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Erotici Racconti

Prego, s’accomodi pure

By 23 Luglio 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

‘Ora spetta a lei’ – annunciò la voce nitida e squillante della gaia e gioiosa aiutante, facendole sollevare d’improvviso gli occhi dalla rivista dei personaggi famosi di grosso calibro che stava scrupolosamente squadrando incuriosita.

Le piaceva davvero quel laboratorio odontoiatrico, perché lì dentro erano sempre abbastanza puntuali, il medico era un bell’uomo sui cinquant’anni dai modi affabili e cortesi, tuttavia la cosa fondamentale era per la lineare ragione che si trovava ad appena due livelli più in basso dal suo appartamento. La vicenda sennonché si era rivelata fruttuosa, utile e vantaggiosa in molti casi, in special modo come oggi. Carlo le aveva sollecitato d’andare a spasso sul litorale, in quanto essendo al quinto ritrovo quasi certamente questa volta si sarebbe apertamente dichiarato esponendosi, forse compromettendosi.

Lei aveva gradito molto il suo corteggiamento, lei altrettanto per il fatto d’aver compiuto le faccende un po’ all’antica, a dire il vero con quei metodi oggigiorno superati, malgrado ciò sapeva molto bene che da splendida trentacinquenne qual era, stasera si sarebbe potuta rilassare un po’ facendosi trasportare da questa fresca, inaspettata e nuova passione. Il programma in questione era alquanto semplice, giacché essendo già pronta per uscire rimaneva il solo intoppo di quel piccolo ritocco da eseguire dall’odontoiatra, per poi venire giù da quel palazzo e salire in ultimo sull’automobile di Carlo che sarebbe arrivato là di sotto a riprenderla. Lei si fece trovare all’appuntamento con un vestito comodo ma provocante, per il fatto che era grazioso e proporzionato sentirselo addosso.

‘Buongiorno signora, spetta a lei, venga pure’ – le annunciò cordialmente l’assistente dello studio odontoiatrico sui venticinque anni d’età, allietandola piacevolmente con quel viso magnifico da bimba graziosa con la più tradizionale delle divise bianche.

Nel frattempo che varcava la soglia le ritornò in mente quel rotocalco zeppo d’immagini e di ritratti di quei celebri protagonisti del mondo della moda e dello spettacolo, con l’addome piuttosto pronunciato intenti ad amoreggiare civettando con fanciulle in fiore suppergiù sui vent’anni, fin tanto che bruscamente si ripresentò alla memoria un dialogo di qualche giorno precedente avvenuto con alcuni suoi amici. In quell’occasione, in effetti, lei si era abbondantemente lasciata andare bevendo, si era discusso peraltro ridendo di tanti argomenti e di svariate questioni piccanti, d’ambizioni, di desideri, di rivendicazioni, perfino d’assilli e di paure che l’immaginario complessivo generico addossa e attribuisce al mondo femminile, per esempio nel farlo con uno sconosciuto, magari d’essere agguantate con la forza, poi adesso rimaneva quell’immancabile poltrona dell’odontoiatra, dal momento che lei aveva già pronto un commento divertito ma scettico, giacché lo riteneva un frangente un po’ troppo comune e alquanto mediocre e scadente. Provò sennonché a immaginare come sarebbe stato farsi scopare dal medico sopra quella poltrona sulla quale stava per sedersi e sorrise, eppure nello stesso tempo fece una cosa assolutamente folle e insensata per il suo carattere, dal momento che si era volutamente concessa di rilassarsi.

Come di sovente succedeva, l’ambulatorio era al presente spopolato, il medico stava presumibilmente detergendosi, nel tempo in cui l’assistente recapitava nell’androne il promemoria per un venturo ritrovo a una persona anziana che aveva appena terminato, mentre la sala d’aspetto era vuota. Con un gesto fulmineo lei si sfilò con prontezza le mutandine tenendole serrate nel pugno e sdraiandosi: oddio, ma che cosa sto facendo ripeté in conclusione verso sé stessa. Lei ebbe l’impulso immediato di rialzarsi per indossare quegli slip, ma il medico in quell’istante apparì dall’angolo del corridoio varcando la porta. Lei in quella circostanza era divenuta rossa per quell’inatteso intoppo, l’abito non copriva granché le gambe, però si era completamente depilata il giorno prima per evitare che Carlo la vedesse irritata, giacché si sentiva completamente nuda. Per lei non era una sensazione nuova, perché aveva fatto il bagno al mare a mezzanotte con delle sue colleghe peraltro brille, e la sensazione dell’acqua che accarezzava tutto il suo corpo l’aveva rilassata molto, eppure adesso era diverso. In quel frangente cercò d’attenersi e di mantenere le gambe vicine, ovviamente non accavallate, mentre l’imbarazzo e l’impaccio crescevano, in quell’istante cominciò a sentirsi irragionevolmente e sconsideratamente eccitata.

‘Buonasera signora. Vediamo, molto bene, vedo quel piccolo ritocco della scorsa settimana, direi che faremo in un attimo, soltanto che si trova in un punto un po’ scomodo’.

Il tipico brusio dell’aggeggio che innalza in alto la poltrona durò più del previsto, notevolmente più del solito. In sostanza bastava mettersi nella posizione giusta per intravedere il sesso, al contrario però di quanto lei temesse il medico stavolta era esplicitamente distratto, poiché in pratica non la degnò d’uno sguardo. Il fatto d’avere le mutandine ancora in mano era un inedito impaccio, un insolito imbarazzo, perché tra qualche istante qualcuno le avrebbe chiesto in modo netto se avesse voluto appoggiare da qualche parte quel piccolo ingombro, allora la faccenda si sarebbe fatta alquanto eccentrica e stravagante. Pigramente porto le mutandine vicino al suo fianco tentando di nasconderle tra sé e la poltrona, logicamente le mutandine caddero per terra senza che lei se ne potesse accorgere, il medico afferrò lo specchietto e s’avvicinò, orientò la lampada, verificò prima il da farsi parlando tra sé e sé, quando inaspettatamente squillò il suo cellulare:

‘Mi perdoni signora, tarderò qualche istante’.

Adesso lei era da sola nella stanza, l’assistente si era allontanata qualche attimo prima e questa al momento era l’occasione perfetta per rimettersi le mutandine, esitò comunque un attimo, dal momento che si sentiva la fica abbondantemente intrisa ed era visibilmente sorpresa di quest’essersi infervorata all’idea d’essere scoperta, perché sarebbe stato piuttosto interessante e intrigante ripetere magari l’avvenimento in un’altra occasione. Cercò le mutandine lungo il suo fianco, ciononostante fu colta dal panico, sollevò la schiena di scatto e cominciò a guardare sotto la poltrona senz’accorgersi che nella fretta di ritrovare l’indumento l’abito adesso le scopriva quasi per intero le chiappe. Dove si saranno cacciate, pensò tra sé e sé, nel frattempo avvertì dei passi leggeri nel corridoio, si rimise a posto in fretta mentre il cuore le batteva forte, erano senz’altro cadute per terra, però non aveva avuto il tempo di guardare né d’acciuffarle.

L’assistente entrò e non disse una parola, s’avvicinò solamente alla poltrona, in quanto la donna era immobile distesa con le mani giunte all’altezza del sesso, benché poco coperto dall’abito e con le gambe serrate. Con un gesto fluido sbottonò l’ultimo bottone scostando i lembi con pacatezza, perché anche la donna era attualmente in silenzio però in evidente affanno, nel tempo in cui squadrava in modo libidinoso sotto quell’uniforme le mutandine che aveva appena smarrito e che attualmente vestivano l’assistente. Sentì spiccatamente le guance diventare rosse, l’assistente aveva uno sguardo famelico, solamente in apparenza disinteressato e impassibile, ben simulato, mentre con una mano teneva aperta la divisa con l’altra accarezzava il bordo delle mutandine per poi prorogare esitando su quella fenditura, in corrispondenza di quella palese imbrattatura d’umido per quell’eccitazione accumulata.

Per la donna sulla poltrona fu come essere stata investita e nello stesso tempo sentirsi travolta da un’ondata di calore e d’imbarazzo senza eguali, perché nel blocco totale dei suoi pensieri riaffiorò repentinamente il ricordo di quel bagno di notte con le sue amiche, quando fra i giochi e gli scherzi lei aveva sfiorato di proposito i capezzoli di Laura che subito si erano immediatamente irrigiditi eccitandola. Lei ricordava addirittura molto distintamente il suo sguardo passare dal divertimento al desiderio, perché in quella precisa sbirciata rimase il ricordo più armonioso e più segreto di quella notte. In quell’istante arrivò una nuova ondata, l’assistente sempre in silenzio, poiché sempre a meno di mezzo metro di distanza dalla poltrona smise d’accarezzare le mutandine, infilò decisa l’indice di fianco al triangolo scostandolo istantaneamente e scoprendo un sottile rettangolo con quei peli cortissimi e una fica a questo punto diventata rapidamente sugosa, con il clitoride rosa eretto in modo evidente, quel clitoride che lei peraltro sfiorava gradualmente con l’anulare e il mignolo. Era come uno stato d’incoscienza, di puro letargo, una zona esentata e franca nella quale era possibile compiere di tutto, allora la donna capì che era arrivato il momento di sciogliere la stretta delle mani e delle gambe, di sollevare l’abito di quei pochi centimetri che mancavano per mostrarsi completamente, di schiudere il suo fiore ormai gocciolante, irrorato a dovere e nel tempo stesso rovente. L’assistente s’avvicinò in modo lussurioso e penetrò con dovizia la donna senza parlare, insinuandosi e fissandola intensamente negli occhi. Al dito indice seguì ben presto il dito medio, mentre il pollice cominciò a stuzzicarle semplicemente il clitoride, giacché la donna iniziò ad ansimare, inarcò la schiena, dal momento che sarebbe venuta in pochi secondi.

‘Eccomi da lei signora’ esclamò il medico, arrivato ormai a pochi passi dalla porta avendo avuto l’accortezza e il riguardo d’annunciarsi.

L’assistente scostò la sua mano di colpo interrompendo quel sublime e lussurioso atto, facendo un passo lontano dalla poltrona, la donna ebbe sennonché una breve esitazione, accompagnato però da un marcato disappunto e da un tangibile rammarico, rinchiudendosi alla fine a riccio.

‘Mi dispiace averla fatta attendere oltremodo. Sono desolato, mio figlio ha avuto un serio problema con la macchina, adesso sono tutto per lei’.

Il medico lavorò con calma, l’assistente nel frattempo era uscita dalla stanza, chissà che cosa sarebbe accaduto se lui le avesse scoperte. La donna però non pensava a quest’eventualità, per il fatto che fosse completamente presa dalle sensazioni di quello che l’era appena accaduto, per pretendere qualcosa oltre all’inosservanza e alla trasgressione che aveva appena compiuto, peraltro il medico sembrava ancora coinvolto e immerso nei pensieri della telefonata precedente.

‘Direi che per oggi abbiamo terminato signora. La prego, passi dall’assistente per fissare un nuovo appuntamento il mese prossimo. Devo verificare la tenuta del lavoro, arrivederci e buon fine settimana’.

Il medicò accompagnò la donna verso la sala d’aspetto, l’assistente porse alla donna un foglietto:

‘Le ho fissato il giorno lunedì ventiquattro, alla stessa ora come oggi. So che è un orario nel quale di solito lei non ha impegni, mi dica però se ha dei problemi’. 

‘No, la ringrazio, credo che andrà benissimo’.

‘Le ho segnato il numero dello studio, nel caso dovessero presentarsi complicanze e inconvenienti vari. La saluto, stia bene, nuovamente buon fine settimana’.

Lei sorrise amabilmente, perché quella formalità e quella procedura nel saluto le comunicava spiccatamente la misura della discrezione e della riservatezza della ragazza. Indossò sennonché la sua casacca appesa sull’appendiabiti, incappò nella sbirciata insinuante e maliziosa dell’assistente, sorridendo a sua volta e accomiatandosi, tenuto conto che era attualmente tutta intorpidita e offuscata da quel delizioso evento appena vissuto.

‘Non si scordi però il borsello, sì, quello che ha tralasciato sulla seggiola accanto al rotocalco’. La donna si girò di scatto incuriosita nella direzione indicata.

‘Quale borsa?’.

Alla fine vide una sacca di carta colorata come quelle delle profumerie, senz’aggiungere altro l’afferrò e uscì alla svelta. Sospirò un attimo, eppure fu invasa da un piccolo ma febbrile tremore nel vedere che la borsa conteneva un paio di mutandine del noto marchio di ‘Dolce & Gabbana’ dal palese color lilla, semitrasparenti sul davanti, a stento spiegazzate, come se fossero state indossate pulite alcune ore prima e conservassero solamente il profumo del sesso di un’assistente d’uno studio odontoiatrico.

Quello lì, infatti, era un completo che aveva visto in una vetrina qualche giorno prima, lei sorrise astuta e sagace per quel pensiero, giacché sarebbe stato avvincente e intrigante riuscire a capire e conoscere in ultimo come fosse entrata in possesso di quel reggiseno così abilmente coordinato. Nell’etichetta delle mutandine inoltre, a penna, c’era segnato il numero d’un cellulare, allora estrasse il suo telefonino, memorizzo nella rubrica il numero dell’etichetta e poi scrisse un SMS:

‘Ciao Carlo, invece d’aspettarmi sotto casa, suona e sali, perché voglio farti vedere una cosa che m’hanno appena regalato’. Poi ne scrisse un altro:

‘Grazie, io adoro il color lilla’.

Una volta inviato, lei sentì chiaramente dietro la porta dello studio odontoiatrico il caratteristico avviso del segnale acustico dei cellulari quando ricevono un messaggio.

{Idraulico anno 1999} 

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