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Erotici Racconti

Oscillazioni incontrollate

By 11 Marzo 2019Febbraio 13th, 2023No Comments

Stamattina presto mi sono svegliata alquanto agitata e notevolmente scossa in modo eloquente, ripensando al sogno atroce e offensivo che avevo compiuto. Mi desto sennonché bruscamente dal talamo dirigendomi inquieta verso la vetrata del mio studio, squadrando là di sotto nel giardino mentre due gatti scorrazzano rincorrendosi spensierati. Ho addosso ancora i residui di quel brutto sogno, m’accorgo che sono afflitta e angosciata nell’animo, finché il telefonino già trilla sopra la mensola distraendomi ben presto da quei lugubri e scoordinati pensieri, perché è lui che come di frequente in modo sbrigativo sommariamente m’ingiunge:

“Simonetta, ascoltami bene, adesso va di sopra e immergiti nella vasca da bagno, bada bene però di non venire fuori da là dentro fino a quando io non arriverò da te. Hai afferrato il concetto?”

“Sì, certo, sei stato chiaro come il sole” – enfatizzo io di getto assecondandolo nei suoi viziosi intenti.

In realtà non afferro né comprendo esattamente che cosa voglia compiere, non sono all’altezza di fiutarlo, eppure ci provo. Per quale sua inedita ragione io devo andare a farmi un bagno, mentre lei resta assieme a lui in sua compagnia, che diamine avrà in testa. Piuttosto perplessa e insolitamente scettica m’appronto per eseguire il compito che lui m’ha invocato, sicché inizio ad aprire il rubinetto dell’acqua e mi colloco sul bordo della vasca osservando lo scorrere del liquido, in seguito per non rimuginare né scervellarmi ulteriormente rovescio dentro la vasca un bel quantitativo di detergente profumato, così come il meccanico e istintivo trastullo che compivo quand’ero una pargoletta. Rammento ancora oggi, che d’adolescente serbavo un altro svago che peraltro privilegiavo, per il semplice fatto che era quello d’appoggiare una seggiola di vimini sul pavimento. Successivamente salivo cavalcioni sulla sua coscia, sollevavo la sopravveste e debuttavo a frizionarmi la fica. Chi frattanto m’osservava, poteva intuire che volessi baloccarmi svagandomi ad andare a cavallo, giacché io furbamente e con malizia glielo lasciavo credere, fintanto che contrariamente vagheggiavo d’essere una balda, disinvolta e poderosa reclusa, asserragliata umilmente dentro un minareto, dove il suo possente sorvegliante potesse esigere e invocare di tutto, anche se onestamente non potevo né avevo sperimentato né tastato che cosa fosse in modo globale quel concetto.

Un’altra amabile e avvenente cornice, era quella di me medesima, esposta in bello sfoggio e riposta in liquidazione su d’un piedistallo, messa in posa come presso la bancarella delle soggiogate e vessate serve che attendono inesorabili la loro augurale sorte, riflettendo tuttora che neppure avevo la minima cognizione che cosa fosse ineccepibilmente il sesso, immaginatevi la concezione del sadomaso, che sono nel senso del termine l’insieme di quelle pratiche erotiche basate sull’imposizione di sofferenze fisiche o mentali su d’un partner. Molto cospicui sono gli studi sulla correlazione fra il sadomasochismo e la devianza, con la presenza di traumi, talvolta d’autolesionismo e d’abusi. Io mi ritenevo una femmina che sceglieva d’assoggettarsi naturalmente a pratiche di masochismo, condotta, manovrata e in ultimo sollecitata forse da un comportamento psicologico o della mia innata indole, nella quale la causa emotiva è, a sua volta, il senso di colpa.

Al momento l’acqua scorre, i pensieri fluiscono rapidi come quel liquido tiepido che fuoriesce assieme alle mie riflessioni che si muovono velocemente, attualmente indovino il tipico fruscio dello staffile che fende l’aria, ascolto gli strilli e i gemiti, giacché io bramerei essere al posto suo, perché preferirei io porgere quell’appagamento al mio delizioso e incondizionato boss, tuttavia per il momento non mi è permesso, il via libera mi è stato vietato. Al presente devo solamente immergermi dentro la vasca, però, che gradevole effetto che fa l’acqua, giacché mi pare di rientrare per un istante all’interno d’un cosmo incontaminato, limpido e inviolato, senza giudizi né verdetti, senza nessun’insicurezza né proponimenti né tantomeno rivalità alcune. Frattanto mi sfioro, devo però stare accorta a non palparmi anche se sto schiattando dalla brama, dal desiderio di sentire traballare il mio corpo, di percepire lui che impaziente m’agguanta. In quell’esatto frangente, quelli che mi solcano nella mente, sono per la precisione considerazioni e idee non da femmina dominata, bensì unicamente sono puri convincimenti da donna, integrali concezioni di lui.

Io attendo immersa dentro quell’acqua, concorro e coopero di rinnovarmi con lui, ma in definitiva su che cosa che temporeggio veramente? In quell’occasione un’impalpabile apprensione mi valica la mente, ma è però un baleno. Ci siamo, eccolo, adesso s’approssima, io avverto l’odore di lei sul suo cazzo, è indubbiamente dolciastro, le sue labbra sfiorano senza toccare le mie, io cerco di leccarle con la lingua, eppure me lo nega intimandomi alacremente:

“Su Simonetta, dai, svelta, adesso seguimi, così assisti meglio alla faccenda” – mi sprona lui, esortandomi di fare presto.

Io seguito a non comprendere né a intendere, eppure riservatamente lo faccio. Le gocce d’acqua colano dal mio corpo, dopo sul pavimento marchiando il mio personale itinerario. Lui è di fronte a me, non mi guarda né m’incoraggia né m’incita, non è come le volte precedenti. Adesso che cosa accadrà? Appena che approdiamo nella stanza intravedo lei annodata e bloccata sul giaciglio, lei è in realtà un’avvenente ragazza, molto piacente, la sua capigliatura le copre leggermente la schiena, perché sotto il suo addome lui ha collocato due enormi capezzali, perché in tale maniera sia la sua fica quanto le sue chiappe siano protese al massimo dell’estensione ammissibile, mentre scorgo che nel suo didietro è stato introdotto un cazzo di materiale plastico morbido al tatto, durate il tempo in cui lui in modo soddisfatto mi fa ben presto notare:

“Simonetta, lo sai che tu sei la mia deliziosa sgualdrina preferita? Come attaccamento e devozione le sgualdrine eseguono tutto quello che il principale ordina loro, anzi il loro boss”.

“Sì, senza dubbio, nessuna seccatura, lo sai molto bene che io eseguo senz’incertezza tutto per te” – esclamo io determinata e persuasa più che mai.

“Dai, adesso leccagliela, incitala e spronala a dovere per me. Avanti puttana, dacci dentro, inizia Simonetta”.

Io avverto freddo, l’acqua che ho ancora sul mio corpo si sta rinfrescando cagionandomi fremiti, perché la pelle d’oca compare. La particolare zona calda del mio corpo è rimasta la mia fica, nonostante non capisco che cosa desideri da me il mio boss, la mia pelosissima fica è canicolare, predisposta e ingorda di lui. Percepisco che alcune stille di piacere mi fuoriescono bagnandomi le cosce, in quel mentre mi curvo su di lei, le spalanco la fica e inizio a leccarla. La mia lingua slitta fra le grandi labbra della sua fica tumida, le passo le mani sulle chiappe scanalate dallo scudiscio di prima. Che inedita e bislacca sensazione che provo, perché al presente la diffidenza e il rovello di poc’anzi è scomparso, dal momento che adesso nutro e provo solamente una smisurata voglia di lei, una smania di brandirla, un ghiribizzo d’adularla. La mia lingua filtra e procede sul suo grosso clitoride, la mia bocca lo sigilla sfiorandolo con i denti, poiché è un’invasione senza dolore, lo succhia, dopo la lingua riprende a scorrere ed entra nel suo pertugio, là m’accorgo che sprigiona una fragranza unica e libidinosa, io la sento fremere fra le mie mani, capto il suo corpo appassionato che vuole che la prenda, sì, lei mi dichiara che brama essere afferrata. La mia mano sfiora l’aggeggio di gomma, lo sposta, lo dimena lievemente dentro il suo ano, al presente il suo addome inizia a spostarsi, mentre io capto distintamente i suoi piagnucolii attenuati, in quanto noto ora che ha il fazzoletto. Le sue gambe mi premono contro la testa, non vogliono che mi distolga, allorquando lui irrompe in modo inquieto annunciando:

“Smettila sgualdrina, tu non devi procurarle piacere, quella resterà unicamente la mia individuale prerogativa, un mio privato diritto, non dimenticarlo”.

Adesso lui è in piedi dinanzi a me, mi sta posizionando le polsiere, mentre lei frigna ancora. Io sto gocciolando, i miei irti capezzoli cercano l’aderenza delle sue dita, bramano il contatto, eppure non lo trovano, lui mi sta annodando al puntello con le gambe allargate e con il didietro spalancato e le braccia sospese in alto. Al presente capto il nerbo della frusta agitarsi, lo intercetto nell’aria, in un baleno si posa sulla mia schiena. Capto di netto la compattezza dell’accostamento, l’acqua deve aver espanso i forellini della cute, poiché ha riportato la mia reattività al livello maggiore. Diversificate e gradevoli percosse s’avvicendano sulla mia schiena, ulteriori lamenti fuoriescono dalle mia bocca, inedite suppliche, tuttavia quest’oggi non c’è compassione né indulgenza alcuna. Non sussiste demarcazione, la testa mi sta esplodendo, il dorso è ormai un fuoco. Repentinamente, così com’era iniziato tutto finisce, io mi lascio andare, le braccia mi sorreggono al puntello, mi provocano dolore, malgrado ciò non riesco ad afflosciarmi, perché lui parlotta, eppure io non sento né afferro quello che manifesta:

“Porta pazienza boss, ma non ho capito” – incalzo io ripetendogli la nozione.

“Sollevati sgualdrina, adesso bramo che tu dispensi piacere alla tua fautrice” – sbotta lui accalorato e visibilmente infervorato per la circostanza.

Io mi sollevo, lui mi slega dal puntello, mi gira, m’afferra i polsi e me li aggancia sulla schiena. Bramo le sue mani, desidero la sua bocca, lui però me la nega, sicché ricavo impressioni solamente dalle sue dita che armeggiano sopra le mie braccia. Al momento lui è sopra di lei, digrada fino alla congiuntura delle sue chiappe, mentre la sua mano è già tra la sua fica. Lei frigna vistosamente, io padroneggio molto bene quel tipico lamento, giacché lui non le sta comprimendo il clitoride, bensì glielo sta deliziosamente lisciando, intanto con l’altra mano le estirpa amabilmente il cazzo di gomma dall’ano:

“Molto bene, adesso avrai per intero il mio troietta, stanne certa”. Lui la sta slegando tirandosela verso di sé. Non le slaccia il fazzoletto, ma la bacia sul seno intimandole:

“Fa’ presto, sdraiati qua con il viso rivolto dalla parte dei piedi. Svelta, sai che non adoro attendere troppo”.

Lui non m’aiuta per niente, perché con le mani legate dietro la schiena io rassomigliò a un lombrico che si contorce, sicché eseguo ciò che lui m’ha invocato. Che cosa cazzo vorrà? Dopo lui la riporta sopra il giaciglio con le gambe larghe su di me. Io intravedo la sua bella fica spalancata, è rigonfia e superba, pulsa e ferve che è una meraviglia, agogna e attende il totale piacere solamente nell’osservarla. Il suo ano è ancora lievemente dischiuso, la cute circolarmente è tangibilmente infiammata, in quanto lui non ha adoperato niente per lenire né per facilitare la penetrazione di quell’aggeggio di gomma:

“Piegati sopra di lei, la mia troia ti farà sperimentare un inedito quanto autentico godimento”.

Io adocchio la sua fica accostarsi sempre di più, la sento titubare, quasi indietreggiare, lui sennonché l’afferra per i fianchi e l’accosta sul mio viso. Io inizio a leccarla, mi perdo nel suo anfratto, inspiro e memorizzo il suo intimo piacere, la sua singolare odorosa fragranza. Lui la solleva appena appena introducendole un dito nell’orifizio dell’ano, lei prova a farsi avanti, eppure lui la contiene, io ascolto unicamente i suoi caratteristici lamenti.

“Ecco, perfetto, adesso sei allestita per riscuotere la totale ricompensa del tuo boss. Sei meravigliosamente dischiusa, rammenta di non deludermi, in caso contrario il castigo sarà doloroso”.

Io scorgo il suo cazzo penetrarle l’ano, scassinarlo senza difficoltà, espugnarla e invaderla fino in fondo. Io mi blocco, la mia fica sta per detonare, vorrebbe essere almeno toccata, la sua testa è così vicino, giacché sarebbe sufficiente che sollevassi leggermente la cavità pelvica sfiorandole in tal modo il mento. Lui l’afferra subito, la strattona più forte facendole penetrare maggiormente il suo cazzo:

“Datti da fare troia, non sento la tua lingua. Non ponderare di toccarti, non osare, sai che il tuo piacere è mio e spetta a me stabilire se donartelo oppure no”.

Io riprendo a passare la lingua, mentre le loro movenze diventano più frenetiche, mi sento oppressa fra le gambe di lei, le loro secrezioni si sono amalgamate sopra la mia lingua, non avverto altro che il loro confidenziale e recondito piacere, la loro gorgogliante e ribollente voglia. Odo lei frignare in maniera energica, intuisco che sussulta, per il fatto che m’annaffia il viso con il suo delizioso e gradevole fluido, percepisco le sue gambe allentare la presa, tuttavia la brutalità e il sopruso di lui non s’interrompe. Lui seguita a brandirla con maggior vigore, adesso capto che lui prorompe dentro le sue viscere, che la sua sborrata fuoriesca, in quanto mi fermo e attendo che da quel pertugio così bistrattato emerga il suo lattescente piacere, che so che devo ripulire e rifinire. La mia lingua passa sopra la sua fica, io spalanco la cavità orale, intanto che il boss lascia sgusciare all’esterno il suo cazzo irrorato intimandomi di pulirglielo. Io m’adatto ed eseguo in maniera conscia e laboriosa, per il semplice fatto che è l’atipico omaggio che quest’oggi riscuoterò, durante il tempo in cui lui fa presente di non toccarmi e nel contempo mi proclama:

“Aspetta Simonetta, desidero percepire il tuo appassionato bollore, la tua entusiasta caldana, la tua smaniosa cupidigia, bramo vederti farneticare che mi supplichi di chiavarti, come una deliziosa troietta in quanto sei incessantemente in eccitazione”.

Io non propongo nulla, non azzardo nemmeno drizzare lo sguardo, mentre lui s’allontana. Frattanto lei si era alzata, aveva rimosso il fazzoletto, perché attualmente mi sta agevolando ad alzarmi e m’aiuta a slegarmi. Al presente ci squadriamo, so che non sono tenuta, malgrado ciò non sono in grado d’evitarlo.

In quella concupiscente e lussuriosa circostanza io la brandisco fra le braccia e le dò un unico bacio. Capto distintamente il suo seno sul mio, le sue labbra madide sulle mie, la sua lingua che lecca il restante piacere che mi è rimasto ancora addosso, durante il tempo in cui il boss in sordina dalla vetrata semi trasparente gustosamente e libidinosamente divertito ci osserva.

{Idraulico anno 1999}  

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