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Erotici Racconti

Prolifica euforia

By 7 Marzo 2019Febbraio 12th, 2023No Comments

Ho letto tempo fa, ma non ricordo precisamente su quale manuale o rivista, che per placare le emozioni e per far sbollire la rabbia eccessiva bisogna utilizzare una corretta e precisa respirazione dal momento che aiuta molto, in quanto l’irritazione e la collera lentamente si placano a beneficio di tutto l’organismo. In definitiva questi esercizi risultano fruttuosi e utili per calmare la mente, per depurare il corpo, per alleviare il dolore, per ritrovare il sorriso, per stimolare il sistema linfatico, per migliorare la circolazione, per ottimizzare la postura ritrovando in tal modo energia. Talvolta ci troviamo cinti in un momento di rabbia o di tristezza, ma dobbiamo comunque continuare ad affrontare la nostra giornata e non possiamo asserragliarci, possiamo comunque provare a fermarci per qualche istante e compiere qualche respiro profondo.

E’ in effetti una piccola soluzione, ma aiuta davvero molto, tenuto conto che frequentemente proprio le pause sono un vero toccasana per sentirsi subito meglio. Il movimento e la respirazione stimolano anche il buon funzionamento del sistema linfatico, il nostro diretto responsabile dell’eliminazione dei prodotti di scarto liberati dalle cellule. Ancora una volta respirare profondamente può davvero aiutare il nostro corpo a depurarsi. Il respiro è energia. La respirazione profonda aumenta il flusso del sangue nel nostro organismo, che si ossigena meglio e che dunque si trova immediatamente con una maggiore energia a disposizione. Una vera manna per alleviare lo stress e in caso d’affaticamento. Tutto il corpo e la mente entrano in uno stato di calma e tranquillità.

Io per l’occasione seguo l’esercizio tentando di far emergere la calma, respiro a fondo ed eccomi di nuovo dominatrice dei miei individuali turbamenti. Il battito cardiaco adesso si è normalizzato, la mente si è svuotata dai mostruosi e malefici pensieri e quel sorprendente intorpidimento alle braccia si è rapidamente ridotto. Per l’occorrenza sto attendendo che tu sbuchi da un istante all’altro, tentando di focalizzarmi nella lettura d’un pezzo del periodico da pochissimo comperato. Sprofondo nella lettura, che per me non ha alcun significato, giacché la mia ragione è troppo catturata nell’immaginare il nostro delizioso incontro. A ben vedere, non ho l’opinione di come risponderai allo stimolo, nel tempo in cui i tuoi occhi incroceranno i miei, tuttavia so già che la lusinga di scagliarti e d’essere afferrata dalle tue braccia sarà prorompente, la voglia di stringermi a te per farti percepire il bollore del mio corpo, la brama di guardarti negli occhi un istante prima di chiuderli, mentre affondo la mia lingua nella tua bocca, il fascino di circondare delicatamente con le mie mani la tua faccia, per squadrarti in modo fisso vedendomi rispecchiata nei tuoi occhi. Io so già che controllarsi alla spinta di fare tutto ciò sarà pressoché irrealizzabile.

In verità non ho combinato niente di tutto ciò che avrei voluto compiere, io e te siamo presumibilmente oltremodo insicuri, sfiduciati e a disagio. Probabilmente tu eseguirai tutto quello che m’hai rivelato giorni orsono al telefono, perché una volta avvicinati alla mia autovettura, m’avresti pigiata su di essa per comprimermi con il tuo corpo e le tue mani scatenate m’avrebbero vezzeggiato, frugando e individuando le mie soffici forme attraverso i vestiti, mentre le tue labbra e la tua lingua si godono la bontà della mia pelle. No, niente da fare. Siamo saliti aspirando di frantumare il gelido blocco che non c’è, quando ci scriviamo o tutte le volte che conversiamo per mezzo del telefono. Tu mi riporti fatti del tuo conto, io ti narro azioni di me, delimitati e modesti passaggi della nostra vita, minuscoli sì, ma al tempo stesso giganti accortezze, che hanno marchiato e in ultimo trasformato il nostro temperamento. Ci riveliamo aspetti e nozioni delle nostre famiglie con degli episodi dilettevoli e spassosi, subito dopo, quasi condizionati nel voler seguire un implicito e un pattuito linguaggio cifrato di contegno non proferiamo più di loro. Alla fine ci monopolizziamo su di noi stessi, per serbare il mondo lontano da dove siamo, perché esistiamo soltanto noi, considerato che siamo tutto ciò di cui in questo momento abbiamo bisogno.

Io non voglio essere qualcun’altra, ambisco d’essere esclusivamente me stessa, voglio farti percepire come sono, persino con l’azzardo di farti scappare. Desidero che tu conosca l’ampiezza e la vastità delle mie emozioni, auspico che tu t’accorga del flutto impetuoso e irresistibile di rimescolamento e di scompiglio, che la tua intima vicinanza mi provoca. Adesso l’incerto crepuscolo ci accerchia, la luce del tramonto ha lasciato il posto alla notte e solamente la fievole luminosità d’un lampione sopra di noi rischiara il posto di guida e le nostre facce. Io giro lievemente il mio corpo verso di te in modo da poterti guardare, per il semplice fatto che non rammento quale sia stata la frase o la parola, malgrado ciò eccomi repentinamente smarrita nel tuo caloroso abbraccio, perché la mia mano t’accarezza adagio e le tue braccia mi cingono forte. Lo sapevo, ecco, avevo la netta cognizione che la tua stretta sarebbe stata in quel modo, talmente appassionata e decisa. Ero certa, che sarebbe riuscita a diffondermi globalmente l’ardore e lo slancio della tua bontà. Scandaglia dentro di me, ti prego, perché là dentro rintraccerai le consolazioni e le garanzie che cerchi, ammira, esamina e ispeziona il mio sorriso e ripescherai tutto l’attaccamento, il sentimento e l’umanità della quale hai bisogno.

La mia persona dondola e trema di nostalgia per mezzo del sotto tenue delle tue dita, la tua squisitezza è gradevole, la tua bocca è gustosa, istintiva e remissiva, la tua lingua che gareggia con la mia con trasporto è ingorda. I minuti trascorrono, tu mi desideri così come io bramo te, ho l’esigenza di percepire l’accaloramento della tua pelle a contatto con la mia, perché separandomi malvolentieri da te sono io che ti subisso tempestandoti di domande. Il tempo sembra fermarsi e mi ritrovo in piedi davanti a te nella stanza della pensione, con le luci spente interamente avvolti da una penombra, perché per il momento l’atipica fonte di luce è quella che proviene dalla strada penetrando trasversalmente dalla finestra. Il tuo alito è stentatamente più spedito, alquanto edotto di quanto sta per succedere, le mie mani in cerchio della tua faccia, le mie labbra molli e palpitanti che depositano delicati baci sui tuoi occhi, sul tuo viso e sulla tua bocca. A rilento ti sfilo la casacca, la cravatta, ti slaccio la camicia piegandomi nel baciarti il torace e ciucciandoti i capezzoli. Le tue mani non cessano di lisciarmi, mentre la tua bocca non interrompe d’articolare il mio appellativo in un’inflessione faticosamente parlottata.

Avevamo stabilito un vincolo, il nostro accordo era che io dovessi prendermi cura di te, sicché mi piego e comodamente snodo la cintura dei tuoi pantaloni, li slaccio e t’aiuto a svestirti. Adocchio attraverso la leggere trasparenza delle tue mutande la tua maschia forza virile calcare il tessuto, irrigidito in maniera eloquente dal desiderio di me. Io sogghigno e sollevo la faccia per osservarti, tu desideri baciarmi, ma io allontano la testa rimandando l’azione. Dopo calo le tue mutande disimpegnando il tuo cazzo, adesso vistosamente formoso, direi pure smanioso e superbo. La mia lingua accarezza delicatamente la base e gioca con i testicoli facendoti emettere un gemito di inaspettato piacere. La mia lingua percorre quel muscolo dal basso verso l’alto per tutta la sua estensione, dopo una volta guadagnata la sommità, circondo con le labbra quel glande rigonfio e digrado giù. Il tuo cazzo non è enorme, ma è bello e armonioso da vedere nel suo insieme, giacché al presente scalpita sotto il tocco accurato della mia lingua.

Il tuo respiro è ansante, manifestamente rantolante di libidine, dal momento che colgo i tuoi ansimi durante il tempo in cui stai godendo per quello che ti faccio, per tutto il tempo in cui ospito nella mia bocca il tuo cazzo fin dove posso. Tu hai quasi strillato per il piacere, intanto che le due dita acciuffano la mia chioma. Al presente la mia mano liscia i testicoli massaggiandoteli gentilmente, l’altra mano all’opposto, avviluppata alla base del tuo cazzo accompagna il movimento cadenzato della mia bocca. Io ambirei intravedere la tu faccia certamente modificata dal piacere che ti sto facendo misurare, perché bramerei scorgere il tuo sguardo dove non c’è più risolutezza, bensì soltanto ambizione, smania ed estasi. Malgrado ciò non abbandono quello che sto facendo con un piacere quasi avaro e striminzito, intercetto infatti che il liquido caldo, indizio palpabile del mio smisurato desiderio m’ha spruzzato il tanga, per il fatto che una tenue dolenza interessa tutto l’addome e le labbra della mia fica.

Io per l’occasione combatto, resisto e mi trattengo, supero la golosità di scagliarti sul talamo e di scoparti per ricevere il tuo cazzo sodo e fremente dentro la mia vogliosa fica, perché io ho l’intenzione prima di tutto di degustarmi la gustosità della tua sborrata, per il fatto che desidero dapprincipio ascoltare quanto ti sfogherai nella mia bocca e so che sei prossimo, vicinissimo. La compressione adoperata dalle tue mani sulla mia testa per abbinare il movimento è invero più determinata, le mie labbra sono strette attorno al tuo cazzo, che viene fuori ed entra dalla mia bocca assieme alla mia esperta e famelica lingua che prosegue ad accarezzarlo, poiché hanno raggiunto il loro consono intento. Con un prolungato lamento il tuo respiro per alcuni secondi si blocca, attualmente le tue mani s’agganciano a me, in quanto io colgo di netto il tuo cazzo scuotersi nella mia bocca, riempiendola in conclusione del tuo denso e biancastro liquore che io assorbo peraltro golosamente. In seguito ti ripulisco metodicamente con la lingua, le tue cosce tremolano, dal momento che ti stai ancora riprendendo per il possente orgasmo di poc’anzi provato. Io mi sollevo e ti scorto amabilmente reggendoti le mani, conficcando i miei occhi nei tuoi e confortandoti con il mio amabile sorriso verso il letto. Tu ancora lievemente con il cervello ubriacato e sopraffatto per le intense emozioni vissute, mi esamini entusiasmato mentre io mi denudo e nel contempo ti dichiaro:

“Adesso voglio riscaldarti con il mio corpo, bramo toccarti senza foga, desidero ammirati e farmi ammirare. Pretendo che le tue occhiate fluiscano su di me, così come farebbero le tue mani”.

Io mi auguro che la voce rimbombi alle tue orecchie in maniera lussuriosa, auspico che il mio lascivo e vizioso richiamo ti ribadisca che va tutto bene, che questa sera noi ci apparteniamo l’un l’altro in una finestra senza tempo. Allungata accanto a te, su d’un fianco, con una gamba avvolta nella tua ti esamino, in quanto non mi sfinirei giammai di compierlo, perché desidero rammentarmi della tua faccia con questa mimica soddisfatta e pura, distesa e limpida, sgombra da inservibili manie, che spero d’aver coadiuvato nel farti sperimentare. In quel preciso istante accompagno con il dito indice le tue fattezze, la mia mano spazia senza fretta lungo il tuo corpo, avvertendo presentemente la tua pelle ribollire sotto il mio intimo tocco. Tu spalanchi gli occhi e mi contempli come se mi vedessi per la prima volta bisbigliandomi d’abbracciarti in maniera stretta. Tu cerchi la mia bocca e appassionatamente la tua lingua s’introduce in essa, stai per ribadire qualcosa, ma io ti riferisco che i vocaboli al momento non servono, perché sarebbero in ogni caso scarsi e incompleti. Tu mi sorridi e fai in modo che la mia testa s’adagi sul tuo torace accarezzandomi la schiena e la chioma.

Attualmente sento il battito del cuore, mentre la mia mano girovaga sul tuo corpo nudo. Dopo le affettuosità ti faccio voltare, con la foltissima peluria della mia fica che frattanto ti stuzzica la cute inizio a massaggiare le tue spalle e la tua schiena con un balsamo profumato. Le mie mani sfoderano una delicata pigiatura sui tuoi muscoli e capto che stanno iniziando a distendersi. I tuoi occhi sono chiusi e l’originale tranquillità che ci circonda è infranta unicamente dai nostri deboli sospiri. Ogni qualvolta il premere delle mie mani diventa più marcato, il tuo respiro si ferma per essere seguito da un durevole lamento, le dita procedono dalla schiena fino all’attaccatura delle tue natiche, raggiungendo in conclusione la nuca. Dal momento che ho il sentore che il tuo corpo è disteso e rasserenato, ti faccio girare e trovo il tuo cazzo che sta reagendo bene ai miei mirati e specifici stimoli.

Io ti squadro, ti sorrido e mi chino per affondare la lingua nella tua bocca, mentre le tue braccia mi legano forte a te. Bacio la tua fronte, le tue palpebre socchiuse, le tue labbra, i miei seni morbidi t’accarezzano il torace, i miei capelli nel mentre ti solleticano il viso. Mi sollevo, mi dispongo cavalcioni sulle tue cosce e in quella posizione ricomincio a massaggiarti con quel medicamento balsamico. Le mani aperte partono dal collo digradando pigramente accarezzando la pelle del tuo torace, dopo si ricongiungono infine sull’addome per poi acciuffare gentilmente la tua incontenibile mascolinità. Io rinnovo il tragitto nel senso contrario e scruto la tua espressione conquistata dalla veemenza delle meraviglie che stai sperimentando. La tua pancia si riduce e si solleva velocemente, i respiri diventano più brevi, appena le mie mani arrivano al punto di partenza mi sollevo delicatamente e ospito il tuo cazzo, nella mia pelosissima fica d’altra parte smaniosa e accogliente. Per un istante i nostri respiri si bloccano, i tuoi occhi sono conficcati nei miei, che degustano il profondo delle nostre anime, direi il coronamento radicale e la conclusione ideale massima di quell’attimo.

La mia cavità pelvica inizia a spostarsi con dei movimenti indolenti e rotondi, per come sto godendo giungerei all’orgasmo in brevi istanti, tenuto conto della mia prorompente frenesia per il piacere posticipato, perché sono sufficienti soltanto pochi affondi del tuo bacino contro la mia fica, giacché il mio essere è lacerato da una veemente e sensazionale tensione spasmodica, appassionando e coinvolgendo in definitiva tutte le cellule del mio organismo. Le tue mani agguantano le mie tette, io strepito il mio incalcolabile benessere, mentre il mio corpo prosegue a scuotersi entusiasticamente nei pressi del tuo guizzante cazzo. A fatica il mio respiro si pacifica, il mio fisico finisce di sussultare e la mia testa riottiene l’acume necessario, io mi giro e t’offro volutamente la schiena e le natiche riaccogliendoti dentro di me. In questo modo ho il pieno sentore che avvertirò maggiormente il tuo cazzo solcare contro le pareti della mia fica, perché percepisco in modo distinto la punta del glande premere nel profondo del mio pertugio, intercetto bene che il mio clitoride viene massaggiato con dovizia, poiché riesco a distinguerlo inumidito dalle mie stesse secrezioni, dal momento che lo specchio mi rimanda una visuale splendida e per di più lasciva e al tempo stesso stuzzicante. Il mio clitoride per l’occasione splendidamente fomentato a dovere in pochi attimi capitola, io mi rendo conto che sta per manifestarsi un inedito e insopprimibile afflusso fulmineo di piacere, perché riesco a malapena ad annunciarti:

“Che meraviglia, sì dai, farciscimi per bene con il tuo denso nettare, mi piace quando sborri sia dentro che fuori la fica” – ti manifesto io in primo luogo, mentre sto dissipando il controllo sul mio corpo ancora una volta pungolato e sconquassato dal totale piacere.

Al momento ascolto la tua voce disgiunta e imprecisa frignare in maniera spinta e scurrile, i tuoi libidinosi affondi diventano più febbrili, la mia cavità pelvica si dimena delirante, dopo c’è il niente, perché indeboliti e spossati rimaniamo con gli occhi chiusi nel ricercare d’arginare per qualche attimo lo sconfinato appagamento saggiato. In quella circostanza mi raggomitolo tra le tue braccia e restiamo in quel modo attaccati e assonnati sotto la trapunta.

Parecchio tempo è trascorso, alla fine mi desto, sono obbligata ad andare via, sicché tento di non fare baccano mentre mi ricopro. Dopo t’osservo che ozi appagato con un’espressione gioiosa e invidiabile come quella d’un frugoletto, in seguito ti dò una carezza lieve sulla faccia e m’allontano chiudendo la porta alle spalle. Una volta fuori dalla pensione sbarro gli occhi e inspiro intensamente per saturarmi d’aria fresca, perché sfortunatamente il varco temporaneo aperto nel tempo per farci sperimentare quel poco a noi concesso si stava approssimando. Mentre sono totalmente concentrata nel rievocare con enorme piacere quello che ho appena vissuto, ricevo un messaggio sul cellulare da parte tua che annuncia:

“Mia speciale delizia ascoltami, le definizioni che conosco, credimi non sono sufficienti per riferirti tutto quello che vorrei personalmente esprimere. Sei magnifica e sublime sotto tutti gli aspetti”.

Io sorrido stracolma di commozione e di premura, assimilando con riconoscenza nella mia mente quegl’incredibili istanti appena vissuti, avviandomi in direzione della mia automobile, rimanendo nel contempo ottimista e speranzosa che prima o poi quel varco si riaprirà nuovamente per farci rincontrare. 

{Idraulico anno 1999} 

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