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Erotici Racconti

Sensazione forte

By 17 Giugno 2018Febbraio 9th, 2023No Comments

Attualmente là di fuori sta scrosciando forte, c’è molto vento, è abbastanza tardi, mi trovo all’interno d’una locanda piena di musica, di fumo e di confusione. A un certo punto ti noto tra la gente: non passi inavvertito, giacché sono numerose le occhiate che ottieni su di te. In quella circostanza sei vestito con un paio di braghe chiare fascianti, una maglietta multicolore con la manica lunga, perché quegl’indumenti indossati da te non passano di certo senz’attirare l’attenzione dei partecipanti. 

Il cuore mi balza nel mentre in gola, perché la rievocazione di quelle ore pomeridiane riappare accesa e brillante in me, insieme alla promessa fatta a me stessa di stare ben lontana da te. Un’amica nota frattanto il mio indubitabile turbamento, io le spiego coscienziosamente tutto e le indico dove sei: mi domanda incredula se sono stata con lui, a dire il vero non ci credo nemmeno io. Vorrei uscire dalla locanda, mi manca il respiro, in seguito considero meditando che magari non m’ha notato in mezzo a quella baraonda, eppure non è così. Lui viene verso il mio tavolo sorridendo, mi saluta chiedendomi che fine abbia fatto e come stia. E come vuoi che stia? La mia risposta è banale, insipida, poco sincera, per nulla onesta e colma d’imbarazzo e d’insicurezza. Tu lasci che ti presenti le mie amiche, perché in seguito t’allontani con una scusa. 

Quella donna che prima m’ha chiesto di te non ti toglie gli occhi di dosso, poi mi ribadisce che se te lo faccio scappare non mi parlerà più. Se dovessi dar retta al mio istinto scapperei da quel locale troppo pieno e troppo caldo e ti seguirei ovunque, eppure vorrei capire se sei solo lì dentro o se c’è la tua donna, perché non voglio affrontare in nessuna maniera le conseguenze d’un altro rapporto con te. Non è così facile, le dico, in quanto stare con te per un’ora, lasciarti dopo e sapere che non ci può essere più nulla. Decido d’andare a ballare pur sapendo che non è la cosa giusta, indubbiamente sulla pista non passo né sono sottovalutata, in tal modo per te è facile trovarmi. E poi so che anche tu sarai lì. 

La musica mi stordisce, sbarro gli occhi e mi lascio possedere facendomi dominare dal ritmo e dai riflessi delle luci stroboscopiche. Non so quanto tempo passa: qualcuno mi mette le mani sui fianchi, e so per istinto che sei tu. Mi prendi per mano e mi accompagni fuori dalla pista. Mi chiedi che cosa sia successo, non so come dirti che per me sei troppo. Il tuo sguardo mi ipnotizza e mi spiazza. Vorrei sparire. Ti dico che quel pomeriggio è stato un errore, che non c’è dell’altro altro, io tento d’allontanarmi, eppure tu m’agguanti il braccio, mi sbatti con violenza contro il muro della discoteca e mi baci con veemenza. Io ti rispondo di rimando senz’opporre resistenza, appresso ti seguo verso il lato più buio e appartato della locanda. 

L’adrenalina in me ha già raggiunto al presente livelli spaventosi solamente nello starti vicino, dal momento che so molto bene di suscitare la concorrenza, d’infondere la rivalità e d’originare la stizza di numerose donne presenti là dentro, che mi esaminano di continuo durante il tempo in cui m’isolo ritirandomi con te. Tu mi baci di nuovo, io mi sento sragionare dal desiderio, ti sfioro e capto che non sei meno eccitato di me: mi chiedi di sbottonarti almeno il primo bottone dei pantaloni, perché stai scoppiando, io lo eseguo ben volentieri, perché bramerei farmi prendere da te fino allo sfinimento lì sul canapè. Le tue mani sono dappertutto sul mio corpo, per il fatto che le insinui in ogni apertura del mio vestito con modo di fare esaltato e febbrile: se questo delirio di sensi non è chimica, non saprei come altra maniera definirla. Siamo uno sopra l’altro, ti muovi su di me come se mi stessi scopando e io ti assecondo, frattanto medito se qualcheduno degli addetti alla sicurezza passasse di lì, certamente ci sbatterebbe fuori. 

Il tuo respiro è affannoso mentre aumenti la velocità con cui ti muovi, effettivamente non possiamo continuare qui, ti dico d’andare fuori verso l’autovettura, malgrado ciò tu fingi di non sentire né accenni di smettere. Io sono bagnata, ti desidero come non mai, perché sentire il calore del tuo corpo e stringerti contro di me, mi procura un vero e proprio orgasmo. Te lo dico, e la faccenda ti eccita maggiormente, mi chiedi di mettere in scena qualcosa perché non ce la fai più. Nel mentre ci alziamo per andarcene, mi gira la testa e vedo che anche tu esiti un attimo faticando nel reggerti in piedi, così t’appoggi al muro e mi dici vieni vicino, fingi di nulla eppure mi tocchi. Io ti stringo contro di me, mentre sei scosso dagli spasmi dell’orgasmo. E’ di certo una sensazione molto forte, perché impallidisci improvvisamente e cominci a sudare. Io sono chiaramente spaventata, t’aiuto a sederti sul canapè dove eravamo prima, dopo qualche minuto ti riprendi e mi dici di non preoccuparmi, spiegandomi che a volte ti capita quando ti trattieni troppo o hai difficoltà a venire. Frattanto cerchiamo di ricomporci e usciamo, per fortuna il parcheggio è vicino, perché piove ancora più di prima. L’acqua fredda e il tuo recente orgasmo non calmano la tempesta che si è scatenata tra noi due. 

Appena arriviamo alla macchina mi sdrai sul cofano e mi sollevi la gonna, mi strappi letteralmente il perizoma e mi penetri, come se prima non fosse successo nulla. La pioggia è violenta e c’inzuppa i vestiti, il buio è fitto, l’unico bagliore proviene da un lontano lampione e come per magia arriva ai tuoi occhi, facendoli brillare d’una luce inconsueta. Sei fuori di te, si vede dal modo in cui ti muovi, è come la volta scorsa, se non addirittura meglio. Sento il tuo cazzo irrigidirsi dentro di me, mentre m’assesti degli affondi sempre più forti facendomi anche male. Io non conto gli orgasmi, i capelli gocciolanti e la maglia diventata quasi trasparente per la pioggia che l’inzuppa, ti rendono una volta più provocante, in tal modo non smetto di guardarti, di chiedermi perché hai scelto proprio me e d’infervorarmi sempre di più. 

La posizione invero non è comoda, mi devi tenere per non farmi scivolare dal cofano, dopo entriamo nell’autovettura. Tu dichiari che vuoi anzitutto sborrare dentro di me altrimenti impazzisci, io t’invito nel metterti al mio posto sul cofano e te lo agguanto in bocca. Voglio farti strepitare di piacere, perciò ti premo i testicoli mentre la mia bocca va su e giù e la mia lingua gioca con la punta della cappella. Il gioco non dura molto, perché tu strepiti divulgandomi che sborri riempiendomi nel mentre la bocca con il tuo gradevole e gustoso sperma. Entriamo in macchina, mi ricordo unicamente adesso delle mie amiche nella locanda, ciò nondimeno so anche che indubitabilmente concepiscono con la fantasia dove sono e con chi. Ambedue siamo ammollati fino all’osso, piccole gocce di pioggia si sono fermate sulle tue lunghe ciglia e sfavillano alla luce riverberata del lampione: sei davvero molto attraente e te lo ribadisco, anche se ho la netta cognizione che lo sai già. Come risposta tu mi baci nuovamente collocandomi una mano in mezzo alle gambe. Che cosa mi fai – mi chiedi. La mia rapida opinione non può essere che una: ti voglio, perché lo grido con veemenza in quanto non c’è nessuno nei paraggi, ti preferisco per la ragione che mi strappi il fiato, per il fatto che mi fa sciupare la ragione appena t’osservo, perché sei un concubino inusuale e splendido. 

Non ho il tempo d’accorgermene e mi ritrovo con te addosso sul sedile del lato del passeggero allungato verso il basso, il tuo cazzo è ancora più duro, ma non conosci i periodi refrattari? Ti chiedo. Non con te, mi dici mentre ricominci a scoparmi. Io ho caldo, la pioggia sulla pelle si trasforma in sudore, i vetri della macchina sono interamente appannati, ti sfilo la maglietta grondante, perché bramo il reale contatto della pelle. In poco tempo anche il tuo corpo è percorso da rigagnoli di sudore, la pelle lucente inebria aumentando maggiormente l’apprezzabilità del tessuto muscolare eccezionalmente modellato. Mi chiedi d’asciugarti la faccia perché al presente t’irritano gli occhi: il sudore, che a questo punto fluisce abbondante, per il ritmo indiavolato con cui ti stai muovendo ricade sul mio seno. Vedendoti in quello stato ti chiedo di fermarti, malgrado ciò tu non hai l’intenzione, perché affermi che dovrò richiamare alla memoria quella notte per tutta la vita. Scherzi guardando il mio torace bagnato e mi domandi se diluvia perfino in macchina, dopo ti senti a momenti sconcertato e per questo mi chiedi scusa, io ti ribadisco che non è un dramma, che addirittura la faccenda mi stimola accendendomi una volta di più. 

Riprendiamo allo stesso ritmo esagitato, io non so più dove sono, ti abbraccio contro di me, ti voglio sentire dentro, schiamazzo di piacere come non ho mai fatto in vita mia. Decido di darti tutto, perché pure io desidero tenacemente che ti ricordi di me, di questa bizzarra e vigorosa nottata. Prendimi dietro, ti dico. Subito non afferri quello che ho detto, mi chiedi poi se ne sono sicura. Non aspetti la mia risposta, a fatica riesco a girarmi sul sedile posteriore, le tue mani sui fianchi sono come fuoco sulla mia pelle, il dolore della penetrazione si confonde mescolandosi abilmente e appassionatamente nell’orda sconclusionata di desiderio che scateni dentro di me. 

Fa male anche a te, indubbiamente, eppure la questione non ti ferma. Voglio ammirarti, esaminarti in viso per il tempo in cui mi brandisci sfoderando il tuo cazzo, te lo manifesto e vario la zona, cosicché mi giro verso di te, in tal modo posso anche toccarmi mentre tu mi scopi da dietro. 

L’espressione della tua faccia è originale, irripetibile, è favoloso, incredibile e miracolistico, come il sesso trasformi irreparabilmente le persone. Io non so più decifrare né indovinare se il male che sento è dovuto alla penetrazione anale o all’intensa eccitazione che non riesce a trovare appagamento, nonostante i ripetuti orgasmi di un’intensità mai sperimentata prima d’ora. Posso unicamente spolmonarmi, perché a vagliare dal modo in cui ti muovi penso che la faccenda non ti dispiaccia affatto, giacché tu sborri mugolando dopo un tempo lunghissimo e t’abbandoni sfibrato sopra di me. 

Questa volta non posso scappare come avevo fatto la volta precedente, restiamo senza dialogare sul sedile posteriore della mia macchina: il tuo respiro è ancora affannoso, ma hai gli occhi chiusi e sembra che dormi. 

Siamo entrambi coperti di sudore: io m’asciugo alla meglio con uno sfilaccio che trovo nel cruscotto, poi faccio lo stesso con te. Perché lo fai? Mi chiedi. Questo è gesto che non rientra nel programma solo sesso. Ti sorrido, tuttavia non trovo le parole per risponderti. Hai ragione, penso fra me. Il rischio è forte, sono distrutta sia fisicamente quanto moralmente: so che non avrei dovuto cedere, ma con te vicino non è stato possibile, non so come potrò tornare a casa e fingere di nulla. 

Tu sei approdato nella mia esistenza così come farebbe un uragano furioso, in quanto hai demolito sterminando interamente le mie personali credenze, i miei convincimenti e le mie innate persuasioni. Al presente mi trovo qua assieme a te nella mia autovettura, giacché so che nulla potrà annientare né annullare né sopprimere, da questo piccolo abitacolo quello che è appena stato fra noi due. La pioggia batte di continuo in modo violento sui vetri appannati del parabrezza e sulla carrozzeria. 

E’ tardi, devo andare, non sai quanto m’addolora, mi dispiace e quanto mi costa ripeterti queste quattro parole. Nel mentre tu riacciuffi la tua maglietta presentemente gocciolante di pioggia e senz’indossarla scendi dall’autovettura. 

Copriti, mi raccomando, questo vorrei ribadirtelo, tuttavia questo concetto non fare fa parte del proposito solo sesso, in questo modo mi limito riducendomi nel farti un lieve cenno con la testa e con la mano come se nulla fosse, avviandomi in conclusione spedita e decisa verso il condominio. 

{Idraulico anno 1999} 

 

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