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Erotici Racconti

Non hai riguardo di me

By 15 Agosto 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

A dire il vero mi rallegra e mi rincuora quest’idea, perché mi piace desiderarti e pensarti, dato che ti penso quando sai che ti penso, e ti penso laddove non sai che ti penso. Tu accendi, scateni e stuzzichi in me impulsi, istinti sessuali animaleschi e selvaggi, visto che ti desidero come una donna, come un uomo, come un animale. Io sono come un corpo senza pelle, il desiderio cade su di me e brucia inflessibile e intransigente senza tregua, come il sale gettato sulle mie carni incustodite e indifese.

Io mi sento morire mentre mi parli, quando mi guardi e ti muovi impalpabile verso di me, siccome una mano sfiora il mio braccio in un gesto distrattamente calcolato e voluto. La tua mano calda incontra la mia pelle fasciata di calze a rete nere decorate con fili intrecciati, messe come una barriera nel tentativo inutile e ridicolo di porre una difesa e una tutela ai tuoi assalti. Tu senti la mia pelle attraverso le trame della calza, la tua mano su di me è mia, il mio cuore che aumenta i battiti è il tuo.

Quando ti penso non ho considerazione né rispetto di me, non mi curo delle mie timidezze e delle mie vergogne, non posso calmare né rabbonire il mio desiderio d’avvolgermi attorno a te come un’edera, di farmi inchiodare al muro come una farfalla, perché in questo gioco a due io ti possiedo anche quando non te ne accorgi, in un orgasmo continuo iniziato nell’istante in cui i nostri occhi si sono incrociati e tu m’hai visto incorniciata in quel portone buio con la pelle bagnata di pioggia. E anche adesso continui a insidiarmi e a tormentarmi, perché anche se non ci sei non smetto di sentirti dentro.

Io mi ricordo dei tuoi baci, per il fatto che un bacio inizia molto prima del bacio stesso, perché un bacio è il punto d’incontro e di ritrovo di due corpi che s’afferrano da lontano, si spingono a vicenda, poi si tuffa uno nella bocca dell’altro in un’apnea sempre più golosa. Una bocca s’apre e l’altra la segue mansueta per poi aprirsi essa stessa, seguita questa volta dalla compagna come in una danza. La bocca dell’uno ruba saliva all’altra, pregustando in quell’umido un’anteprima di quell’altra bocca ancora lontana per adesso, ancora imprendibile e inattaccabile per ora.

Lei amava quel suo sentirsi usurpata e invasa, finché abbassò lo sguardo e sentì la sua pelle farsi bollente prima ancora che lui la toccasse, perché il tessuto del bustino fu debellato e la sua mano ne occupò il posto. Non poteva non farlo adesso: s’inarcò verso di lui per offrirsi interamente arresa, prigioniera e mai come in quel momento davvero affrancata e libera, posò le mani sui suoi fianchi e ne percorse l’elastico senza varcarlo, solamente per sentire la sua voglia farsi compatta e il suo respiro farsi più rapido. Gli piaceva il finto negarsi e quel respingere improvviso di lei, tenere le cosce chiuse, la sua apparente e ingannevole resistenza, poi guardarlo con gli occhi nudi di desiderio.

Lei era brava ed esperta, sapeva giocare, dato che avrebbe voluto gettarsi sul suo corpo arrendevole e morbido, morderle i seni, marchiarla con i denti e strapparle il primo gemito, però si trattenne, giacché le sue gambe gli dicevano d’aspettare. Colse il suo piede come un fiore, ne sfiorò con le labbra la caviglia, poi con le dita percorse la sua pelle lentamente, per sentirne l’incostante consistenza farsi più tenera e sensibile sotto il ginocchio come la carne d’un petalo, proprio come un fiore scaldato dai raggi del sole lei iniziò ad aprirsi lentamente preparandosi così ad accoglierlo. Con le dita percorse i bordi degli slip che ancora lo divideva da lei, con un dito finse di penetrarla e sorrise quando vide che lei spingeva i suoi fianchi contro di lui, demoralizzata e frustrata, poi lui decise di mettere fine a quel tormento, s’aggrappò all’elastico e sfilò anche l’ultimo ostacolo, si chinò su di lei e l’aprì come un frutto di mare per succhiarne la parte più delicata e nascosta.

A quel punto iniziò a scoparla con la lingua e man mano che la sentiva sussultare di piacere, affondava sempre più dentro di lei bevendone con golosità il succo dolce che iniziò a colargli sul mento e ne fece il suo pasto, intanto che lui si nutriva di lei si sentiva più forte, nel frattempo lei si faceva cibo, si sentiva più immensa, perché sapeva che soltanto in quel modo poteva entrare al suo interno e prenderne completo possesso. Lei volle violentare la sua bocca, affondando nelle sue carni come un dolce veleno trasparente.

Lui scivolò fuori da lei e sollevò lo sguardo per ammirarla nella penombra, la luce cadeva obliqua sul suo ventre, infiltrandosi nelle sue anche e nel suo monte di Venere, in quanto una parte del suo corpo era nascosta e risultava buia come una valle che sta per essere inghiottita dalla notte. Era nato dentro di lei e dentro di lei voleva tornare, per restarci per sempre e lei questo lo sapeva, se lo sarebbe tenuto dentro per sempre, lo avrebbe fatto entrare, lui entrò e la prese, in tal modo lui entrò e lei se lo prese, lui precipitò nel suo buco stretto e caldo, piantò il suo sesso dentro di lei cedendo sotto i suoi colpi.

Lei se lo sentiva tutto e desiderò che lui non smettesse mai d’infilarsi nelle sue viscere, dato che con le unghie s’ancorò alla sua pelle e ci affondò crudelmente. Un po’ le dispiaceva, perché adorava la sua pelle liscia come una pesca, dal momento che non aveva mai sentito un uomo con una pelle così esaltante e inebriante. La pelle di lui era come una tela, sarebbe stata un’opera d’arte marchiata solamente dai segni rossi del suo piacere, eppure aprirle la fica a lui non bastava, così interruppe i suoi gemiti con le dita, dato che lei iniziò a succhiare golosamente e con l’altra mano forzò il passaggio che agli altri era sempre stato escluso e proibito. La sorpresa la fece sobbalzare, lui sentì la fiammata della sua ribellione, spontaneamente si ritrasse, ma troppo tardi s’accorse che lei non lo avrebbe mai lasciato andare, perché in quel momento erano l’uno dentro l’altro e lo sarebbero stati per sempre.

Lui la sommerse di piacere eppure lei ghiotta e ancora vogliosa lo spinse via, il suo corpo scivolò lontano prosciugato e privo di sensi, proprio come un relitto in mezzo all’oceano di quelle lenzuola azzurre. Lei lo guardò e s’accorse di quanto era stato bello, una sua parte si rammaricò, mentre un’altra parte sorrise gioiosa, spensierata e trionfante, perché adesso quella bellezza sarebbe vissuta dentro di lei e in lei avrebbe avuto nuova forza. Lei s’alzò e nuda percorse l’appartamento, il vestito scivolò sul suo corpo con un debole fruscio, mentre in strada i rumori della città l’inghiottirono inquinati e oscuri, visto che nel momento in cui camminava incrociò lo sguardo d’un ragazzo che arrivava dalla direzione opposta alla sua.

Lui era moro, alto, vestito di modo impeccabile e aveva quel modo di camminare tipico di chi sa esattamente dove vuole arrivare, lei sopportò sostenendo il suo sguardo tangibilmente impertinente e sfrontato, poi voltò il viso per permettergli d’iniziare a desiderarla.

In quel preciso istante, lei si sentiva così fulgida, radiosa e piena di vita, perché aveva ben chiaro e sapeva che si sarebbe sentita così, ancora per lungo tempo.

{Idraulico anno 1999} 

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