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Erotici Racconti

Sono annientata

By 11 Settembre 2019Febbraio 13th, 2023No Comments

E’ già da parecchio tempo che indispettita e alquanto sdegnata ci rimugino appresso analizzando tutto ciò che mi è capitato, nel mentre che sono distesa sul canapè che fumo una sigaretta, dal momento che tento di scacciare via la contrarietà e lo sgradito malcontento immagazzinato. Ieri pomeriggio tu m’hai testualmente sbatacchiato il telefono in faccia, ultimando ruvidamente e con indiscussa villania la comunicazione. Tutto questo che hai compiuto ti sembra un accomodamento di poco conto? Una soluzione adeguata da parte tua? A ben vedere, con questa scenografia che hai appena combinato, è la terza volta che accade in breve tempo, mentre io sono pienamente ottusa e per di più lenta a capire, giacché ti sto persino morendo dietro. Poco intelligente e azzarderei fessa e sciocca pure io, in quanto a dire il vero non sono capace e faccio fatica quando sono distante da te. 

In verità, lo ammetto apertamente, lo riconosco schiettamente, appena non ascolto la tua bellissima e penetrate voce sto male, vado in crisi e mi angoscio terribilmente, in quanto scompenso il mio stato d’animo. In aggiunta a ciò, se non scopiamo almeno due volte nell’arco della settimana, divento rapidamente instabile e non ragiono in modo assennato ed equilibrato. In altre parole non riesco a fare a meno della tua esuberante e irruente presenza. 

Ti rivelo oltre a ciò, che questa mia maniera d’esprimermi probabilmente tu la troverai piuttosto antiquata, grezza e a tratti persino rustica, in verità comprendo chiaramente che quest’aspetto tu lo scorga raffigurandolo in maniera differente dalla mia, nell’esporre e nel demarcare i nostri privilegiati, intimi e lascivi attimi del nostro intrinseco e appassionato legame corporeo. Io ho potuto abilmente constatare che il tuo modo di agire è nettamente più mirato, tu hai un temperamento maggiormente concreto, disincantato ed efficace, tu proferisci di sontuose chiavate, conversi di atti di sesso, confabuli e discorri d’una completa corporeità. Non è difatti considerata né è pronosticata nella tua personale esplicitazione del nostro intimo vincolo, l’accenno dal punto di vista mistico e celeste che dir si voglia, per il semplice fatto che non adopereresti giammai (il vocabolo cortese, tenero e delicato), perché ambedue siamo unicamente due masse da soddisfare, punto e a capo. 

Siamo a dire il vero due strutture che s’invadono a vicenda che boccheggiano, che grondano, che sgobbano e che s’attorcigliano dimenandosi a vicenda, amalgamandosi ed emettendo continui gemiti di puro e naturale appagamento, due masse corporee che si deformano, due, tre volte nell’arco di sette giorni, talvolta perfino negli scampoli di tempo rubati, laddove sei distante dalla tua consorte e da tuo figlio. Staccato dalla compagnia dei tuoi confidenti coi quali discorri e discuti di chissà quali peripezie e vicende varie. Noi due siamo in concreto due inedite stravaganze che si ritrovano, nello spartire il nostro tempo, possedendoci a vicenda in maniera viscerale per qualche ora. 

Io sono il tuo trastullo erotico preferito, il pendaglio passionale prescelto, direi il diletto letale. Io sono quella con cui ti magnifichi e sbandieri la mia fama. Sì, indubbio, perché me lo hai confidato sovente, elogiando e definendomi una super-femmina, giacché suppongo che tutti sappiano di me, più di quanto io apprendo e conosco di me stessa. Lei congetturerà in qual misura io sia abile, esperta e ferrata nel prendere il cazzo in bocca e di scoparti nella postura della smorzacandela? Ha cognizione di quanto io sia competente e provetta nel baciare un maschio? Questa mia intrinseca specialità, me l’hanno sovente rimarcata già da quando ero una diciottenne, che alza, sposta e spinge assai bene la lingua. Impudica e sensuale sì, certo, però senz’apparire indelicata e sfacciata, affermerei affabile e sosterrei vellutata, senza per questo levare il fiato. L’aspetto del baciare è alquanto apprezzabile e rilevante, perché svela e mostra notevolmente in breve tempo il lato nativo e spontaneo di un individuo, in special modo quando lo frequenti da poco tempo, dal momento che non hai idea di come sia sotto le lenzuola. Tutto ciò ti spiattella e ti svela se è espansivo oppure è impacciato, se è perfino grossolano o elegante, perché esigue volte mi sono presa una cantonata nel valutare un maschio nella mia professione di donna che bacia. 

Lo confesso, oggigiorno lo paleso con serenità, visto che quell’iniziale abbaglio l’ho commesso a ventidue anni con un professore di disegno, per il fatto che da come mi sbocconcellava le labbra, con lussuria e con voluttuosa brama ero pienamente convinta che fosse un autentico vulcano. Mi sbagliavo di grosso, è stato un fallimento completo, un fiasco totale, una notte inappagante e sconfortante che ho vissuto che non dimenticherò, lui era soltanto goffo, maldestro, spedito e come se non bastasse dispotico, egocentrico e prepotente. Era certamente assai accalorato e infervorato, tant’è che lui dopo la malaccorta e sbrigativa penetrazione, impiegò soltanto un minuto per sborrare addosso sulla mia pelosissima e nera fica, lasciandomi come un’ebete con le gambe all’insù delusa, inappagata e scontenta, ringraziandomi in conclusione della deliziosa e invitante bottarella raggiunta, come per volersi prendere gioco di me. Dopo quello sgradevole e detestabile episodio, io lo cancellai totalmente dall’elenco dei maschi ritenuti palpabili scomparendo alla svelta dalle sue grinfie. 

Il successivo e conclusivo granchio in ordine di tempo, invece sei stato proprio tu. Per il fatto che è uno svarione che mi sta tutt’ora pesando e rincrescendo assai. Ho notato all’istante appena ci siamo sbaciucchiati sul lungomare ho rimuginato subito macchinando: 

“Diamine, che roba, quest’individuo qua è proprio ferrato, molto esperto e preparato” – perché da quella infervorata irruenza avevo immediatamente dedotto rapidamente un sondaggio che collimava verosimilmente, principalmente ai mie intime aspirazioni irrazionali che alla concreta tangibilità. 

Occasionalmente, invero, mi osservo da dentro, mi comporto come una qualunque spettatrice che si squadra dall’esterno che si esplora, per afferrare e fiutare in che modo mi sono conciata, per il fatto che non rintraccio né ripesco ulteriori interpretazioni al di fuori di questa qua. In verità, lo ammetto candidamente, senza dubbio alcuno, mi ero effettivamente perduta lasciandomi lucidamente corrompere e in ultimo abbindolare dal tuo assennato, dotto e sapiente maneggio, tra l’altro piacevole, riguardoso e soave. Immaginavo che tu fossi non coniugato o nientemeno che fossi separato, che non avevi legami da parecchio tempo, eppure quando ci siamo annusati e sfiorati in definitiva assaggiandoci, le nostre lingue si sono lestamente congiunte, ho speditamente avvertito in modo sincrono un poderoso brulichio, accompagnato da una deflagrazione di cellule che scalpitavano in ogni dove dentro le mie viscere scompigliandomi le membra. 

Nel tempo in cui ti vedi in siffatta circostanza salta fuori da fronteggiare perennemente un minuscolo grattacapo, in quanto la deflagrazione una volta che sei spossato sul giaciglio si rabbonisce e non crea più uggia né monotonia. La causa si deve di certo attribuire a quest’aspetto, poiché ho il superare il nitido e inequivocabile sentore d’aver scialacquato totalmente la capoccia, giacché mi sembra di sentirmi come una mentecatta totale. Mi rendo conto d’apparire, pressappoco come gl’individui che utilizzano le sostanze proibite nei locali da ballo per superare il limite e rovinarsi. M’accorgo, adesso, che è già un evento soprannaturale che io riesca presentemente ad articolare in modo corretto i vocaboli che mi fuoriescono dalla bocca, allorquando tento d’intavolare una conversazione. In presenza di altri soggetti mi viene semplice e spontaneo, al contrario in tua presenza sono incapace di riuscirci. In quanto mi sento come fisicamente sbaragliata e travolta, prostrata e vinta, poi tutte le volte che tu concludi la conversazione al telefono in modo inatteso, tranciando di netto scortesemente la comunicazione senza salutarmi, spedendomi a ramengo, dato che io ti ho interpellato in un istante per te ritenuto sconveniente, io in quel frangente mi ammutolisco e non sono idonea né preparata nel reagire. 

Talvolta molti sostengono che i maschi tutte le volte che si trovano dinanzi a una femmina che li fomenta sobillandoli per bene, loro sganciano lestamente l’intelletto ed escogitano e ponderano con la gamba di riserva (il cazzo per l’appunto), per il fatto che il plasma si riversa interamente là e non riflettono più. Questo tipico atteggiamento, lo ribadiscono e lo proclamano la stragrande maggioranza delle femmine, sia quelle abbandonate e ingannate quanto quelle demotivate e scoraggiate, da vicende d’affetto le quali sono rimaste inappagate e da passioni ritenute insoddisfacenti, ciò nondimeno ho interpellato qualche maschio attestarlo e sostenerlo candidamente con la massima sincerità, senza disagio, impiccio né soggezione alcuna. Quindi, di conseguenza, capto e in ultimo comprendo che non devo turbarmi né imbarazzarmi per nulla, se per trascorrere qualche momento di dolcezza e d’attenzione insieme a te, sono predisposta a posizionare tutto da parte. A schiodare e sganciare pienamente tutto. Non devo impacciarmi né infastidirmi di niente, neppure se sono una femmina, non ho il pretesto né la scappatoia della terza gamba. Non ti pare? 

L’alterigia, la boria, la decenza la fierezza e la rispettabilità, sono tutte realtà oggettive, che hanno il medesimo principio della carta da cesso, allorquando s’illumina d’improvviso lo schermo del mio telefonino e intravedo sopraggiungere un tuo inatteso comunicato, che mi enuncia tempo e località dell’incontro. Tutto ciò è linearmente, conseguentemente e confacente alla maniera di come si compie il gesto con la carta da cesso, giacché è sufficiente pigiare un bottone e lo sciacquone del gabinetto trascina spietatamente via tutto conducendo il resto negli scarichi. 

Per questa ragione, che non mi grava né mi pesa, nel tempo in cui tu mi scaraventi in faccia il telefono chiudendo ruvidamente la comunicazione. Non mi tange né m’opprime, sì, certamente, patisco, sopporto e subisco per un breve istante, però dopo sfuma e svanisce tutto. 

Chissà, può essere che faccio parte di quella tipologia di femmine che s’infatuano solamente se penano e si tormentano rasentando l’autolesionismo, maggiormente se vengono trattate male. Mi devo imbarazzare? Mi devo sconcertare? Mi devo sconvolgere e turbare? 

Non sono convinta, non ce la faccio, perché appena mi perviene quel comunicato lui è più gagliardo e nerboruto di me: sennonché indosso alla svelta l’impermeabile e m’incammino, ma unicamente dopo aver pigiato energicamente sul bottone dello sciacquone del water. 

{Idraulico anno 1999}   

 

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