mentre dalla finestra poteva vedere il suo sesso tra le gambe spalancate totalmente inzuppato, assisteva il suo cazzo infilarsi senza impedimenti, mentre lei muoveva i fianchi, non poté fare a meno di toccarsi poiché era così eccitato che sembrava voler esplodere nei calzoni. S’accarezzò e avvertì un tremito di godimento, lo agguantò e iniziò uno sfumato spostamento con gli occhi incantati sulla scena che si sviluppava su quel giaciglio, poi la movenza della mano diventò più lesta.

Lei gridò di nuovo di piacere, poi si girò verso quell’uomo ancora in ginocchio e brandì il suo cazzo lambendolo con la lingua con esaltazione, lui percepiva che cosa stesse assaporando e saggiando quell’uomo, avvertì il suo sperma arrampicarsi e in seguito schizzare liberamente, siccome ebbe la necessità di puntellarsi, tenuto conto che le gambe erano in preda a un reale sprofondamento. Avvertiva e coglieva i mugolii di piacere in quella stanza da letto, non poteva supporre, lui si era infervorato e persino manipolato scrutando quella meretrice che si faceva montare, l’ira e la stizza a quella vista riprese ad amplificarsi, giacché avrebbe voluto intrufolarsi e sterminarli là su quel letto, forse per l’uomo poteva anche andare, ma per lei no, poiché per lei sarebbe stato indubbiamente carente e misero.

Quello che testava e che verificava non era antagonismo né gelosia, ma furia e sdegno, perché nessuno mai doveva palpeggiare quello che gli apparteneva, e lei era unicamente sua quantomeno fintanto che lui avrebbe deciso e disposto diversamente. Ritornò verso la macchina, in quanto doveva pensare che cosa fare, perché non l’avrebbero scampata così agevolmente, questo era più che certo. In quell’occasione decise a quel punto d’aspettare fino a quando non l’avrebbe vista apparire, dato che non immaginava di certo che sarebbe rimasto lì tutta la notte. 

‘Io non ho intenzione di ripresentarmi all’ostello né ho volontà di mollarti’.

‘In tal caso resta amore mio, perché addormentarmi accanto a te è adesso la cosa che più desidero in questo momento’. 

Lei tra le sue braccia e con la testa contro il suo petto s’addormentò ascoltando il battito del suo cuore, lui la guardava dormire e in quel momento sentì di venerarla profondamente. Il mattino successivo fu destato da una sensazione di fradicio ai piedi, perché il cane era balzato dentro la camera attraverso la finestra lasciata aperta, visto che gli stava leccando i piedi. Guardò l’orologio, non si capacitava né si convinceva, perché si era addormentata per più di dieci ore, dal momento che erano anni che non gli succedeva di dormire serenamente in quel modo. Girandosi nel letto rimase sorpreso nel trovala in quel luogo, al momento poltriva, però era così amabile e pacifica, in quell’occasione la baciò, lei aprì gli occhi e sorrise accarezzandogli il viso dicendole:

‘Ti amo svisceratamente’.

La strinse forte, dato che averla lì nel suo letto era sempre stato il sogno più grande da quando l’aveva conosciuta e ora era lì. Il contatto con il suo corpo caldo e morbido gli dava un piacere indefinibile e straordinario, perché sfiorare gentilmente quella carnagione morbida istigava e liberava ancora una volta la sua euforia, apprendere che si spostava sotto le sue carezze caldeggiandole e guidandole lo faceva ammattire a dismisura. Di nuovo fu sopra di lei e dopo dentro di lei con forza e con passione, lei s’abbandonò a quelle spinte profonde fino al culmine del piacere che pulsando pervase tutto il suo corpo, dato che restarono abbracciati senza affrettarsi come se temessero che potesse rompersi e rovinarsi l’incanto di quei momenti.

‘M’accompagni in città?’.

‘Non tornare da lui. Dai resta qua, in quanto ho desiderio di te, lo sai questo, no’.

‘Non voglio tornare da lui, io vado solamente per recuperare i miei aggeggi, ormai ho deciso, dato che con lui chiudo definitivamente’.

Fu risvegliato al mattino dal rumore del cancello che s’apriva, sentiva la bocca asciutta con la schiena a pezzi e l’auto non è certo il posto esemplare né ideale per dormire. Eccoli che uscivano, lei non era dunque rientrata quella notte, era curioso di conoscere la scappatoia che avrebbe inventato. Lui allora li pedinò in lontananza sino di fronte all’ostello, lei scese dalla macchina e baciò lui dal finestrino, poi entrò nell’ingresso. Lui decise di non salire subito, si fermò al bar dell’albergo e rimase lì per una buona mezz’ora davanti a una tazzina di caffè ormai diventato freddo. Si decise e salì, poi davanti alla porta della camera si fermò un attimo e bussò alla porta, lei arrivò a spalancare con l’accappatoio guardando la valigia aperta sul letto: 

‘Dove credi d’andare?’. 

‘Me ne vado da te, dopo quello che è avvenuto un giorno fa, io non riesco realmente a stare insieme a te’. Lui l’acciuffò per un braccio e la trainò verso di sé. 

‘Tu mi hai tradito. Maledetta e sciagurata puttana’. 

‘Ti ho visto sai, questa notte ti ho visto, mentre ti facevi sbattere per bene da lui’. 

Lei non riusciva a credere che quell’uomo fosse lo stesso che per molte notti l’aveva accarezzata amabilmente e coccolata. Non c’era mai stata affezione né attaccamento fra loro due, questo era stato comprensibile sin dal principio, ma era piacevole stare insieme. 

‘Tu non hai nessun diritto di conciarmi né trattarmi così. Eravamo d’accordo che sarebbe durata, fino a quando sarebbe andata bene per entrambi’. 

‘Noi rimarremo congiuntamente, fino a quando lo deciderò io. Io non ho in nessun caso accettato né permesso che palpeggiassero le entità che reputo mie. Ora me la pagherete tutti e due, questo te lo posso garantire, statene certi’. 

Di nuovo le sue mani la strinsero, la fece alzare, le strappò via l’accappatoio e allungò una mano per toccarla, però lei prontamente indietreggiò. L’agguantò per le braccia e la spinse accanto al giaciglio, lei cercò di liberarsi, lui era sempre più esaltato, poiché sembrava piacergli molto questo nuovo gioco, poi si sbottonò i calzoni e s’infilò tra le gambe di lei, la brandì a tal punto come se questo atteggiamento lo facesse sentire più prestante, vigoroso e più importante. 

‘Bene, adesso andrò a occuparmi di lui’. 

‘Che cosa vuoi fargli?’.

‘L’idea era d’ammazzarvi entrambi, però poi ho pensato che forse era poco, almeno per te era troppo poco’.

‘Lascialo in pace’. 

Lei lo assalì con evidente collera, lui proseguiva a sghignazzare trattenendola per le braccia lasciando unicamente la presa quando gli parve che si stesse rabbonendo, in quell’attimo lei si voltò intralciandolo di proposito con la valigia, lui le volse le spalle proseguendo a sogghignare:

‘Tu non andrai da nessuna parte’.

Piangendo innalzò la borsa e con forza lo colpì, quell’istantanea percossa gli fece perdere l’equilibrio, lui cadde di lato cercando d’aggrapparsi al tavolino al centro del tappeto trascinandolo sennonché con sé stesso, andando in conclusione a sbattere con la tempia sul gradino di pietra del caminetto, rimanendo lì fermo con gli occhi spalancati. Lei rimase come di stucco con la borsa nelle mani, non poteva essere reale, adesso lui si sarebbe rialzato e si sarebbe di nuovo infuriato con lei, sicché s’avvicinò a lui, frattanto un rivolo di plasma fuoriusciva giungendo nei paraggi del tappeto, lei tentò di stimolarlo, tuttavia lui non reagiva. In quel momento rimase lì sul drappo con le gambe raggomitolate, restò un attimo a fissarlo, visto che non riusciva a crederci, perché al presente non era in grado di considerare né di riflettere che cosa avrebbe realmente compiuto. Il suono del suo cellulare la riportò bruscamente alla realtà, si sforzò perciò di ritrovare la calma e rispose, era il suo amore:

‘Tutto bene tesoro mio?’. 

‘Sì certo, stavo per uscire. Tu dove sei?’.

‘In ufficio, però se sei pronta vengo a prenderti’.

‘Va bene, sono quasi pronta, intanto che tu arrivi io scendo giù’.

‘Un bacio amore, a dopo’. 

Si preparò al meglio cercando, afferrò la valigia e uscì rapidamente dalla camera, in quanto era già l’ora di pranzo e in giro nei corridoi non c’era nessuno, utilizzò l’ascensore, uscì in strada e s’incamminò per il marciapiede, mentre vide la sua macchina arrivare, gli fece un cenno, lui si fermò e scese per aiutarla:

‘Che cosa ti succede? Perché sei così pallida? Che cos’hai fatto, fammi vedere’.

‘Non è nulla amore, adesso che tu sei qui va molto meglio’.

‘Ti ha picchiato vero? Quell’uomo è dissennato, direi pazzo’.

‘Lascia stare tesoro mio, adesso è tutto finito, andiamocene via di qui’. Salirono sulla macchina, mentre lui continuava a guardarla impensierito e piuttosto angustiato e visibilmente preoccupato. 

‘Sei sicura di stare bene? Maledetto bastardo, vorrei spaccargli volentieri la faccia’. 

‘Andiamo via di qui. Ti prego, andiamo via, non ce la faccio più’. 

Il telegiornale della sera trasmise un servizio sulla morte accidentale d’un uomo avvenuto in un ostello della città, si scoprì in seguito che si trattava d’un celebre e noto industriale molto affermato e popolare della zona.

{Idraulico anno 1999}  

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