Skip to main content
Erotici Racconti

Senza sforzo

By 4 Novembre 2018Febbraio 12th, 2023No Comments

Il mese di settembre volgeva al termine, le giornate erano inspiegabilmente ancora torride e piacevoli, io frattanto m’apprestavo deliziosamente a trascorrere a seguito d’un faticoso e impegnativo anno lavorativo una meritata, rinfrancante e riposante villeggiatura al sole, così come mi piaceva intraprendere, avendo giustappunto ben ponderato di prendere le ferie in quel periodo. In quel tardo pomeriggio tutti i parasole erano già per la maggior parte utilizzati, l’aria era impregnata dall’esalazione caratteristica della salsedine proveniente dalle onde, che s’infrangevano tumultuose e rimbombanti contro la bassa scogliera. La schiena quel giorno mi scottava, poiché ero da troppo tempo esposto ai raggi solari, in tal modo m’alzai dal lettino e m’instradai verso la battigia, fermandomi là per beneficiare della frescura dell’acqua immergendomi totalmente dentro e squadrando nel contempo l’arenile che s’estendeva lungo tutto lo stabilimento balneare.

In quel frangente una raffica di vento fece ricadere sulla mia faccia la folta capigliatura legata negligentemente, io la scostai senza distogliere lo sguardo dalla figura che frattanto s’avvicinava. Quello che intravidi era un giovanotto slanciato di carnagione bruna equipaggiato con delle scarpe da ginnastica e un paio di pantaloncini corti, che correva nel contempo sulla riva udendo la musica proveniente dalle cuffie. Una fascia color turchese sulla parte anteriore tributava i suoi tratti rendendoli ulteriormente avvincenti, sicché diedi una rapida occhiata all’orologio: erano le ore diciotto, in verità in un esemplare orario, d’altronde come ogni giorno.

Quotidianamente lui compiva la corsa sulla battigia passandomi accanto osservandomi per un istante negli occhi, successivamente avanzava sulla riva, lasciando dietro di sé un buon odore variegato di dopobarba, di deodorante e d’acqua di mare. In seguito io mi tuffai in acqua per sconfiggere il calore del sole sulla pelle e per l’eccitazione che quei bellissimi occhi intensi del forestiero m’avevano procurato. Nuotai avanti e indietro dalla riva agli scogli per due o tre volte poi, respirando a fatica, ritornai verso il lettino, acciuffai l’asciugamano e qualcosa cadde nella sabbia. Là c’era un minuscolo quadruccio di carta con su scritto:

“T’aspetterò nei pressi del faro della torre. Stanotte alle ventidue sarò là. Ciao”.

Per quella circostanza optai selezionando con accuratezza il mio abbigliamento, indossai infatti un abito nero lungo, un reggipetto anch’esso di colore scuro e un paio di sandali di vernice con il tacco. Agguantai in seguito dal tiretto un tanga, dapprima lo osservai e subito dopo lo collocai al suo posto. L’abito mi fasciava perfettamente i fianchi, in quanto la linea elasticizzata d’un qualunque indumento intimo sarebbe stata fuori luogo. Raccolsi i capelli lasciando che i riccioli mi ricadessero adeguatamente sulle spalle e sulla fronte, rifinii il tutto con un lieve velo di trucco che rese il mio sguardo più attraente. Sentendomi a mio agio m’incamminai godendo della brezza fresca della sera, che frattanto s’incuneava sotto l’abito e tra le gambe rinfrescandomi agevolmente la fica nell’avanzare. 

Sopraggiunsi nei pressi della torre rigorosamente in orario, il bagliore inondava la notte, le stelle risplendevano alte nel cielo e la luna sembrava la loro silenziosa morsa dominando sopra di esse. Io scrutai il cielo e il mare nel punto in cui lo sguardo veniva tratto in inganno dal loro toccarsi, un bastimento probabilmente da crociera avanzava a rilento sulla linea dell’orizzonte, il perimetro luccicava sulla superficie del mare, poiché pareva una stella caduta dal cielo. Io inalai l’aria salina che mi colpiva il viso e con un gesto rimisi al suo posto un ricciolo ribelle, in quel momento due mani s’adagiarono delicatamente sui miei fianchi, in quel frangente sobbalzai tentando di girarmi, eppure due mani vigorose mi strinsero impedendomi di proposito di muovermi, nel tempo in cui udivo: 

“Aspetta, non voltarti, per favore” – appresi in quel frangente.

Restai in silenzio aspettando un altro gesto o un’altra parola, finché lui m’annunciò:

“Come potrai notare pure tu il mare di notte è grandioso e sorprendente, non trovi?” – mi proclamò con il suo tipico accento del meridione. 

Annuii seguitando a guardare di fronte a me, le sue braccia m’avvolsero completamente in un avvinghio gradevolissimo e inatteso. Contro il suo petto percepii il cuore di lui battere rapidamente, sicché appoggiai la testa alla sua spalla e sentii le sue labbra sfiorarmi una guancia:

“Adesso posso girarmi?” – domandai sottovoce dopo qualche istante.

Per tutta risposta il forestiero mi maneggiò tra le sue braccia fino a quando i nostri occhi non s’incrociarono. Io sorrisi riconoscendolo all’istante, guardai i tratti del suo viso, la pelle era ben rasata, la chioma in ordine, quei chiari e magnifici scintillanti occhi mi scandagliavano nel profondo. Conquistata da un momento d’esaltazione lo strinsi forte tra le braccia, mentre lui rimase per un istante come rintronato da quell’impetuosa esultanza, dopo a sua volta mi strinse contro di sé appoggiando le labbra sul mio collo, io ne inalai a fondo il profumo sbarrando gli occhi: 

“Qual è il tuo nome?” – pretesi poco dopo sganciandomi da lui.

“Io sono Leandro, molto piacere” – manifestò lui approssimando la mia mano accanto al suo viso.

“Io mi chiamo Agnese” – reagii turbata, ma al tempo stesso sorpresa da tanta inedita amabilità.

Leandro m’agguantò per mano e mi condusse verso il viale principale dello stabilimento balneare, la sua voce era deliziosamente erotica e seducente, perché t’acchiappava, ti catturava annientandoti, i suoi gesti molto aggraziati, fini ed eleganti. Ci fermammo più volte con lo sguardo orientato l’uno negli occhi dell’altra, finché arrivammo alla spiaggia:

“Dai, vieni che andiamo a spasso distanti dalla folla” – ribadì Leandro.

Io mi sfilai i sandali e affondai i piedi nella sabbia fredda della notte, il forestiero non espresse una parola, la sua mano stringeva la mia e il suo sguardo ogni tanto si posava su di me per regalarmi un sorriso. Poco dopo si fermò sulla battigia brandendo ambedue le mie mani tra le sue:

“Levami una curiosità? Supponevi che potessi essere io?” – mi formulò a bassa voce.

“Francamente in cuor mio me lo auspicavo” – ribattei io, riducendo nel mentre l’intonazione della voce, tangibilmente sedotta.

Leandro per la circostanza non disse nulla, m’attirò a sé e mi baciò, in tutta risposta io pigiai con forza il mio corpo contro il suo cingendogli la vita con le braccia. La sua lingua m’invase la bocca dopo aver saggiamente esplorato il contorno delle mie labbra, a rilento iniziò a digradare fino a sedersi sulla sabbia. Seguii ogni suo gesto e quando lui mi sdraiò, mi lasciai andare totalmente tra le sue braccia. Leandro incominciò ad accarezzarmi armoniosamente e pacatamente, la sua mano scostò i riccioli mossi dal vento fresco della notte, poi discese lungo il mio collo. Un brivido di passione assieme a uno originale d’insperato calore mi fece ribollire tra le sue braccia, mentre la sua mano m’accarezzava un seno continuando a baciarmi con passione. Più giù, la sua mano accarezzò la mia pelle attraverso la stoffa del vestito, in seguito Leandro sollevò la stoffa leggera fino a scoprire il mio inguine. 

La sua bocca si spostò scendendo con lentezza, captai la sua lingua circondare un capezzolo e stringerlo amabilmente fra le labbra. Iniziò a succhiarmi il seno, intanto che due sue dita iniziarono a giocare con il mio clitoride. Io gemetti sotto l’abile e accorta pressione delle sue dita aprendo istintivamente le gambe, Leandro ricadde verso il basso con la mano, m’accarezzò le gambe fino a scivolare dentro di me con due dita, strappandomi innegabilmente un acuto e penetrante gemito di piacere. Le sue mani mi spogliarono velocemente, mentre io là inerme, essenziale e discinta sulla sabbia fine, Leandro mi sovrastava con tutto il suo corpo. Si spogliò e il calore del suo corpo mi riscaldò nel momento stesso in cui la sua pelle toccò la mia, aprii le gambe, perché adesso lo desideravo ardentemente con tutta me stessa.

Leandro ricominciò a baciarmi, io avvolsi le braccia attorno al suo corpo, lui si spinse in avanti e mi penetrò completamente strappandomi un strillo d’immenso piacere. Strinsi le mani sulle sue spalle e gridai ancora, quando lo sentii arrivare ancora più in fondo. Il suo orgasmo fu inafferrabile, sfuggente e per di più rapidissimo, perché le sue mani strinsero con forza il mio didietro spingendo il bacino ancora più verso il suo corpo e i suoi gemiti si trasformarono in strepiti veementi d’assoluto piacere mescolati ai miei. Leandro si distaccò pigramente, sentii sulla sua schiena il calore e il sudore liscio di ciò che era appena stata la nostra radicale e dirompente passione, si sdraiò accanto a me afferrandomi tra le braccia, io appoggiai la testa sulla sua spalla e abbassai la mano verso il suo cazzo. La sua densa e lattiginosa sborrata colava in piccoli rivoli sulla pelle, in quella circostanza c’intinsi le dita e le accostai alle labbra. Aveva un sapore gradevole e delicatamente speziato, giacché la voglia di lui mi fece infradiciare di nuovo. Subito dopo gli baciai le labbra, il collo e il petto, discesi pacatamente degustando la sua pelle e la sapidità lieve del suo sudore, giunsi nei pressi dell’inguine e passai la lingua accanto ai peli del pube. La sua eccitazione crebbe e il suo cazzo si gonfiò del tutto quando lo lasciai sgusciare nella mia bocca aspirandolo. Leandro mi collocò una mano sulla testa spingendomela verso il basso:

“Bravissima Agnese, proprio così, sei un vero incanto piccola mia” – fremette lui, mentre io conficcavo la lingua sul frenulo, avvolgendo in ultimo completamente il suo cazzo nella mia bocca.

Con una mano scivolai sotto il suo sedere e spinsi il suo corpo contro la mia bocca sollevando appena la mano, gli accarezzai in modo consono e idoneo i testicoli e poi iniziai a massaggiarmi il seno. Scostai la bocca dal suo cazzo per succhiarmi un capezzolo, poi ripresi a leccarlo voracemente succhiandolo in modo specifico sulla sommità, insistendo con la lingua sul frenulo, in quanto essendo un tessuto molto sensibile e ricco di vasi sanguigni e di recettori nervosi, è particolarmente piacevole per i maschi. Infatti, in un baleno, un poderoso gemito precedette la sua bella, gustosa e irrefrenabile sborrata, che io accolsi ben volentieri gustandomi tutta l’energia del suo sperma nella bocca, masturbandomi ritmicamente il clitoride in maniera veloce ma senza venire.

Subito dopo risalii sul suo corpo aprendo le gambe sul suo viso e lasciai che ultimasse l’iniziativa che avevo intrapreso io. Aprì le labbra della mia fica iniziò a masturbarmi il clitoride con la lingua, girando attorno in cerchi rapidi e ristretti. Quando Leandro percepì i muscoli della mia fica fremere e irrigidirsi, accelerò il movimento e succhiò tutta la mia eccitazione mentre colava sul suo viso. Io gridai forte quando sopraggiunse l’orgasmo, perché sprofondai accanto a lui gemendo di piacere. Leandro riprese a toccarmi il sedere giocherellando con il forellino posto al centro delle natiche, per il fatto che io strillai appena lui mi penetrò con un dito, successivamente strepitai più forte quando mi conficcò il cazzo. Talmente grande era la mia eccitazione, che non ebbe bisogno di fare alcuno sforzo, poiché quel cazzo s’introdusse dentro di me con una sola spinta, strappandomi un grido di piacere immenso.

Le spinte di Leandro aumentarono d’intensità quando mi disposi carponi, spinsi il bacino contro il suo cazzo e mi lasciai agevolmente penetrare ancora più a fondo. Tenendomi ben salda per i fianchi, Leandro urlò nuovamente il suo intimo piacere, durante il tempo in cui m’imbrattò nuovamente il corpo con la sua lattescente essenza cospargendomi con la sua lussuriosa e succulenta sborrata, poiché a detta sua, m’aveva libidinosamente e viziosamente riferito che erano più di venti giorni che non scopava. Io sennonché gridai a mia volta e venni con lui dividendo il mio esuberante orgasmo, spingendo forte il mio corpo contro il suo, dal momento che ci staccammo unicamente per abbracciarci.

Adesso sono le quattro del mattino, io sono stesa accanto a lui nei pressi della torre del faro che guardo le stelle, la luna è ancora alta nel cielo e questa notte è ancora tutta unicamente per noi due da vivere, in quest’inatteso ma stravagante magico mese di settembre. 

{Idraulico anno 1999}  

 

 

Leave a Reply