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Erotici Racconti

Lo stupore

By 13 Ottobre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

E’ ormai sera, intanto che una leggera pioggia di maggio, con delle scroscianti gocce grosse come delle noci cade fragorosa dal cielo scuro. Io in quell’istante corro riparandomi sotto un ombrellino indifeso, che rischia peraltro di volare via da un momento all’altro a ogni soffio di vento, il freddo repentino mi fa rabbrividire e nonostante sia finalmente maggio, si sente attualmente freddo sia quando piove o qualora tira il vento. Io giro l’angolo della strada seguendo il marciapiede, però qualcosa si para davanti a me all’istante, dato che non faccio in tempo a schivarti e inevitabilmente mi scontro con te. I tuoi riflessi sono attenti e pronti, giacché m’afferri per un braccio evitando di farmi cadere, alzo lo sguardo e i tuoi occhi sono fissi su di me. Io ti guardo e resto immobile con la pioggia che continua a cadere ininterrottamente, ho i capelli bagnati, mentre piccoli rigagnoli d’acqua cadono dalla fronte fino alle labbra, tu non dici nulla, ti limiti soltanto a raccogliere l’ombrellino caduto per terra e a porgermelo con un mezzo annoiato sorriso:

‘Scusa’ – balbetto io, colta da quell’emozione inattesa.

Tu mi fai un cenno d’assenso, passi oltre da me e prosegui sul marciapiede, lasciando che la pioggia continui a bagnarti i capelli e le spalle senza scomporti. Io ti squadro nel tempo in cui t’allontani, per il fatto che quegli occhi non li scorderò più di certo. Dopo una notte passata in hotel, al caldo dentro un enorme letto matrimoniale con le coperte di flanella, sento il bisogno d’un bagno caldo, riempio la vasca e m’immergo fino al mento, guardando il vapore disegnare piccoli rivoli sullo specchio. Oggi il convegno sarà lungo, la prima sessione era stata solamente una presentazione, oggi si farà sul serio, perché ministri e vice ministri della sanità e dell’istruzione saranno presenti, in quanto non ci sarà da scherzare, dato che dovrò essere al pieno delle mie forze. In quel preciso istante entro in camera avvolta da un accappatoio bianco, slaccio la cintura e nuda davanti allo specchio ammiro amorevolmente il mio corpo. Il mio petto è sovrabbondante, giacché esprime indicando la sua intera alterigia stando rialzato senza nessuna fatica, gli addominali sono invisibili ma vigorosi, l’addome è spianato, le gambe sono snelle, sono perfetta penso soddisfatta di me stessa, nel momento in cui lentamente mi rivesto.

Nella sala da pranzo i colleghi stanno già facendo colazione, qualche parola casuale, il tempo di un tè caldo e un cornetto fumante. Al tavolo accanto, appoggiato su d’una sedia vedo un cappotto leggero dalla tonalità scura, il proprietario è al momento girato di spalle, eppure ha qualcosa di conosciuto, oserei sostenere di familiare. La voce della mia collega mi distrae separandomi momentaneamente dai pensieri, alla fine rientro in camera passandoti davanti. Io non ti riconosco, però tu mi scorgi appena con normale indifferenza, i primi ospiti sono già arrivati, i comunicati stampa sono già stati scritti, visto che andranno corretti e modificati con gli interventi dei partecipanti. Io ho fatto un buon lavoro nelle settimane precedenti, giacché basterà poco e tutto sarà ottimo.

Io ti vedo entrare nella sala del convegno, in quanto hai una targhetta attaccata alla giacca blu, io non comprendo chi tu possa essere, malgrado ciò ti riconosco, non ho dubbi, perché sei lo stesso della sera precedente, tenuto conto che ripasso rivedendo la scena come se fosse un film formato da pochi fotogrammi, dal momento che i tuoi capelli bagnati, la tua mano calda che m’afferra per non lasciarmi cadere e i tuoi occhi, quegli occhi cortesi, intriganti e soavi che sembrano divorarmi. Io vorrei avvicinarmi, ciononostante ho qualcosa d’urgente da fare, poiché non ho un attimo di sosta. Il pranzo si svolge tranquillamente, tu sei nella sala degli ospiti più rinomati, dal momento che t’ho visto entrare poco prima e non mi stupirei di vederti al tavolo dei cancellieri:

‘Adesso hai qualche ora libera’ – mi riferiscono.

Il tedioso seminario proseguirà sennonché flemmaticamente arrivando alla terza parte dello svolgimento, fino al tardo pomeriggio, esattamente fin quando i comunicati finali non compariranno. Questa città è davvero graziosa quando non diluvia, il sole splende nel cielo e il calore primaverile si fa sentire attraverso la giacca leggera sopra quel tailleur che indosso, in seguito vado fuori passeggiando in direzione della sponda del lago ammirando il leggiadro paesaggio. Dopo m’accomodo su d’una panchina al sole, cercando d’assaporare i caldi raggi sulla pelle e guardando dritto di fronte a me il lago così imperturbabile, attualmente avverto caldo, cosiffatto mi sfilo la giacca restando solamente con una maglietta sbracciata, giacché le braccia bianche al sole si riscaldano immediatamente:

‘Eri tu ieri sera, vero?’ – sento d’improvviso quella voce che mi raggiunge, io sussulto riaprendo bruscamente gli occhi che si erano abbandonati al calore del sole, mi giro di scatto e ti vedo. Tu sei in piedi dietro di me, mi osservi con le mani in tasca e con un sorriso allusivo e malizioso appena pronunciato sulle labbra:

‘Sì, esatto, ero io’ – rispondo sentendo il cuore battere forte.

Ti siedi accanto a me, non hai la targhetta di riconoscimento del convegno, dato che non posso sapere chi sei, sarebbe troppo indelicato chiedertelo, allora parliamo di cose di poco conto, aggiungerei insignificanti. Le voci si mescolano tra di loro, si fanno più accese, più calme e più lente, ci conosciamo da pochi istanti, eppure mi sento in perfetta sintonia con il tuo modo di fare, dato che potrei stare per ore su quella panchina conversando con te, in conclusione guardando l’orologio m’accorgo che il tempo è volato, poiché devo tornare al congresso. Entrando nell’hotel tu dimostri palesemente disinteresse, distacco e chiara freddezza, per il fatto che non mi saluti neppure, avviandoti in conclusione verso la sala dove si tiene la discussione a questo punto quasi al termine. Io ti scruto mentre entri nella sala, un misto d’odio, di sconforto e di reale tristezza m’assale, visto che accompagna il mio sguardo che ti segue, finché tu non ti dilegui scomparendo dietro la porta nell’enorme sala dell’hotel, perché tu non m’hai nemmeno salutato, intanto io ceno da sola nel ristorante dell’hotel.

Io non avevo voglia di stare ad ascoltare commenti, frasi e modi di dire del dopo lavoro, cosicché mangio lentamente pensando ai tuoi occhi, talmente attenti e premurosi alle mie parole di quel pomeriggio, eppure così distanti e freddi nel ritornare al lavoro. Io mi ravvivo i capelli con un movimento leggero, m’alzo ed esco dal portone principale e camminando sul lungo lago guardo verso le isole che mi sembrano così distanti illuminate da migliaia di luci, in quel frangente m’appoggio alla balaustra che divide il lungo lago di cemento decorato dal piccolo strapiombo sul lago, in realtà non è molto alto, forse una decina di metri, forse qualcosa di più, guardo la luna così piena, giacché è come se mi guardasse, sento alcuni passi e un soffio d’aria fresca mi colpisce la schiena, mi giro e ti ho nuovamente di fronte. Al presente nessuna parola risuona tra di noi, nessun saluto, nessun cenno, mi tiri verso di te e posi le tue labbra accanto al mio orecchio:

‘Ti voglio’ – mi sussurri, manifestamente acceso ed entusiasta.

Tu mi baci prima dolcemente, in seguito con preminente insistenza, poiché sento la tua lingua introdursi nella mia bocca. In breve tempo intuiamo che cosa vogliamo entrambi quella notte, entriamo in camera senz’accendere la luce, tu butti la giacca sopra una sedia e mi baci ancora, adagio fai slittare abilmente la mano verso i bottoni della mia camicetta slacciandoli. Io avverto le tue labbra spostarsi sul mio collo e posarsi amabilmente sulla spalla, dal momento che la tua lingua insiste sulla mia epidermide stuzzicandola, intanto che tu prosegui quell’opera costante ed emozionante del denudarmi del tutto. Tu aneli vedermi discinta, essenziale, direi pura di fronte a te, mi vuoi disarmata, indifesa e sudata sotto di te. Il reggiseno si slaccia in un attimo cascando sul giaciglio, mi osservi attentamente il seno poco prima di baciarlo disegnandolo con dovizia con la lingua, seguendolo in ogni minima curva, giacché lasci scivolare gli slip per terra, in quanto hai raggiunto il tuo scopo, perché il mio corpo attualmente è incustodito, sguarnito e nudo dinnanzi a te. In tal modo mi sollevi tra le braccia, mi posi sul letto e dopo un attimo ti sdrai accanto a me su d’un fianco appoggiando la testa sopra un braccio mi guardi amorevolmente, la tua mano adesso si serra sopra il mio seno, poiché non posso fare a meno di gemere.

Tu soffochi la mia voce in un bacio lungo e affettuoso, laddove le tue dita s’infilano sul mio ventre. Automaticamente le gambe si divaricano leggermente lasciandoti transitare, il tempo d’un sospiro e t’insinui dentro di me impregnandoti totalmente le dita agganciandoti alla mia carne bagnata di ricche secrezioni. Dai, più forte, più in fondo, sì, perché ti voglio così, amabilmente e gentilmente aggressivo, deciso e forte, ma al tempo stesso amabile e delizioso in ogni gesto. Al momento intercetto chiaramente la tua bocca scendere sul mio collo, dato che accarezzi con la lingua i seni e i capezzoli rigonfi che li sovrastano. Più giù ancora mi sfiori l’ombelico con un piccolo movimento e poi ti dirigi verso l’inguine, lì intercetto la tua lingua scostare i foltissimi peli della mia fica cogliendo nettamente le tue dita insinuarsi ancora dentro di me. Adesso ti voglio, in questo momento, sì, perché posandoti una mano sulla testa faccio una leggera pressione sulla nuca avvertendo la tua bocca spostarsi sopra di me cercando il clitoride. Tu lo accarezzi leggermente con la lingua sfiorandolo appena, scosti i peli con le dita e poi t’avventi su di esso succhiandolo energicamente. Io strepito, tu smetti per un istante, mi guardi e sorridi, tuttavia sembri soddisfatto della tua opera e hai tutta l’intenzione di terminarla nel migliore dei modi, mentre il tuo sguardo è maledettamente astuto, intrigante e malizioso, in tal modo riprendi i tuoi movimenti circolari sul mio clitoride fino allo spasmo, fino a sentire i miei fluidi appassionati e bagnatissimi annegarti il viso.

Io raggiungo l’orgasmo gridando forte e stringendo le lenzuola con le mani, rapidamente ti rialzi e mi copri con il corpo, adesso ti sento enormemente eccitato su di me, in quanto ho ancora il respiro affannato e la bocca appena dischiusa. Al presente mi baci, io avverto chiaramente che mi divarichi le gambe, un attimo ancora e sei dentro di me, io sussulto, intanto che i miei gemiti riempiono la stanza, mentre il tuo respiro si fa più veloce, più profondo. Io sollevo le gambe, dal momento che un altro gemito si confonde mescolandosi con i rumori in sottofondo dell’hotel, tu spingi più in fondo, più rapido, sempre di più.

Io ti sento al culmine, non posso più aspettare, allora mi lascio andare a un grido di piacere che inonda la stanza avvolgendola interamente, mentre tu fai maggior forza sui muscoli delle braccia per reggere il tuo orgasmo, che arriva in tutta la sua potenza lasciandomi disarmata e inerme. In seguito tu crolli su di me dolcemente, respiri velocemente e mi passi le mani nei capelli arruffati e umidi di sudore. Io chiudo gli occhi, ti sento ancora dentro di me, un piccolo sussulto, un’ultima rimanenza del tuo orgasmo che s’appropria delle pareti della mia fica, poiché adesso un gemito mi sfugge dalle labbra che si posano sul tuo viso accarezzandoti. Tu mi stringi forte a te senza dire una parola, giacché le tue mani cercano le mie, mi guardi ancora negli occhi e sorridi.

Io ti sorrido a mia volta senza dire nulla, poi amabilmente e teneramente la tua mano riprende ad accarezzarmi i capelli, giacché sprofondo nei sogni più energici e più intensi.

{Idraulico anno 1999} 

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