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Erotici Racconti

Rimorso assillante

By 9 Dicembre 2016Gennaio 31st, 2023No Comments

Una luce cupa e triste mescolata a quella della lampada al neon abbraccia flemmaticamente il corpo di Giacinta da tempo in posa nell’aula di pittura dell’accademia. Lei in questo preciso istante fissa con gli occhi l’unica parte che può muovere, quella macchia d’umidità sul muro, nel frattempo le mani d’uno studente con un carboncino s’impossessano totalmente della sua nudità, dal momento che in quest’attimo Palmira gira tra gli allievi scrutando i loro lavori.

La sua mente si snoda tempestivamente verso il bagno, lei è nuda nella penombra, giacché si rivede con l’asciugamano che Graziano passava svogliatamente sul suo corpo, fermandosi per strofinare quelle parti più nascoste. Inelegante, rozzo e sgraziato come una carezza disadorna e grossolana come in un rito immutato da secoli, dato che segue sempre gli stessi gesti, poiché partiva dall’incavo del collo, passava poi sotto le ascelle, scendendo infine lentamente circondando il ventre e raggiungendo i genitali: proprio così, avanti e indietro tenendo l’asciugamano per le due estremità, facendolo scorrere con forza e solleticando il clitoride.

Graziano appoggia attualmente le pratiche sulla scrivania, mentre con il viso alzato nel fissare il vuoto scarabocchia dei cerchi su quel foglio bianco. Lui del corpo di Giacinta ne ha fatto palesemente un culto elevandolo, ebbene sì, un corpo che in qualche maniera appartiene a chiunque. Lo aveva chiaramente colpito il suo essere liscio, la pelle chiara e malgrado avesse i capelli biondi e il naso con le lentiggini quel corpo latteo e levigato era come se fosse stato dipinto con l’olio su d’una tela e il sesso liscio appariva come quello delle statue antiche: una piccola fessura dalla quale non sporge il clitoride, che sta peraltro ben coperto e adeguatamente nascosto come la perla d’una conchiglia.

Nella penombra s’avvertiva soltanto il rumore sottile del rasoio elettrico che rifiniva le parti attorno all’inguine, quella lama alquanto distaccata e fredda sfiorava la pelle di Giacinta dandole la sensazione che avrebbe potuto tagliarla da un momento all’altro. Lui invece era seduto sul bordo della vasca da bagno, con la gamba di lei che poggiava sul suo ginocchio, dato che eseguiva con la precisione d’un chirurgo facendo attenzione nel curare opportunamente ogni sfumatura. Quando ebbe terminato la strofinò con un asciugamano umido ammirandone in conclusione il lavoro, cercando soddisfazione in ogni particolare. La sfiorò appena con il dito medio che nel frattempo aveva inumidito sulle labbra, lo fece passare leggero lungo la fessura trasmettendo in questo modo un brivido su tutto il corpo di Giacinta. Gli pareva d’aver eseguito un’opera d’arte, d’aver lasciato sul corpo di Giacinta un’impronta, un marchio che ne reclamasse rivendicandone immancabilmente la piena appartenenza. Adesso chiunque frugherà quel corpo con gli occhi, perché partirà dall’incavo delle ascelle, percorrerà il ventre e indugerà sul suo sesso, ne ruberà la visione e l’userà a suo piacere.

Giacinta al presente fissa gli studenti che interpretano traducendo l’aspetto del suo corpo sui quei fogli, giacché vedere le loro opere le dona una sensazione improbabile, certamente inverosimile, giacché sembra come ascoltare la propria voce registrata. Ma è davvero lei quella distesa sulla tela in quella posa verginale, o è invece quella accoccolata astuta e maliziosa su d’un foglio di cartone nel mostrare le natiche disegnate a matita, oppure è quella oscena con le cosce aperte? Graziano addirittura disegna il suo corpo e lei s’adegua, visto che si piega come un giunco alle sue fantasie posando lo sguardo come sopra un suo ritratto, lei lo sente ancora dentro di lei dalla sera prima, come se facendo l’amore avesse lasciato nel suo corpo un’impronta dura e violenta che lei scrutava analizzandola ciononostante con dolcezza, continuando a cullarla ben sapendo che una volta svanita ne avrebbe provato malgrado tutto una mancanza e una nostalgia ardente.

‘Dovrebbe essere più troia, dovrebbe arrischiare e osare di più’ – così esordisce alla svelta Mauro il suo collega nello studio, mentre osserva una foto sulla scrivania di Graziano, dalla quale si nota in modo esplicito e lineare che Giacinta ammicca da sotto un cappello e sorride spostando leggermente solamente la metà della bocca:

‘E’ bella, davvero armonica e benfatta, nulla da contestare, secondo me è però un po’ distaccata, oserei dire scollegata’.

Graziano trattenne per l’occasione dentro di sé quella risata sprezzante e superba, nel tempo in cui adesso cerca di coccolarsi insabbiando e reprimendo la collera della sera prima, richiamando deliziosamente alla mente solamente l’immagine positiva, appassionata e calorosa di Giacinta, respingendo tutto il resto di negativo che c’era stato. Lei lo aveva fatto fermamente infuriare con quello sguardo indefinibile, sfuggente e scivoloso, come se fosse stata ancora in posa con quella voce bassa che rispondeva a dei gemiti appena impalpabili e a delle parole sfuggenti buttate là per caso. Per questo, nel penetrarla, lui aveva avuto un gesto rabbioso, un comportamento innaturale d’abuso accompagnato da una manifesta durezza, alla quale aveva fatto alternanza un grido più che logico e giustificabile di lei. In quel momento lui aveva insistito con più rabbia mentre in piedi la teneva per i fianchi, dato che il suo cazzo ben lubrificato entrava e usciva dal corpo di Giacinta con un rumore mediocre e plebeo: sì, effettivamente dentro e fuori, mentre lei continuava a guardarlo con gli occhi intontiti, perché lui le avrebbe sborrato indubbiamente in bocca, con quella voglia accanita le avrebbe sporcato il viso perfetto confondendole i pensieri, eppure non fece in tempo, perché con un grido che nella sua mente si traduceva in prostituta sfregiò il suo ventre morbido proprio sotto l’ombelico, poiché una striscia bianca e gelatinosa di sperma partiva dall’ombelico e cadeva su quella pelosissima e bionda fica.

Il tempo di posa sgocciola via lento, perché dalla finestra Giacinta vede i rami secchi dell’albero contro il cielo sporco, sente un po’ freddo, siccome ha la pelle d’oca e i capezzoli induriti. In quell’istante ripensa al video che ha visto per caso l’altro giorno riordinando le cassette. Lei girava per la casa indossando solamente una camicia di Graziano sul corpo nudo, un modo per sentirlo più vicino, illudendosi e lusingandosi di dimenticare nei suoi indumenti qualcosa di proprio. In quel momento Giacinta si squadrò nello specchio del corridoio, la camicia bianca arrivava giustappunto all’inguine lasciando scoperta la fessura della fica, dopo si passò un braccio dietro la nuca alzando la massa dei capelli biondi e il movimento sollevò ancora di più l’indumento, scoprendo in quel modo una parte del ventre piatto:

‘Te lo ripeto ancora, Giacinta dovrebbe essere più scrofa, più ingegnosa e intraprendente, da’ retta, fidati’ – il ritornello continuava a ballargli di continuo in testa.

Lui nel frattempo accende il computer e si collega al consueto sito, dove un ragazzo muscoloso e ben fornito infila con forza il cazzo in bocca a una mora con gli occhiali dall’aria impaurita e un paio di fotogrammi dopo la stessa ragazza si ritrova inevitabilmente con il viso e la bocca sporchi di sperma. E se Mauro venisse nella bocca di Giacinta? Poco più avanti, due giovani s’infilano la lingua in bocca accarezzandosi la fica. Giacinta con un’altra donna, però, quell’idea lo lascia eccitato ed elettrizzato più che mai per il resto del pomeriggio. Lui aveva preso la cassetta cercando di ricordarsi qual era la sua posizione originaria, in modo da rimetterla poi al posto giusto. Le tapparelle semi abbassate donavano al salotto un aspetto morbido, dove gli spigoli e i contorni delle cose apparivano imprecisi. Lui inserì la videocassetta avviando il videoregistratore. Il nastro partiva da metà dove una coppia stava sopra un tavolo e un uomo nudo li osservava masturbandosi. Era a questo punto che Graziano probabilmente annoiato aveva spento il televisore e riposto la cassetta, magari aveva eiaculato poco prima e dopo aver osservato per qualche minuto un po’ distratto aveva trovato la scena tutta così misera e ridicola. Riavvolse rapidamente il nastro, perché voleva vederlo dall’inizio. Giacinta e Mauro, Giacinta e un’altra donna, magari proprio quella Palmira che gli aveva presentato un pomeriggio, quando era andato a prenderla all’accademia. Sì, loro che si danno piacere, che non sanno d’essere spiate, che non sanno d’essere nella sua mente, quando lui farà l’amore con Giacinta stasera.

Giacinta spunta fuori dall’ateneo indossando il paltò nero, il copricapo e lo scialle della medesima tintura, si squadra fra le vetrine e s’accorge nettamente per la prima volta come lei per quella inconsueta mansione offre involontariamente il suo corpo tra l’altro aggraziato agli sguardi di quegli educandi, perché nella vita quotidiana tende sempre accuratamente a occultarlo sotto ampi pullover e gonnelle lunghe. Questa sera però sotto il paltò non indossa nulla, sale sul tram, per il fatto che è una di quelle vetture vecchie con le lampade piccole con quegli abat-jour che pendono dal soffitto, dato che sembra fuori luogo come lo è lei quest’oggi per la precisione. Il rollio tipico del tram le imprime un movimento ritmico, precisamente avanti e indietro, la stoffa del cappotto sfrega sul suo corpo nudo, mentre lei non può fare a meno di pensare alla gente intorno, agli uomini soprattutto, se mai avessero intuito sotto la stoffa il suo corpo nudo la sua voglia, quell’eccitazione che culla in lei al ritmo della corsa e che non è più la stessa della mattina. Giacinta osserva dal finestrino l’inverno, il sole che inizia a lasciare spazio alla sera, una foschia leggera scherma le luci delle vetrine dei negozi, perché a dire il vero non è nemmeno più la stessa eccitazione che si era data da sola mentre guardava la cassetta cavalcioni su d’un cuscino posato per terra. Lei rivedeva un emblema, una riproduzione di Graziano che penetrava nell’ano una bionda rifatta e adesso si muoveva con prepotenza dentro una ragazza che recitava il suo piacere, strofinandosi sulla stoffa provando un piacere dolciastro, simile al sorriso falso di certi ciarlatani e impostori, lei doveva chiederglielo, sì, forse avrebbe anche accettato.

Lei si figura nettamente la scena, non sarebbe stato di certo diretto, dal momento che avrebbe alluso magari mentre facevano l’amore, mentre lei gli sfregava contro il corpo nudo quando con le gambe avviluppate alle sue seguiva il corso dei propri pensieri, che raramente riuscivano a incrociarsi con quelli di lui. I primi tempi non ci aveva fatto caso così conquistata com’era nel maneggiare il corpo di Giacinta per cercare d’adattarlo alle sue fantasie, attualmente però provava una collera apatica e uno sdegno indolente, che si mescolava al piacere rendendolo a tratti perfino più ingegnoso, ma che dopo lo lasciava completamente scarico e svuotato di netto. No, non è una sensazione avvilita né triste quella che le offre adesso il ricordo di Palmira, là dentro quello spogliatoio carico d’aria pesante per mezzo di quel deodorante di bassa fattura, intanto che si ammirava nello specchio, tenuto conto che sopra la sua immagine faceva penetrare uno spicchio di cielo lucente.

La lampada al neon che stava per esaurirsi sputacchiava in conclusione una luminosità malandata, nettamente affievolita e sciupata, Palmira si fece avanti incorniciata dallo specchio fermandosi dietro di lei facendole captare in modo distinto il fiato sul collo, e senza dire una parola introdusse il dito medio nella sua pelosissima e splendida bionda fica. In seguito le sfiorò il collo con le labbra mosse il dito dentro di lei, mentre con una mano sfiorava con maestria il seno. Giacinta appoggiata al seno si muoveva sincronizzando i suoi movimenti al ritmo dettato dal corpo di Palmira, che sostenendola con un ginocchio le donava un andamento morbido e rotondo. Giacinta non può ricordare al presente quanto sia durato, per quanto tempo le dita di Palmira si siano interessate al suo seno, alle sue braccia, al suo ventre e alla sua favolosa fica con quei movimenti leggeri, come quando in aula la sfiorava per suggerirle al meglio senz’imporle nessuna posa specifica. Giacinta non sa per quanto tempo ha incrociato lo sguardo di lei nello specchio, giacché la osservava con curiosità e con stupore come se volesse ritrarla.

A ben vedere però, l’impronta consistente, ostinata e tenace lasciata volontariamente da Graziano, per quanto dolorosa, infausta e rattristante che fosse adesso si stava certamente abbassando, perché al suo posto c’era qualcosa d’indiscutibilmente confortante e d’innegabilmente rasserenante, una ferita che stava per l’appunto rapidamente guarendo.

In casa, infatti, al momento le luci erano accese, Graziano era tornato prima di lei, ma che inverosimile coincidenza e che bizzarro sincronismo, perché in conclusione fecero l’amore anche quella sera.

{Idraulico anno 1999} 

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