Skip to main content
Erotici Racconti

Scalini nella mente

By 21 Febbraio 2018Febbraio 6th, 2023No Comments

Io non ho in nessuna circostanza adorato né amato sedermi su quegli scalini, sì, per l’appunto quei tre scalini che si trovano per le strade siciliane intorno ai quali molte persone trascorrono le ore serali degli afosi e opprimenti mesi estivi. Malgrado ciò, saltuariamente mi facevo coinvolgere e a dirla tutta da qualche tempo non mi dispiaceva, giacché quella congiuntura mi consentiva permettendomi d’avvicinarmi a quel sogno proibito, che dall’estate scorsa complice una battutina candidamente sfuggita, quest’ultima si era rapidamente impadronita dei miei più inconfessabili e sconci desideri aizzandomi e stravolgendomi oltremodo.

Lei era sempre lì accomodata lassù sul secondo scalino, con un vestitino semplice di quelli per lo più indossati dalla maggior parte delle casalinghe di questa terra, perché quelle gambe con un gesto sensuale s’alternavano l’una sull’altra più volte, per il semplice fatto che per brevi istanti mi regalavano insperate vedute concedendomi scorci di paradiso. Concetta aveva un seno grande, io lo immaginavo morbido e tondeggiante come si riconosce effettivamente a una donna della sua età, per il fatto che i suoi trent’anni d’età invero mi suscitavano sensazioni indescrivibili, turbamenti straordinari, stupori indefinibili, peraltro inediti e mai provati prima d’allora. Di frequente io mi fermavo riflettendo sulla sua angariata quotidianità, sulla sua afflitta e martoriata solitudine che dopo il divorzio era divenuta sufficientemente palpabile e vistosamente reale, valutavo sui suoi sogni tenendo conto sul suo verosimile bisogno d’un uomo che l’abbracciasse, in quanto ogni volta immaginavo che un fuoco invisibile ai miei occhi devastasse la sua mente, sconquassando in conclusione il corpo di quella donna ben sviluppata e indiscutibilmente per me ricca di fascino.

Su quegli scalini, in verità, ogni argomento era di pubblico interesse, perché pareva come se si leggesse un rotocalco aperto aggiornato all’ultim’ora, perché da ogni bocca svolazzavano parlantine linguacciute e mormoratrici senza meta, che a singhiozzo raggiungevano ora l’uno ora l’altro interlocutore, normalmente io assorbivo passivamente quei discorsi ribattendo raramente. Quando però da quel mucchio di parole mi raggiunse l’informazione che lei doveva montare una tenda nel salone e che da due settimane attendeva che quel lavoro fosse eseguito, non potei fare a meno di propormi senza molta enfasi né molte pretese annunciandole:

‘Guarda che se hai bisogno posso farlo tranquillamente anch’io, se per te va bene, io non ho problemi’.

Appena percepii che stava valutando seriamente la mia proposta un brivido mi percorse la schiena, perché stavo per fare un salto di gioia, ma feci in tempo a contenermi, tenuto conto che in quella circostanza ci accordammo per la mattina successiva. Quella notte fu lunghissima, dormii male, perché non potevo fare a meno di pensare al momento in cui saremmo rimasti da soli in casa sua, sensatamente conclusi però che non dovevo commettere errori né farmi illusioni, dopotutto quella situazione poteva pacificamente risolversi con un favore di buon vicinato. La mattina successiva mi presentai con la dovuta attrezzatura, lei m’accolse con un sorriso radioso chiedendomi se gradissi un caffè, in quel frangente lei mi girò le spalle per prepararlo, mentre i miei occhi percorsero la sua figura lentamente soffermandosi su ogni elemento che rendeva quella donna ammaliante e indiscutibilmente irresistibile. Indossava un vestitino bianco con i bordi blu di quelli che s’abbottonano al centro e sul davanti notando come lo indossasse con una naturalezza disarmante.

Io sorseggiai il caffè e mi misi prontamente all’opera, quel lavoretto per me era un gioco e ci impiegai ben poco tempo per svolgerlo. La tenda accuratamente stirata era distesa sul divano, offrii il mio aiuto per montarla e Concetta accettò ringraziandomi con uno dei suoi splendidi sorrisi. Una pulita veloce e fummo pronti per terminare l’opera. Tenendo ferma la scala io l’osservai durante il tempo in cui saliva lentamente fra quei pioli, il tessuto morbido della tenda in quell’occasione la fasciava a tratti delicatamente, nascondendomi i suoi lineamenti e alimentando maledettamente e libidinosamente in special modo la mia dissoluta e lussuriosa fantasia. Poi comparve l’inevitabile: di colpo la tenda scivolò verso terra e per un istante mi mancò il respiro, in quell’istante mi resi immediatamente conto che avevo davanti agli occhi lo spettacolo tante volte lungamente e lascivamente sognato. Le sue gambe si stagliavano al presente verso il tetto e nel punto in cui si congiungevano io vedevo il suo slip nero disegnato sul suo corpo. Io volevo evitare d’apparire importuno e invadente, ma non potei fare a meno d’alzare lo sguardo per ammirare quella scena che mi sovrastava apprezzando tutta quella magnifica visione. Lei si chinò un poco per stabilizzarsi sulla scala, e quella macchia nera al centro delle cosce divenne repentinamente immensa, rigonfiandosi davanti ai miei occhi increduli ed eccitati all’inverosimile.

Concetta si rese certamente conto di quanto stava accadendo, ma non palesò una parola, continuò a fissare la tenda ai gancetti con snervante meticolosità e iniziò a scendere lentamente. Quando le sue gambe giunsero all’altezza del mio viso non riuscii a trattenermi portando la mia mano all’interno della coscia poco sopra il suo ginocchio, stringendo dolcemente ma con fermezza la sua pelle candida. Lei si fermò nel guardare fissa davanti a sé fuori dalla finestra, non un gesto né un commento fuoriuscì dalla sua bocca, forse se lo aspettava. La sua pelle era morbida come la seta, la mia voglia d’esplorare quel corpo era incontenibile, in tal modo allentai la presa e con i polpastrelli iniziai a sfiorarle delicatamente l’interno delle cosce muovendomi sotto il bianco di quel vestito che mi stava accecando. Lei ebbe un rapido sussulto, giacché con una lentezza impercettibile portò leggermente all’indietro il bacino. Il suo era un invito che io non potevo ignorare, cosicché sollevai il suo vestito fino alla vita, ammirai per un attimo i suoi glutei bianchissimi e tondeggianti, poi scostai premurosamente gli slip e m’intrufolai con la lingua nella sua carne profumata.

La sua nera e pelosissima fica dove io abitualmente fantasticavo e focosamente vaneggiavo era straordinariamente rigonfia, mi mandava in totale visibilio alterandomi svisceratamente i sensi, in quanto emanava un odore fortissimo ma delizioso, perché sulla lingua ne captavo distintamente le sue frequenti pulsazioni. Io continuai per qualche minuto fino a quando lei mi scongiurò con un filo di voce di fermarmi con le gambe tremanti. Staccandomi da lei fissai le sue grandi labbra dilatate in quella circostanza oltre ogni possibile immaginazione, bagnate di fluidi e oscenamente aperte davanti ai miei occhi increduli, finché vacillando Concetta m’afferrò per mano dirigendosi nella vicina camera da letto, si sbottonò il vestitino e tirò giù lo slip in un baleno, poi s’inginocchiò a quattro zampe al centro del letto allargando le cosce fin dove poteva e inarcando la schiena all’indietro in una posizione inequivocabile. Adesso potevo ammirare non soltanto il colore rosso acceso della sua fica spalancata, ma anche il suo delizioso buchino, che senza alcun pudore si spingeva all’infuori della sua sede naturale mostrandomi la sua naturale avvenenza. Adagiai dolcemente il mio cazzo su quel bottoncino perfettamente rotondo e iniziai a importunarla scivolando sulle sue stesse secrezioni, solcando il suo sesso che a ogni passaggio si bagnava dilatandosi sempre di più; entrambi stavamo perdendo la bussola dall’eccitazione, eppure volevo portarla all’estasi perché sapevo che in quel modo ci sarei riuscito. Quando Concetta non ce la fece più con un secco colpo di reni spinse all’indietro inghiottendo il mio cazzo che scomparve nella sua cavità, io m’aggrappai da dietro alle sue tette penzolanti sentendo i suoi capezzoli grandi e carnosi.

Il ritmo divenne sempre più frenetico, gli stimoli sempre più decisi e a ogni affondo le sue tette dondolavano disordinatamente. Lei era completamente sudata, compresi ben presto che stava per avere un orgasmo travolgente, sicché mi lasciai andare al suo ritmo forsennato assecondando i suoi gemiti confusi, perché speditamente esplodemmo insieme e mi svuotai completamente dentro di lei. Poi il ritmo rallentò, inchinata com’era Concetta s’accasciò sul letto, io insieme con lei dentro di lei: rimanemmo in tal modo per un bel po’ di tempo, come se i nostri corpi si fossero fusi in unico soltanto. Quando mi ritrassi dal suo corpo, sollevandomi dal letto, un bianco filo di sperma si disperse fuori dalla sua fica, che da quella posizione m’apparve gigantesca con il suo color rosso fuoco, che spiccava distintamente tra i nerissimi peli bagnati e per questo diventati lucidi.

Io m’avvicinai baciandole delicatamente una guancia. Per la prima volta ci fissammo reciprocamente negli occhi, non so esattamente i miei, però i suoi erano scintillanti, soddisfatti e fuori dalle orbite. Uscendo dalla stanza mi soffermai sulla porta, mi girai per guardarla un’ultima volta: era ancora lì con le gambe oscenamente divaricate. Mi sussurrò molte grazie e gratificata mi sorrise amorevolmente.

Sapeva ed era certa, che su quegli scalini l’avrei immaginata e desiderata per sempre così.

{Idraulico anno 1999} 

Leave a Reply