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Erotici Racconti

Scelta istantanea

By 16 Gennaio 2019Febbraio 12th, 2023No Comments

Ci risiamo, puntualmente come ogni anno qua presso l’ateneo è sopraggiunta la bella e spensierata calda stagione, è già tempo per completare gli ultimi esami presso la facoltà, eppure quest’oggi qui c’è invero un’opprimente calura, un’enorme calca, tanta concitazione, una tastabile irritabilità e in aggiunta a ciò l’immancabile e istintiva congenita fifa che t’assale. Per via della lettera iniziale del mio nome di famiglia al presente risulto la terminale come ordine alfabetico, perciò sono obbligata ad attendere fino al tardo pomeriggio inoltrato. Precedentemente là dentro si trovava parecchia affluenza, in seguito quella ressa ha iniziato a dileguarsi spingendosi verso l’esterno, sicché in breve tempo sia la sala quanto l’ingresso gradualmente si è rapidamente sgombrato. In quel mentre là sull’uscio m’accendo la mia Lucky Strike preferita, ne fumo addirittura due, finendo nell’incontrare Anita, che è là che attende pure lei di sostenere l’esame, per il fatto che una delle prime segnate nella lista. 

Io, in effetti, Anita l’avevo già notata nei paraggi del terzo piano della segreteria dell’ateneo, tuttavia non ci eravamo giammai aperte né confidate, giacché non ero al corrente che fosse iscritta anch’ella alla facoltà di farmacia. In verità ci s’affiata e si simpatizza nell’attesa di sostenere un esame, naturalmente cercando di spartirci collettivamente il panico. Per la circostanza ho con me delle annotazioni di un’altra precedente interrogazione che l’incuriosiscono, pertanto in quel frangente ci lasciamo a vicenda i numeri dei cellulari. A ben vedere Anita è un’avvenente ragazza, soprattutto regala la sensazione della compattezza e della sicurezza. E’ longilinea e pure licenziosa, la vedo procace, ha un aggraziato ed eccezionale fondoschiena, il volto non è armonioso, eppure risulta ardente, in quanto diffonde sensualità, prontezza e abilità di sé, accompagnato infine da due enormi occhi che t’ammaliano. 

Con il passare del tempo l’apprensione s’attutisce, dal momento che ci fanno accomodare è diventato tardo pomeriggio, io con il docente di turno, mentre lei è in compagnia dell’ultimo dei collaboratori rimasti. L’esame si svolge nel migliore dei modi, finanche più soddisfacentemente del pronosticato. Adesso la tensione si squaglia dissolvendosi, è fatta, adesso occorre una tonificante doccia che mi ritempri, qualcosa da sgranocchiare e una gigantesca dormita fino a domani. Discorrendo scopro che Anita soggiorna suppergiù nel rione dove dimoro io, sicché stabiliamo di percorrere la strada assieme. In realtà c’è da camminare a lungo, tuttavia non prendiamo l’autobus, perché quattro passi saranno utili e tonificanti per espellere l’accumulo della prova. Dialoghiamo e c’intendiamo chiedendoci a vicenda dei fatti nostri, come due donne che si sono appena conosciute. I suoi genitori sono di Frosinone, lei a ridosso della periferia del capoluogo alloggia da sola in un appartamentino in affitto. Io l’invidio tantissimo, perché pure io bramerei disincagliarmi alla svelta dalle mie coaffittuarie, combinazione sennonché vuole che questi giorni loro sono già in ferie. Anita ha tre anni più di me, francamente le mancano pochi esami e sta iniziando a sviluppare l’argomentazione finale per la laurea.

“Sono certa che accoglierai festosamente l’evento con il tuo moroso?” – mi sollecita lei entusiasta.

“Volesse il cielo, sfortunatamente non è possibile” – le ribadisco io di getto leggermente immusonita e risentita.

Vittorio è da pochissimi giorni volato per l’Australia per un prestigioso corso post laurea, ci tiene tanto ottenerlo, pensa che non so se stasera riuscirò a sentirlo per telefono. Peccato non sia qua. Una bella scopata come si deve dopo l’interrogazione sarebbe stata l’adeguata incoronazione, l’appropriata esemplare ricetta per rilassarmi, rinfrancandomi e confortandomi sia il corpo che lo spirito”. Quest’ultima carnale visione e altrettanto lussuriosa nozione la rimugino però solamente, a lei non la svelo, perché me la tengo per me.

“Tu invece?”. 

“Tutto molto sobrio, nessuna festa, mi ritiro, assaggio e sorseggio qualcosa da sola e dopo vado a letto”.

“Dimmi una cosa, hai almeno un ragazzo che ti faccia compagnia?” – le manifesto io incuriosita.

“Mi punzecchi? Vorrai beffarti di me?”. Anita in quel frangente si blocca, m’osserva sdegnata e con un’espressione inattesa mi rivela:

“Forse non lo saprai, in ogni caso ti confido un sentimento occulto. Io con i maschi è da svariato tempo che ho troncato i rapporti. Nella mia esistenza esistono unicamente donne, azzardo e ribadisco per fortuna. Come puoi ben notare, pur senza ragazzi verifica tu stessa come sono in forma”.

Pur non prendendo in considerazione la mia boccaccia di tentennamento e di tangibile stupore, Anita per la circostanza per nulla lambita dal discutibile concetto, si para davanti a me addirittura catapultandosi in un’esilarante giravolta nei pressi d’un segnale stradale a ridosso del marciapiede, per mettere in scena la sua radiosa contentezza per tale proposito.

“T’informo e ti riferisco, che sono una donna omosessuale all’ennesima potenza. Aggiungo altresì, che sono affermata, ampiamente testata e per di più stabile. A questo punto quello che mi serve è unicamente l’attestazione della categoria e della funzione, sono persuasa che però me la concederanno”.

Io la squadro ancor più senza parole, perché adesso la punzecchio nuovamente cercando di farla uscire allo scoperto:

“Anita, secondo me dici così per indignarmi e per sconvolgermi. Ti prendi gioco di me?”.

“Daniela, no, è tutto vero, credimi. Riscontralo e domandalo a chi mi conosce da tempo, verifica tu stessa”.

Io sono leggermente sbigottita e disorientata, ma al tempo stesso debolmente aizzata e intrigata. Onestamente nei miei ventitré anni d’età, giammai mi era successo di ragionare e stare a stretto contatto congetturando con una donna omosessuale. Devo riscontrare che una donna senza peli sulla lingua, Anita lo ammette senza fronzoli supplementari, lo introduce senz’orpelli addizionali, anzi, nientemeno lo afferma riportandolo e testimoniandolo con una fierezza libera e con un lineare vanto, esentata e sollevata da inutili e improduttive costumatezze, per di più a una compagna di facoltà che conosce solamente da poche ore. Per me è una bizzarra, inedita e a tratti briosa novità, in verità già l’ammiro per la sua diretta spontaneità. Adesso che ci rifletto, tempo addietro io le donne omosessuali le avevo di frequente concepite con la fantasia goffe e sgraziate, introverse, nevrotiche e disarmoniche. Devo schiettamente ravvedermi, Anita al contrario è una gran fica, è il ritratto della limpidezza e della pura letizia, i maschi quando l’incontrano se la trangugiano con lo sguardo, chissà quanti di loro se la chiaverebbero con piacere. 

“Dimmi una cosa Anita, a questo punto devo dedurre che hai una ragazza?” – la punzecchio io tergiversando tanto per enunciare alcune cose, malgrado ciò turbandomi e avendo soggezione all’istante nell’averglielo domandato. 

“Per niente Daniela, zero spaccato. Onestamente le femmine le scelgo io, anche se non voglio avere legami fissi di lunga data. Io cerco di ricrearmi con tutte quelle che posso, pressappoco per quindici giorni e dopo ognuna per i fatti propri”.

Dialogando e vagheggiando abbiamo raggiunto la sua abitazione, Anita mi specifica il suo appellativo incastonato sul bubbolo del portone d’ingresso:

“Daniela, questo è il mio alloggio, sappi che, se e quando vorrai, potrai pacificamente suonare, se sarò in casa io t’aprirò ben volentieri, perché sarai sempre la benarrivata. Bada bene però, se verrai da me, ti sedurrò e cercherò di condurti nella stanza da letto. Tu sei il mio genere, m’attrai molto, perché una femmina affabile, aperta e cordiale come te, che ascolta e che presta attenzione senza giudicarti né sentenziarti non me la lascio sfuggire, stanne più che certa”.

Io mi trovo quasi semi tramortita, sono debolmente angosciata, mi ritrovo nello sbigottimento radicale, capto d’essere scompigliata, non riesco a fare altro che ripeterle la cosa di poc’anzi:

“Anita, senti, tu lo dici per turbarmi oltre il limite, per scioccarmi oltremisura, in conclusione non ci credo, suppongo che ti piace il cazzo e basta” – proclamo io in maniera ardita, definita e risoluta.

Nel tempo in cui la chiave rotea nel foro della serratura Anita mi fa cenno d’approssimarmi, perché con una modalità abile, lungimirante e finanche perspicace, con un raggiro mi colloca un braccio attorno al collo, mi stringe senza peraltro darmi il tempo per capire che cosa succede e mi bacia focosamente lasciandomi di stucco. Un vero bacio a stampo sulla bocca, tanto impensato quanto delizioso, che non ho neppure la possibilità di chiudere le labbra, in verità il suo è solamente un rapido guizzo di lingua, sicché poco dopo molla la presa aggiungendo:

“Che cosa te ne pare? Sostieni che questo possa bastare come accertamento? Avvalori il mio atteggiamento?”.

Anita non mi dà il tempo per altro, entra, chiude con forza la porta alle sue spalle e si dilegua oltre la bella vetrata, allontanandosi senza girarsi e lasciandomi unicamente l’immagine della sua graziosa e leggiadra figura, ripetendomi di mettermi comoda sul canapè e d’attendere il suo ritorno. Io cerco di riordinare al meglio le mie già scombussolate nozioni, tento di ripigliarmi da tanta briosa e inattesa focosità, mi scruto attorno ponderando che nessuno ci abbia adocchiato per strada. Poco dopo le lascio un cartoncino con su scritto che ci ripenserò, che al presente non sono pronta, che sarà indubbiamente mia premura e interesse ricontattarla al più presto appena mi sarò ripresa, in tal modo m’allontano uscendo dalla sua abitazione. In seguito girovago, la mia mente è inquieta e travagliata, ma al tempo stesso intrigata e sequestrata, durante il tempo in cui percorro i cinquecento metri che mi separano dalla mia dimora, arrivo, salgo di sopra, scaravento gl’indumenti e mi getto sull’ottomana rimuginando per lungo tempo su quell’astruso, bizzarro ed eccentrico libidinoso avvenimento che mi è capitato:

“Che femmina, è travolgente, certo che Anita non aveva per nulla il proponimento di burlarsi di me, m’ha persino baciata. Acciderba, se le lascio le briglie sciolte mi salta addosso, Anita è ferrata ed emancipata, è abbastanza ingegnosa, mi chiaverà veramente. Non c’è che dire, lei ha una bella voglia di fica”.

Cerco di rasserenarmi, tento di schiarirmi la mente, mi sfilo le scarpe e accendo lo stereo e faccio partire a volume alto il brano “Ore ed ore” della cantante Valeria Vaglio che io reputo meravigliosa, nel mentre adocchio l’elenco telefonico collocato sulla mensola di vetro che mi rammenta che dovrò chiamare Vittorio in Australia, ma lo stringato e laconico breve messaggio della segreteria mi riferisce che è inaccessibile. Frattanto faccio una sorpresa contattando i miei genitori, per rassicurarli che in un primo momento l’interrogazione e in seguito la prova finale è andata bene oltre ogni aspettativa, eppure la fisionomia di Anita mi martella l’intelletto di continuo tartassandomi, in quanto ce l’ho appiccicata addosso come la colla. Rivivo intensamente la fervida percezione delle sue polpacciute e seducenti labbra, anche se quell’atto è durato soltanto pochi secondi.

Non ho appetito, il televisore lo lascio spento, perché al presente m’intralcerebbe, devo riflettere profondamente. In effetti, a ben vedere, l’atteggiamento da maschio addosso ce l’ha, sia nel modo di fare determinato, ma anche con quella sua sortita che non vuole legarsi a una partner per lungo tempo, ma che vuole solamente spassarsela e via discorrendo. Mi domando dove le rimorchierà le femmine con le quali andare a letto? Non è affatto semplice tallonare una ragazza e portarsela subito a letto. Per una donna, voglio dire, eppure questo peccaminoso e triviale concetto l’ha riportato in maniera lineare anche a me: io le piaccio e non mi lascerebbe sfuggire, sarò già nelle sue lascive e viziose grinfie? Certo è che però Anita è una bella figa, ha il didietro perfetto, ondeggia a modo quando è necessario, probabilmente frequenterà qualche palestra, oppure madre natura stessa le ha dispensato questo sbalorditivo ben di Dio. Vittorio per una femmina del genere farneticherebbe dalla mattina alla sera, spasimerebbe alla grande, sarebbe incontenibile.

Anita m’ha ingarbugliata alla grande, io sono in totale soqquadro, al presente devo riacciuffare la calma, in tal modo ritento la comunicazione con Vittorio, ma pure stavolta non è fattibile. Che stolto e che spregevole individuo con la sua visione dell’Australia, adesso sì che mi serviva averlo qui tra le cosce, eccome. Adesso doveva essere qua e darci dentro a più non posso, chiavare fino a farmi strillare come piace a me. Sto perdendo l’omogeneità, devo rincuorarmi, per di più c’è ancora quel caldo opprimente e spossante che ti svigorisce. Per levarmi il fastidio della canicola vado a farmi una doccia, eppure Anita non riesco a levarmela dal pensiero, perché durante il tempo in cui mi spoglio mi scruto altresì nella grande specchiera e sembra che lei mi stia osservando. Io non sono come lei, il mio seno è trascurabile, per non parlare delle mie irrilevanti chiappe e persino della banale capigliatura. Io suppongo che lei il sole se lo piglia in completa nudità. Sono un’impicciona d’apprendere e d’individuare che cosa compiono precisamente due donne mentre chiavano. Che cosa si diranno? In quale maniera abbozzeranno la scena?

In realtà neppure sotto lo zampillio ricostituente e ravvivante dell’acqua della doccia riesco a pensare ad altro, può darsi che pure Anita starà in quest’istante facendo la doccia? Nel mentre m’insapono, potrei rabbonirmi sfiorandomi, parecchie volte l’ho eseguito, di solito funziona, giacché aizzata e fomentata come sono avverrà senza dubbio in fretta, anche perché godere non mi farà male di certo.

In quell’istante cerco d’immaginare Vittorio disadorno con il cazzo in erezione che vuole penetrarmi nella postura della pecorina intanto che facciamo la doccia assieme, malgrado ciò Anita inevitabilmente ricompare. Mi piacerebbe che fosse lei a farsi la doccia con me, magari mi palpa cospargendomi il bagnoschiuma tra la fica. Accidenti pure a quell’ebete e ottuso di Vittorio, non poteva partire più avanti per l’Australia? Ho la distinta sensazione che manchi davvero poco per godere, ci sono quasi, eppure io non voglio strepitare il mio orgasmo, o meglio non in quella modalità.

La risolutezza giunge sennonché fulminea, tuttavia non è una conclusione, bensì è un impulso, un’ispirazione, vale a dire una conseguenza autonoma e volontaria. Senza ripensarci ulteriormente esco dal piatto della doccia, m’asciugo rapidamente, acciuffo il cellulare e la chiamo, Anita con la voce carezzevole di sempre replica:

“Cara Daniela, ti sto pensando tutta la serata, se non ti senti sfibrata quegl’interessanti promemoria potresti portarmeli anche adesso. T’aspetto con le braccia aperte, a dopo, ciao” – mentre in sottofondo io riesco nitidamente a riconoscere le note della canzone “La differenza”, altro stupendo brano interpretato dalla cantante Mariella Nava.

Devo in conclusione ammettere e riconoscere che questa canzone, invero, comunica dell’omosessualità di due donne in maniera unica. Riassuntiva e particolareggiata che ricorda percezioni del passato come poche, la canzone è la storia d’un amore, la rievocazione d’un coagulo di emotività, che non si diluisce fino allo sbraito finale. Io la prima volta che l’ho udita ho compreso all’istante che argomentava di due donne, però ne discorreva senza disordine né ribellione, in maniera né scurrile né volgare, il pezzo è gradevole e più d’ogni altra cosa fa ponderare e valutare. Viva l’amore. 

{Idraulico anno 1999} 

 

 

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