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Erotici Racconti

Non sai sottrarti né rinunciare

By 12 Novembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Ti supplico mio caro, ascoltami bene: comunicami, dichiarami espressamente addio, considerato che non sei più capace di maneggiarmi né di toccarmi come tempo addietro, allora vattene, perché non ho tempo per l’inefficacia e per la sterilità di un’ambizione appena distaccata, impassibile e tiepida, io ho fermamente bisogno e ho stabilmente fame del rumore di quella carne bagnata, immessa e pompata forte come facevi tu quando deliravi, farneticavi e impazzivi al solo pensiero di scoparmi.

Io voglio ancora quello che mi davi prima, voglio il gusto di te, sentire il tuo sperma che mi cola sul seno quando rientravo a casa e salivo piano i gradini della scala per non farmi trovare ancora eccitata, ancora bagnata di orgasmi gridati e supplicati nel buio. Ho voglia dei tuoi segni sulla schiena, quelli che sentivo soltanto il giorno dopo, che leggevo austera e fiera il mattino nello specchio un poco appannato, subito dopo aver fatto la doccia.

Io bramo ancora oggigiorno di sentire che tu mi fai godere in modo poderoso, gradisco indiscutibilmente toccarmi, così come mi palpavo quando tu mi dicevi di farlo espressamente per te, a modo tuo, come se fossero state le tue mani a sferrarmi l’orgasmo più intenso e più profondo scompigliandomi radicalmente le membra, facendomi percepire in modo abile, capace ed esperto da farmi girare sennonché la testa, trasformando in conclusione le contrazioni in nausea e infine in un immenso stordimento, da lasciarmi in ultimo totalmente svigorita di fronte a te. Io anelavo, smaniavo, avevo la necessità di riprendermi per il fiato corto che tu m’avevi incontestabilmente creato, con quelle le mani e con quelle gambe tremanti sfinite per la passione fisica e mentale che sapevo di sperimentare e di vivere assieme a te.

Dimmi addio se non ricordi più il piacevole dolore della separazione allora vattene, perché non sono affamata del fantasma che m’hai lasciato in eredità, perché non so scopare la sua ombra, dato che non riesco a godere con lui, per il fatto che non mi riempie il seno di fiotti di sperma caldo. Lui non sa né può amarmi come facevi tu, non sa coinvolgermi sottraendomi i pensieri per trasformarli convertendoli in delirio e in furore. Tu facevi di me ciò che volevi, ti muovevi e ti spingevi nei meandri della mia mente, come se fossero i tuoi, giacché io ero la schiava, la tua proprietà, il tuo podere privato, perché ero ciò che volevi io fossi.

Bada bene, se hai però dimenticato e trascurato tutto questo allora vattene, dal momento che non ho altro da offrirti né da proporti. Io non sono l’amica cui raccontare riferendo i sogni mai realizzati, non sono neppure quella da sbattere contro un muro senza tante premesse, per riempirla di carne calda facendole pompare vigorosamente un cazzo tra le pareti d’una vita persa ad amare cercando di venerare l’amore. Dimmi perciò addio, se non senti più la voglia tormentarti la notte quando entri tardi nel letto e trovi lei ancora sveglia che vuole fare l’amore come lo facevate quando eri ancora innamorato.

Lei al presente è arrabbiata, perché sa che lì in quel momento tu sei soltanto un pezzo di carne nemmeno troppo dura, visto che perdi quasi la virilità e la ritrovi soltanto sovrapponendo il mio viso al suo, in tal caso la giri poi le salti addosso e infine la monti. Ebbene sì, lo fai con rabbia, con odio per una vita che t’ha incontestabilmente negato, giacché era l’unico spicchio di felicità che davvero desideravi, al momento, infatti, ecco perché ti svegli al mattino angosciato, svogliato e tormentato con l’anima afflitta dolente e una fame che non sai spegnere.

Dimmi pertanto addio, se sei così codardo, imbelle e timoroso da scappare persino all’unica possibilità d’avermi ancora e per sempre senza le catene che la vita stessa t’ha inesorabilmente e sfacciatamente mostrato, allora vattene. Io non ho tempo per chi desidera sospirando l’amplesso, ma alla fine s’accontenta d’una foto di quella pelosa e nera fica che compare sullo schermo, intanto che la mano senza chiedere nulla scivola sui pantaloni. Oggi sono cocciuta e dura, non lo nego, ebbene sì, devo esserlo, perché ho smesso d’aspettare, di pazientare, giacché se non lo farai tu lo eseguirò io, anche se lo compirò con il dolore che mi lacera insanabilmente dentro, così come un temporale ininterrotto e scrosciante sopra una piaga dilatata e ferita che perde sangue, in quanto è l’unico modo per uscirne integra e viva, per tutto ciò, quindi, adesso dico basta, perché non ne posso più, perché se non vivi più per il sogno di desiderarmi, allora non ha più senso questo dolore profondo.

Io abbandonerò per sempre i miei propositi smettendo d’essere la tua ‘schiava’ e tu il mio ‘padrone’, eppure rimarrò per sempre tatuata dal fuoco di quest’afflitta, oppressa e tormentata passione, in quanto rinuncio a essere la schiava di chiunque. Per l’occasione chiudo totalmente il capitolo sigillandolo, abbandono i panni d’accompagnatrice, perché torno a essere la donna che hai conosciuto e che hai lungamente posseduto, la vergine incantevole e magnifica che hai visto, tenuto conto che lascerò che altre mani compilino scrivendo per me le parole che mi porteranno a tremare ancora e daccapo.

A questo proposito t’annuncio perciò quest’addio, perché sei così abbattuto, avvilito e sfiduciato da non saperti astenere né rinunciare all’unica donna che forse hai amato davvero. Tua Giovanna.

{Idraulico anno 1999} 

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