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Erotici Racconti

Pieghe recondite

By 14 Luglio 2018Febbraio 10th, 2023No Comments

Quel tragitto sembrava non avere mai conclusione, per il fatto che m’infastidisce la ressa delle persone che spesso disattente e nauseate si lasciano dondolare dal rollio abulico e indolente della corriera ogni mattina intralciandomi. Il traffico di conseguenza costringe irrimediabilmente ad avanzare lentamente, io esamino la moltitudine di persone in modo tangibile assai taciturne, assorbite nelle proprie riflessioni o smarrite attraverso chissà quali visioni. Forse nessuna, perché in giro c’è parecchia frotta denudata e spoglia di qualsiasi pensiero, d’aspettative, di desideri e di quant’altro. Tanti hanno già tumulato i sogni, molti li hanno interrati e scordati, sovrabbondanti forse, altri ancora si sono rassegnati conformandosi di non concretizzarli per niente.

In verità non sono mai stata così, oggi però mi sento differente, discorde e scostante anche in questo, perché nonostante la giovane età non ho mai permesso agli eventi d’avere l’autorevolezza né il peso sulla mia vita, all’opposto, ho costantemente inseguito d’essere io l’indiscussa e unica figura di spicco del mio stesso ruolo, anche se di frequente è spaventosamente arduo e complesso da portare avanti. Formalmente rilassata e imparziale attendo sennonché di pervenire a destinazione, mentre m’accorgo d’afferrare accidentalmente il pomello della corriera di linea dove sono attaccata per non scivolare, in verità sono paurosamente spaventata e lievemente apprensiva. 

Oggi, a dire il vero, è il mio primo giorno di lavoro, perché pure qua è stato indispensabile guerreggiare presso il nucleo familiare per procacciarmi il lasciapassare per dedicarmi a un mestiere, continuando peraltro nel contempo gli studi universitari intrapresi soltanto qualche mese fa. Attualmente ho ventidue anni d’età, tuttavia non voglio dipendere né essere un peso per nessuno, perché voglio essere pienamente autonoma. Era invero qualche tempo che ricercavo un impiego, malgrado ciò le pretese erano sempre al di fuori delle mie capacità: esperienza, troppo lontano da casa, oppure ancora lavoro a tempo pieno o, secondo i miei genitori, un ecosistema e una cerchia non adeguata né rispondente alla mia persona, perché io sono una ragazzina discreta, impacciata, taciturna e a tratti astrusa. 

All’interno dell’ambito familiare mi distinguono circoscrivendomi in questo modo, perché mi delineano definendomi bizzarra, estrosa e diversa dal solito, giacché quest’astrazione è il loro limitato e ristretto modo di qualificare tutto ciò che non comprendono né contemplano, tutto ciò che è disuguale e straordinario dal loro modo di essere e di vedere i concetti e di vagliare le rappresentazioni mentali credibilmente differenti e divergenti dalle loro. E’ infatti strampalato chi architetta e pensa, è sconclusionato chi si sofferma approfondendo sul perché delle cose, è di fatto sconnesso chi non ride davanti alla stupidaggini che ci propina quotidianamente la società imponendoci i loro luoghi comuni e i ripetitivi modelli, i loro continui rovelli in modo ossessivo, ma c’è chi preferisce invece comporre, disegnare, leggere, scrivere o ascoltare musica. E’ bislacco, lunatico e incoerente, chi è differente dalla collettività perché s’affligge magari piangendo per la morte d’uno scrittore e non esulta gongolando per il trionfo della nazionale italiana ai campionati di calcio, è pure balzano, capriccioso e sorprendente persino chi desidera lavorare e studiare, anziché pretendere d’essere mantenuto, sarà, per quanto mi riguarda io affermo e ribadisco che sono del tutto cervellotici e contorti loro. 

Comunque sia io ho rimediato scoprendo la mansione che soddisfa pienamente tutte le loro intrinseche esigenze: una discreta sì, ma influente agenzia d’assicurazioni ubicata nel centro storico del capoluogo. In tutta franchezza i responsabili della società sono alla ricerca di un’impiegata che svolga un periodo lavorativo pomeridiano, perché la coordinatrice essendo affiancata da una signora che è sovraccarica di mansioni, gradirebbe educare una ragazza giovanile e diligente per poter apprendere al meglio la materia, molto bene, è precisamente quello che fa per me penso io. Lo scambio di idee nel breve raduno è stato lesto e proficuo, in quanto non avevo nessuna competenza da vantare, perché ho sobriamente esposto raccontando soltanto dei miei studi compiuti aggiungendo di poter soddisfare le mie aspirazioni future, dopo ho semplicemente argomentato di me stessa e infine sono stata gradita, perciò eccomi qua. 

Quest’oggi si comincia, raggiungo perciò il reparto in perfetto orario, la signora m’accoglie con evidente calore, mi bacia sulle guance e m’abbraccia con slancio, perché indubbiamente intuisce i miei timori iniziali e la mia naturale agitazione. Dopo mi fa accomodare alla sua scrivania, m’offre un caffè e m’osserva con dovizia. Io tento d’assumere un portamento calmo, mentre i suoi occhi non fanno altro che fissarmi, il suo sorriso è raggiante e protettivo, così almeno pare. Ascolto il suo ragionamento, lei in modo curato e rapido m’illustra gli archivi, i registri, il computer e le mansioni, delucidandomi in conclusione sulle responsabilità finali. Io la seguo, mentre mi mostra i differenti ambienti del dipartimento, sennonché oggi mi riferisce che siamo da sole, perché la sovrintendente si trova all’estero per un’assemblea, in quanto rientrerà tra qualche giorno, non so perché, eppure dopo quest’annuncio la sensazione che provo e quella di non rinfrancarmi per nulla. Proseguiamo nel mentre il giro ispettivo e panoramico dei locali, fino a trovarci in ultimo nel suo ufficio, lei me lo sfoggia in maniera boriosa e comincia a proferire di lei, dandomi così la corretta possibilità di studiarla. E’ senza dubbio una donna avvenente, suppergiù avrà una cinquantina d’anni d’età, è elegante, raffinata e signorile, è alta e imponente, dal momento che mi fa sentire più minuscola di quanto non lo sia naturalmente. 

Lei sogghigna favorevolmente a seguito d’ogni mia asserzione, mentre io mi sorprendo nel centellinare ogni sua parola. Onestamente mi piace come comunica, come si sposta e in ultimo nella maniera in cui si sbraccia, adesso aspiro odorando la fragranza che emana riempiendo l’atmosfera, in quell’ambiente mi sento insufficientemente inappropriata, direi trasandata e fuori posto, mentre osservo lei che diffonde spargendo una completa padronanza della situazione. Io non ho azzardato dispormi neppure sulle poltroncine collocate di fronte alla sua scrivania e nemmeno me l’ha offerto, in tal modo mi trovo in piedi davanti a lei, che contrariamente a quello che escogito è perfettamente a suo agio, perché si è accomodata al suo posto di comando. 

Io comincio rapidamente a intuire la volontarietà nel farmi sentire a disagio, ma onestamente né ignoro il motivo. Lei mi espone che è nubile, che ha dedicato la propria vita al lavoro e all’azienda, poi chiede di me. Io non so che cosa controbattere, per il fatto che di fronte a lei non mi sento più tanto sicura di me stessa. Che cosa potrei dirle? Che vorrei avere un ragazzo? Rischierei di sembrare una di quelle ragazzine stucchevoli e svenevoli in cerca d’un uomo d’abbordare. Allora potrei raccontare d’essere da sola e di trovarmi benissimo così, mi crederebbe mai? Oddio, adesso che cosa le riferisco? In tal modo biascico qualche notizia peraltro sempliciotta e insipida su di me, riuscendo in tal modo a comunicarle sia l’opinione quanto la sensazione del mio infossato ed eloquente impiccio. Lei m’invita ad avvicinarmi, perché invece non mi fa sedere? Io avanzo a rilento verso la poltrona scura sulla quale è seduta, fino a giungerle vicinissima. Posso vedere il colore dei suoi occhi: possiede un meraviglioso punto di grigio che sfavilla perfino nella penombra del suo ufficio, non sono del tutto persuasa, perché suppongo d’aver compiuto una scorrettezza:

‘Perché ti senti turbata? Che cosa ti spaventa? Hai per caso visto come ti guardo, dove ti guardo? Hai constatato quanto mi piaci? Che cos’hai notato in me? Hai colto il mio fremente desiderio? – mi domanda lei a raffica proseguendo senz’attendere alcuna risposta.

Le sue frasi mi trafiggono nell’intimo, mi perforano l’animo, i suoi vocaboli mi picchiano infilzandosi e danneggiandomi come dei pugnali, lasciandomi dentro un cavernoso e cupo smarrimento: ti guardo, mi piaci, ti desiderio, che cos’intenderà di preciso? Per il tempo in cui pondero sul concetto delle sue attestazioni, nella mia testa si propagano le sue parole iniziando a rilento a prendere forma, una fattezza moderna, indefinibile, allettante, procace e seducente, assai schietta e inusuale al tempo stesso, perché nel tempo in cui rimugino, avverto distintamente il suo tocco indugiare sulla blusa fino ad attardarsi prudentemente sulle mie tette. Io mi sento come immobilizzata, fermamente impedita, perché piego la testa in direzione della sua faccia, intanto che osservo la sua bocca che m’annuncia un’amabilissima domanda:

‘Lo vorresti?’ – nel tempo in cui esamino le sue dita che gradevolmente premono sulle mie tette, giacché apprezzo gustandomi quegl’inusuali tremori che mi permeano con piacevolezza scardinandomi le membra.

Lei in quella quiete resta in attesa della mia risposta, perché al presente ha capovolto la situazione modificandola a suo piacimento, poiché mi lascia decidere da sola. Al momento sono io nel convogliare quel gioco, adesso la vedo angusta davanti a me, quasi gretta, in una desiderosa quanto imminente attesa di ricevere una risposta confermativa. In quella circostanza appoggio una mano sulla sua senza parlare, non ce n’è bisogno, dopo mi chino leggermente verso di lei offrendole le mie giovani e morbide labbra rosa. La sento che preme le sue contro di me succhiandomele una per volta, la sua lingua scivola in un attimo nella mia bocca donandomi una gradevolezza inattesa e leggiadra. In seguito mi spinge a sé attirandomi in una morsa dalla quale non voglio liberarmi, io le agguanto il viso tra le mani costringendola a staccarsi da me, a osservare il mio viso mentre leggo nel suo sguardo un desiderio inesauribile e vorace: 

‘Che cosa vuoi, le chiedo? Dimmi che cosa vuoi di preciso?’ – rimarco io in maniera decisa e accalorata stuzzicandola oltremodo. 

‘Fa’ quello che ti pare e che ti senti, divertiti’ – m’espone lei di rimando elettrizzata e invasata più che mai.

Dalla sua bocca appare il rossetto tutto danneggiato che poc’anzi ho baciato, perché la mia brama adesso diventa incontrollabile: lo sguardo si posa su di lei, su quella bocca, sui suoi bellissimi denti. Il suo alito profumato sembra riempire l’ambiente senz’accordarmi sosta, io succhio ancora la sua bocca, degusto il suo sapore, assorbo e prosciugo il suo desiderio, mentre la sento vociare che brama solamente me, così la lascio fare. Dopo mi sdraio sulla scrivania lasciandomi spogliare velocemente, lei mi denuda alla svelta, perché mi vuole disadorna ed essenziale, scarna e spoglia, io rabbrividisco per il piacere, di freddo e di desiderio. Lei colloca le mani sulle mie gambe divaricandole il più possibile, io seguo i suoi movimenti tenendo gli occhi chiusi, so che adesso poserà la sua lingua tra le mie cosce, sicché sollevo istintivamente la cavità pelvica per invitarla, ma al contrario la sento spingere le mie braccia dietro la schiena tentando d’immobilizzarmi.

Io apro gli occhi per un solo istante, giacché m’accorgo che mi sta legando i polsi con una cintura di stoffa, bloccata in quella maniera sono la sua cacciagione, il suo indiscusso bottino, il suo erotico gingillo sul quale affondare ogni voglia, ogni desiderio. Le gambe oscenamente aperte rivelano tutto il mio desiderio d’essere sua, il clitoride svetta baluardo tra il morbido tappeto scuro, che con dolcezza sento aprirsi davanti a lei. La lingua morbida si posa finalmente sulla dolce protuberanza sensibile, fino a farmi sobbalzare al passaggio del suo tocco delicato. Un calore repentino s’impossessa di me travolgendomi, mentre un lento fiume estemporaneo di pura passione scaturisce tra le mie gambe, così genuflessa sulla scrivania la osservo posare il viso tra le mie cosce affondando dentro: la lingua spinge fino a introdursi fra le pieghe più nascoste e più inaccessibili del mio desiderio, le dita seguono lo stesso percorso come per agognare di reperire la fonte della mia alienazione. Ogni gemito, ogni sospiro che irrompe dal mio corpo parzialmente immobile è un invito a prendersi ancora di più, a succhiarmi, a tracannare tutta la mia voglia infinita: 

‘Ti voglio, strepito frattanto io, incapace di proferire e d’esternare qualsiasi altro lascivo e vizioso concetto. Prendimi, ti prego, fammi tua’.

Lei ambiva che succedesse tutto questo, desiderava risolutamente trionfare la sua battaglia addomesticandomi e in conclusione domandomi, perché auspicava sentirmi implorare d’essere sua. Intelligentemente lei scavalca il mio viso curvandosi con tutto il suo poderoso ardore su di me. La mia bocca in attesa di lei, assapora frattanto il suo bel clitoride duro e sporgente, le grandi labbra sono perfettamente depilate e gonfie di lussurioso desiderio, giacché sono un delizioso nettare per la mia ingordigia di piacere, mentre la mia lingua spinge nel contempo dentro di lei assaporando il suo identico piacere. Io m’immagino i nostri due corpi appiccicati in un abbraccio invasato e d’inarrestabile partecipazione, con le mie braccia bloccate dietro la schiena e le sue mani applicate nel regalarmi una soddisfazione incontenibile, perché adesso spalanca il varco verso l’abbandono dal quale sembra defluire un fiume in piena. 

Le sue dita lunghe e affusolate risalgono la corrente saturando ogni possibile spazio del mio desiderio, io strillo e gemo respirando tra le sue gambe, vaneggio nell’avvertire il suo profumo di donna che infagotta la mia mente, percepisco il suo gusto gradevolissimo liberarsi in bocca, mentre le sue mani spingono dentro di me fino a farmi perdere la bussola per il piacere. Il mio desiderio non ha più limiti, il fiume diviene maggiormente tumultuoso, mentre il suo altalenante movimento segue il mio piacere. Lo sento in verità sopraggiungere autoritario, energico e incontenibile, poiché sembra atterrare dall’anima fino alle cosce, fino alla sua bocca in attesa di trangugiare il mio soave e dolciastro orgasmo. Non posso trattenermi e sbraito, mentre le mie labbra aperte sono appoggiate sulle sue, colme del suo candido intruglio, adesso c’è nuovamente la quiete, io la vedo abbassarsi dal mio corpo sdraiato sulla scrivania. Al presente attendo che mi liberi dalla costrizione che m’ha obbligata, sapendo di soddisfare la sua personale brama adempiendo nel mentre una mia volontà, invece s’avvicina al mio viso, posa le labbra sulle mie e comincia a succhiare il suo equivalente fluido di piacere.

Le sue mani accarezzano le mie tette, i capezzoli sono attualmente irti ed eccitati, avverto che mi bacia le labbra, le guance e gli occhi, dopo scende verso il collo e ancora verso il basso. Colgo il tocco delle sue mani approdare di nuovo per cercarmi, trovando ancora lo spropositato e profumato lago della mia insaziabile voglia, sentendola scongiurare ripetendo che mi vuole di nuovo. 

Io so per certo, d’essere in maniera categorica, irremovibile e ferma la regina incontrastata del gioco.  

{Idraulico anno 1999} 

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