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Erotici Racconti

Permeata da quel viaggiatore

By 26 Agosto 2018Febbraio 11th, 2023No Comments

Quel giorno Giuliana, mia affezionata amica, fedele connivente e vicina consigliera, m’aveva cortesemente implorato d’andare, perché un uomo che lei conosce ci aveva visto assieme desiderando in definitiva a sua detta intenzionalmente d’incontrarmi. Io ho accettato ben presto adattandomi, però solamente in seguito d’un intenso contraccambio di messaggi e di telefonate. Non ho mai effettivamente memorizzato prima d’allora d’averlo visto in giro nel mio quartiere, ciò nonostante sia la cordialità che l’entusiasmo per quella voce m’accarezzava amabilmente la razionalità oltre il capo del telefono, in aggiunta a ciò pure la sua inedita e amorevole profondità di quell’accento apriva varchi nel mio temperamento, perché di fatto mi sono predisposta approvando ben volentieri l’invito per la riuscita di quell’inaspettato appuntamento. Per la circostanza mi sono preparata con riguardo, quasi fremendo all’idea che quella voce avesse anche un corpo.

Sotto l’acqua della doccia m’accarezzavo come speravo, immaginando che questo gesto lo avrebbe compiuto pure lui, sicché ho spalmato la crema e spruzzato il profumo, pensando all’odore della sua pelle unito a quello della mia, assieme a quella biancheria così curata, con il desiderio di farmela togliere lentamente fremendo al pensiero del fruscio che la seta avrebbe fatto. Mi sono ancora accarezzata fantasticando che lo facessero le sue mani e comodamente il desiderio di lui diventava più vivo, avevo la sensazione che mi potesse vedere, io frattanto adoravo quella bizzarra attesa, giacché non avrei potuto farne a meno.

Quelle carezze non m’avrebbero invero offerto la stessa sensazione se non avessi pensato a quella voce caldissima, quel tipico accento che raggiungeva corde del mio corpo, che io credevo mute e che invece scoprivo che producevano segnali equilibrati e suoni armoniosi. Un leggero tremore si è impadronito di me nuovamente prima di bussare a quella porta, perché l’acquosità di quella sera si era già arrogantemente insinuata fra le mie gambe. La porta era socchiusa, io ho bussato lievemente, sono entrata in silenziosa attesa mentre attorno a me c’era soltanto il buio. Lo sapevo, era uno scherzo, avrei dovuto immaginarlo, perché mi stavo arrabbiando per esserci cascata e già pensavo come affrontare Giuliana, finché due mani salde m’afferrarono attirandomi addosso in prossimità d’un corpo caldo. 

Io ho avvertito il suo fiato sul collo, lui m’ha girato appoggiandomi alla parete, con una mano m’ha cinto la vita, con l’altra scostava i capelli dal mio collo e reggendoli disegnava itinerari con la lingua sul mio corpo. In quel frangente io non ho reagito, certa che si sarebbe fermato, all’opposto lui era lì, nel buio, la sua lingua mi cercava, potevo percepire la sua statura, ma non riuscivo a vederne la faccia. Le sue mani sul mio corpo sembravano ardere e aggredirmi, eppure tanta era la delicatezza di quei tocchi, il suo petto s’appoggiava al mio mentre i nostri capezzoli s’incontrarono, floridi e rigonfi dal desiderio quasi a farci male, Le nostre lingue intrecciate, là attorno c’era unicamente il buio, il respiro sempre più veloce, il suo corpo sempre più appoggiato al mio, le mie cosce sempre più bagnate. 

Percepisco come se fosse ora, quelle dita sollevarmi la gonna, sfiorarmi i contorni di quella biancheria così liscia, la mia deliziosa fica con i suoi petali schiudersi a quel passaggio così leggero e assieme dispotico e imperioso. Quelle dita, così forti, così insolenti e temerarie, inizialmente al di sopra dello slip, in seguito di sotto, successivamente nuovamente di ancora sopra e ancora di sotto, perché non m’accorsi quasi che non erano più le dita, ma era al presente la sua lingua che si contorceva, che asciugava, che feriva, che tentava di penetrarmi scompaginandomi l’animo. Probabilmente soffiavo, forse no, so soltanto che cominciai ad appoggiarmi a quello stipite fino ad avvertire il freddo del pavimento, dove trovai i miei abiti, dove ci feci finire i suoi. In quel modo lo denudai, presi il sopravvento, i miei occhi si stavano abituando al buio, sicché lo torturai con la mia lingua dirigendola lungo il suo torace fino all’ombelico, dopo più giù fino a sentire la mia bocca che si riempiva di quella carne così appassionata, fra le mie labbra assetate di quella goccia di liquido denso e appiccicoso che anelo d’avere sulla punta della lingua. 

Le mie gambe s’aprivano come la mia bocca senz’opporre resistenza. Come eravamo? In che posizione? Dove eravamo? Lui in effetti chi era? Quelle mani, quella lingua, quel sapore, ogni antro del mio corpo fu invaso, ispezionato, perquisito e saggiato, la mia bocca fu placata dal suo intimo e sugoso desiderio, il mio corpo non aveva scampo, d’altronde neppure il suo. Per dimostrarglielo in un attimo fui sopra di lui, cercavo la sua lingua, cercavo il suo ritmo, la sua cute così appiccicata alla mia. Il mio seno che sfiorava il suo, le sue mani sui miei glutei che premevano fino a farmi toccare l’estremo piacere dell’inferno tra spasmi, respiri affannati, gocce di sudore, lingue intrecciate, finché inarcò la schiena e spinse. Quello che avvenne fu un lampo che squarciò il buio, in realtà una lama che penetrò il mio corpo, il suo corpo che entrava nel mio e spingeva, s’incurvava e pigiava, calcava più forte su quella lama di carne così eretta e pulsante, da non avere più alcuna possibilità di resistergli, io ero piena, imbottita da quello sconosciuto.

Un fiume scorreva fra noi due, deciso, nerboruto e tumultuoso, così irruente e sopraffattore da perforare quasi le mie membra. Io ardevo, c’era fuoco dentro e attorno a me, partecipazione e trasporto, ghiribizzo e golosità, brama e vergogna, perché come sopra un’altalena trovammo quel ritmo, la cadenza che ci univa, che ci faceva danzare, che preannunciava celando il massimo godimento.

Lui fece pressione su di me, dentro me, con la sua lingua fu nuovamente dentro la mia bocca, i nostri intimi fluidi uniti sempre più forte, senz’interruzione più veloce, perché volevo essere piena di lui.

In un solo momento arrivò il putiferio delle membra, la confusione e lo sconvolgimento dei sensi, la dannazione e la beatitudine assieme, perché sgorgarono in ultimo impetuosi nuovi torrenti, inediti liquori, per il fatto che godemmo assieme nel buio, su quel pavimento inerte e gelido che aveva accolto i nostri corpi, in quel buio, compagno silente e testimone muto di quell’amplesso selvaggio e silenzioso con uno sconosciuto, del quale la sola cosa che non ho sentito quella sera è stata la sua voce, quella voce.

{Idraulico anno 1999} 

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