Con la testa china e le mani giunte quelle labbra aperte borbottano frasi segrete, protestando e rumoreggiando in ginocchio sul pavimento gelido per mettere in atto la penitenza, le privazioni e il rammarico, le colpe tue e le imperizie eventualmente di tutto il resto del mondo. Compi questo atto per ricordare parole e pensieri da dimenticare, in quanto il segreto per dimenticare si sa è talvolta commemorare, per di più è anche aiutare e talora sovvenire. Resta in ginocchio allora, con gli occhi stretti per ricordare meglio: hai idea di quante volte sei stata in ginocchio?
Sì certo, su d’un prato per raccogliere i fiori, su d’un pavimento da pulire, sui cuscini candidi d’una chiesa in abito bianco, in ginocchio giocando con una bambina, svagandoti alla maniera d’una bambina. Inginocchiata davanti a una serratura, davanti a un carceriere, davanti al tuo uomo che t’accarezza i capelli, in ginocchio accanto a un lettino mentre canti una ninna nanna, davanti a una macchinetta del caffè che t’ha appena rubato la moneta, immobile davanti a uno specchio. In ginocchio sulla sabbia fine per innalzare castelli e fabbricare cunicoli dentro cui far scorrere le biglie. Attualmente sei ancora in ginocchio, ma le mani non sono più giunte, perché nessuno è più puttana d’una vergine addolorata, affranta e desolata dalla sua condizione. Le labbra smettono di mormorare le inconfessabili, licenziose e sconce ammissioni, gli occhi lentamente si rivelano, le braccia si distendono lungo i fianchi in ansia e in attesa della promessa.
Questa volta a ogni buon conto sei in ginocchio e non c’è nessuno davanti a te, ma dietro sì, perché nella parte retrostante c’è lui con il suo giuramento, la sua promessa mai pronunciata, tuttavia ogni tanto evocata. Un nodo parlato semplice fa al caso nostro, te l’ha detto con il suo sorriso e con quel lampo malizioso negli occhi, in quanto adesso lo senti dietro di te, visto che si china e ti trattiene i polsi, li guida dietro la schiena e piano senti scivolare la corda per avvolgerli, mentre un tremito s’impossessa delle tue gambe e le mani diventano gelide.
In modo insperato t’ascolti assaporando deliziosamente questa nuova e singolare emozione, considerato che a conti fatti non è allarme né paura, no, perché l’unica apprensione è che tutto possa finire adesso, le corde s’avvolgono attorno ai polsi, diventano sempre più strette, sempre più fitte, continuamente più salde fino a diventare parte di te.
Al momento sei sua, in quanto è questo il pensiero piacevolmente terrificante, dolcemente agghiacciante che ti fa fluire tra le gambe qualcosa simile al miele caldo che ti scompiglia facendoti farneticare i sensi. Puoi sentirne perfino i vapori, giacché adesso sei come la lupa, per il fatto che puoi avvertirne gli odori, i rumori lontani e il respiro di lui.
Al presente non c’è nessun dolore, solamente la gola infuocata come di chi ha trattenuto troppo a lungo un grido.
{Idraulico anno 1999}