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Erotici Racconti

Messaggio provocatorio

By 19 Agosto 2018Febbraio 11th, 2023No Comments

Quel giorno di sabato, approfittando e sfruttando delle ultime giornate calde, avevo deciso assieme a mia moglie di recarmi a Termoli, una gradevole e pittoresca località del Molise che si trova a poco più di un’ora da Mafalda in provincia di Campobasso. I pronostici meteorologici promettevano anticipando una giornata di sole e quindi avevamo portato con noi altresì i costumi per fare il bagno, un’altra delle ragioni che ci aveva fatto scegliere Termoli era pure la deliziosa focaccia al formaggio, ma non solamente quelle, che in quella località sanno preparare in maniera eccellente, gustosa e impareggiabile. Purtroppo però, le previsioni si rivelarono completamente sbagliate, perché il cielo inizialmente promettente divenne all’improvviso nuvoloso garantendo pioggia, ma decidemmo in ogni modo di partire. Forse ci saremmo dovuti accontentare d’una passeggiata per le vie del lungomare di Termoli e di mangiarci la prelibata focaccia. Sfortunatamente, a metà del percorso, un ingorgo causato da un incidente ci bloccò per lungo tempo mandando definitivamente a monte le nostre residue speranze di trascorrere un gradevole sabato al mare.

Loretta cominciò da subito a comportarsi in maniera irritante, poiché rimaneva in silenzio ignorando ogni mio tentativo di conversazione, dal momento che pareva addossarmi il completo fallimento di quella giornata, io cercai un poco di conforto ascoltando della musica, malgrado ciò appena accesi la radio, lei senza nemmeno chiedermi il permesso inserì nel lettore un CD con la sua musica preferita. Io disapprovai, tuttavia Loretta per tutta risposta, alzò ancora di più il volume e abbassando l’inclinazione del sedile s’aggomitolò come se volesse dormire. Il suo, infatti, era un atteggiamento strafottente e intenzionalmente di contesa, che peraltro in altre occasioni aveva tenuto con me, effettivamente un contegno che sovente aveva un limpido comunicato di sfida, di diretta competizione, come per farmi comprendere che era aperta e disposta a intraprendere il concetto che noi soprannominavamo ‘la privata ricreazione carnale’. 

Stavolta, effettivamente, io non sapevo se era concretamente in tal modo, oppure se nella realtà era unicamente una condotta sgradevole solamente fine a se stessa. Non potevo di certo implorarglielo, perché certe azioni s’attenuano scolorendosi e svaniscono ben presto, allorquando non si è capaci d’afferrarle tangibilmente al volo. Mi sembrava bizzarro che quello potesse essere un pungolo di stampo lussurioso, poiché le altre volte che m’aveva vistosamente aizzato, lo aveva eseguito in casa con la possibilità di sostenere quel tipo di svago, invece adesso ci trovavamo bloccati in una maledetta colonna, in un luogo non proprio indicato per mettere in pratica certe fantasie. I progetti per un gradevole sabato verso il litorale erano in ogni modo svaniti, poiché in aggiunta a ciò, pure il suo comportamento m’aveva irritato parecchio, decisi in tal modo di propinarle un premio a modo mio. Giunsi sennonché alla prima uscita dell’autostrada, l’imboccai e utilizzai speditamente l’itinerario del rientro, frattanto Loretta si era assopita lasciandosi cadere in chissà quale sogno. Quando lei riposava la sua faccia e le mani divenivano ceree ed esangui, come se sentisse freddo, io accesi il riscaldamento, mi venne da sorridere pensando che fra poche ore l’avrei riscaldata divinamente in ben altro modo. Quando si risvegliò stavo già entrando nel parcheggio sotterraneo del grande centro commerciale, perché all’istante sbottò:

‘Dove ci troviamo, spiegami? Che cosa ci facciamo qua?’ – ribatté di botto lei, manifestamente incredula e sbigottita sollevando il sedile della macchina. 

‘Stavolta ho pensato che fosse stato meglio rientrare verso casa. La coda non si sbloccava quindi eccoci qui’ – replicai io, intanto che mi squadravo attorno alla ricerca d’un parcheggio libero.

‘Come mai siamo finiti qua nel centro commerciale?’ – mi sollecitò leggermente meravigliata.

‘Non ci crederei, ascoltami. Tenuto conto che quest’oggi sei veramente attraente e graziosa, ho pensato di confezionarti un omaggio. 

‘Che cosa dici?’ – mi manifestò Loretta in maniera cauta e diffidente, ma indubbiamente all’oscuro di quello che l’attendeva.

‘Desidero offrirti diverse cose di buona qualità, svariate essenze che raffigurino riproducendo compostamente la tua indole capricciosa’.

Le mie definizioni avrebbero dovuto preoccuparla, malgrado ciò, lei con noncuranza si mise a ritoccarsi il trucco, finalmente trovai un parcheggio libero, dopo scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo verso l’ascensore che conduceva ai vari reparti del grande deposito commerciale. Come tutti i giorni di sabato era accalcato di persone, utilizzammo l’ascensore assieme a una dozzina d’individui. A ogni piano l’ascensore si fermava per permettere ai compratori di scendere o di salire, quando giungemmo al piano dedicato alla biancheria intima femminile, lei fece la mossa come per uscire, persuasa che quello fosse il reparto esatto dove volevo condurla, per acquistare in conclusione l’omaggio che le avevo promesso, sennonché la bloccai per un braccio intimandole:

‘Aspetta Loretta, non è questo il piano né il settore appropriato’.

Lei mi scrutò con un atteggiamento inquisitorio ribattendo prontamente:

‘Io supponevo che avessi l’intenzione di donarmi qualcosa da indossare per stasera’ – mi riferì lievemente frustrata e insoddisfatta, plausibilmente si era immaginata di ricevere qualche indumento esclusivo provocante.

‘E’ esatto, ma proprio così, tuttavia questo non è il compartimento opportuno dove posso trovare quello che effettivamente desidero’. 

L’ascensore nel contempo proseguì la sua corsa verso i livelli alti della struttura commerciale, giacché al penultimo piano c’era il reparto dedicato all’abbigliamento dei neonati e degli adolescenti. Quando giungemmo l’afferrai sotto braccio costringendola a seguirmi:

‘Sì, ecco, molto bene, qua rintraccerò quello che fa al caso tuo’ – le palesai io con un sogghigno beffardo, caustico e al tempo stesso ironico.

‘Questo qua e un livello che espone indumenti soltanto per bambini, non capisco come tu possa scovare qualcosa per me?’ – esordì lei alquanto confusa e disorientata.

‘Ogni cosa a suo tempo mia cara. Io, all’opposto, confido che questo sia il posto adatto. Il tuo modo d’agire di quest’oggi, è stato degno d’una ragazzina presuntuosa, tracotante e viziata e poiché questa sera, quando rientreremo verso casa, ho seriosamente proponimento di sculacciarti come si deve, voglio che ti metta qualcosa di più adatto’. 

Le mie inattese espressioni la stupirono sconcertandola a tal punto, che divenne rossa fino alla radice dei capelli. Indubbiamente il suo contegno odierno non era stato un pretesto per attirarmi dentro un gioco di tipo erotico, come all’inizio pensavo, ciò nondimeno era proprio dovuto a delle bizze caratteriali. In tutti i modi il suo modo di fare d’oggi m’aveva notevolmente infastidito, stabilii quindi di proseguire nel mio personale progetto. Rovistai fra l’abbondante mercanzia messa in mostra qualcosa che potesse fare al caso mio, nel mentre Loretta mi seguiva in silenzio. Conoscevo bene la sua particolare sensibilità emotiva e sapevo che questo spasso avrebbe acceso la miccia delle sue intrinseche e libidinose emozioni. Vidi appese una serie di gonnelline scozzesi molto corte, anche nella massima misura, addosso a una donna matura e ben dotata com’era mia moglie avrebbero potuto coprire ben poco, tentai agguantando quella più grande, giacché il tessuto fortunatamente elasticizzato una volta indossato, avrebbe consentito per chi portava almeno due taglie superiori una comoda vestizione. Le mostrai a Loretta esponendo:

‘Vedi questa? E’ precisamente il capo che ti metterai, una bella gonnellina a pieghe’.

Dopo la gonna avevo bisogno di un’altra cosa per completare il mio disegno, mi guardai attorno fino a che vidi il settore dove vendevano quello che cercavo: un paio di mutandine infantili. Ce n’erano di tutti gli assortimenti, bianchi, colorati; quasi tutte erano a fantasia con dei disegnini buffi tipo orsetti o cuoricini, in verità tutta merce che avrebbe messo in imbarazzo qualsiasi ragazza adolescente. Mia moglie intanto, se ne stava lì, tra l’espressione guardinga e incredula e quella tra il rassegnato e il sottomesso, conscia comunque di quello che le sarebbe presto spettato.
Scelsi un bel paio di mutandine bianche con degli allegri gattini rosa, che ben s’abbinavano al color fucsia della gonnellina che avevo in mano.

‘Queste sono proprio comiche e ridicole’ – mi enunciò lei con un piglio imbarazzato e sconcertato.

‘Loretta, io ritengo che t’andranno benissimo, anzi, adesso vado alla cassa per pagare, poi le indosserai subito assieme alla gonnellina, naturalmente’.

Loretta restò attonita e rintronata ribattendo all’istante:

‘Tu sei totalmente fuori di testa. Come puoi concepire con la fantasia che io mi metta una gonna tanto corta qua in mezzo a tutti i presenti? Aspetta almeno che arriviamo a casa’ – mi proferì forse convinta che stessi scherzando.

‘Non ci siamo, forse non hai ancora afferrato quello che t’aspetta. Oggi ti sei comportata in modo insopportabile e questa sera ti toccherà una sculacciata memorabile. Queste azioni che ti sembrano tanto assurde e buffe, fanno parte della punizione e voglio che te le metta adesso, perché voglio che ti senta in una situazione di disagio e d’imbarazzo qui, davanti a tutti’ – le prospettai mentre finivo di pagare il conto.

‘Su, via, smettila. Scusami tanto per oggi, ti prometto che appena arriveremo casa mi vestirò come vorrai, ma adesso non posso. Non ridicolizzarmi così, ti prego, non me lo merito’. 

Al presente era visibilmente allarmata e intimorita, davvero preoccupata, perché si era accorta che ero deciso e che le sue suppliche non sarebbero servite a nulla. Le misi in mano il pacchetto con gl’indumenti appena acquistati indicandole i bagni per potersi cambiare: 

‘Ti faccio presente che è meglio non farmi aspettare molto, altrimenti aggraverai la tua situazione’.

Ti prego, non farmi patire questa scena, t’ho chiesto scusa, vedrai quando saremo a casa mi lascerò punire’.

‘Apri bene le orecchie, adesso prendi questa roba e corri a cambiarti. Ti consiglio di farlo in fretta, perché se continui con questi capricci non ci metto un secondo a scoprirti il sedere e sculacciarti adesso, di fronte a tutti quanti’. 

In quel momento le infilai il sacchetto sotto il braccio e dopo averla fatta girare su se stessa le diedi una leggera pacca sul didietro indirizzandola verso i bagni:

‘No, ti scongiuro’ – s’impuntò leggermente, davvero come una bimba capricciosa, ma il mio perentorio fila, sbrigati, divulgato ad alta voce la spinse rapidamente verso le toilette. Mentre era occupata a cambiarsi, decisi di finire la lista dei miei acquisti. Non fu molto difficile trovare quello che cercavo, ce n’erano di tutti i tipi e colori, ovviamente scelsi quello più buffo e adatto alla situazione: un bel succhiotto per bebè con l’impugnatura a forma di farfallina. Il colore non poteva che esser rosa, pagai rapidamente e me lo infilai nella tasca, in quanto era proprio la classica ciliegina sulla torta. Ci volle più di mezz’ora prima che Loretta si decidesse a uscire, la gonna doveva essere davvero corta e il giubbino che indossava quel giorno non arrivava nemmeno alla vita, dal momento che non poteva nascondere proprio nulla. Quando finalmente uscì compresi perfettamente perché ci avesse messo così tanto tempo, la gonnellina a pieghe era davvero cortissima e a malapena le copriva l’inguine, dal dietro poi l’effetto era ancor più impressionante, poiché, il sedere sporgente e piuttosto in carne di mia moglie, teneva sollevata la gonnellina, tanto da lasciar in parte esposte, le sue rotonde natiche. Un miscuglio perfetto d’ingenuità, d’immaturità e di volgarità davvero difficile da sostenere. Loretta era nel completo imbarazzo, non aveva il coraggio di spostarsi dalla parete dove si era appoggiata, sennonché io m’avvicinai e la presi sotto braccio: 

‘Dimmi una cosa? Come ti viene in mente d’avvilirmi e di mortificarmi in questa bizzarra e fanciullesca maniera? – mi stridé con la voce emozionata e indignata.

‘Mi pare pure normale. Vedi qua dentro quante ragazze gironzolano con minigonne più corte di questa?’ – ribadii fingendo disonestamente.

‘Come faccio? Si notano perfino le mutande, quasi non potevo uscire. Dai andiamo verso casa’ – disse tirandomi verso l’ascensore.

‘Neanche per idea, così abbigliata non vengo, scordatelo. Dammi le chiavi che t’aspetterò in macchina’.

‘Dimenticatelo, questo fa parte della tua punizione, piuttosto ti consiglio di smetterla, o devo iniziare a sculacciarti? Con quelle mutandine che spuntano mi sta venendo una voglia, mi tira già’.

Quella minaccia la smosse all’istante, entrammo rapidamente dentro l’ascensore che conduceva all’ultimo livello del centro commerciale dove c’era la grande caffetteria, ovviamente era la più gremita. Loretta cercò subito un tavolino libero per potersi sedere, ma erano tutti occupati:

‘Oggi non siamo favoriti dalla sorte, dovremo consumare il caffè al banco in piedi’ – stuzzicandola sorridendo.

Per tutto il tempo che in coda aspettavamo di fare lo scontrino, notavo con la coda dell’occhio che molti uomini la stavano guardando e alcuni persino in maniera piuttosto irriverente e villana. La gonna corta era molto provocante, credo che molti la scambiarono per una baldracca e non si facevano certo riguardo nel tenerle gli occhi incollati al fondoschiena dandosi nel contempo di gomito. Nessuno s’immaginava che quelle belle natiche tondeggianti che facevano l’occhiolino agli sguardi procaci dei maschi, ben presto sarebbero state sculacciate fino a farle diventare color rosso porpora. Frattanto sorseggiammo il caffè al bancone, eppure vedere mia moglie così combattuta tra emozioni così apparentemente contrastanti, difformi e impedenti, m’aveva provocato un desiderio fortissimo. In pochi minuti arrivammo alla macchina e usciti dall’enorme parcheggio ci dirigemmo verso casa. 

Il breve tragitto lo trascorremmo in completo silenzio, perché eravamo entrambi fomentati e scossi dalla situazione, pensai alquanto compiaciuto che la nostra sensibilità erotica era perfettamente complementare. La sua era una forma di masochismo molto particolare e sottile, una pulsione autodistruttiva anomala, azzarderei dire fuori delle emozioni del nostro gioco erotico, giacché in nessun caso avrebbe ammesso di provare piacere nel farsi sottomettere, io all’opposto, pur provando piacere nell’assoggettarla ai miei desideri, in nessun momento avrei acconsentito né sopportato che una donna m’avesse chiesto di farlo. Era tutto un affilato gioco di sottintesi che ci trovava in perfetta sintonia. In quel frangente parcheggiai la macchina sotto casa, dal momento che sarei sceso più tardi nel posizionarla nel garage.

Il portiere di sabato non operava e quindi potemmo arrivare all’ascensore senz’incontrare nessuno. Meno male, pensai, non volevo che la gente che incontravamo ogni mattina si facesse insolite e strambe idee sul nostro conto. Entrammo nel nostro appartamento per il fatto che erano quasi le nove di sera, io ero aizzato al massimo, ma non volevo essere precipitoso. Non avevo preparato nessun programma particolare, l’avrei inizialmente sculacciata e poi avremmo fatto l’amore, questo era certo, malgrado ciò desideravo assaporare ogni particolare di questo nostro gioco. Accesi lo stereo, sicché per quello che m’apprestavo a compiere era indispensabile, non volevo infatti, che i nostri vicini sentissero il rumore degli sculaccioni che presto sarebbero fioccati sul sedere di mia moglie. Lei intanto era rimasta come stordita al centro della sala, non si era nemmeno tolta il giubbino, ma se ne stava con gli occhi bassi aspettando l’inevitabile quanto prestabilita punizione. Adesso, nel chiuso della nostra intimità, con quella gonnellina tanto bizzarra e con quell’aria impaurita sembrava davvero una sbarbatella che l’aveva compiuta enorme. Prima d’iniziare decisi di dare un ulteriore tocco a quel grazioso quadretto annunciandole: 

‘Adesso voglio che vai in bagno, ti levi tutto il trucco che hai addosso e poi che ti leghi i capelli con un elastico’ – le esposi io visibilmente accalorato.

‘Ti scongiuro, non farmi questo’ – balbettò lei in pieno conflitto emozionale.

Io conoscevo perfettamente la sua reazione, perché era il momento d’imprimere un’accelerata alla situazione, sicché l’afferrai con decisione per le spalle e la girai verso il bagno accompagnandola alla porta con dei sonori sculaccioni: 

‘Adesso fili in bagno, ti levi il trucco, ti fai la coda, dopo torni qui per ricevere quello che ti meriti’.

Gli sculaccioni la fecero saltellare goffamente fino in bagno, nell’attesa mi versai una birra, cominciavo pure ad avere fame, ma prima c’era un appetito più forte da placare. Abitualmente era molto lenta quand’era nel bagno, ma adesso che ero a casa seduto sulla poltrona godevo anche di questi momenti d’attesa. Finalmente uscì, era proprio come la volevo, con la faccia pulita e senza trucco, i capelli raccolti in una coda di cavallo, in quanto dimostrava molto meno dei suoi quarant’anni d’età. Adesso, la gonnellina e le mutandine con tutte quelle fantasie di colori non stonavano per niente con la sua figura, perché se le avessero scattato una foto per pubblicarla su d’una rivista, non ci sarebbe stato bisogno di nessun’annotazione, per il semplice e lineare fatto che appariva l’immagine perfetta d’una donna che stava per essere sculacciata:

‘Avvicinati qui. Oggi ti sei comportata in maniera pessima e sgradevole, come una ragazzina incostante, viziata e volubile. Sai come si puniscono le ragazzine fuorviate? – le intimai con un tono di voce risoluto e saldo.

Loretta s’avvicinò tenendo la testa bassa.

‘Che cosa rispondi? Ti ho fatto una domanda? Come credi si debba penalizzare una marmocchia indolente e villana?’. 

‘Suppongo che dovrò essere sculacciata’. Le parole le uscivano a fatica a causa della forte tensione emotiva sperimentata.

‘Sì, in effetti hai proprio ragione, dovrai essere sculacciata per bene, poiché sarà quello che farò. Adesso ti leverò le mutandine e te le suonerò così a lungo da fartelo diventare violaceo’.

Loretta era in fremente ansia, non stava di certo recitando, per quanto nel suo profondo desiderasse essere umiliata, la sua ragione rifiutava disperatamente quest’affronto. In quell’occasione l’afferrai per un braccio e me la tirai sopra le ginocchia, la gonna cortissima davvero non nascondeva nulla e il rotondissimo sedere coperto dalle mutandine con i gattini era pronto per la lezione. Incominciai a suonargliele sopra le mutandine. La sculacciai a lungo sopra le mutandine, volevo scaldarglielo per davvero e non risparmiai né la forza dei colpi né i commenti salaci che davano rilievo alla sua umiliazione. Picchiavo forte la mano contro quel bersaglio rotondo e a ogni colpo facevo uscire dalla sua bocca ogni sorta di supplica. Dopo una ventina di colpi era ora di guardare il risultato di tanto esercizio, afferrai l’elastico delle mutandine e gliele abbassai fino alle ginocchia.

I glutei erano d’un bel colore rosso, in quanto contrastavano benissimo con la carnagione piuttosto scura di mia moglie, dopo ripresi a colpirla questa volta però sul sedere discinto. Adesso doveva sentirli proprio bene perché, oltre che a supplicare si mise a dimenarsi per ogni colpo ricevuto. Quelle pacche bruciavano eccome, dopo una decina di colpi dovetti fermarmi perché la mano mi scottava. Non volevo lasciar il lavoro a metà e perciò arrotolai un giornale e le diedi gli ultimi colpi con quello. Non tenni il conto dei colpi, però alla fine credo che furono più di trenta. Il sedere di Loretta era diventato spettacolarmente rosso, non so se per il colore o perché si era gonfiato, ma pareva che avesse quasi raddoppiato di volume, successivamente la sollevai in piedi e dovetti quasi sostenerla, perché la sculacciata l’aveva distrutta. Una volta in piedi cercò di portarsi le mani sul didietro per cercare sollievo, ma non glielo permisi. Tenendola per un braccio la condussi in un angolo della stanza, Loretta non faceva più nessuna resistenza e lasciò che la mettessi faccia al muro.

Incrociò le mani sulla testa mentre io le rimboccavo la gonnellina fissandola nell’elastico, le mutandine erano ancora abbassate alle ginocchia e quindi stavano perfettamente al posto giusto. Mancava una sola cosa per dare un tocco d’artista a questa bell’immagine di moglie sculacciata. Presi dalla tasca della giacca il succhiotto rosa che avevo comprato e avvicinatomi a Loretta glielo collocai davanti agli occhi:

‘Per il fatto che ti sei comportata come una bambina, voglio trattarti fino in fondo come ti meriti e per come vali. Adesso te ne stai quindici minuti qui all’angolo senza muoverti e per consolarti ti dono questo ciuccio. Avanti, apri la bocca’.

Loretta istintivamente aprì la bocca e si tenne il ciuccio per tutto il tempo, io la lasciai così sistemata all’angolo della stanza e andai in cucina. Io ero animato e galvanizzato al massimo, malgrado ciò non volevo interrompere né spezzare la punizione. Quei minuti finali del castigo erano quelli che accrescevano la sua eccitazione e non volevo guastarli. Fra quindici minuti avremmo fatto l’amore e sarebbe stato bellissimo, come le altre volte lo avremmo fatto lì, direttamente sul divano o sul tappeto della sala, così eccitati da non poterci muovere dalla stanza. Io l’avrei penetrata dappertutto, anche in quelle chiappe che tanto avevo maltrattato.

La guardai dalla cucina, mentre con la faccia rivolta al muro singhiozzava movendo leggermente le spalle, la mia adorabile e seducente femmina. Aprii il frigo e collocai del pollo già preparato nel forno elettrico, regolai il timer in modo che fosse pronto fra un’ora, perché dopo aver fatto l’amore ci assale sempre una fame terribile.

{Idraulico anno 1999}  

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