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Erotici Racconti

Mi rapisci i sensi

By 22 Settembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Lei era davvero incredibile, per il fatto che la sua individuale sbirciata era pressappoco così come una lusinga in cui sciuparsi e infine smarrirsi, perché l’avvertivo accuratamente fissarsi stampandosi diligentemente sulla mia persona, nel tempo in cui seguivo i suoi passi attraverso il sentore raffinato di quelle emozioni improvvise e peraltro inaspettate. Lei era sempre stata nondimeno in tal modo, esattamente sin dal primo incontro, per il fatto che il suo sorriso ammiccante attraeva e rapiva i miei sensi sequestrandoli, perché lei con un unico respiro sapeva in modo esperto farmi traballare e vibrare nel desiderio d’averla.

Quel gioco le piaceva molto, poiché lei si divertiva fingendo che io non fossi lì per far crescere nel frattempo la mia voglia, impedendomi d’avvicinarmi a lei, di sfiorarle il corpo intanto che lentamente si denudava. L’avvenenza e il garbo dei suoi movimenti mi seduceva in modo smisurato mentre sembrava sfiorare l’aria, perché dava l’impressione che accarezzasse amabilmente e garbatamente tutto quello che incontrava. Lei voleva che io l’adorassi e perciò otteneva sempre ciò che desiderava da me, poiché la passione che mi legava a lei mi privava di qualsiasi difesa e di qualunque razionalità, come quando decise di fare l’amore nel cinema concedendosi integralmente.

Quella volta, anche se c’era poca gente, m’allarmava e mi preoccupava smisuratamente che qualcuno potesse vederci, eppure in quell’inaspettata e focosa occasione non potei dirle di no, dato che le bastò sfiorarmi appena le labbra con un bacio, perché io la seguissi nei suoi desideri. Attualmente continuava a guardarmi senza squadrarmi, sentendomi nel respiro ansimante che quasi l’implorava, mentre era immersa nella candida schiuma della vasca. Lei si toccò delicatamente arrendendosi alla tiepidezza dell’acqua, lasciandomi solo nella mia appassionata attesa, perso e sbigottito tra la curiosità, l’eccitazione e l’interesse aspettando che lei decidesse definendo in conclusione i nostri intimi giochi. Io m’avvicinai lentamente, finché non sentii l’umido del suo piede poggiato sul bordo della vasca, dal momento che le gocce che fino a poco prima ricadevano sulle mattonelle, adesso bagnavano i miei pantaloni mentre lei m’accarezzava:

‘Perché sei ancora vestito?’ – m’annuncio velatamente lei, trattenendosi sulla mia eccitazione, che nel frattempo pulsava poderosa sotto il suo piede.

Il passatempo cominciare a pigliare la sua configurazione, questo il o coglievo distintamente dalla modulazione della voce, nel suo non chiedere né rivendicare, ammonendomi e rimproverandomi tra l’altro di non aver già intuito con dovizia quali fossero i suoi usuali desideri. Il suo sguardo adesso m’indagava attentamente, senza nascondere in alcun modo di volermi mettere a disagio, in netta incomodità, seguendo ogni mio movimento. Quando terminai di denudarmi lei tornò con opulenza su di me riprendendo a far slittare il piede sulla mia toccabile ebbrezza, il mio cazzo sembrava volesse erompere, intanto che lei m’osservava soddisfatta e successivamente squadrando il mio addome mi stuzzicava punzecchiandomi ulteriormente:

‘Li vuoi?’ – disse astutamente lei, mostrandomi entrambi i piedi.

Io provai a ribattere obbedendo al suo invito prendendoli tra le mani e avvicinando le labbra, però lei non me lo permise bloccandomi, perché questo non le bastava, in quanto tramite il suo gioco ambiva a ottenere di più:

‘Allora, li vuoi?’ – ripeté volontariamente stuzzicandomi oltremodo.

A dire il vero non era da molto tempo che stavamo insieme, malgrado ciò lei mi conosceva alquanto bene, giacché sembrava riuscisse avvedutamente sempre a cogliere intuendo appieno le mie intrinseche emozioni e sapeva quanto notevole imbarazzo provavo in quei momenti. Chissà, forse era un modo di fare terapia la sua, esortandomi e spingendomi a chiedere ciò che desideravo, del resto era un argomento che avevamo affrontato e trattato spesso quando ero un suo paziente, eppure dallo sguardo con cui continuava a scrutarmi, credo che il vero motivo fosse unicamente che lei s’eccitasse in modo smisurato affermando e imponendo il suo personale volere, per vedermi poi così indifeso e in balia del desiderio d’averla.

Io provai a cercare una scappatoia, un modo per raggirarla, tuttavia sapevo che era inutile e probabilmente lo facevo per il piacere che sperimentavo nella resa totale dopo una breve schermaglia, sennonché accostai la faccia alle sue estremità e lei nel contempo rise a fior di labbra, captando il mio respiro approssimandosi sempre di più. Per un breve istante lei s’abbandonò a quel leggero brivido, io in quell’istante pensai che forse sarei riuscito nel mio intento e che per questa volta lei avesse deciso in conclusione d’arrendersi ritirandosi, però non appena avvertii che le mie labbra stavano per sfiorarla lei immerse rapidamente i piedi nell’acqua guardandomi in modo beffardo, ironico e vittorioso enunciando:

‘Li vuoi, non è vero?’ – disse di nuovo, trattenendo a stento una risata, intanto che leggeva la delusione, la fregatura e l’insoddisfazione sul mio volto.

‘Sì, ti prego’ – bisbigliai io chinando lo sguardo visibilmente acquiescente e rassegnato.

Lei osservava considerevolmente compiaciuta tutta la scena godendo appieno della mia capitolazione obbligandomi a fissarla con lo sguardo:

‘Non ho sentito bene, puoi ripetere? Che cos’hai detto?’.

‘Sì, voglio i tuoi piedi, voglio baciarli’ – ribattei io, come se buttassi giù una medicina amara tutta d’un fiato, per non accorgermi, per non coglierne quello spiacevole sapore.

‘Che cos’aspetti allora? Tu sei il mio desiderio, datti da fare’ – sostenne lei in modo categorico, strofinando la pianta del piede sul mio viso:

‘E’ vero che lo sei?’ – aggiunse poi, fermandosi con le dita sotto le mie labbra.

‘Sì, certo’.

‘Sì?’ – chiese lei, accennando ad allontanarmi, contrariata e dispiaciuta dalla mia risposta, in quanto non accontentava per intero le sue attese:

‘Sì, mia padrona, sono il tuo schiavo prediletto’.

‘Bene, adesso puoi leccarli’.

In realtà, devo ammettere per quanto m’irritasse e mi mettesse a disagio tutta quella lungaggine, io mi riscoprivo alla fine inspiegabilmente di continuo eccitato, come se quella tensione incomprensibilmente esplodesse sfogandosi in me, accendendo e rafforzando con ancor più forza il mio desiderio. Non appena le mie labbra si schiusero sulle sue dita la sentii gemere per quel brivido che anche lei attendeva da molto e che adesso esplodeva nella carezza della mia lingua, che intanto scivolava lungo la sua pianta e tra le dita, assaporandole lentamente e con insaziabile passione. Anch’io la conoscevo bene, più di quanto mi rendessi conto e nel mio abbandono sapevo come farle raggiungere l’estasi, ascoltando la melodia dei suoi sospiri che riecheggiavano nel silenzio di quella stanza. Lei s’accarezzò tra le cosce mentre traeva beneficio della mia bocca, poiché la sentivo chiaramente sussultare sobbalzando nel piacere che bruciava erompendo nel suo ventre:

‘Vieni’ – disse lei offrendomi la mano, che conservava accuratamente ancora il sapore pungente della sua prorompente eccitazione.

Io m’avvicinai inginocchiandomi nuovamente davanti a lei, ansioso, impensierito e preoccupato di poterla celebrare e onorare come una dea lussuriosa, in cui si fondevano l’incolpevolezza e l’innocenza, assieme al peccato e al vizio di quelle emozioni arcaiche.

Io leccai in conclusione tutto il nettare del suo piacere dalle sue dita, alla maniera d’un delizioso raccolto che foraggiava integralmente la mia anima, una verifica incondizionata della sua passione, un riscontro che mi legava inseparabilmente a sé.

{Idraulico anno 1999} 

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