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Erotici Racconti

Sbigottimento spassoso

By 9 Luglio 2018Febbraio 10th, 2023No Comments

Tu sei sgattaiolata speditamente da quel circolo scaraventandoti sulla tua Renault Clio e allontanandoti alla svelta. Al momento, dai finestrini aperti piacevolmente penetra la fredda brezza serale, donandoti un delizioso palpito in questa nitida tarda serata di fine settembre. Tu percorri la strada nazionale a velocità elevata, perché in un istante raggiungi l’incrocio oltrepassando il cavalcavia, essendo in un baleno nei pressi della tua abitazione. In effetti, ti pare alquanto astruso, aver incrociato alle quattro di mattina la carrozzabile gremita da una gran quantità d’automobili, che peregrinano a prima vista senza destinazione dal capoluogo o in direzione del centro abitato, sì, per fare invero che cosa? Sono forse individui apprensivi, impazienti e frettolosi come te, alla ricerca d’un appagamento fuori portata, concitato, smanioso e irrealizzabile? Tu da qualche tempo, in verità già da tre mesi orsono hai sfoderato questa mania sciorinando di fare sesso di gruppo, persuadendoti in definitiva di non poterne realmente più fare a meno. 

Al presente, t’appare infatti, che la vita con un uomo come me sia diventata irrimediabilmente ripetitiva, giornalmente deprimente e malinconica, pressoché tediosa, perché constati che i piccoli cerimoniali della vita giornaliera siano divenuti astrusi, ermetici e insopportabili. M’hai riferito ascrivendomi che i ragionamenti tra di noi sono ultimati, che la nostra avventura non ha un seguito, pure nell’intimità del letto gli eventi non vanno più bene così come avveniva all’inizio, perché tutto t’appare come una prevedibile regola, un meccanico e ripetitivo rito, non importa quanto ormai. In quel momento hai stabilito di riafferrare la tua libertà, la tua vita, cosicché hai vagliato di cominciare nuovamente nel modo più comodo dal sesso, di ricominciare scorrevolmente alla grande, in ultimo esagerando, infrangendo e sovvertendo. A dire il vero, riesci a prendere parte di un’ammucchiata tre volte al mese, perché per colmare mascherando agevolmente la circostanza con i soci di lavoro, escogiti in modo accurato che ti trovi presso un ricevimento o che sei affaccendata in maniera inverosimile da un evento lavorativo eccezionale. Tu non hai appreso se io abbia intuito o meno, oppure che simulo di non sapere, ma fino a questo momento non te n’è interessato molto.

Da ultimo siamo a casa, nel mentre ti sbarazzi dello zainetto collocandolo sul canapè davanti al camino, che regala all’ambiente un piacevole tepore. Il fuoco non è del tutto spento, le ultime braci illuminano debolmente la stanza, eppure non hai il tempo di soffermarti come al solito, hai una grande urgenza di lavarti: ti togli gli anfibi abbandonandoli vicino al camino, mentre a piedi nudi sali su per le scale dirigendoti verso il bagno. Ti sfili di dosso gl’indumenti in un attimo abbandonandoli per terra, entri nel piatto della doccia aprendo immediatamente il rubinetto dell’acqua, io osservo che un rapido spruzzo d’acqua bollente ti colpisce la testa e le spalle, perché avverti la necessità di rimuovere quelle residue tracce di sperma che punteggiano la tua cute, sicché lasci che l’acqua scivoli a lungo sulla pelle per pulire risolutivamente i segni visibili, sciacquando in modo conclusivo tutti gli odori pungenti accumulati a causa degli amori di gruppo.

Le mani al momento sono ricolme di bagnoschiuma, detergi delicatamente tutto il corpo dal collo fino a scendere, fino a cospargere la fica con quell’essenza profumata. Scendi con due dita insaponate fino al buchetto posteriore, lo penetri delicatamente, quasi nel voler smacchiare via con l’acqua della doccia anche il ricordo di quello che hai appena compiuto dentro quella stanza viziosa, come se scordare uno spettacolo depravato del genere fosse agevole, frivolo e scorrevole. Non è capitato nulla d’avvenente, di piacevole né di memorabile. Raramente ormai ti succede di stare bene durante il corso della giornata né a casa né tanto meno sul lavoro, perché l’ansietà e la tensione ti rode, l’angoscia t’intacca scheggiandoti, dal momento che riesci a liberartene (solo in tal modo credi e sostieni tu) solamente durante quei rabbiosi e ripetuti orgasmi che sperimenti nello spazio del sesso di gruppo, ma stasera non è successo, questa sera non hai goduto, perché hai compreso il raccapriccio totale, la ripugnanza netta, per il fatto che hai captato a piene mani d’aver rasentato il basamento.

Adesso rammenti che sei stata fedele e devota osservante alle irremovibili direttive impartite dall’orgia, ti sei posizionata ordinatamente carponi sul parquet stringendo tra le labbra il cazzo d’un forestiero, mentre un altro ignoto amatore si è piazzato alle tue spalle introducendosi senz’alcuna complessità né impedimento nel tuo posteriore già ben lubrificato e accortamente dilatato dalle tue stesse dita, di conseguenza ben predisposto al bisogno. Il primo maschio sei riuscita a farlo sborrare subito, dedicandoti a un mestiere abilmente e coscienziosamente con le dita, la bocca, le labbra, perfino con i denti: il suo rapido getto di sperma t’ha colto sugli occhi, sul naso e sulle guance. Sei riuscita a ingoiarne ben poco, perché anche il piacere di degustare lo sperma di quest0uomo frettoloso e scadente è stato tutt’altro che memorabile. 

L’altro individuo, ha proseguito caparbiamente e implacabilmente nella sua azione, ma tu lo hai notato trovandolo insostenibilmente indolente. Tu hai perfino dimostrato d’assecondarlo spostando il bacino in simultaneità con i suoi fiacchi affondi, tuttavia non hai provato nessun’impressione soddisfacente, in tal modo hai avuto bisogno d’avvalerti dell’abituale e risolutivo e duttile piacere della masturbazione, iniziando ad accarezzarti la fica, durante il tempo in cui quel forestiero alle tue spalle ha insistito con la sua fiacca e inoperosa serie di spinte. Malauguratamente, neppure in quella maniera sei riuscita a godere: repentinamente l’abietto e indecoroso individuo, peraltro appropriandosi del tuo felpato e ospitale pertugio ha cominciato ad ansimare, all’istante ha sancito di non poter resistere un minuto di più, giacché ghermendoti per i fianchi con le sue grosse mani t’ha decisamente schiacciato contro la sua pancia villosa, sborrando in conclusione dentro di te e schiamazzando come un verro. Tu, fermamente arrabbiata, energicamente contrariata e indiscutibilmente frustrata, in maniera nevrotica e tormentata ti sei sollevata senz’esporre vocabolo alcuno, celermente ti sei rivestita, hai afferrato sul bancone del bar la prima bottiglia di Tequila là collocata trangugiandone una nutrita sorsata, in seguito ti sei dileguata dal quel pseudo-circolo, oltrepassando speditamente la carreggiata e raggiungendo l’autovettura, fortunatamente parcheggiata lì di fronte. 

Appena arrivi a casa io sto dormendo, scosti l’accappatoio che hai indossato dopo che hai fatto la doccia e t’infili sotto le lenzuola. Per abitudine io riposo su d’un fianco, talvolta in posizione fetale, indosso soltanto la mia maglietta di cotone e sono senza slip. In quell’occasione t’invade un sortita di compassione e m’avvicini il ventre al sedere, quasi nel volerlo stimolare con i peli umidi e profumati della tua deliziosa fica, in seguito m’accerchi le spalle con un braccio. Che cosa ti sta succedendo? Io mi sveglio all’istante e volgendo un poco la testa verso di te mormoro alcune parole: 

‘Sei già qua? Sono solamente le quattro. Com’è andata la serata?’.

‘Discretamente, sì, abbastanza bene’. 

‘Te la sei spassata al meglio?’.

‘Ti dirò che non è stato nulla d’eccezionale, il monotono e inconsistente quadro, la medesima scena. Non saprei definire di meglio. Devo ammettere, riconoscere e affermare che pure stavolta hai avuto ragione’.

In quell’istante ti ricredi e ti penti, cerchi di redimerti subito, perché in maniera impensata fai digradare la tua mano facendola sgusciare senza sottintesi verso la zona pelvica, dopo inizi a palpeggiarmi prudentemente quel guerriero assopito. In breve tempo quell’irrisorio supplemento si trasfigura in un entusiasta e formoso cazzo, tu senza tentennamenti m’induci essendo al momento mezzo assonnato a stendermi sul dorso, per collocarti cavalcioni sopra di me. Rapidamente accompagni il mio cazzo dentro la tua deliziosa fica e intraprendi il tuo spasso privilegiato, precisamente quello che entrambi definiamo il passatempo ballerino, perché rannicchiata sopra di me premendo le estremità dei piedi sul giaciglio, mettendoti in azione accortamente sopra e di sotto, roteando simultaneamente la cavità pelvica sul granitico cazzo che s’innalza festeggiante fra le mie muscolose cosce, finché io favorisco caldeggiando le tue movenze con gagliarde spinte della cavità pelvica dal basso verso l’alto.

Attualmente godi in modo spropositato, perché ti muovi senz’interruzione e sempre più in fretta, dissennatamente, mentre io abbranco i tuoi magnifici fianchi con le mani stringendoli. Subito dopo mi rivolgo in direzione dell’altro onorato manufatto del mio desiderio, spianando gentilmente con le dita la cute del tuo sedere accarezzandolo furbamente e penetrando nel contempo la tua morbida fica. Tu esulti e ti compiaci, perché mi trafiggi con le unghie la parte superiore del busto in prossimità delle clavicole, dopo t’abbassi per baciarmi ardentemente sulle labbra, pronta subito dopo a mordermele. Io sto rabbrividendo per quello che provo, boccheggio per il piacere che ricevo, il mio fiato diventa ansante, sto per sborrare e tu questo lo avverti in modo distinto, per il fatto che pure tu vuoi conquistare infine l’ambito benessere dei sensi, sicché velocizzi di fatto la cadenza. 

Al presente sei realmente un ciclone, una vera e affamata ossessa, in quanto l’acme totale del piacere sopraggiunge repentinamente, in modo impetuoso e irrefrenabile, trascinandoci in un tremore spontaneo mentre strilliamo come due squilibrati. Subito dopo io mi scaravento sul giaciglio, sprofondo come se fossi stato sorpreso da un capogiro, mentre un bollore insopprimibile s’innalza dall’utero attraversando interamente la tua persona, aprendosi e spezzandosi scompaginandoti le viscere.

Adesso ti senti diffidente e guardinga, sei manifestamente prostrata, mentre decisamente avvilita, indebolita e umiliata t’accovacci sopra di me e piangi, non sapendo esattamente il motivo. O forse sì, perché probabilmente t’accingi a comprendere. Io però non ti giudico ne ti condanno, mentre la mia mano liscia gentilmente la testa, nel tempo in cui intreccio tra le dita la tua folta chioma.

Dopo ti cospargo la fronte di baci, fintanto che con la lingua t’inumidisco le mani, ecco in conclusione l’imprevedibile e inattesa illuminazione, al presente hai afferrato e compreso una cosa nuova e importante, hai capito perché e per chi vuoi vivere. Per il tuo uomo.

{Idraulico anno 1999} 

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