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Erotici Racconti

La voglia che cresce

By 13 Giugno 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Sono molto probabilmente le coperte morbide e carezzevoli della pensione in riva al lago, che m’avvolgono custodendomi e salvaguardandomi in un piacevole abbraccio, perché a dire il vero io mi ero impegnata e persino ripromessa d’alzarmi presto, in realtà faccio fatica persino a tirar fuori la testa. Fuori accenna a nevicare, intanto che inizio a sentire i primi rombi delle motociclette, poiché il raduno dev’essere già cominciato. La gentile e suadente voce al telefono nella stanza, mi ricorda prima in tedesco e in seguito addirittura in inglese, che l’appuntamento nella saletta della colazione è già pervenuto.

Io rimango sorpresa e stupita quando esco dal letto, siccome la stanza è calda anch’essa, così me ne vado in bagno in pratica nuda e m’infilo sotto la doccia. Guardo ancora dalla finestra, giacché intravedo molti motociclisti, dal momento che sono già scalpitanti e sgasano, uno mi vede e mi saluta tirato dal freddo sotto una barba d’autentico boscaiolo. Io ho sempre detestato la colazione d’oltralpe, eppure questa volta scelgo per un brodo caldo e delle uova sode, visto che avrò bisogno di numerose calorie, infine ci metto in mezzo anche dell’ottima torta di cioccolato. Dopo risalgo in camera per lavarmi i denti e per finire di vestirmi, la tuta di pelle sarebbe sufficiente, se non fosse aperta sui lati e tenuta in tiro da quei lacci di cuoio intrecciati, quindi infilo anche dei pesanti collant scuri, dato che mi piace essere seducente, però a volte pago scontando sulla mia pelle quest’insignificante abitudine.

In ogni caso mi piace, perché quando passo lì davanti, gli uomini mi guardano attratti e fanno dei commenti, giacché la faccenda non mi turba per niente, all’opposto, adoro far girare loro la testa. In fondo, credo che sia un’espressione e una manifestazione naturale, non per tutte suppongo, visto che esprime e che rispecchia esternando la naturale indole di noi donne. In seguito faccio un giro attorno alla mia moto, tutto è in ordine, asciugo la sella, chiudo l’aria e apro la valvola della benzina, un paio di vigorose accelerate a vuoto sotto l’occhio incuriosito e stuzzicato di quella fauna maschile e vibro il colpo alla leva della messa in moto. La mia motocicletta sussulta e inizia a risuonare di quel suo tipico borbottio mentre il motore ronza in modo arzillo e vispo. Io mi trattengo per pochi istanti, successivamente regolo la vite dell’aria alzandola brevemente: la mia padronanza e la perizia in argomento è legittima, in quanto è confermata dal fatto che anni orsono ero la partner d’un abile e valente riparatore, dal momento che trascorrevamo più ore in officina che occasioni di stare insieme a casa. Taluni individui interessati nel frattempo m’affiancano, altri mi rivolgono quesiti, altri ancora approdano nientemeno manifestamente ancora insonnoliti, intanto che vengo attorniata da un gruppo di caratteristici motociclisti ammantati integralmente di nero con moto grosse e spaventose, giacché le chiamano ‘rat bike’. Uno di essi l’ho già incontrato perfino una volta, e adesso vederlo accomodato sopra la sua Harley Davidson con la sua mole di centocinquanta chili sembra ancora più grosso, massiccio e quasi minaccioso. Lui m’abbraccia affettuosamente con le sue gigantesche mani e anche se non parliamo la stessa lingua, riusciamo però a comprenderci discretamente.

Dopo varie ricognizioni e perfezionato gli ultimi accorgimenti, giunge l’ora di partire alla volta di Graz, in quanto lì ci sarà il motoraduno e in conclusione un abbondante e ricco rinfresco sarà il compenso finale della giornata. Dobbiamo percorrere appena settanta chilometri, però siamo talmente numerosi che dal momento che il primo sarà arrivato, forse ancora gli ultimi dovranno muoversi. La graziosa e suggestiva cittadina austriaca è accogliente e gradevole, in piazza però tutte le moto non ci stanno, così dopo i fiumi di birra del rinfresco, le risate e il rumore fragoroso e rimbombante delle moto ci avviamo verso il campeggio per piazzare le tende, in verità in non l’ho portata con me, cosiffatto cerco un ostello. Sfortunatamente sono tutti pieni, a questo punto sono costretta a dirigermi al campeggio anch’io, per vedere se qualcuno potrebbe ospitarmi nella propria tenda, tuttavia in molti saputo rapidamente del mio problema si offrono proponendosi volontari, malgrado ciò attualmente il problema è che sono tutti più o meno sbronzi, pertanto decidere e selezionare sarà arduo, faticoso e logorante.

Leopold, il gigante, visto così per la sua esagerata imponenza sembra un mangiabambini, però in realtà è una persona affettuosa, benevola e mite, giacché me lo dimostrò immediatamente quando lo conobbi, perciò io lo cerco direttamente senza indugi, lui si mostra subito entusiasta e raggiante d’accogliermi nel suo ‘igloo’, in realtà non riesco ancora a pensare come potremmo infilarci entrambi là dentro. La serata termina in baldoria con birre, grappe e salsicce, verso le tre del mattino qualcuno dorme già vestito con la tuta di pelle sul parco o sopra una panca, le ultime moto cessano di far fracasso, nel frattempo riferisco a Leopold che andrò nella tenda per dormire e lui acconsente di buon grado sbadigliando.

Io spero soltanto che di notte lui sia più tranquillo che di giorno, tenuto conto che con tutta la birra che tiene in corpo, non vorrei che si lasciasse andare a flatulenze, rutti e ventosità nauseanti e ripugnanti d’ogni genere. Quando entra, lui mi trova già assopita, mi sposta da una parte con un braccio e faticosamente si spoglia della tuta. La sua mole gl’impone di lasciare la tenda aperta finché si spoglia, per il fatto che la mia presenza non gli lascia spazio a sufficienza per le manovre, cosicché la temperatura mite che si era creata lì dentro si dissolve svaporando in pochi istanti. Il mio sacco a modo di letto leggero non tiene per niente caldo e appena chiude la veranda si corica, così pure io anche se sto dormendo, m’infilo addosso al suo corpo avvolgente e massiccio. A un tratto apro gli occhi e m’accorgo che lui mi sta guardando seminuda come sono, giacché devo smuovere in lui impulsi, incitamenti e stimoli smorzati e sopiti da chissà quanto tempo. Lui in quell’istante allunga la mano, io lo lascio fare mentre fa scivolare le dita sui miei fianchi e leggermente dei brividi m’arricciano la pelle: pensare in questo momento d’avere un rapporto con quel bestione un poco dissolutamente e libidinosamente m’attrae e mi solletica, poiché in fondo avrei voglia di calore, tuttavia ne ho anche la comprensibile e ovvia preoccupazione, assieme a un innato timore al tempo stesso. La sua mano scivola tra le mie natiche, pero io probabilmente anche in balia dell’alcool, mi metto supina e mi faccio palpeggiare placidamente e serenamente la pelosissima e quieta fica.

La mia tentazione e la mia voglia cresce di pari passo, perché poter essere catturata e pizzicata da quella montagna di lardo e di muscoli inizia a solleticarmi e a stuzzicarmi la mente, però lui continua a toccarmi, delicatamente e gentilmente mi guarda con quei suoi due occhi piccoli, mentre si perdono nella sua testa calva sorridendomi amabilmente e affettuosamente. Tutti e due passiamo un po’ di tempo in questo modo guardandoci, lui senza parlare mi fa capire che s’accontenterà e s’appagherà unicamente di questo momento, sì proprio così, d’avermi solamente accarezzato, d’avermi lì vicino consenziente, bella da esaminare, da toccare e d’ammirare. Io mi sollevo un po’ e appoggio la testa sul suo torace, con la mano accarezzo quell’enorme ventre in un segno tangibile di completa protezione e di perfetto sostegno, appresso beata e contenta in ultimo m’addormento.

L’indomani al bar, quando lo raggiungo, Leopold è già lì, in quanto è circondato dai suoi amici che lo martellano e lo tormentano assediandolo di domande, io già immagino chiaramente e suppongo di proposito quali. Lui mi vede arrivare e sfoggia un favoloso e incredibile sorriso, io lo saluto dandogli un bacio sulle labbra, visto che lealmente e sinceramente lo ringrazio, mentre gli altri si sparpagliano separandosi. Io infilo con calma il casco, dal momento che la mia due ruote è già in moto allestita per partire, mi volto, la raggiungo e dopo un ultimo sguardo arrendevole e conciliante verso il mio affettuoso e tenero amico, alla fine m’allontano.

Al prossimo grande tour, anzi, al vicinissimo e gigantesco raduno.

{Idraulico anno 1999} 

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