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Erotici Racconti

Mi hai lasciato il marchio

By 24 Ottobre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Il treno era appena partito in perfetto orario e avanzava adagio, mentre i viaggiatori stavano ancora disponendo e in ultimo sistemando i loro oggetti negli scomparti. Ines si sentiva esultante, felice e spensierata per quel viaggio, anche se coscienziosamente quelle ragioni di lavoro la conducevano lontano da casa per tre giorni. Quella breve assenza le sarebbe stata proficua e persino utile, giacché distante dalla quotidiana abitudine, dai tempi ristretti, dal sonno che arrivava troppo presto la sera e da quelle albe rapide che di continuo l’affliggevano, per il fatto che non le davano minimamente neanche il tempo né l’opportunità indispensabile per godersi e per gustarsi adeguatamente il risveglio.

Il sedile era assai accogliente e confortevole, i suoi compagni di viaggio opportunamente allegri e ciarlieri: si preparò quindi ad accoccolarsi meglio al suo posto e ad ascoltare la sua musica preferita in pace. Questa procedura era diventata doverosa e necessaria durante i suoi viaggi di lavoro, perché l’unione tra la musica e il movimento del treno liberava e scioglieva la sua fantasia, mentre il mondo scorreva lungo i binari e la sua mente sfrecciava e volava via altrove. Lei avrebbe avuto tutto il tempo per rasserenarsi e per rilassarsi, dal momento che Torino era sufficientemente lontano da Trieste per permetterle di dormire un po’. S’accorse appena della prima fermata, siccome era tentata di sprofondare nella sua pigrizia quando notò che i suoi compagni di viaggio erano scesi e nel suo scompartimento c’erano soltanto due persone qualche fila più in là. A Brescia salì nel frattempo un uomo che occupò posto proprio di fronte a lei, Ines lo salutò appena alquanto contrariata e visibilmente infastidita da quell’improvvisa invasione del suo spazio, però ridendo fra sé s’alzò per andare al vagone della ristorazione per comprare un po’ d’acqua.

Al suo ritorno, quell’individuo era concentrato nel sfogliare il suo giornale e a sfoderare il suo portatile, finché Ines notò la borsa poggiata in bella vista sul sedile accanto. Si rimise ad ascoltare la sua buona musica, brani dolcemente cadenzati che ben s’adattavano con il ritmico dondolare del treno, dato che per Ines era come se vivesse un’altra vita. Chiuse gli occhi restando distesa e rilassata, in quanto avrebbe voluto che quell’oscillare del treno non finisse mai, che non ci fosse nessuna destinazione da raggiungere, nessun impegno, nessun dovere e nessun obbligo da rispettare, tenuto conto che era totalmente abbandonata e sdraiata sul sedile del treno. All’improvviso sentì arrivare da lontano mentre era immersa nei suoi pensieri una pressione insistente fra le sue gambe, poiché qualcosa le stava premendo il sesso, aprì leggermente le palpebre e vide l’uomo di fronte con una lieve simulazione, impegnato e intento sul suo portatile, il ginocchio piantato fra le sue gambe che abbandonate riposavano aperte, come in un silenzioso e in uno stringato invito a farsi prendere. Chiuse le gambe e questo gesto la fece tremare di più: il suo ginocchio schiacciava il suo clitoride, premeva su di lui come una bocca affamata come quando s’afferra un pezzo di pane, in quell’istante fu invasa totalmente dai brividi.

In quell’istante avrebbe voluto farlo smettere, eppure in cuor suo lo pregava di rimanere lì, spalancò gli occhi, in quanto i viaggiatori non si erano accorti di nulla, almeno non ancora. Aprì le sue gambe rivolgendo ancora quel clandestino, inespresso e muto invito all’uomo di fronte: che aspetti, prendimi no, dai rompimi, sì, dai scopami così. Lui premeva di più quasi a volerla penetrare, quasi a voler sentire la sua voce pronunciare quelle parole. Con le gambe così aperte e il desiderio che le stava crescendo dentro Ines ebbe un unico e singolare desiderio: folleggiare, godere e spassarsela a più non posso, perché riuscì persino a sbottonare la chiusura lampo della gonna e a far scivolare le mani sul suo ventre, fino ad arrivare agli slip. Non fece altro che scostarne i lembi e offrire così le sue labbra infuocate alle sue mani. Attualmente le percepiva torride, tremanti e vogliose, lui le accarezzò appena il clitoride ormai gonfio e sul punto d’esplodere, però lei non voleva né aveva alcuna intenzione che tutto finisse frettolosamente in tal modo, giacché aveva ancora due ore intere prima di giungere a destinazione. Lui capì immediatamente captando e cogliendo il suo appetito silenzioso e per di più nascosto, quella sua anelante e taciturna frenesia per lungo tempo trattenuta, di questo andare le infilò caparbiamente due dita nella fica. Al loro contatto Ines glieli allagò di piacere, mentre lui iniziava a penetrarla così sempre più profondamente ritmando il movimento e fermandosi ogni tanto per solleticare il suo clitoride, poi nuovamente per riconquistare quella pelosissima fica ormai espropriata e priva d’ogni resistenza. Lui sprofondò in quel dolce burro, perché avrebbe voluto imbeversi e succhiarne tutti i sapori, ciononostante era consapevole che Ines voleva solamente essere presa in quel modo, perché voleva essere la sua troia in quel momento e tutto questo era anche il suo accanito, acceso e incontenibile desiderio.

Lui continuava a scoparla di questo andare, precisamente così come entrambi desideravano. Ines avrebbe voluto dichiarare gridando sennonché il suo desiderio, sì, perché lui la stava scopando e lei non aveva più nessun freno, avrebbe voluto baciarlo, prendergli il cazzo tra le labbra, tuttavia si rese conto che era soltanto quello che anelava e pretendeva in quel momento, in quanto la sua mano era completamente bagnata dei suoi intimi fluidi. Ines si tolse una scarpa e offrì il suo piede al suo sesso, lo trovò manifestamente gonfio, iniziò a muovere delicatamente le sue dita mentre il cazzo si scuoteva e sussultava svettando, dal momento che voleva uscire fuori, esigeva offrirsi completamente verso di lei. Fu sennonché un attimo: lui si sbottonò i pantaloni e lo tirò fuori, Ines alla sua vista ebbe un altro orgasmo e lui iniziò a masturbarsi. Il piede di Ines accarezzava lo scroto e le sue dita ormai giocavano con il suo clitoride, finché Ines esplose tappandosi le labbra e mordendosi per non urlare, poiché vide frattanto i fiotti di sperma fuoriuscire dal cazzo di lui, sparpagliandosi in conclusione sopra la sua pelosissima e nera fica, considerato che lei nel frattempo tentava d’arginarli trattenendoli con la mano, in seguito lei gli porse un fazzoletto per asciugarsi tutto quel ben di Dio, giacché inizialmente lei avrebbe voluto ingoiare fino all’ultima goccia tutta quella vitale sostanza, tuttavia non riuscì materialmente ad averne il tempo. Ines malgrado ciò non si pulì, s’introdusse un dito dentro, leccò golosamente le sue secrezioni, poi si protese avanti intingendo il dito nello sperma appena eiaculato offrendo in tal modo la sua bocca all’uomo.

La sua lingua aveva in quel preciso momento il carattere, l’espressività, il sapore e il temperamento appassionato d’entrambi. L’individuo senza fama né celebrità in questione si chiamava Fortunato, precisamente e zelantemente sia di fatto sia di nome che come bizzarra reputazione.

{Idraulico anno 1999} 

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