Skip to main content
Erotici Racconti

Osservami le gambe

By 27 Agosto 2017Febbraio 4th, 2023No Comments

Io vorrei veramente non scrutarti in quella maniera, costringermi di pensare a qualcos’altro, fare finta di nulla, eppure di te ho una sola immagine: le gambe lisce, potenti e rapide, così come se in fuga da qualcosa che comunque non può scampare, garantite, indiscutibili e sicure tanto da fare perdere la testa.

In verità è da parecchio che t’osservo, perché tutto parte da lì: l’energia muscolare che s’irradia dalle cosce e scende giù, scaricando la prestanza come una corrente elettrica dalle ginocchia sino alle caviglie, assieme a quel passo svelto con i muscoli in tensione. Tu sei un fascio di sensualità elettrica che a volte mi lascia senza fiato, chissà se poi te ne sei realmente accorta: tu sei invero abbastanza morbida da poter corrompere agevolmente un uomo, certo, ma comodamente altresì una donna.

Per di più stamattina non rinunci al tuo solito caffè: lo bevi ristretto senza zucchero e bollente, perché entri nel bar con la tua valigetta nera, lo sorbisci lentamente alla giusta velocità, perché io possa gustare le tue labbra che si schiudono leggermente. Oggi sei più fuoco che mai: le mani non ti tremano ma il petto s’alza e s’abbassa con un ritmo più irregolare del solito, il seno ti spinge contro la camicetta appena aperta quel tanto da riaccendermi di nuovo: 

‘Siete aperti questa sera?’ – debutti tu.

La voce è bassa, profonda, il tuo orologio segna le undici e trenta. Guardare e non desiderare, sì, ma che cosa? I tuoi trent’anni appena accennati, la piccola linea sottile vicino alle tue labbra, che mi enunciano comunicandomi che te la sei vissuta tutta con quelle mani lunghe quasi pennellate:

‘Certo, tutti i giorni tranne il martedì’.

Tu sollevi lo sguardo, la tua occhiata è acqua e balsamo in un tutt’uno, mentre mi punti gli occhi dentro i miei. Io sono al momento scoperta, se al presente non ti sei accorta di come ti desidero, non te ne accorgerai mai più. Io le conosco quelle come te, perché giocano unicamente se hanno in mano un poker d’assi. Beh, con me ce li hai, e tutti d’un solo colore, rosso per l’appunto come le tue labbra. Appena te ne vai dal locale mi rendo conto che m’hai fissato per troppo tempo, perché fosse un semplice sguardo. Io corro forse con la fantasia? No, quella l’ho messa nel cassetto da parecchio tempo, esattamente da quando sbagliare è diventata una posta troppo alta da coprire. 

Ancora un solo istante e m’ avresti ubriacato di te, della tua voce, del tuo calore. E’ strano come tu sia un corpo di cui conosco, immagino, desidero tutto, una mente di cui non afferro se non le sue estremità più evidenti, ma tutto quello che corre nel mezzo che cos’è? Tu sei quella che potrebbe fare di me una scimmia al suo volere, salvo che non prendessi in mano la situazione e fossi io il tuo carnefice, perché quando scruto l’orologio appeso al muro m’accorgo che ho passato tutto il pomeriggio facendomi bizzarri strani viaggi sul tuo conto, su d’una donna che non conosco, pensando a eventualità che partono dalle sue gambe. Magari verrai al locale soltanto per bere con qualcuno, con il tuo uomo, sì, ecco, quell’uomo che può viaggiare i percorsi del tuo corpo e berti perfino l’anima. 

Al momento sono le ventidue e trenta, il locale è una nuvola di fumo con la musica soffusa, i ragazzi conversano di vicende che non comprendo né intuisco, le parole mi scivolano addosso fino ai piedi, vorrei che tutto si ghiacciasse e rimanesse sospeso per sempre. Spegnere il sentire.

Disattivo il ghiribizzo che ho addosso interrompendo la mia voglia di lei. Frattanto sorseggio la Coca Cola e il Rum, mi volto in un secondo, ma allora sei qui. Non so che espressione abbia la mia faccia, forse stupida. Due a zero per te e palla al centro, toccata un’altra volta, ebbene sì, nervo scoperto punto sul vivo, troppa reazione. In quel mentre t’accendi una sigaretta. Sei da sola. Una come te? No, non ci credo:

‘Quando stacchi?’. 

Io rimango con la bottiglia a gocciolare su un bicchiere.

‘A mezzanotte’.

‘Precisamente come Cenerentola. La scarpa la troviamo assieme?’.

La tua sigaretta è consumata, così come la mia voglia d’aspettare ancora un’ora e mezza. Io ti squadro e tu non fai nulla per negarti al mio sguardo curioso, direi insinuante, peraltro ancora diffidente. Tu sollevi il bicchiere e brindi nella mia direzione, c’è troppa gente qui attorno, vorrei soltanto sfiorarti la mano per vedere se ne hai paura, se giochi per scappare, se stai dicendo sul serio:

‘Accompagnami un attimo, porta pazienza, devo telefonare’.

Gambe giù dallo sgabello, gambe verso la cabina, posto riservato, posto stretto. Soli, io e te. Fiato contro fiato, odore contro odore. Adesso potrei coprirti del mio corpo, farti mia in un solo istante se non fossi qui ancora a chiedermi che cosa cerchi, se è realtà o sto soltanto subendo sopportando un’allucinazione troppo vivida:

‘Non scherzavo’. 

La tua voce è ferma, le tue mani però no, sei alta come me, ma tu porti i tacchi alti. Avverto in quel preciso istante scorrere le tue dita lungo le mia braccia, capto le tue labbra in un attimo contro il mio collo, il ghiaccio dell’alcool che hai bevuto si fonde col tuo respiro caldo, per il fatto che mi dà i brividi lungo la schiena:

‘A mezzanotte, se vuoi naturalmente’.

La porta della cabina si spalanca, c’è ancora caldo, c’è fumo, ci sente un caos di parole messe sopra, la gente è in fila al bancone e pure le tue gambe sfilano via. 

Io rimango con la mia attesa e il gusto d’un allettante e appetitoso gioco appena cominciato.

{Idraulico anno 1999 

Leave a Reply