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Erotici Racconti

Regalo fortuito

By 14 Marzo 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Dopo tante peripezie in conclusione ero presso il luogo del decollo, tenuto conto che l’aeroplano della linea della Qantas Airways era già pronto sulla pista, giacché il viaggio che m’attendeva era alquanto particolareggiato, per il fatto che non avevo mai affrontato così innumerevoli ore di volo, malgrado ciò di che cosa dovevo coscienziosamente angustiarmi? E poi, avere un’opportunità, un tornaconto come questo non capita sovente nel corso della carriera, perché io stavo in verità partendo per una convention in Australia, un meritato premio di produzione, con me colleghi conosciuti e non, provenienti da svariate filiali d’ogni parte d’Italia, poi c’era anche lui, il responsabile di zona.

Lui, il referente per l’appunto, non aveva da molto questo incarico, forse un anno, dato che in ufficio passava soltanto un paio di volte nell’arco del mese. Era molto ammaliante e aggraziato e ogni volta che io lo vedevo avvertivo una strana sensazione: un miscuglio d’impaccio e d’intralcio per il ruolo che ricopriva, però anche d’eccitazione e di stimolo per quel suo modo di fare. Lui parlava piano e si muoveva in modo elegante e garbato, da quanto avevo capito aveva circa quarantacinque anni d’età, malgrado ciò sembrava più giovane a parte forse per i capelli un po’ radi che ne rimarcavano il fascino. Lui aveva gli occhi d’un color azzurro ghiaccio, incredibilmente intriganti, per il fatto che in molteplici occasioni io avevo coscienziosamente vagato nei suoi confronti con la fantasia, eppure ogni questione terminava là, in quanto non mi ero mai abbagliata né illusa di nulla. Lui era infatti molto affabile ed educato, per il fatto che salutava tutti con un amichevole sorriso, eppure non usciva mai da quelle che erano le argomentazioni e le discussioni lavorative. D’altro canto, fino a ora, non c’erano state reali occasioni per fare diversamente. Adesso, per la precisione, era la prima volta che io lo esaminavo attentamente con il pullover e con i calzoni sportivi, visto che nelle sue mansioni era sempre vestito in modo molto accurato.

Il volo durò quasi ventitré ore, fusi orari compresi, io lo trascorsi a conversare con gli altri colleghi e in buona parte a dormire, sennonché lo sognai. Un sogno incolore e scialbo direi, un po’ prevedibile e scontato, dove lui mi possedeva in ufficio proprio sulla scrivania. In quel frangente mi sono persino impensierita e turbata d’aver ansimato sovente nel sonno senz’accorgermene, non credo, almeno lo auspico, anche perché con i miei compagni di lavoro c’era parecchia coesione e unità, tuttavia io non avevo svelato nessuna faccenda della mia intima e intrinseca personale immaginazione. All’arrivo il trasferimento in albergo si svolse in modo molto rapido, l’hotel era riservato alla nostra convention, poiché tutto era stato organizzato nei minimi dettagli. Il destino giocò a mio favore: per via delle identiche lettere iniziali dei nostri cognomi fummo fatti alloggiare sullo stesso piano, utilizzammo sennonché l’ascensore insieme con altre persone scambiando parole di circostanza fino al settimo piano. Le nostre stanze erano divise da altre quattro, io feci finta che la tessera elettronica fosse difettosa riuscendo maliziosamente a sbirciare nella camera dove lui entrava. La stanza era bellissima, per questi viaggi l’azienda non badava infatti a spese, io lasciai la valigia all’ingresso e curiosai un po’ in giro, uscii sul balcone e ammirai il panorama: la città e la baia di Sydney da un lato e il mare sull’altro, davvero favoloso e suggestivo.

L’aria era calda e umida come me, alla fine mi spogliai finalmente dei jeans e della maglia, anche perché come sempre accade solitamente nei viaggi oltreoceano, l’abbigliamento non è adatto all’arrivo come lo è normalmente all’andata, visto che faticai non poco a levarmi quei jeans attillati, dato che il sudore me li aveva perfettamente incollati addosso. L’acqua della doccia finalmente mi scivolava addosso, in quanto era una sensazione magnifica, ormai ero da sola e potevo lasciarmi andare, perché tutte quelle ore a contatto con i colleghi m’avevano sfiancato e poi continuavo a pensare a lui e al sogno che avevo fatto. Nonostante la temperatura mi feci una doccia calda mentre il vapore invase subito tutto il bagno, io ero eccitata e cominciai a toccarmi mentre m’insaponavo, sentivo chiaramente un calore dentro, un bruciore, a quel punto m’infilai due dita e cominciai a masturbarmi, ovviamente pensavo a lui. Non sentii più niente, nemmeno il calore dell’acqua, perché io me lo immaginavo che mi cavalcava, godevo e gemevo dal piacere, in quella circostanza venni quasi subito, tornai in me e sobbalzai nel sentire l’acqua bollente. Uscii infine dalla doccia, passai una mano sullo specchio e vidi il mio corpo arrossato dal calore e gli occhi segnati dalla stanchezza, poi mi preparai e scesi per la cena. Fu tutto squisito e mi divertii a scherzare con gli altri, lui non era al nostro tavolo, era con gli altri responsabili e alcuni capireparto in un tavolo parecchio distante. A seguire, Anna e Sandra, due deliziose agenti di viaggio che c’illustrarono il programma settimanale. Io ero entusiasta, certo erano previste anche due cene di gala, dove non si sarebbe parlato altro che di lavoro, ma il resto era a dire poco avventuroso.

Terminato quel colloquio di gradimento io ero alquanto stremata, educatamente m’accomiatai e mi diressi verso la mia stanza pensando di sistemare tutte le mie cose. Io ero così immersa nei miei pensieri che non m’accorsi d’avere compagnia mentre aspettavo l’ascensore, le porte si spalancarono e dopo di me entrò lui, visto che lì ebbi un momento d’imbarazzo, per il fatto che non mi ero accorta che era lui il mio compagno d’attesa. Forse m’aveva seguito? Scema, ma che cosa vai a pensare dissi a me stessa, infine commentammo sempre dandoci del ‘lei’, che l’albergo era favoloso e il programma di viaggio delizioso allo stesso modo dopo mi salutò quando arrivammo alla mia stanza. Ripensandoci fu lui a fermarsi, ma allora anche lui aveva notato dove alloggiavo. Ma che cosa stavo pensando? Avrei voluto portarlo dentro con me e fare tutto quello che fino a poco tempo fa avevo soltanto immaginato e sognato, però lui mi liquidò agevolmente con una semplice frase:

‘Le auguro una buonanotte Lucia’ – giacché io ricambiai allo stesso modo.

Io riordinavo i miei vestiti continuavo a fantasticare, poiché m’era sembrato che avesse uno sguardo diverso, come se anche lui mi volesse. Basta Lucia, smettila con queste pure illusioni ripetei verso me stessa, dopo m’addormentai subito. Il giorno seguente la guida ci aspettava per la visita della città, io ero realmente infastidita e scocciata, perché lui era finito in un altro gruppo e in sostanza non lo vidi per tutto il giorno. La serata prevedeva una cena con specialità locali e a seguire musica e balli, dal momento che era veramente come si vede in TV: le ballerine erano bellissime, avevano dei corpi statuari come scolpiti, e come si muovevano, inutile negarlo, evocavano limpido e puro sesso. Io osservavo che lui era eccitato nel vederle ballare, poiché si capiva benissimo, io a quel punto m’infastidii quasi al pensiero, quello spettacolo m’annoiava e uscii fuori per prendere un po’ d’aria. L’hotel aveva un giardino meraviglioso con piante delle tropicali, le luci soffuse, le fiaccole e le fontane dappertutto, mi levai le scarpe e andai a piedi nudi fino a una grande terrazza che offriva un panorama meraviglio sulla grande baia di Sydney, le luci erano infinite, la città immensa, l’orizzonte non si riusciva a definire. Sentivo la musica provenire dal salone e cominciai a ballare, il bacino ondeggiava a ritmo, non sapevo ballare, eppure ero convinta d’essere da sola e quel movimento così sensuale mi piaceva, così mi lasciai andare alla musica. Penso d’aver ballato un paio di minuti fino a quando m’accorsi di non essere da sola, là accanto c’era lui. Stavo sognando con gli occhi aperti? Lui mi sorrise divertito, io avvampai per l’imbarazzo, però fortunatamente la luce tenue delle fiaccole non lo fece notare:

‘Scusi, non volevo disturbarla, ma stavo curiosando in giro, perché ero un po’ annoiato lì dentro quel salone’.

Impostore e sbruffone, pensai in quel momento a quelle ballerine sculettanti che non ti stavano di certo annoiando né tediando. Ebbene, anche adesso m’hai seguito oppure è solamente una coincidenza accidentale? Le sue pupille mi trasmettevano il contrario, io ne ero certa, perché senza dubbio in un differente pretesto non avrei temporeggiato un istante nel propormi, malgrado ciò al momento ero intimorita da lui o dal ruolo che ricopriva e poi non avevo mai avuto storie sul lavoro, per il fatto che ero convinta che non fosse una bella faccenda.

‘No, si figuri. Non so danzare, tuttavia la musica era alquanto ritmata e trascinante’.

‘Trasmetteva l’impressione d’essere invece un’esperta, una vera intenditrice’ – rispose lui ammodo.

‘Grazie, lei è assai affabile e gentile, davvero. Lei sa ballare?’ – replicai io di rimando.

‘No’ – mi disse lui, senz’aggiungere altro e avvicinandosi.

Il fuoco delle lanterne creava frattanto degli strani giochi di luci e di ombre, lui era di fronte a me e guardava in modo molto schietto. Lo so, mi voleva, io lo volevo in ugual modo, non disse altro, si girò e andò verso le scale che dalla terrazza conducono al parcheggio sottostante, io lo seguii come ipnotizzata, lui si fermò sul pianerottolo dove c’era una porta di ferro, probabilmente qualche vano ascensore o altro, aspettò il mio arrivo, giacché mi precedeva d’un paio di gradini. Non appena fui di fronte a lui m’agguantò per i fianchi e con prepotenza mi sbatté contro la porta, in quella circostanza mi teneva per le braccia, la violenza del mio corpo contro la lamiera produsse un rumore cupo, lì cominciò a baciarmi il collo, il petto e i capezzoli ormai gonfi. Io avevo un vestito molto scollato, però non riuscivo nemmeno a gemere, poiché ero completamente presa, così mi lasciai trasportare del tutto dall’eccitazione, adesso non m’importava che qualcuno potesse vederci, m’importava soltanto di quel momento di godimento autentico, puro e schietto. Le nostre lingue cominciarono a quel punto a intrecciarsi dentro le nostre fameliche bocche, io percepivo distintamente il suo cazzo sodo su di me e così cominciai a toccarlo da sopra i pantaloni. Io coglievo nettamente l’eccitazione piovere sulle mie cosce nude, mi liberai anche dell’altro braccio, mi destreggiai con la cintura, gli sbottonai i pantaloni che caddero alle caviglie. Lo sentivo sempre più eccitato, poi con un gesto veloce abbassai gli slip e glielo presi in mano, era caldo e compatto, lui mi succhiava i capezzoli, allora cominciai a masturbarlo. Adesso gemevo, Dio come godevo, avevo in mano quel cazzo duro e godevo, lui mi tirò su la gonna, dato che non fece nessuna fatica a inserire le morbide dita nel mio sesso, il perizoma che portavo era davvero minimo e poi ero così bagnata che inondai le sue dita ancora prima che potesse penetrarmi. Io godevo e lui gemeva, ansimavamo, io continuavo a masturbarlo, però l’eccitazione era così forte per entrambi che non ci volle molto per arrivare all’orgasmo. Io venni un attimo prima di lui, dato che l’unica parola che gli dissi fu:

‘Sì, ecco, sto venendo, godo, Dio che meraviglia’ – gli sussurrai all’orecchio e gemetti febbrilmente.

Può darsi che questo mio modo inatteso e infervorato d’esprimermi lo fece esplodere e sragionare oltremodo, perché lo sentii sborrare in modo inatteso nella mia mano e sulle mie cosce, visto che per me fu come venire una seconda volta. Tutti e due siamo rimasti lì immobili, lui con le sue dita dentro di me, io con il suo cazzo in mano, ormai liberato e svuotato da quel peso, da ultimo ci studiammo con lo sguardo nel corso del rapporto sessuale lui mi sorrise a fior di labbra teneramente, io immediatamente ricambiai. Ci sistemammo e tornammo nel salone senza dire una parola, come se nulla fosse successo, però non rimasi ancora molto, in quanto ero frastornata e stanchissima, perché in camera non feci altro che pensare vivamente a lui e a quello che era appena accaduto. Che cosa voleva dire tutto ciò? Non avevo avuto il coraggio di chiederlo, non avevo avuto l’ardimento né la spavalderia di domandargli nulla, non riuscivo a dormire e per questa ragione mi dovetti masturbare ancora per addolcire e per placare definitivamente la persistente eccitazione che provavo nel ripensare al nostro incontro. Anche l’indomani la sorte fu despota e tiranna nei miei confronti, perché lui non era nel mio gruppo, io continuavo a pensare a lui e mi chiedevo se anche lui stesse pensando a me. Quella sera era prevista una cena di gala, indossai un abito semplice, nero e scollato sulla schiena, dopo quando uscii dalla stanza me lo trovai di fronte, eppure anche lui come me era leggermente in anticipo:

‘Ti voglio, ti esigo immediatamente’ – mi rivelò e cominciò a venirmi incontro.

Io indietreggiai nella camera e lui venne dentro con me, perché come per l’incontro della sera prima ero quasi del tutto priva d’iniziativa, cosicché m’adagiò sul bordo del letto, s’inginocchio e mi sollevò il vestito, in quanto fu molto attento per non sgualcirlo, dato che era molto rilassato e tranquillo. Dopo mi sfilò il perizoma tirandolo fino alle caviglie, mi sollevò un piede per farlo scivolare fuori dalla gamba per non avere impedimenti, affondò la faccia tra le mie cosce, introducendo la sua lingua dentro di me. Come godevo, ti prego non smettere, pensavo, poi, ripensando alla sera prima gli dissi:

‘Mi farai godere, sì, mi farai godere, dimmelo’.

Sono sicura che lui apprezzò le mie parole, perché affondò la lingua ancora di più, per il fatto che la sentivo muoversi fra le mie labbra assieme al mio clitoride gonfio di piacere:

‘Sto venendo, che bello’ – gli ripetei anche allora.

Io mi lasciai andare sul letto ansimando, quando mi rialzai lui era in piedi di fronte a me con i pantaloni e gli slip abbassati, il suo piacere duro era vicinissimo a me, istintivamente l’ingoiai e lo succhiai più che potei, con le mani gli accarezzavo i testicoli e lui gemeva. Io lo vedevo chiudere gli occhi dal piacere mentre fletteva la testa all’indietro a ogni colpo, a ogni volta che cercavo d’ingoiarlo di più come per farlo sparire dentro la mia gola, così senza dirmelo né avvisarmi lui sborrò gustosamente nella mia bocca. Il suo sperma m’invase, io lo succhiai fino all’ultima minima parte facendo molta attenzione per non sporcare i nostri eleganti vestiti. Dopo la cena, i vari direttori e gli amministratori tennero i lori discorsi, gli applausi scrosciavano, ma io non li sentivo, tenuto conto che sul video allestito per l’occasione proiettavano le immagini, eppure io non le vedevo, perché volevo soltanto lui, bramavo che mi possedesse con tutta la sua forza, anelavo sentire il suo corpo premere imperioso e prepotente contro il mio.

La serata proseguì un po’ noiosa, lui era qualche tavolo più indietro, elegante e impeccabile che parlava certamente di lavoro, eppure non mi degnò d’uno sguardo, io tornai nella mia stanza con un senso d’amarezza, di delusione e di tristezza stampata addosso. Quell’uomo possedeva ormai ogni parte di me, dato che tendeva e tirava i fili della mia volontà e soprattutto del mio desiderio. Io mi giravo e mi rigiravo nel letto, non riuscivo nemmeno a toccarmi, non potevo, non volevo accontentarmi di quel mesto e dolente piacere solitario. Chissà, se lui tre stanze più in là mi stava pensando. Chissà, se lui era nella sua stanza o stava possedendo qualcun’altra aggrappato a qualche angolo dell’hotel. Io m’alzai e m’affacciai al balcone, dal momento che si vedeva la luce provenire dalla sua camera, il mio cuore comunicò a battere veloce, volevo uscire e correre da lui per colmare quel vuoto che mi stava dilaniando l’anima, ebbene sì, lo feci. Mi presentai davanti alla sua soglia priva di stratagemmi con la chioma scompigliata solamente con la blusa da notte, perché era l’unica cosa che indossavo. Bussai così con cautela, speravo che aprisse subito, avevo paura d’essere vista. Lui aprì la porta, indossava al momento i calzoni e la blusa chiara del ricevimento, mi fece segno d’entrare, mentre buttata sul letto c’era la cravatta ancora annodata:

‘Sei mia, lo sai questo’ – mi disse, prima di prendermi con quella forza che tanto desideravo. Lui era dietro di me, cominciò a toccarmi e s’accorse che non portavo la biancheria.

‘Brava, così sei semplicemente perfetta’ – mi sussurrò.

Io stavo già godendo, perché sentivo le sue dita muoversi e tutto il mio corpo bruciava, lo avvertivo sulle mie natiche, anche lui bruciava, in quel momento mi girai, adesso eravamo a faccia a faccia, feci due passi indietro con le gambe leggermente divaricate cominciai a toccarmi di fronte a lui che nel frattempo si spogliò, poi s’avvicinò e mi sfilò la maglietta. Per un momento pensai a quando poco provocante ero, sebbene a casa avevo cassetti pieni di biancheria intima per le occasioni, mentre qui ero con una maglietta anonima e peraltro insignificante. Quando lui cominciò a baciarmi sentii la sua saliva e la sua lingua nella mia bocca, allora cancellai irrevocabilmente quel pensiero dalla mia mente. Le sue mani mi toccavano dappertutto, io godevo, ansimavo, cercavo di trattenere le urla di piacere, in quel momento lui mi girò e sentii sulle mie natiche il suo piacere duro, lo sentivo sulla mia pelle, appassionato e appiccicoso. Mi gettò sul letto sfatto, la faccia sprofondò nelle lenzuola impregnate del suo odore, visto che mi penetrò subito e questa volta non riuscii a trattenere un urlo di piacere. Io ero così eccitata e irruente, lo sentivo muoversi e quei colpi decisi quasi mi facevano male, anche lui però godeva, io lo sentivo molto bene, tuttavia volevo vederlo in faccia mentre godeva, perché volevo mostrargli le contrazioni del mio viso:

‘Aspetta’ – gli dissi e cercai di muovermi.

Lui non m’ascoltò, anzi, sentii il suo corpo premere ancora di più sul mio, dato che con una mano cominciò a toccarmi un seno e con l’altra s’infilò sotto il mio bacino compresso dal suo corpo sul letto, in seguito s’intrufolò avidamente fino ad arrivare al mio clitoride, in tal modo cominciò a toccarlo seguendo il ritmo dei nostri corpi abbracciati:

‘Sì, di nuovo, dai così, fottimi ancora’ – riuscii soltanto a pronunciare.

‘Sto godendo, mi fai delirare, questo lo sai, vero?’ – mi disse lui animato e carico più che mai.

Riuscii a divincolarmi da quella morsa, lui mi guardò intontito, io mi girai sulla schiena e lo feci alzare. Il suo cazzo era viola, io stavo male, già mi mancava, mi sentivo vuota. Mi tirai verso il bordo del letto, lui m’afferrò per i fianchi tirandomi a sé e penetrandomi. Le mie gambe erano inermi attorno al suo corpo, ancora una volta lui dirigeva il gioco, visto che con le mani sui miei fianchi ritmava i colpi del piacere intanto che ci scrutavamo negli occhi:

‘Sento che s’avvicina, sì continua, ti prego, fammi godere, voglio urlare dal godimento’ – furono le mie lascive e lussuriose parole.

Lui accelerò il ritmo, io inarcai la schiena e gemetti, tenuto conto che quel fulmine di godimento squarciò radicalmente la mia fica e si propagò per tutto il corpo, visto che soltanto dopo pochi secondi tutto era passato. Sentii il getto del suo sperma piovermi addosso, al momento i miei seni erano colmi, perciò me lo spalmai come se fosse un unguento, dopo mi sollevai per succhiare le ultime piccole quantità che uscivano da quella cappella rossa come il fuoco, nel momento in cui pure lui sfinito si buttò sul letto al mio fianco, guardando il suo pene rimpicciolirsi. Io avevo di nuovo voglia di lui, però mi vergognavo, avevo soggezione, non riuscivo a dirglielo, allora m’alzai e mi diressi nella toilette, aprii il getto d’acqua della doccia, malgrado ciò l’acqua non mi rimuoveva di dosso l’essenza odorosa del sesso, in questo modo m’appoggiai alle mattonelle fredde, con una mano aprii le labbra e con l’altra cominciai a toccami il clitoride.

Io godevo a metà, ma non potevo farne a meno, soltanto che a un tratto mi sentii osservata, lui era di fronte a me. Il vetro della doccia trasparente gli offriva uno spettacolo che di certo apprezzava, dato che me lo confermava il suo cazzo eretto. Io gli sorrisi e continuai a toccarmi, mi girai per potergli far veder meglio la scena. Anche lui cominciò a toccarsi, giacché si masturbava lentamente come stavo facendo io, perché godevamo l’uno del piacere dell’altro. Quando la mia mano cominciò a muoversi più velocemente, lui fece altrettanto fino a quando i nostri orgasmi non si scontrarono, il nostro piacere a metà si fece unico. Finii di lavarmi, lui mi diede il cambio, nel frattempo curiosai in giro mentre si lavava, per l’occasione non mi rimisi la maglietta, presi la sua camicia, me l’infilai e tornai nella mia camera senza dire nulla. Era quasi l’alba, solamente due ore dopo era prevista un’escursione, io non ce la facevo ad andare, sennonché fu facile inventarsi una scusa, perché in quei giorni parecchie persone erano state male, considerato che in questi viaggi è normale, il fuso orario, l’alimentazione, il cambiamento climatico e via di seguito. Era mezzogiorno quando mi svegliai, chissà se lui era andato, non potevo verificarlo di giorno dal mio balcone, bussarono alla porta e pensai che fosse la cameriera, viceversa era lui: 

‘Sono rientrato per riprendermi la camicia’ – era piuttosto serio, ma subito scoppiò a ridere.

Per la prima volta parlammo, ci raccontammo delle nostre vite, discutemmo anche di lavoro, mi confidò che aveva percepito che gl’interessavo, per il fatto che m’aveva libidinosamente confessato e dissolutamente rivelato, che lui coglieva spiccatamente l’odore della mia focosa fica, ogni qualvolta che passava vicino alla mia scrivania per salutarmi. La superbia è uno dei sette peccati capitali pensai, ma anche la lussuria lo è, per questo io risposi alla sua provocazione spogliandomi della camicia che gli avevo rubato, gli calai i pantaloncini sportivi che portava e cominciai a succhiarglielo così ancora inerme. Sentivo quel cazzo crescere progressivamente e indurirsi in gola, lo percepivo godere e ansimare, io ero cavalcioni sulle sue gambe, mi fermai un secondo, in seguito mi voltai sbattendogli le chiappe in faccia e affondando il mio pube odoroso e umido sul suo viso. Al momento eravamo nella posizione del sessantanove e le nostre lingue leccavano e godevano, adesso ero io che dirigevo e incanalavo il gioco, perché mi tirai avanti fino ad arrivare con il mio bacino sopra il suo pene eretto, il distacco della sua lingua dalla mia fica mi provocò un po’ di fastidio per un paio di secondi, il tempo d’affondare sul suo cazzo, giacché mi sembrò un’eternità, ma appena colmai la mia fica con quel membro duro mi scordai di tutto. Io mi muovevo su e giù con cautela, poi più velocemente, dopo sollevai le ginocchia e appoggiai i piedi al letto, perché chinando la testa potevo vedere il suo cazzo affondare e uscire a quel ritmo frenetico, su e giù. Io dirigevo l’orchestra, quella sinfonia d’odori e di rumori densi e striduli, a quel punto lo sentii sborrare precisamente come avevo fatto io, anche lui me lo disse, quasi lo urlò:

‘Sì, sto sborrando, adesso, sì, eccomi, prendilo tutto’.

Anch’io mi lasciai andare e sentii il calore del piacere prorompere dentro di me, perché sfinita mi buttai sul letto perpendicolare a lui rannicchiata con le ginocchia al petto. Successivamente decidemmo di fare un giro da soli in spiaggia, dato che nessuno poteva vederci, in quanto i nostri colleghi non sarebbero tornati prima di notte, visto che sull’isola era prevista anche la cena. A differenza delle ballerine d’un paio di sere prima, la spiaggia non offre questo spettacolo di glutei scolpiti al sole, perché a parte i vari turisti le donne non erano tutte bellissime e perfette come si vuol far credere. Erano solamente le diciannove, ma entrambi avevamo fame, visto che non avevamo mangiato nulla in tutto il giorno e di certo avevamo bruciato molto, sul lungomare c’erano parecchi ristorantini tipici della zona, ci fermammo in uno che ci sembrava abbastanza curato e pulito. La cameriera era attraente, indossava una gonna corta e una canottiera colorata, si capiva che non portava il reggiseno e aveva un seno perfetto, alto e sodo, non molto grande, ma ripeto eccezionale. Mi era venuta voglia di toccarglielo. Che cos’avevo? Non mi erano mai passate per la mente queste cose, ma del resto non avevo mai visto una ragazza così bella.

Nicola s’accorse che la stavo osservando e probabilmente intuì i miei traviati e viziosi pensieri. Mangiammo molto bene e soprattutto bevemmo molto. La ragazza si chiamava Jane, aveva ventinove anni e quando seppe che eravamo italiani ci disse che avrebbe desiderato visitare ben volentieri il nostro paese. Pure lui la fissava, le squadrava le tette e il fondo schiena, ogni volta che passava e s’allontanava dal nostro tavolo. Essendo così presto c’erano poche persone nei tavoli vicini, due coppie di tedeschi, una giovane, forse in viaggio di nozze, una donna sopra i cinquant’anni. Nicola s’alzò e andò al bancone dove Jane stava sistemando dei bicchieri, io ho visto che le porgeva dei soldi pensando che stesse pagando il conto, Jane gli fece un cenno, lui m’afferrò per mano e la seguimmo sul retro. Adesso eravamo nel deposito del ristorante, accatastate attorno a noi c’erano delle casse di bottiglie vuote, di lato una cella frigorifero con alcune sedie. Nicola ne afferrò una e la collocò nel centro della stanza. Era un po’ buio, l’unica finestra che c’era era coperta dalle casse di bottiglie, io ero eccitata, malgrado ciò non mi sono nemmeno chiesta che cosa volesse compiere, già lo sapevo e lo volevo. Jane si spogliò in un attimo: era ancora più bella con quella pelle scura che brillava.

Il clima era afoso, in quella stanza mancava l’aria, si sedette e divaricò le gambe appoggiandole sui braccioli della sedia. In verità scoprire quella fica rosa m’eccitò moltissimo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, perché io mi chinai spontaneamente per leccargliela, era umida e morbidissima. A lei piaceva, visto che m’agguantò per la testa per stringermela più forte sulla sua fica eccitata. Dio, che cosa stavo facendo, mi vennero degli scrupoli di coscienza, però mi piaceva terribilmente, giacché il fatto che Nicola ci stesse osservando mi eccitava maggiormente. In quell’istante sentii la chiusura lampo dei suoi pantaloni e intuii che doveva liberare il suo cazzo certamente già gonfio, per fortuna portavo la gonna e quindi mentre io ero in ginocchio per leccare quel nuovo gusto, potevo toccarmi per scaricare un po’ il piacere e il desiderio che cresceva. Le ginocchia cominciavano a farmi male, il pavimento era vecchio e macchiato, io m’alzai in piedi, Jane mi sorrise, il mio bacino era all’altezza della sua bocca. Lei mi prese una gamba e spostandosi di poco mise il mio piede appoggiato alla sedia a fianco della sua coscia tornita, cominciò a leccarmi dolcemente, con un dito entrò dentro e iniziò a muoverlo piano. Io sentivo il rimbombo che quel dito faceva muovendosi nella mia fica bagnata, dato che s’accompagnava ai gemiti di piacere di Nicola che continuava a guardarci sfregandosi il cazzo:

‘Sì, così, vai più forte’ – le dissi.

Jane cominciò a muovere la lingua più velocemente e infilò un altro dito, intanto io godevo tantissimo. Nicola gemette, stava aspettando me per sborrare, per lasciarsi in ultimo andare al piacere trionfale più puro. Ci rivestimmo e uscimmo da quella stanza afosa, respirai a pieni polmoni, in quanto mi sembrava d’essere stata in apnea per quei venti minuti, Nicola pagò il conto e tornammo in albergo. Mancavano soltanto due giorni al rientro per Torino, il mio desiderio non si era ancora placato, io volevo che lui mi possedesse ancora, però ogni volta che ci salutavamo avevo paura che tutto finisse. No, io non volevo nessun coinvolgimento sentimentale, tuttavia volevo solamente scopare e godere, anelavo spassarmela in maniera totale senza restrizioni né vincoli. Dormii benissimo quella notte.

L’indomani andammo allo Zoo Taronga, bellissimo insieme al Darling Harbour, anch’esso stupendo che visitammo in seguito, a un certo punto me lo trovai di fronte, io ero con i miei colleghi, lui con altri responsabili. Un saluto informale, un sorriso di circostanza, uno sguardo complice. Sul battello era previsto anche il pranzo, a dire il vero un piccolo buffet a base d’un pesce locale di cui non ricordo il nome, i nostri sguardi si sono incrociati fra la folla, lui si è girato e si è diretto verso i servizi. Tutti erano impegnati nel divorare le pietanze, nessuno ci vide chiuderci in quella minuscola toilette, perché nemmeno una parola volò tra noi due, poiché già mi scopava con colpi rapidi e profondi. Io ero appoggiata alla porta così come nel nostro primo incontro, però questa volta lui mi penetrava, le mie gambe erano incrociate attorno alla sua vita e m’aiutavano a ritmare i colpi, io lo sentii sennonché sborrare agevolmente e gemere dimenandosi.

Pure io ho goduto pienamente, per il fatto che l’orgasmo arrivò molto in fretta: intenso, magnifico, profondo e in special modo unico. In seguito ci sistemammo alla svelta, prima d’aprire la porta lui m’accarezzò il volto e mi diede un bacio infantile e tenero sulla guancia.

Oggigiorno ancora ripenso intensamente con nostalgia a tutti quegli episodi: è stata davvero incancellabile, memorabile e oserei riferire storica la mia individuale e insperata vicenda. Che gran bel ricordo l’Australia, magari arrivederci alla prossima convention. 

{Idraulico anno 1999} 

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