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Erotici Racconti

Ricacciare l’angoscia

By 8 Maggio 2018Febbraio 9th, 2023No Comments

Ecco, sì, in questo modo, va più che bene, hai un’inquadratura distratta e nettamente svagata, esattamente come accade realmente. Gli occhi attratti dalle calze di nylon nere sulle gambe non d’una fotomodella, certo, anzi meglio, ma di te piccola assai allettante e provocante creatura, come per voler raffigurare, sì, mi sono vestita, perché in ogni caso non nascondo nulla, poiché è proprio la missione del nylon, dato che tu ne segui la dinamica e il gioco delle tonalità dei colori grigi, fino a dove puoi vedere e continui sino a dove vuoi immaginare.

Le gambe che carnalmente e libidinosamente provocano muovendosi nel corridoio, giacché gli occhi sono sempre lì attratti e tentati inevitabilmente, perché sono anticipate dal tuo sonoro passo che riconosco tra tutte le colleghe del reparto, dal momento che da quel leggero fruscio della gonna s’intravede il netto e lussurioso avanzare. I piedi sono nascosti, ma tu sai che tutto è nello stesso nylon nero, che con impegno distendi ogni mattina per far aderire con premura a quell’epidermide, perciò a questo proposito al presente ti domando: &egrave di queste uniche sfumature che vuoi avvolgerti e che vuoi far divertire chi ti guarda? Tu sai molto bene come le poesie siano state scritte anche solamente in bianco e nero, ma le parti del tuo corpo sono attualmente per me un tangibile incendio acceso dal desiderio. Questa scena è decisiva, perché è la più importante del film, anzi, dà proprio il significato all’intera storia del film stesso, che è per l’appunto la sua storia.

Tu devi comprendere appieno e interiormente come raffigurare di buon grado questa creatura, ma ancora di più come gestire e nel tempo stesso governare quell’attimo, non puoi fallire, non devi essere sufficiente, ma devi essere un’attrice straordinaria. Tu sei una quarantenne un po’ timida e riservata, eppure pacchiana con una vita normale, cioè comune sia affettivamente tanto nella vita sessuale: sin qui è stata solamente recitazione normale d’una brava e valida attrice come te. In un attimo senza pensarci, devi saper esprimere come la sua vita è cambiata totalmente e nulla tornerà giammai come prima, senza dare senso ad alcun pensiero, perché in quel momento non c’è stato modo di ragionare, non c’è stato ingegno, anzi il vuoto, il niente, un gesto soltanto motorio e rotatorio che compiono gli occhi come farebbe un faro nel silenzio della notte sovrastando il mare, così come con lo sguardo voltato di lato a metà un po’ dall’alto in basso, nel momento in cui il corpo mostra di dirigersi e d’andare da un’altra parte, perché ciò che conta è la direzione degli occhi. Così tu in questo finto sipario devi esprimere in una manciata di fotogrammi il cambiamento, la rivoluzione, una persona che cambia completamente vita e farci vedere per l’appunto in che maniera.

Tu sei al momento di fronte allo specchio ormai vestita completamente, concentrata ad ammirarti fingendo scrupolosamente di metterti a posto qualche ultimo dettaglio del vestito che t’ha appena avvolto. Lei arriva di lato, ha sbrigato anteriormente svariate faccende, anche lei concentrata in primo luogo nel prepararsi al meglio, in quanto ha già finito le numerose faccende che avrebbe potuto compiere anche più tardi, malgrado ciò sapeva e sentiva, chissà, dato che al momento non ha alcuna importanza. La camera con lo specchio attualmente è oscurata, poiché i battenti sono chiusi, una piccola lampada dalla luce carezzevole illumina da mezza altezza e t’investe dal lato opposto all’ingresso di lei, per il fatto che per lei tu sei in piena luce, ben disegnata nei contorni e nel profilo. Lei s’avvicina ignara manifestamente affaccendata, non v’incrociate neanche con la percezione l’una dell’altra, poi distrattamente lei allunga una mano, eppure tu non te ne accorgi. Lei, infatti, come nel voler posizionare al meglio un qualsiasi oggetto mal riposto ti chiude sulla schiena e tra le spalle in maniera consona l’ultimo bottone di quel vestito, che tu in un altro modo tiravi da un lato aggiustandolo allo specchio, in maniera che arrivasse senza pieghe attraverso la vita sottile fino alle ginocchia, sopra le belle calze che stringono con trasparenza le belle gambe.

Ecco, è qui che devi mostrare rivelando in modo appropriato di non essere la protagonista, ma d’essere quell’enigma infagottato da quel mistero che non si può descrivere né esporre, giacché si chiama donna, sì, questa donna che tu impressioni marchiando chiaramente sulla pellicola. Qui, esattamente qui, poiché devi contenere diffondendo in un attimo allo spettatore la rivoluzione e la trasformazione avvenuta in questa donna, un’equivalente alle altre, forse, quella che attualmente sei tu. Ecco, la sua mano s’allunga, il bottone è chiuso, visto che è stata tanto inavvertita e leggera, che hai sentito solamente la seta per un brivido più stretta sulle spalle, sul seno in quell’intimo contatto sulla pelle proprio tra la pelle e la seta. Tu non devi sapere quello che è accaduto, non devi chiedertelo, anche se sei di molto avvantaggiata rispetto alla donna cui è realmente accaduto d’essere fulminata da qual bottone rimasto aperto e da quell’inavvertita mano di lei che ha cambiato la sua vita. Non l’hai mai fatto prima, neanche mai pensato, non potevi né sapevi, giacché ripercorri in un istante tutta la tua breve vita e non trovi niente fuori posto, niente che sia discontinuo e sporadico. 

La seta s’avvolge con accuratezza nella forma delle tue belle spalle, così fortemente voluto involontariamente da lei distratta e ignara, forse lei è un po’ più cordiale ed espansiva, ma ciò che eravate non ha contato nulla in quell’istante. In due tempi distinguibili, ma brevissimi, ti sei voltata dal lato dal quale è giunta la mano, che attraverso la seta e i capezzoli t’ha diffuso quel brivido leggero, tu hai accennato nel riprendere con gli occhi il tuo specchio come se niente fosse senz’averne il tempo, però gli occhi hanno oltrepassato nuovamente il tuo volto sdoppiando nettamente l’azione, hai voluto i suoi occhi e l’hai baciata, l’hai stretta con vigore, dopo siete crollate sul letto lì alle tue spalle assaporando in ultimo la sua lingua sulla tua. 

Lei ti è innegabilmente piaciuta, sennonché l’hai dolcemente travolta portandotela con te. Che cos’è accaduto a quel vestito, a quello specchio e a quella luce calda a mezz’aria, con quella tua amica profumata d’arancia? Il bel vestito di seta rimane per terra, adesso è semibuio e la scena passa, poiché è uno di quei periodi così, perché è isolata, inspiegabilmente in silenzio. Perché? Dimmi, non t’annoio? Passione? Impossibile, irreale? Esiste? E’ esistita? E’ sempre la medesima meraviglia, la stessa sensazione, i cassetti disfatti di svariate dimensioni da sistemare, sennonché ci vuole un po’ di tempo. Dopo segue la doccia in un lento consumarsi della mezza giornata libera per la cura di se stessi, dal momento che è quello ci vuole. L’acqua, il vapore, il bagnoschiuma, il profumo, la pelle, la nudità, l’accappatoio in un’unica percezione dissolve scacciando l’avvilimento e la malinconia, l’umidità tra l’accappatoio bianco a nido d’ape, i capelli lunghi castani leggeri che con ampie carezze dal basso in alto a lungo asciughi. Adesso è l’ora del reggiseno, lui s’aggiusta da sé, soltanto quello strano piegarsi e incontrarsi all’indietro degli avambracci, un gesto così poco naturale, ma così abituale da compiere ogni giorno al sorgere e al tramontare del seno e dei capezzoli. Un breve contatto ripetuto tante volte per stirare l’elastico e la pelle, poi un gesto da momenti particolari, non da tutti i giorni: il centro delle lunghe mani, del palmo destro a premere leggermente il capezzolo, prima l’uno poi l’altro, per rassicurare forse? E da che cosa?

Adesso lo specchio taciturno attualmente domina governando indisturbato la scena, ovviamente non tu, un’altra ampia carezza ai capelli come per sgocciolarli di un’umidità ormai minima. La tutina, quella bianca di cotone bella fresca, che sta sempre sopra gli altri nel cassetto in primo piano in vista, ma che non sempre indossi, oggi però sì. Infine il reggiseno sparisce e con esso rimane soltanto il volume accentuato dai capezzoli comunque sporgenti nel punto giusto, per sintetizzare un corpo molto bello e in questo momento sotto le tue attenzioni che lo vestono. Rimane steso con le bretelle a posto per lasciare volutamente scoperte le spalle grandi, larghe e fresche, rimane slacciato, in quanto s’intravede il ventre roseo anch’esso con ordinati e con i peli arricciati per l’umido che profilano ciò che si nasconde: lì è ancora libertà, nudità che si manifesta e che forse trionferà di sera nel buio. Ti muovi così per un po’, frattanto oscillano i lembi della tutina slacciata, di nuovo ampiezze di gesta sui capelli lunghi ormai asciutti, una percezione d’aria fresca scorre sul tuo pube a labbra socchiuse. Poi spetta agli slip bianchi con l’orlo azzurro alti sulla coscia, mentre sul tuo ventre si stende l’ultima fascia fuori posto della tutina, per avvolgere con più sicurezza e per disegnare il tuo corpo che adesso sovrasta per intero lo specchio. Il tuo viso è fiducioso, finalmente più sereno e quasi fiero, infine scegli fingendo d’essere indecisa, ma è il tailleur grigio scuro che oggi vince. Precede una maglietta di cotone come lavorata a mano con dei disegni intrecciati, leggera e un po’ rigida nello stesso tempo, ma che con dei cerchi geometrici precisi che oggi lasceranno quelle braccia scoperte decise e forti. Per concludere due belle rotondità ben distinguibili sono il tangibile rigonfiamento sotto quella maglietta. 

Le gambe assieme ai piedi che al presente carezzi adesso peraltro dimenticate prima, le sollevi cospargendole con quella crema scelta con attenzione e che fa parte di esse. Salgono le calze autoreggenti sottili, delicate, avvolgenti e protettive di colore grigio scuro, sfumate e poco dense e sale nel contempo pure il pantalone a tubo, che lascia intravedere la caviglia chiudendo per sempre con un po’ di mascolinità le due corte pieghe ricucite di lato. E’ un trionfo di femminilità nell’aria e lo sarà tutt’attorno per l’intera giornata, perché la giacca con il collo stretto lascia aperto il bianco della maglia sul seno, però tu non chiudi il bottone.

Non c’è dubbio, perché spettacolo sarà, quando scoprirai le braccia rosee e le spalle di chi ti vedrà oggi non smodatamente svelta nell’andatura verso l’ufficio, ma nel tuo spazio tra i tuoi oggetti lavorativi e professionali: la scrivania, il computer portatile con la tua posta quotidiana, la finestra, le carte, il talismano e il diario.

Tu sei cosciente, diligente e razionalmente seria, perché verso sera rifarai indubbiamente il percorso all’inverso e similmente le cure e le dedizioni, che questa mattina hanno visto scomparire il tuo corpo convertendosi in forme di tessuti sgargianti alla moda, di costosissime e rinomate scarpe all’ultimo grido, allontanando in conclusione la delusione, la frustrazione, lo sconforto e in modo definitivo quell’apparente quanto attendibile e veritiera lacunosa tristezza, che da qualche tempo t’accompagna e che non riesci a scacciare.

Tu, invero, essendo una donna giovane con un lavoro ben remunerato, sei tra quelle che subisce maggiormente lo stress di quest’ambiente altamente competitivo, dove per arrivare in alto sei costretta ad abbracciare combattendo e seguendo i valori maschili. Infilare e utilizzare calzature pregiate e rinomati indumenti è una condotta agevole e dinamica che hai per affermare segnalando la tua indole femminile messa in pericolo, in un certo senso intimidita, per rafforzare te stessa avendo il controllo in almeno un aspetto della tua vita. 

Non c’è che dire: hai urgenza d’avere un uomo al tuo fianco che ti ami, che ti comprenda e che ti rispetti, che plachi rasserenando in ultimo il tuo abnorme e smodato gesto di compiere innumerevoli acquisti, mentre tu cerchi di bilanciare la tua ricorrente amarezza e la frequente infelicità, con il desiderio di cambiare una vita insoddisfacente. Fattori mentali come la ricerca dell’approvazione, l’aumento dell’autostima, il sentirsi importanti e rispettati, la ricerca dell’eccitazione e la fuga dalla noia, potrebbero essere in conclusione le concrete e fondate cause di ciò che vivi. 

Ti auguro ogni bene. Buona fortuna.

{Idraulico anno 1999} 

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