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STORIA IGNOBILE 8 MIA MADRE ABUSATA

By 14 Giugno 2024No Comments

Note:
“È mostruoso vedere una donna abusata sessualmente, ancor più se quella donna è la propria madre.”

MIA MADRE

“La storia che leggerete accadde anni fa e influenzò e segnò profondamente la mia vita.”
Mi chiamo Matteo e questa confessione è la mia storia.
Per rendere appieno la realtà di quello che è avvenuto, sarò chiaro e diretto in modo che anche voi possiate sentire l’avvenimento spontaneo e profondo come l’ho vissuto io.

Gli eventi accaddero anni fa, durante una vacanza di fine stagione in una piccola cittadina turistica del nord Italia. Una cittadina tranquilla, che ora nei miei pensieri rappresenta solo il ricordo di un episodio sconcertante.
Sono figlio unico e in quel periodo ero un ragazzino vivace in famiglia ma timido fuori casa, ora sono un uomo adulto felicemente sposato con una bella moglie e dei figli.
Parlare di mia madre non sarà semplice. Non lo è mai quando si è chiamati a scrivere di persone a noi estremamente care. Cercherò comunque di evitare facili cliché e frasi fatte, anche perché io e mia madre nel nostro piccolo, siamo stati legati da un rapporto intimo e profondo che sfugge ad ogni logica convenzionale, conseguenza diretta del nostro vivere insieme e di un accadimento che ci ha sconvolti e travolti.
In questa introduzione mi soffermerò a esporre chi era e com’era mia madre, per meglio capire poi il proseguo della narrazione e vi parlerò un poco anche di me.
Il nome di mamma è Beatrice, ed è sempre stata una bella donna affascinante e ben tenuta nell’aspetto.
In quel periodo aveva quarant’anni, da alcuni anni era separata da mio padre e vivevamo insieme io e lei, essendo per comune accordo dei miei genitori affidato a mamma, che mai mi avrebbe lasciato per nessuna ragione al mondo.
Crescendo le domandai più volte con la curiosità dei ragazzini il motivo della separazione da papà, ma era sempre evasiva:
“Non andavamo d’accordo.” Rispondeva, ma della verità ne venni a conoscenza negli anni seguenti, quando fui più grande. Papà l’aveva lasciata per un’altra donna.
Mi veniva difficile crederlo, perché mamma era davvero una bella signora e nelle giornate concordate con mamma che passavo con mio padre, avevo conosciuto anche la sua compagna, la mia “matrigna” che sinceramente anche se più giovane, carina, seducente e magra non era affascinante come mamma, che anche se matura e un poco formosa era molto più bella di viso e attraente di corpo.
Ma come scrivevo sopra, seppi poi nel tempo, che la loro divisione dopo vari litigi era avvenuta per il carattere che aveva mamma essendo una donna fatta a modo suo, gelosa e possessiva di indole sospettosa.
Non la facilitava in quello il suo lavoro, essendo addetta alla parte finanziaria dell’azienda dove lavorava alle relazioni pubbliche e come si diceva in quegli anni, era una donna in carriera forte di carattere e di presenza.
Tutte le volte che papà mi veniva a prendere per passare alcuni week end con lui, mamma che non era vanitosa, si truccava sempre evidenziando in modo sobrio i lineamenti del viso, gli occhi con il naso dritto e regolare, la bocca con rossetto e quasi sempre sorridente, mettendo anche gli orecchini che anni prima gli aveva regalato lui. A volte andava anche dal parrucchiere e si vestiva elegante per incontrarlo solo per consegnargli me. Capii in seguito che si abbelliva per papà, per lui, essendone sempre innamorata, voleva piacergli ancora, forse riconquistarlo…
Non so se abbia mai avuto qualcuno in quel periodo, certamente se lo aveva non dava modo di farmelo vedere, né capire per non turbarmi, o forse realmente non aveva nessuno davvero essendo sempre innamorata di mio padre e preferiva vivere in astinenza sessuale piuttosto che donarsi a un altro.
Lo amava ancora nonostante l’avesse lasciata e si fosse messo con un’altra donna più giovane di lei. Ma mamma, l’ho capii nel tempo, sarebbe stata sempre disposta a perdonarlo e tornare insieme a lui, non lo odiava, non me ne parlava mai male a differenza di molte mogli che conoscevamo lasciate dal marito, che non facevano altro che insultarli. Ma papà oramai si era rifatto un’altra vita con un’altra donna anche se lei sperava sempre in un suo ritorno.
Io assomigliavo molto a mamma, solo a guardarci si capiva che eravamo legati da un rapporto oltre che di parentela e di sangue, anche di fisionomia.
Mamma era una donna comune, di altezza media, leggermente prosperosa ma armoniosa nel corpo, non era snella ma nemmeno piena, una falsa magra si direbbe oggi. Si teneva in linea con mille accorgimenti, dalla dieta alla ginnastica in casa e stava bene fisicamente, era proporzionata nelle sue parti, aggraziata e femminile, conservando lineamenti e curve del corpo dolci, materne e attraenti nonostante qualche chiletto in più, che non era più riuscita a smaltire dopo la mia gravidanza.
In quel periodo, portava i capelli lunghi sulle spalle color castano chiaro, ma a volte cambiava tonalità di colore che poi sottoponeva scherzosamente al mio giudizio chiedendomi:
“Ti piaccio così Matteo?… Come sto?”
“Stai bene mamma, sei bellissima…” Rispondevo felice della sua considerazione verso me.
Quel chiedere il mio giudizio mi faceva sentire importante, grande e me la faceva apparire mia e non solo mamma, ma anche donna e amica.
In passato si era lasciata sedurre dalla hair moda, cambiando anche colore di capelli dal rosso mogano al nero e al color rame. Solo il biondo non l’aveva mai affascinata, e probabilmente con ragione perché non le sarebbe stato affatto bene avendo gli occhi scuri, che però emanavano un bagliore che la facevano apparire giovanile, e che insieme alle sue labbra un po’ carnose, con il sorriso esprimevano la dolcezza del viso che ammaliava tutti e a me dava gioia.
Con il suo portamento elegante e signorile, la schiena dritta e il petto sporgente, evidenziava l’esuberanza del seno e del sedere. Amava vestire in modo accurato con capi ricercati ma per nulla appariscente. Prediligeva i tailleur a gonna, comodi, non amava molto i pantaloni che indossava raramente, d’altronde aveva delle belle gambe piene e compatte, non molto lunghe ma proporzionate con il suo aspetto.
Mamma era di sani principi e di buona educazione, sapeva essere generosa e altruista, ma anche severa quando lo riteneva opportuno. Quando si arrabbiava con me alzava il tono di voce diventando rigorosa … ma dopo si calmava mi veniva vicino e mi coccolava e io la facevo ridere, e a un certo punto scoppiavamo a ridere tutti e due.
Vivere da sola con me, crescermi, educarmi l’aveva temprata ad affrontare le difficoltà e gli imprevisti della vita, e per questo motivo ancora oggi che è anziana, è una donna molto forte.
Tra noi non c’era solo un rapporto sanguigno di madre e figlio, ma anche affiatamento, motivo per cui parlavamo apertamente di tutto.
Era molto apprensiva nei miei confronti, voleva sempre sapere cosa facessi, dove andavo, con chi e chi frequentavo. Mi aveva educato a essere sempre aperto e sincero, e a considerarla come se fosse un’amica e non una mamma e lei faceva lo stesso con me; ci confidavamo e mi chiedeva consigli e pareri su varie cose, o almeno fingeva di farlo. Lei mi parlava delle sue giornate di lavoro e io delle mie di studio, delle amicizie e delle conoscenze che facevo e di qualche ragazzina che mi piaceva e se la conosceva anche lei, mi dava il suo giudizio. Ci raccontavamo tutto come se fossimo due veri amici e mi capiva al volo, niente bugie, solo la verità.
Dialogavamo e condividevamo molti aspetti della giornata, a volte anche con complicità, ma oltre che amica come dicevo sopra sapeva essere anche autorevole imponendomi delle regole da seguire e rispettare, facendomi da punto di riferimento.
Il ruolo di amicizia influiva a livello della comunicazione e quindi nella relazione, ma lo impostava in modo da non perdere mai la sua autorevolezza di mamma.
C’era una forte complicità negli interessi comuni e nell’aspetto fisico, condividevamo gli stessi hobbies e mi educava alle sue idee morali, sociali e politiche, tra confronti, a volte dissapori e altre volte consenzienti.
Attenta, premurosa, disposta all’ascolto e all’incoraggiamento. Era consapevole della propria posizione e non cedeva a compromessi, c’erano dei confini e stabiliva lei le cose di cui discutere. Per esempio di sesso non se ne parlava, nonostante avessi iniziato a frequentare il liceo scientifico mi considerava ancora troppo giovane, anche se io tramite le amicizie iniziavo a entrare e conoscere il mondo della sessualità.
Diceva: “Queste cose le imparerai da solo … se hai qualche dubbio chiedi a tuo padre quando sei con lui. Noi siamo amici ma ognuno con il suo ruolo, io sono la mamma e tu il figlio.” Diceva e sorrideva.
Scherzavamo ci divertivamo ma con dei limiti, senza mai competere, lei era la mamma e quindi il capo.
Quando ritornava a casa dal lavoro iniziava a stirare, lavare, sistemare e… se aveva tempo e poteva, seguiva i programmi di culinaria alla tv e cucinava ricette diverse, che sperimentavamo. Adorava cucinare e a volte preparava piatti nuovi, differenti, inventava.
Le piaceva la musica, i film, e stare con me la faceva sentire giovane. Tra le sue più grandi passioni c’era, e c’è ancora, la lettura, era una vera divoratrice di libri, soprattutto romanzi d’amore, e anche di serie televisive di commedie o film sentimentali a lieto fine.
Al sabato sera uscivamo a mangiare la pizza o per andare al cinema oppure a passeggiare, ero il suo ometto e mi sentivo tale.
Io in quel periodo ero un ragazzino cresciuto ma minuto di corporatura, alto quanto lei, timido, introverso, riservato e magro, di carnagione pallida con i capelli castani come mamma a cui come detto assomigliavo molto. Ero un bel ragazzo a detta di tutti, ed essendo timido non legavo molto facilmente con le ragazze e i ragazzi.
Mamma era felice e orgogliosa di me e del mio aspetto fisico, che oltre ad essere bello e bravo, ero anche intelligente e studioso e le davo le molte soddisfazioni di un buon figlio, non avendo cattivi pensieri e non frequentando brutte compagnie.
Il fatto che fossi figlio unico di una donna separata e vivessi solo con lei fu la causa del mio sentirmi differente dagli altri e non mi aiutò a relazionarmi ed a crearmi amicizie approfondite con i miei coetanei delle scuole medie prima e subito dopo del liceo, tantomeno con le ragazze e inconsciamente mi portò alla curiosità fisica e sessuale verso di lei.
I miei compagni, quando mi accompagnava o mi veniva a prendere a scuola in auto e la vedevano, forse perché ero il più debole, si permettevano di fare battute stupide e volgari su di lei dicendo con malizia:
“Sai che hai una bella mamma, sempre ben vestita e profumata, che lavoro fa?”
Al che io educatamente rispondevo:
“Lavora per una grande azienda…”
E loro rispondevano con commenti e battute del tipo:
“Ma la vedi nuda!?… Le hai mai visto la figa…” Oppure: “Se fossi io che avessi una mamma così… la spierei…” Continuando con quelle insolenze. “Tuo padre non c’è?”
“No.…” Rispondevo senza cadere nella provocazione: “Viviamo io e lei.” Dicevo sempre la verità.
“Ma allora chi la chiava?” Domandavano volgarmente i più grandi ridendo con la brutalità adolescenziale. “Tu?”
E scappavano sghignazzando per paura di una mia reazione impropria. Un pugno a qualcuno lo avrei dato volentieri.
E dalle loro insinuazioni che stimolarono la mia curiosità, di nascosto da lei iniziai a spiarla davvero, prima per gioco, poi con interesse e alla fine come a molti ragazzi con desiderio. Ed essendo nella adolescenza, in lei, nel suo corpo scoprivo la donna, la femmina, non più la mamma. La osservavo, non visto, lavarsi e cambiarsi abito e biancheria intima o quando andava in bagno. Le molte volte che mi capitava di stare solo in casa a studiare, non perdevo occasione per andare a curiosare in camera sua, tra le sue cose, gli oggetti femminili, la biancheria intima oppure in bagno a cercare e osservare gli indumenti intimi usati, le mutandine sporche nella zona perineale e le scoprivo eccitanti. Osservavo come erano composte, formate, la differenza che avevano da come gliele vedevo indossate o stese e lì nelle mie mani. E altre volte, come diceva di compiere un mio compagno di classe con quelli della sua mamma e della sorella, istintivamente e scelleratamente lo emulavo e annusavo anch’io le sue.
Continuai a spiarla furtivamente durante i suoi momenti personali, intimi e nei suoi bisogni e la cosa mi piaceva molto, mi turbava. Scoprivo un mondo nuovo.
Ero nella adolescenza, nel pieno dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari, si erano manifestati i primi segni di trasformazione alla voce, una leggera peluria chiara sul viso, e nel pube nascevano i primi peli scuri e il pene era cresciuto in volume e lunghezza. E pur essendo un bel ragazzo e piacendo molto, per la mia timidezza non avevo ancora una ragazza come invece molti miei compagni. E come facevano molti di loro, a casa di nascosto curiosavo sui siti hard. Ma mamma questo lo sapeva, mi controllava il computer, … la sorpresi una volta che osservava la cronologia di Google per vedere i siti che avevo ricercato e visitato il pomeriggio e la sera e tra quelli c’erano anche quelli porno. Lesse ma non mi disse mai nulla, fece finta di niente. Probabilmente quello faceva parte del suo pensare quando mi diceva:” imparerai da solo o chiedi a tuo padre”.

Verso la fine del mese di settembre, prima che iniziassero le scuole, andammo come facevamo spesso, una settimana in vacanza sulla costa degli etruschi in Toscana, praticamente lungo la fascia costiera tra Livorno e Piombino. In una piccola cittadina chiamata San Vincenzo, un posto bellissimo, con il porto turistico e d’estate con pizzerie, negozi, bancarelle e molta gente, e con locali per il dopo cena.
Una di quelle località che a luglio e ad agosto ricevono centinaia di migliaia di turisti da ogni regione limitrofa e in inverno restano deserte solo con i residenti. A fine settembre era un luogo tranquillo e ideale per rilassarsi, con spiagge sabbiose per lunghe passeggiare e fitti boschi di confine per divagarsi nella natura.
La stagione stava per finire e c’erano pochi turisti, l’ideale per riposarsi e godersi la spiaggia come diceva mamma e per questo aveva scelto quel periodo. Mamma prenotò una camera con due letti separati e bagno in un albergo sul lungomare.
Oltre che ammirare quei luoghi, in quei giorni mamma mi portò a Venturina Terme, alle terme etrusche del Calidario con acqua caldissima e centro benessere, dove passammo la giornata immergendoci all’interno. Il giorno seguente invece mi portò nel paesino di Castagneto Carducci, a vedere la casa del poeta Giosuè Carducci.
“Così unisci l’aspetto culturale, letterario e storico al divertimento.” Disse con un sorriso determinato.
Un pomeriggio, verso le quattordici, dopo aver pranzato uscimmo dall’albergo e andammo lungo la spiaggia, era l’ultimo giorno di vacanza, il giorno seguente saremmo ripartiti e tornati a casa. Il tempo non era dei migliori, era nuvoloso e minacciava pioggia nonostante facesse ancora caldo.
Passeggiammo sulla battigia di San Vincenzo verso nord, dove chilometri di spiaggia libera pulita dal mare erano uno spettacolo da vedere e gustare. Sulla sinistra il mare calmo e grigio azzurro e sulla destra la vegetazione rigogliosa di alberi e cespugli che confinavano con la spiaggia; ed arrivava a perdita d’occhio quasi all’orizzonte del litorale.
Io avevo le ciabattine infradito, mamma invece aveva tolto le scarpe e tenendole in mano camminava a piedi nudi sulle sabbia morbida, che cedeva e si spostava sotto il peso del suo corpo, sprofondando tra essa, e la costringeva ad adattare in continuazione la postura camminando.
Era faticoso e impegnativo camminare sulla sabbia morbida, oltre che stancare destabilizzava l’equilibrio con un gran lavoro di muscoli delle gambe e glutei, che mamma prendeva come ginnastica.
La invitai a venire sul bagnasciuga dove la sabbia era più umida e quindi maggiormente compatta e si faticava meno a camminare, cosa che fece.
Avanzammo senza accorgercene per più di tre chilometri, guardando in giro, chiacchierando tra noi e cercando conchiglie e pietre colorate di forme strane che mettevamo in un sacchetto.
Ogni tanto si intravvedevano, nella vegetazione tra la cima degli alberi, spuntare le tegole rosse di qualche villa o casa colonica nascosta da loro.
Camminammo lungo l’arenile e senza rendercene conto ci allontanammo molto dalla cittadina, fermandoci poi stanchi in una zona di spiaggia isolata, dove non c’era nessuno.
“Torniamo indietro Matteo che inizia a gocciolare!” Esclamò mamma dopo aver preso fiato girandosi per riprendere il cammino inverso, mentre io fui attratto da delle casupole bianche, che erano grosse cabine in muratura che si presentavano tra la spiaggia e l’inizio della pineta a circa quaranta metri dal mare, e con curiosità mi avvicinai per osservarle.
“Torniamo indietro Matteo che se piove forte ci bagniamo tutti.”
“Arrivo mamma!” Gridai sprofondando nella sabbia correndo verso una di quelle casupole per vedere cosa ci fosse dentro.
La porta in tavole di legno pitturate di blu era aperta, entrai, non era molto grande. All’interno c’era un forte odore di salmastro, un tavolo al centro, sedie di plastica bianca sparse e mezze rotte, vecchi mobili libreria e grandi contenitori di vimini con ami, filo da pesca e reti accumulate contro il muro. Iniziai a curiosare, mentre mamma da fuori mi chiamava:
“Matteo… Matteo!!”
Non risposi e continuai a curiosare quegli oggetti per me strani e affascinanti, passarono alcuni minuti e sentii aprire di più la porta e vidi mamma arrabbiata sull’uscio:
Perché non rispondi?!” Mi sgridò appena mi vide. “Ti ho chiamato parecchie volte”.
“Stavo curiosando mamma, guarda!” Esclamai, prendendo in mano una lanterna da pesca.
Lei si avvicinò e mettendo le scarpe entrò, e mentre le facevo vedere cosa c’era all’interno, lei ripeté:
“Vieni via. … Andiamo via da qui che non si può entrare, è una proprietà privata. Sarà qualche ufficio estivo abbandonato d’inverno, oppure qualcosa dei pescatori.”
“Ma vieni a vedere, guarda qui mamma!”
La esortai costringendola ad avvicinarsi. Fece alcuni passi e venne al centro ammirando assieme a me una vecchia bussola d’ottone di qualche grande imbarcazione.
In quel momento un uomo che avevamo intravisto poco prima in lontananza sulla spiaggia, entrò silenzioso senza essere visto, e si mise sull’uscio bloccando l’uscita, all’interno c’eravamo solo io e mia madre.
Quando vide anche me quell’uomo si bloccò di colpo sull’uscio, probabilmente pensava che mamma fosse sola. Probabilmente non mi vide entrare, ma la mia presenza non lo fece desistere dai suoi propositi.
Aveva un paio di jeans e una camicia chiara con giacca e cravatta.
“Cosa fate qui?!” Urlò.
“Niente… ci scusi, curiosavamo, usciamo subito.” Disse mamma facendomi cenno di andare via. Ma lui restò fermo sull’uscio. Subito non intuii cosa stava accadendo, ma ebbi uno strano turbamento, una strana sensazione di paura e piacere nel vedere mamma guardata da quell’uomo in modo intenso che l’ammirava nella sua bellezza.
Pensai che dopo averla guardata ci avrebbe lasciato passare e avremmo potuto andarcene e invece tutto si svolse in pochi secondi.
Chiuse la porta e praticamente ci barrò la strada per uscire restando davanti.
Mamma si avvicinò e vedendo che ci sbarrava l’uscita esclamò:
“Ma che fate?… Ci lasci uscire subito!”
Ci fu una breve pausa di pochi attimi e all’improvviso quell’uomo allungò le mani su mamma, che indietreggiò gridando:
“Ma che fa!? Come si permette!! … Ci lasci uscire che andiamo via! E non mi tocchi se no la denuncio!”
Vedendo mamma reagire così, capii che era in pericolo e mi avvicinai a lei spaventato per proteggerla, ma d’istinto restai fermo, avevo paura di quell’uomo era alto, robusto con la pancia, stempiato e la faccia cattiva e stetti impietrito a guardare e sentire senza fare altro.
Lui si avvicinò ancora e mentre mamma gridava chiedendogli di lasciarci uscire, lui allungando le mani cercava di accarezzarla sul sedere e nelle cosce, con lei che non voleva e si allontanava spingendolo indietro con le braccia e picchiandolo sulle mani.
“Guardi che urlo!! Chiamo aiuto!!” Lo minacciò.
Ma non potevamo fuggire, essendo lui davanti alla porta. Il cuore mi batteva forte nel timore di cosa ci potesse fare quell’uomo.
“Ci lasci passare e se ne vada!… Non si permetta di toccarmi se no lo dico a mio marito!” Ripeté mamma nominando papà che la proteggesse seppur erano separati.
Era agitata, con lui che sprezzante sorridendo ribadiva:
“Diglielo pure, sai cosa me ne frega di tuo marito! …Una donna bella come te è un peccato per un uomo solo, tuo marito ti condividerà con me oggi!” Esclamò.
Io ero spaventato e arrabbiato, capii le intenzioni di quell’uomo anche se di sesso non me ne intendevo molto e per la prima volta insieme allo spavento avvertii anche una percezione morbosa di curiosità e un brivido di quasi turbamento nel vedere quel porco che desiderava mamma e cercava di toccare non autorizzato da lei il suo bel culo cercando di accarezzarglielo.
Non sapevo cosa fare, né cosa dire, avevo paura, non sapevo se intervenire o restare fermo a guardare, mentre le imprecazioni di mia madre si facevano più forti e volgari alle sue manate oscene e lascive sul suo corpo, sedere e seno.
“Porco!… Bastardo!… Non si permetta di toccarmi sa!” Iniziò a inveire agitando le sue braccia e iniziando a scalciare in avanti per allontanarlo cercando di respingerlo indietro.
Lui rideva divertito scansandosi e proteggendosi con l’avambraccio dai colpi di mamma, che arrabbiata le batteva dei pugni sul torace, mentre lui toccandole le cosce cercava di prenderle le mani per tenerla ferma.
Sentii ancora le urla di mamma, le minacce che con fermezza gli faceva e il trambusto nella stanza, essendo finita indietreggiando di schiena con il sedere contro una sedia e il muro.
“La denuncio!… Non mi tocchi!… Se ne vada!! Ci lasci uscire. C’è mio figlio che è minorenne…” Urlò assieme a un: “Aiutooo!!” Forte. Ma non c’era nessuno che poteva ascoltarla all’infuori di me, solo il vento che si era alzato. In quel periodo e in quell’ora le spiagge erano deserte.
Io ero bloccato dalla paura e dall’improvvisazione dello svolgersi di quella scena, dalla determinazione di quell’uomo ad accarezzare mamma e da una forma di forte turbamento che non conoscevo e non sapevo definire e che avvertivo per la prima volta.
Non riuscivo ad intervenire in sua difesa, avrei voluto e dovuto farlo, ma non ci riuscivo, tremavo e la paura mi bloccava.
Mamma si avvicinò a me prendendomi e stringendomi verso sé, ripetendo:
“Lasciateci uscire. Che volete!?” Tenendomi stretto per un braccio a lei.
“Voglio te!” Rispose quell’uomo ridendo e si avvicinò di un passo.
“Andatevene se no grido.” Ripeté mamma.
“Grida! Grida pure! Intanto non sente e non verrà nessuno.” Ribadì quell’essere.
Vidi il volto di mamma farsi serio.
“Vi do dei soldi…” Esclamò, aprendo la borsa e cercando il portafogli.
“No, non voglio soldi, voglio te!… Se fai quello che dico non vi faccio niente!” Asserì…
Io ero sempre più spaventato, ma come mamma non sapevo reagire, guardavo quell’uomo e non capivo, voleva mamma, ma perché la voleva? Cosa voleva da mamma? Voleva portarla via?”
Mamma anch’ella spaventata non reagiva: “Non farci niente…” Gli diceva.
Ma lui per risposta allungò le mani toccandole ancora il seno e il sedere.
“No! …No! …C’è mio figlio.” Esclamò.
“Tuo figlio lo mettiamo qua!” Disse prendendomi per un braccio, tirandomi e mettendomi in un angolo: “Non posso lasciarlo andare se no chiede aiuto!” Precisò.
Oramai era chiaro che voleva fare sesso con mamma.
In quel momento non so nemmeno io come feci e mi avventai su di lui piangendo e gridando:
“No lasciala stareeee!!… Lascia stare mia madree!!”
E lo colpii con calci, schiaffi e pugni, ma lui si girò verso me e mi tirò un ceffone forte sul viso mandandomi indietro e facendomi cadere a terra:
“Vai là… e resta al murooo!” Gridò in modo cattivo e autoritario.
“Non toccarloo! Non toccarlooo!” Urlò mamma venendo subito da me, abbracciandomi e aiutandomi ad alzare. Ci fu un attimo di tenerezza tra noi, avevo provato a difenderla e mi sussurrò:
“Stai calmo, non reagire Matteo, non avere paura!” Accarezzandomi e baciandomi sul viso dove mi aveva dato lo schiaffo quell’uomo.
“Resta qui!” Gridò lui con voce autoritaria prendendo mamma per un braccio e tirandola verso di sé.
All’improvviso nell’atto di accarezzarle le cosce, mentre lei allungava le braccia per allontanarlo da sé, prima uno poi l’altro riuscì a prendere i polsi di mamma e con forza a portarli dietro la schiena, unirli e tenerli insieme nella sua mano, quasi abbracciandola viscidamente, approfittando di quel contatto per baciarla sul collo e sulle labbra, lasciandosi la mano destra libera per toccarla.
“Mi lascii!!! Mi lasciii mi fa maleee!! Ahhhiii!!!” Esclamava mamma colpendolo con dei calci.
Lui all’improvviso le tirò due ceffoni forti sul viso, facendole dondolare la testa.
“Non mi picchi… non mi picchiii per favoreee!” Esclamò imprecando mamma, mentre lui iniziò ad accarezzarle le cosce tirandole su la gonna, fino a vedere le mutandine, sempre più eccitato e ridente mentre mamma imprigionata dalle sue mani era soggetta alla sua forza bruta e alla sua libidine. L’accarezzava oltre che nelle cosce, sul sedere e il seno, intanto che lei sempre più spaventata cercava di opporgli resistenza inveendo:
“Noo… Nooo… Ma che vuole fare!? Non si permettaaaa!!… Nooo!!! C’è mio figlio …c’è mio figliooo!!” Ripeteva.
Ma lui incurante delle suppliche di mamma, a fatica ruotandola su sé stessa riuscì a voltarla e spingerla da dietro con forza contro la tavola al centro della stanza, mettendola a pancia in giù, facendola piegare su di essa, spingendola con l’altra mano sulla schiena fino ad appoggiare la pancia sopra al tavolo.
Ero incredulo di quello che succedeva, di quella scena di violenza su mamma che non avevo mai visto e non capivo cosa volesse fare quell’uomo. Ogni tanto mi guardava come avvertimento di non muovermi; mentre mamma costretta con il sedere rivolto verso lui scalciava all’indietro i piedi cercando di colpirlo con le scarpe di tela, fargli male, allontanarlo e liberarsi e lo minacciava con insulti, piena di vergogna e umiliazione ripetendo:
“Noo!! Nooo… C’è mio figliooo!!!… C’è mio figliooo!!”
La sua preoccupazione principale in quel momento era la mia presenza.
“Ma cosa vuole fare!?” Mi domandavo angosciato e pallido, incapace di pensare quello che realmente stava accadendo, avendo mamma capito da subito le sue intenzioni reali, essendo praticamente alla sua merce. Mentre lui eccitato continuava a tenerla ferma piegata sul tavolo per i polsi dietro la schiena sulla zona lombare.
Io non riuscivo a muovermi ero come paralizzato, quasi intontito, come se quella donna non fosse mia madre, ma una estranea.
Lui all’improvviso prese il bordo inferiore della gonna e lo tirò su lentamente sulla schiena fino a scoprirle completamente la mutandina bianca e tutto il sedere, accarezzandolo insieme al retro cosce.
“No… la prego!” Esclamò ancora mamma con l’espressione spaventata, che vedendomi osservarla mi gridò:
“Girati! Girati verso il muro … non guardare non guardare Matteo.”
Ricordo ancora le parole che diceva quell’uomo in quel momento accarezzando il sedere e le cosce di mamma, mormorava viscidamente:
“Che bel culo da signora! Che culo irresistibile che hai!!… E che bella donna che sei!” Schiaffeggiando le natiche trattenute dentro il tessuto pulito e bianco della mutandina.
Lui si muoveva con padronanza, come se non fosse la prima volta che compisse quelle cose a qualche turista, esclamando:
“Dai!!… Vedrai che ti soddisferò!… Scommetto che non lo dirai a nessuno perché ti piacerà e godrai come non hai mai goduto!”
Fu a sentire quelle parole che intuii su quel poco di sessuale che conoscevo cosa davvero volesse fare a mamma.
Per quello che le stava facendo, avrei voluto ammazzarlo, picchiarlo o scappare in cerca di aiuto, chiamare qualcuno che intervenisse e ci aiutasse, ma credetemi, ero un ragazzo e non ero in grado di muovermi … ero come paralizzato, non riuscivo a reagire, ero fermo e immobile come una statua … senza sapere nemmeno perché guardassi.
E mentre quell’uomo le teneva la gonna su, compressa e trattenuta sotto i polsi di mamma spinti con forza sulla sua colonna lombare, vidi che cercava con le dita l’elastico della mutandina per tirargliele giù.
Mia madre ormai impotente e vinta, rassegnata si rivolse verso me guardandomi e dicendo ancora:
“Girati, girati verso il muro e non stare a voltarti Matteo!”
Deve essere stato terribile per lei subire quella violenza carnale con me che osservavo.
Lo stesso esclamò lui forse in un atto di bontà verso mia madre, ma non desistendo dal violentarla:
“Girati!” Mi urlò deciso cosa che feci, dandogli le spalle.
Lui probabilmente andò più su con la mano fino ad arrivare sul fianco, cercare e prendere l’elastico della mutandina e con strattoni decisi un po’ da una parte un po’ dall’altra, la tirò giù fino alle cosce, sopra le ginocchia. Lasciandola piegata sulla tavola con la mutandina, il retro delle cosce mature e il culo nudo all’aria.
Ero voltato, ma dal riflesso di un vecchio mobile a vetro contro una parete, riuscivo a vedere le loro sagome e cosa faceva, e curioso mi voltai ancora verso loro e vidi mamma piegata con la pancia sulla tavola, con il culo nudo e lui dietro a toccarle il solco intergluteo e cercare di allargarle le gambe.
Lo vidi slacciarsi la cintura dei pantaloni e credevo volesse picchiarla sul sedere a cinghiate, invece fece cadere i pantaloni e lo slip di seguito giù sulle scarpe e con mia enorme sorpresa apparve la sua asta di carne, dura, di discrete dimensioni, eretta e dritta come un pennone, con i testicoli sotto di essa penzolanti e ricoperti di peli grigi.
Mamma per reazione e per impedire quello che voleva fare quell’uomo, si tirava su con il busto, ma lui sempre impugnando con la mano da dietro i suoi polsi uniti, con l’altra libera appoggiata sulla sua schiena al centro della colonna vertebrale, la teneva piegata giù, comprimendola con il seno sul tavolo con forza, impedendole di muovere il tronco e alzarlo.
Si avvicinò maggiormente dietro lei con la sua asta dura, grossa e lunga, per me giovane ragazzo allora. Prese il cazzo in mano e le strofinò da dietro il glande gonfio e violaceo sulla vulva, lungo la fessura.
Mamma avvertendo strisciare quella carne rigida e viscida sul suo sesso ebbe un sussulto e scalciando ancora all’indietro cercò di divincolarsi esclamando spaventata:
“Ma che fa …è pazzo!? … Mi lasci! Mi lasci! …Mi fa male! La prego nooo… c’è mio figlio… c’è mio figlio!” Gridò ancora. Non voleva assolutamente che io assistessi a cosa aveva intenzione di farle quell’individuo.
“Tuo figlio è girato verso il muro e non vedrà nulla, e poi anche se vede, impara…!” Disse ridendo.
Mamma ebbe ancora la forza di strillare:
“Nooo!! Lei è pazzo!? Cosa vuol fare!? Mi lasci! Mi lasci! … Non si permetta!… Mi fa male!” Irrigidendosi per impedirgli di attuare il suo proposito: “No! Nooo!! La prego! La pregooo!!! … La denunciooo!!!”
Ripetendo ormai impotente quelle frasi a vuoto, scalciando inutilmente indietro, colpendolo anche e perdendo una scarpa nel farlo, ma senza procurargli danno e dolore.
E nonostante mamma cercasse di tenere le gambe strette e scalciasse all’indietro, lui infilò il suo ginocchio tra le sue cosce, dandole forti schiaffi con la mano libera sulla natica dall’alto in basso, e iniziò a sculacciarla forte e con cattiveria sulla natica.
“Te le faccio aprire io le gambe…” mormorò. “Sei una cavalla selvaggia ma io ti domerò…” Disse con un sorriso perfido e cattivo. Non riuscivo a capire perché quell’uomo ce l’avesse così tanto con mamma.
“Se non stai ferma ti sculaccio tanto che te lo faccio diventare rosso che non potrai più sederti!” Le gridò sculacciandola con energia, umiliandola.
Mamma in quella posizione si contorceva muovendo il sedere da un lato all’altro, cercando di divincolarsi e schivare quegli schiaffi che non vedeva da dove giungevano, ma inesorabilmente le arrivavano e li sentiva bruciarle la pelle pallida e tenera del sedere. Finché.
“Basta… basta! La pregò!” Mormorò mamma: “Mi fa male! Mi fa male… brucia!”
“Allora ci stai ferma? …Ci stai?” Le chiese quell’uomo continuando a colpirla forte sulla natica.
“Sì… sì… sì… ci sto! … Ci sto! Sto ferma…!” Farfugliò con le lacrime agli occhi.
Quell’essere smise di sculacciarla lasciandole una natica rosso fuoco, facendole divaricare le gambe, non riuscendo mamma nonostante i tentativi a impedirglielo.
Vidi lui che si portò la mano sulla bocca riversandole della saliva, portandola poi sul sesso di mamma e da dietro accarezzandolo gliela spalmò lubrificandola, lo stesso fece per la sua asta dura e dritta. Riportò le dita in bocca, riversò la saliva e la portò sull’asta e sul glande.
Guardavo sorpreso e stupito da quello che compiva, senza accorgermi che mamma voltandosi verso di me, mi vide che osservavo e mi urlò ancora:
“Girati… girati Matteo … non guardare …Girati! …Girati!… Guarda il muro!!… Non me!!!” Osservandomi impotente in preda alla vergogna e all’umiliazione che io assistessi alla sua violenza sessuale, avendo ormai capito che non poteva più fermarlo e quello che voleva lui sarebbe successo.
Mi voltai ancora verso il muro alla sua intimazione, per non guardare, perché mi vergognavo a vedere mamma così in quella posizione e condizione sculacciata da quell’estraneo e con il sedere fuori. Ma d’istinto curioso mi rigirai quasi subito solo con la testa, cogliendola nell’attimo che si inarcava e lui la penetrava, e spingendo il suo cazzo si apriva un varco sotto i glutei, pallidi, teneri e carnosi di mia madre. La fissai penetrata da lui, da quell’uomo sconosciuto, con la sua asta dalla carne dura dentro mamma che aveva le lacrime agli occhi e gridava ancora: “Nooohh!!!”
Vedevo il suo sedere di lato, pallido e tenero, con un gluteo rosso fuoco contro la pancia di quell’uomo e alle ginocchia le mutandine arrotolate nel tirarle giù.
Ricordo che allora lo appoggiò sulla vulva e spinse entrando lentamente dentro la sua vagina, ascoltandola mentre emetteva un urlo soffocato di capitolazione:
“Noooooo!!!!!!!!
L’aveva penetrata, come si suol dire ancora adesso, era sua. Ormai era vinta e iniziò a muoversi avanti e indietro chiavandola.
Osservavo ma avevo paura, ero teso e pallido e con il mio fisico gracile tremavo guardando mamma piegata sul tavolo posseduta da dietro da quel brutto ceffo sconosciuto. Ero come stordito, mi sentivo smarrito ed emozionato, avvertendo anche sensazioni e reazioni fisiche nel mio corpo sconosciute, sotto forma di calore diffuso e palpiti cardiaci.
Guardavo quell’individuo muoversi, battere con la parte bassa della sua pancia voluminosa contro il sedere di mamma, dondolarsi entrando e uscendo in lei con la sua asta eretta.
Lo shock di quella visione fu grande nel vederla presa sessualmente da quella persona, e il tempo di reazione affinché realizzassi e mi riprendessi dal torpore assurdo in cui mi trovavo, fu di pochi secondi.
Fu sconvolgente quell’immagine, il cuore mi batteva all’impazzata nello scrutare mamma posseduta da quell’uomo, ebbi una reazione passiva, di shock psicogeno, di perplessità, negazione e curiosità, ripetendo più volte l’azione di guardare e non guardare girando la testa. Perché non volevo che la possedesse e non volevo nemmeno osservare mamma in quella condizione di sottomissione, posseduta da quell’uomo, ma lo facevo per rendermi conto se quello che vedevo e vivevo era reale o era un incubo; perché stavo assistendo a mamma violentata.
Tutto avvenne sotto al mio sguardo di ragazzo adolescente, con gli occhi spalancati dallo stupore, in preda alla paura e all’incredulità di quello che accadeva e osservavo. Tutto si svolse in pochi attimi conseguenti, che per me sembrarono una eternità, sentendomi mancare dalla sorpresa, con il cuore che mi batteva forte da sentirlo pulsare nel petto, da cardiopalmo, ma ero e restavo sempre immobile, teso, sudato, incapace di reagire e intervenire, come in trance osservavo e ascoltavo.
Ero sconvolto.
Quando riguardai ancora, lui la teneva piegata e la possedeva con foga e piacere di farlo, facendo strusciare il corpo di mamma sul tavolo, dondolando tutti assieme, lui, lei, il tavolo. E sorridendo con il suo ghigno perfido le massaggiava la natica e la colpiva con schiaffi a cadenza regolare, alternando a mano aperta la carezza allo schiaffo, arrossandole la cute bianca dell’altro gluteo, battendola come se fosse il sedere di una cavalla o di una ragazzina da punire; mentre la carne e l’adipe della natica di mamma sotto i suoi schiaffi ondulava pallida come le onde del mare a quelle percosse.
A quella visione avvertivo una strana sensazione di turbamento, mamma non reagiva più, restava ferma in silenzio mentre lui muoveva la sua asta eretta dentro di lei. In quel momento aveva girato il capo dalla parte opposta di dove ero io che mi ero spostato di pochi passi di lato, indietro verso loro e da lì lateralmente vedevo tutto.
Odiavo quell’essere disgustoso che violentava mia madre, mentre in me provavo sensazioni diverse, sentendomi pulsare il pene nei pantaloni e inconsciamente avrei voluto essere al posto suo.
“Così brava, ferma! Stai ferma … vedrai che tra un po’ ti piacerà e inizierai a godere!” Le diceva trattandola come una donnaccia.
Ogni tanto quel tipo gettava un’occhiata su di me a vedere dov’ero e cosa facevo, e io quando lo notavo guardarmi mi rigiravo verso il muro e lui continuava a possederla, mentre io subito dopo lentamente mi rivoltavo a guardare.

Osservavo il suo bacino grasso che con movimenti vigorosi e profondi si muoveva su e giù, avanti e indietro battendo contro il sedere arrossato di mamma, e sempre tenendole i polsi dietro con una mano, girandole il braccio sul fianco, le portava l’altra mano sul ventre stringendola per la vita, piegandosi in avanti su di lei baciandola sui capelli e sul collo.
Mamma aveva smesso di scalciare restando ferma sul tavolo, abbandonandosi passiva a quell’evento, piegandosi di più in avanti e per tenersi in piedi allargando inconsciamente le gambe.
Non era più tesa e rigida con gli arti e i muscoli del corpo contratti come all’inizio quando gridava, in quel momento non diceva più nulla, non si dimenava più.
L’espressione del viso era cambiata, da accesa e irata, era diventata inespressiva, arrendevole e impotente, con gli occhi chiusi come se si volesse estraniare o accettare fiaccamente quello che succedeva in una smorfia di assurda piacevolezza.
A quel punto, come se fosse stata una cavalla domata quell’uomo le lasciò i polsi e le braccia libere, che lei da dietro, indolenzite lentamente portò in avanti sul tavolo, adagiandole e stirandole dritte, continuando a restare immobile in quella posizione e a lasciarsi possedere, mentre lui lo faceva con colpi vigorosi, iniziando a dirle frasi offensive:
“Vedi che sei una maialona!! Che ti piace ora …che godi!” Mentre con l’indice portato davanti al suo viso, pur non vedendole le accarezzava le labbra introducendoglielo in bocca.
In una manciata di secondi passai dalla visione del suo sopruso sessuale e resistenza, al momento di sopraffazione, dove passiva e impotente si lasciava possedere.
Avvertivo strane sensazioni in me, sconosciute, deglutivo a fatica, mi sentivo affannato e teso e involontariamente sentivo il mio pene pulsare dentro lo slip.
Non passarono più di venti secondi, tutti di forte emozione e incredulità che mi immobilizzarono mentalmente, quando la vidi che nonostante le braccia libere, arrendevole non reagiva, ma accettava e restava con gli occhi socchiusi a lasciarsi possedere da quell’essere.
Intuii con una sorta di eccitazione e dispiacere che le piacesse e acconsentisse a quell’amplesso.
Per la prima volta avvertii un forte turbamento in me morale e fisico, che mi fece considerare mamma in modo diverso nel vederla oramai non reagire a lui che la prendeva sessualmente. La vedevo non solo come madre, ma anche donna e all’improvviso con stupore e incredulità la sentii sotto i colpi volgari e profondi di quello sconosciuto disgustoso incominciare ad ansimare di piacere e muovere le braccia sul tavolo, iniziando poco dopo a godere pienamente dell’abuso sessuale di quell’uomo, incurante o non ricordandosi di me nella stanza.
A vederla e a sentirla gemere, ebbi una sensazione di calore pubico, avvertendo una forma di erezione.
Vedevo la mano di quell’uomo entrare sotto la maglietta e correre sulla schiena portandosi su in alto per poi girare davanti sul torace di mamma, rovistarle dentro il reggiseno, frugare e cercare le grosse mammelle dentro le coppe e stringerle da farle compiere delle smorfie di fastidio sul viso, facendole sentire le sue dita ruvide su i capezzoli turgidi e delicati. Per poi scendere sul ventre e sul sesso, accarezzare il fianco delle cosce salendo sulle natiche accarezzandole i glutei morbidi e arrossati stringendoli e rilasciandoli, provocandole ancora male, schiaffeggiandoli mentre la possedeva e si muoveva dentro lei.
Inspiegabilmente mamma godeva oramai. La sentivo godere e la vedevo muoversi con il corpo, ansimare e staccarsi dal tavolo con il tronco, alzando il capo in alto riversandolo indietro, mentre lui da dietro le tirava i suoi capelli meravigliosi, curati e gonfi. E sempre appoggiata con l’addome e i gomiti sulla tavola, arcuandosi in su con il tronco, ormai in preda al piacere si lasciava possedere da quello sconosciuto dondolando avanti e indietro con il corpo alle sue spinte profonde.
Era tremendo, era la prima volta che osservavo un rapporto sessuale vero, che vedevo una donna godere, ed era un abuso carnale, ed era mamma quella che lo subiva… La vedevo godere con un uomo che la brutalizzava e la guardavo, e mi stordiva e disorientava osservarla, il mio affanno, la mia paura e la mia apprensione si trasformarono in turbamento e mi eccitarono, non riuscendo a capire perché.
Ho pensato mille volte in seguito a quella scena e situazione, al fatto che non intervenni ma restai fermo a osservare senza ribellarmi e del perché avvertissi tutte quelle sensazioni fisiche e psicologiche di cui mi vergognavo ma mi piaceva avere alla visione di mia madre che veniva sopraffatta e sottomessa.
La stava possedendo e pur nella mia inesperienza sessuale notai da come si comportava che lui era pratico a compiere quegli atti, quelle cose, che era esperto di donne e probabilmente mamma non era la prima di cui abusava sessualmente.
Ma mi stupiva e non capivo perché mamma in quel rapporto sessuale, quella sopraffazione carnale, sottostava e subiva rassegnata, diventando piacevolmente passiva, lasciandosi penetrare e possedere da quell’uomo anche gemendo e provandone piacere.
“Forse lo farà per calmarlo!” Pensavo, ma seppi maturando che non era per quel motivo ingenuo che avevo prospettato.
Notavo che lei, subendo quella prepotenza, non poneva più ostilità e riluttanza, no, ma al contrario era in uno stato di arrendevole compiacenza, quasi di partecipazione passiva, anche se con gli occhi chiusi si estraniava.
Ero in uno stato confusionale di agitazione dovuto a quel mutamento della reazione di mamma e al forte turbamento che provavo io a vedere quella scena. Lo so non avrei dovuto guardare, ma fu più forte di me.
Mi sembrava tutto surreale, l’aria calda di quella cabina in muratura gonfia di odore marino, mi penetrava nelle narici stordendomi e in quel locale chiuso insieme alla tensione che mi accaldava, l’umidità si formava sul mio volto unendosi al sudore e al turbamento.
Sentivo nel silenzio attenuato da quelle mura bianche e rovinate, il rumore sordo degli inguini di quell’uomo che battevano forti e ritmici contro le natiche arrossate e teneramente voluminose di mia madre, facendole oscillare e tremolare ai suoi colpi profondi, vibrando tutta.
Era tutto così irreale quel rapporto brutale, in quel modo intenso e io così giovane che obbligatoriamente assistevo. Non so quanto durò il tutto, forse alcuni minuti dilatati all’infinito dal turbamento, oppure molto più tempo e a me sembrarono una eternità, so solo che non mi stancavo di osservare.
Ci fu una pausa di silenzio dove si udiva solo il dondolio dei corpi sul tavolo e i colpi delle loro carni che si scontravano, le natiche morbide di mamma contro gli inguini e la pancia di quell’individuo. E quello appresi dopo, significava che la penetrava completamente a fondo e i suoi gemiti trattenuti a stento per vergogna di me e di sé stessa, risuonavano con ancora la voce di quell’uomo dire:
“Ti piace eh!! …Lo sento che ti piace, sei bagnata ora!”
Da come non reagiva e gemeva e mugolava, si capiva che a mamma piaceva quel rapporto con lui, ma ero io che non capivo perché le piacesse se prima gridava e si dimenava che non voleva? Ma anche questo lo capii quando fui più grande.
All’improvviso vidi lui tirarsi più avanti con il torace sulla schiena di mamma, prendendola per i capelli tirandoli forte quasi da farle male, alzarle il capo e portarglielo indietro e voltato di lato verso di lui. Si avvicinò alla sua bocca con la lingua fuori come un porco. La baciò sulle labbra e gliela cacciò dentro iniziando a limonarla come fanno i ragazzini sulle panchine, con lei che passiva e stordita ricambiava il bacio in quella posizione contorta al limite del contorsionismo, muovendo anche il sedere indietro verso lui.
Fu impressionante, mi addolorò e scosse profondamente vederla baciata in bocca da quell’uomo, un estraneo per noi e che lei che lo lasciò fare. Non vedevo bene dalla mia posizione, ma probabilmente erano bocca contro bocca, lingua contro lingua, intrecciarsi e scambiarsi pur non volendolo la saliva tra loro. Era sconvolgente.
In quel momento capii che non era più un abuso sessuale ma si era tramutato se non in un rapporto consenziente, almeno partecipato.
Lei in piedi oramai eccitata e smarrita, riversa con il busto su quel tavolo di legno con le braccia tese, ansimava confusa sotto lo scorrere della sua asta di carne dura in vagina, con suoi colpi acuti e penetranti, mentre le proferiva parole che nessuno si era mai permesso di dire a mia madre, nemmeno mio padre, offendendoci entrambi:
“Sei una maialona … una porcona!!… Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto …Ti piace farti sbattere da un vero uomo eh!!… Lo senti tutto …vero?! Su dimmelo!” Le chiedeva prendendola per i capelli tirandoli forti, spostandole indietro la testa piegandosi in avanti e baciandola ancora in bocca, per quel poco che riusciva per la posizione.
“Ti piace? Dimmelooo!! Dimmeloooo!!!” Diceva sempre più teso con il viso congestionato dall’eccitazione. E con dispiacere in preda a quello stato di esaltazione e istigamento passivo sentii mia madre rispondere con impeto senza intendere quello che diceva esclamando forte:
“Sììì!! Sììì!! Mi piace!!!” Confusa e disorientata non capendo più niente. Lasciandomi allibito sotto una forma di vertigine ed eccitazione.
Pensai che lo diceva per calmarlo, per far sì che non gli tirasse più i capelli che le facevano male, ma qualche anno dopo seppi che non era corretto quello che pensavo.
Ormai era nel completo oblio del piacere, non realizzava più niente, nemmeno che ci fossi io, probabilmente il rigore morale, l’astinenza di tanti anni senza un uomo e un rapporto sessuale avevano risvegliato prepotente in lei sfuggendo al suo controllo razionale, il desiderio e il piacere.
In quei momenti guardavo tutto dei loro corpi, osservavo incantato e incredulo l’asta di carne di quell’individuo per tutta la sua lunghezza che entrava e usciva dalla carne della vagina di mamma, sempre più veloce e con più vigore. E ascoltavo il persistente rumore della pelvi sudata di quell’uomo e dei suoi testicoli battere e sfregare contro il sedere e le cosce di mamma, che oramai in preda al fervore si contorceva cercando di chiudere le dita graffiando il tavolo con le unghie.
Quel tipo era come una serpe che si allungava sulla sua schiena, fino a raggiungere con la bocca il collo iniziando a slinguarlo esplorandolo con la lingua, leccandole, dietro le orecchie e baciandole i capelli come un invasato, con una lingua avida e bavosa da vero porco.
A osservarlo provavo un sentimento di gelosia e disgusto, ma anche se scosso e assente nel vedere assurdamente mia madre gioire di lui, avvertivo in me giovane ragazzo il sangue affluire ai miei corpi cavernosi, procurandomi indipendentemente dalla mia volontà l’erezione, lasciando in me il turbamento, lo struggimento e la morbosità di desiderare anch’io di possedere mamma. E mi esaltavo a guardarli, ad assistere a mamma sotto di lui che si lasciava dominare e che godeva.
La gelosia che provavo, non era dettata dalla possessività verso mamma purtroppo e lo scoprii dopo, ma dal fatto che incomprensibilmente desideravo essere al posto di quell’uomo.
Per la prima volta in vita mia, in quel malessere tormentoso che provavo, sentii calore nei genitali una sorta di piacere caldo che non avevo mai avvertito prima, sentivo il pene ingrossarsi e irrigidirsi, pulsare e spingere contro lo slip.
Mi sembrava di essere in un mondo irreale, in un film, ma non era così purtroppo.
Mamma mi confidò in seguito che aveva paura che quell’uomo le eiaculasse in vagina, ingravidandola, essendo ancora feconda, ma per fortuna non fu così.
La sentii gemere e gridare non più con arroganza minacciosa, ma con la voce sommessa sotto il susseguirsi di colpi sempre più vigorosi e profondi da parte di lui che le dava in vagina, e l’ascoltai gemere.
Vedevo mamma domata, con il viso godente sulla tavola, a volte girarlo a destra, altre a sinistra e altre ancora alzarlo, aprire gli occhi e voltarsi verso me, guardandomi, accorgendosi che osservavo, e fare segno con il capo dicendomi con il labiale senza fare uscire il suono dalle labbra: “Gi-ra-ti…”.
Rivoltandosi subito piena di vergogna a guardare in avanti sotto le spinte intense e penetranti dell’asta di carne dura di quell’energumeno dentro lei, riprendendo ad ansimare e gemere:
“Aaaaaaaaaaahhhhhhhhhh!!!! Aaaaaasssssshhhhhhhhhh!!!!!” Gemette come se avesse un orgasmo continuo.
Era la prima volta che oltre che vedere sentivo una donna godere e che aveva l’orgasmo, e doveva capitare proprio con mia madre… Sconvolto e smarrito, sentivo lui con voce bassa, calda e libidinosa che la provocava:
“Vedi che ti piace! Ti sento godere … Ti sento la figa bagnata di piacere e il seguito sarà ancora più bello vedrai!”
E lei che si lamentava con gemiti mai ascoltati prima, che mi procuravano spavento, sconcerto ed emozione.
La vidi inarcarsi mentre lui le tirava i capelli indietro e godere ansimando, mettendo le dita ad artiglio come quelle di un rapace e graffiare la tavola, cercando di scorticare il legno con le unghie e di stringerlo tra le dita, dimenandosi con il ventre appoggiato su quel tavolo.
Un urlo di piacere, con la sua voce armoniosa che conoscevo bene le uscì dalle labbra, quasi soffocato dall’affanno da mancarle il fiato:
“Aaaaaaahhhhhhhhhaaaaaahhhhhhhaaaahhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
Lungo e intenso, dove io all’orgasmo di mamma sentii un forte calore sul pube, persistendo l’erezione, provando una sorta di piacere interiore oltre che esteriore, bagnando il mio slip senza toccarmi di liquido prostatico, che avrebbe preparato la mia uretra all’eiaculazione. E così fu, pochi secondi dopo, in silenzio eiaculai anch’io per la prima volta in vita mia contro lo slip.
Anch’io avevo avuto per la prima volta il mio orgasmo e la mia eiaculazione a quella visione sessuale.
Lui continuò ancora di più a possedere mamma mentre io guardavo in silenzio, poi simultaneamente tirandole i capelli, la fece inarcare fino a farle appoggiare le mani e mettere le braccia tese sulla tavola, e battendola di nuovo sulla natica arrossata, con la mano estrasse il suo cazzo duro, lungo, umido e lucido dagli umori del piacere di mamma e con un grido rauco e soffocato, quasi animalesco eiaculò: “Aaarrggghhhhh!!!!. Sììììì!!!!”
Le venne sui glutei, con schizzi potenti che arrivarono con i getti di sperma fino sulla schiena, macchiandole la gonna tirata su e la maglietta dietro, oltre che colpire il sedere con grosse e abbondanti macchie gelatinose color del latte.
Ero impressionato, non avevo mai visto niente di simile, un uomo eiaculare e nella sua brutalità lo trovai eccitante e attraente.
Poi, mentre mamma spossata restava ancora piegata sul tavolo, mosse il glande circolarmente sulle natiche, premendo e creando depressione al suo passaggio sulla morbidezza della sua carne irritata dalle sculacciate e le spalmò il residuo del suo seme sulla pelle arrossata.
La sua asta era lunga, appoggiata sul sedere ardente di mamma e ad aver assistito a quella scena e al pensiero che quell’asta di carne dura pulsante che osservavo così lunga appoggiata sul suo gluteo l’aveva penetrata totalmente, era entrata in lei, l’aveva posseduta e goduto su di lei, mi provocò inspiegabilmente un fremito di piacere morboso, dando alla gracilità del mio giovane fisico uno scossone e una sensazione di godimento senza toccarmi.
A quel punto terminò tutto, quell’uomo sudato, con la paura che aveva violentato mamma si chinò e rialzo tirandosi su lo slip e i calzoni assieme.
Rimise dentro la sua asta ancora rigida e si coprì la pancia vistosa, sudata e allacciò la cintura.
Mamma tirandosi su mi guardò e mi vide fermo davanti al mobile vicino al muro dove mi aveva messo quell’uomo per non guardarli. Il suo viso era stravolto e sconvolto, umiliato e pieno di vergogna verso di me, unito allo sconvolgimento della sua reazione avuta involontariamente. Era spettinata, con il poco trucco intorno agli occhi sfatto dal pianto precedente.
Ricordo che non sapevo cosa pensare, come catalogare quella situazione, e mi dicevo da adolescente mentre lei si rimetteva in ordine per rendersi presentabile a me:
“È stata una violenza… ma poi le è piaciuto, l’ho vista e l’ho sentita, godeva e partecipava.” Iniziando ad avere i rimorsi per non essere intervenuto.
In quel momento che tutto era finito ero turbato sconvolto e angosciato, avevo visto e avvertito in me sensazioni ed emozioni che mai pensavo potessi avere che mi piacevano ma disagiavano.
Quell’uomo si rimise a posto velocemente e quasi senza che ce ne accorgessimo, aprì la porta e uscì di corsa lasciandoci lì me e mamma. Non lo vedemmo mai più.
Mamma prendendo dei fazzolettini dalla borsa si pulì lo sperma di quell’essere sul sedere tirò su la mutandina e poi tirò giù la gonna e venne da me. Mi abbracciò stringendomi e piangendo, fino a scoppiare in un pianto con singhiozzo tutti e due.
Anch’io l’abbracciai sentendo il suo odore forte, caldo e denso, un misto del suo profumo personale, sudore del corpo e dell’aroma della pelle, dovuto anche al rapporto sessuale avuto, e mi turbava. Lo sentivo tra i suoi capelli anche se disordinati con la testa sulla mia spalla e nell’aria di quella stanza cupa.
Mi turbava stringerla in quel momento, sentire il seno gonfio frugato dalle mani di quell’energumeno, le grosse mammelle che quell’uomo aveva manipolato e maltrattato contro il torace giovane e scarno del mio gracile corpo. E anche se mamma piangeva mi stordiva, forse eccitava, anche se non capivo appieno come si manifestasse una eccitazione.
Avvertire il suo corpo che aveva goduto di quell’uomo contro il mio, caldo e morbido mi smarriva e mi infervorava.
Percepivo il calore del suo viso appoggiato al mio le sue lacrime bagnarmi la guancia, mentre mi abbracciava come se fossi il suo uomo.
Non pensavo all’abuso carnale che aveva subito, in quel momento vilmente stordito e scioccato da quello avvenuto, desideravo di essere quell’uomo, baciarla e stringerla a me mentre mi passavano nella mente tanti di quei pensieri che nemmeno si possono immaginare. Sentivo l’abbraccio caldo e morbido che mi dava con amore e la stringevo forte a me avvertendo il respiro sul mio viso. Scoprivo improvvisamente che mi piaceva stringerla ed essere abbracciato da lei non come mamma ma come donna, che anche lei si abbracciasse e stringesse a me. Ma soprattutto in quella situazione patetica e scellerata si rivelava in me il desiderio morboso che anch’io per la prima volta desideravo sessualmente mamma, la volevo possedere come quell’uomo, stringerla e baciarla.
Ma non avevo la forza di parlare, il coraggio di dirglielo e nascondevo tutto dentro di me.
Ed esclamai all’improvviso con dolcezza:
“Cosa è successo mamma? Cosa ti ha fatto quell’uomo?” Chiesi accarezzandole il suo bel viso sconvolto.
“Non voglio parlarne ora Matteo! … Non voglio! … Ma stai tranquillo, sto bene… sto bene!!” Ripeté.
“Cosa facciamo adesso mamma?” Domandai.
“Niente, torniamo in albergo, e mi raccomando… non dire a nessuno di quello che è successo?”
“Ma perché?” Chiesi.
“Perché sì!” Fu la sua risposta autoritaria di quel momento: “Non voglio che si sappia… che la gente sappia quello che è accaduto. Hai capito?” Mi chiese.
“Sì!” Replicai.
“Bravo!” Esclamò accarezzandomi il viso e baciandomi: “Quando mi sentirò meglio ti spiegherò con calma, ma ora non voglio, non me la sento. Voglio solo dimenticare!”
Si mise a posto i capelli e il viso, cercò e trovò la scarpa che scalciando aveva perso, dalla borsa prese e mise gli occhiali scuri sugli occhi per non far notare che aveva pianto e uscimmo, fuori si era alzato il vento e piovigginava e facendo a ritroso il percorso sulla spiaggia ritornammo indietro, con lei avanti e io dietro, e ogni tanto si voltava guardarmi se c’ero.
Aveva la gonna e la maglia ancora macchiata dallo sperma sul sedere e sulla schiena e glielo dissi, lei prese altri fazzolettini e in mezzo alla spiaggia roteando il busto, schifata cercò di pulirsi, ma non ci riusciva, mi offrii io di farlo:
“Sì…ma stai attento a non toccarlo con le dita! Non toccarlo!” Mi raccomandò passandomi i fazzolettini. Lo feci, la pulii strusciandoci sopra lasciandole solo l’alone della strisciata. Gettai i fazzolettini sporchi a terra e il vento subito li fece volare in aria come farfalle, portandoseli via davanti a noi. Poi mi fece avvicinare a lei e mi prese la mano e camminammo così mano nella mano insieme sprofondando nella sabbia.
Andammo prima nel dehors di un bar e ci sedemmo, dove mamma ordinò una aranciata per me e lei, con mio stupore e del cameriere stesso, si prese un whisky per riprendersi dallo shock.
“Che marca signora?” Le domandò.
“Quello che vuole lei!” Gli rispose. Non essendo una bevitrice non conosceva nemmeno le marche.

Quel tardo pomeriggio tornati in albergo, salimmo di corsa in camera, e con la scheda a pass aprì la porta e andò subito in bagno a urinare, mentre io mi sedevo su una sedia. Ritornò in camera e si spogliò restando in mutandina e reggiseno e la vidi, la guardai mentre incurante di me si muoveva spogliandosi, probabilmente con mille pensieri in testa. Io seduto la osservavo, si avvicinò, mi accarezzò il viso e baciò sul capo:
“Mi spiace che hai dovuto assistere a tutto questo…” Dichiarò con gli occhi lucidi, mentre io restavo in silenzio. Lei pensava che fossi scioccato e in un certo senso lo ero, ma non per la sua violenza subita, ma per quello che avevo scoperto e si era manifestato in me osservandoli. Avvertivo ancora il suo odore, me lo sentivo addosso, sugli abiti e sulla pelle, me lo sentivo tra le mani, come se si potesse prendere e toccare.
Immaginavo quanto visto prima, le labbra di quell’uomo sul collo di mamma e con forza sulla sua bocca e sulle guance a baciarla…. a leccarla. E rivedevo le sue mani grosse che le frugavano il seno da dentro il vestito e poi che le accarezzavano e sculacciavano il sedere. Le braccia che la tenevano ferma e stringevano forte da dietro, e anche quando ormai sfinita e vinta, si lasciava possedere.
“Guardati un po’ di televisione, non pensarci, cerca di dimenticare anche tu quello che è accaduto!” Mi disse.
Entrò in bagno spingendo la porta dietro sé per chiuderla, ma la forza di spinta non fu sufficiente e restò solo accostata, e si tolse anche il reggiseno e la mutandina e si mise nuda dentro la doccia.
Da oltre la porta insieme al televisore acceso sentivo l’acqua scorrere continuamente. Inspiegabilmente con il cuore in gola mi alzai e avvicinai e la spinsi un poco di più socchiudendola e guardai, e da dietro il vetro zigrinato della doccia, vidi la sagoma del suo corpo nudo alterata dal vetro, che si lavava. Vedevo le mani che correvano sul suo corpo insaponato, contaminato dall’asta sessuale di quell’individuo dentro lei e dai liquidi organici riversati sui glutei e la schiena. Era sporca dello sperma di quell’essere e il collo e il viso della sua saliva e sudore.
Ma soprattutto si sentiva sporca dentro, perché io avevo assistito a tutto. Era disagiata intimamente e psicologicamente.
Vidi la forma irregolare del suo corpo dietro il vetro, allargare le gambe e più volte con il doccino in mano puntare il getto direttamente contro e probabilmente dentro il suo sesso inscurito dai peli neri, e lavarsi anche internamente la vagina riempiendola di acqua e per poi svuotarla lasciandola uscire a caduta sul piatto doccia sottostante, ripetendo più volte quella pratica. Non sapevo di questo modo di lavarsi, scopri poi da adulto che altro non era che una pratica igienica comune a molte donne.
E continuò a lavarsi, e intravedevo le grosse mammelle dai contorni irregolari che falsate oltre il vetro anche dall’acqua si muovevano penzolando o dondolando sul corpo a seconda della posizione che assumeva nell’insaponarsi.
Tornai a sedermi sulla sedia e poco dopo mamma uscì fasciata nel suo accappatoio, con i capelli ancora bagnati che li asciugava camminando e andò a sedersi sul letto. La guardai un attimo, poi mi alzai ed entrai in bagno per riordinarmi, lavarmi la faccia anch’io dal pianto. Lasciai la porta socchiusa volutamente e la vedevo di spalle seduta nel letto che si guardava tra le cosce. Non so cosa mi prese, ma come facevo a casa mi avvicinai alla busta di plastica degli indumenti intimi sporchi che avrebbe riportato indietro per lavare e la aprii. Solo a fare quel gesto mi batteva velocemente il cuore e turbava fortemente. Vidi sopra gli altri suoi e miei precedenti il suo slip con pizzo bianco che indossava durante l’abuso e che aveva appena tolto, impaurito lo toccai, con le dita e forse per via della tensione o dell’eccitazione inconscia che avevo addosso, mi parve di sentirlo ancora caldo del suo corpo.
Lo presi e lo tirai fuori con la mano tremante, era appallottolato, ma lo scomposi e allargai nelle mani e lo guardai. Dietro era macchiato di sperma quasi asciutto di quell’uomo e davanti e sul perizoma di liquidi organici vaginali di mamma. Mi prese una sorta di smania e scompiglio interiore al pensiero di quello che aveva fatto a mamma, una forma di calore interiore mi salì e infuocò il volto, non resistetti e stordito e come un automa, tremante con movimento lento lo portai sul viso e lo annusai. Annusai dove c’era stato appoggiato il sesso violato di mamma, ancora umido, caldo e odoroso dei suoi umori. Aveva un odore particolare e intenso che mi inebriava. Ero eccitato e senza volerlo e senza pensarci mi ritrovai ad averlo sulle labbra a strusciarlo quasi a baciarlo, a provare a sentire quel suo gusto intimo sulla bocca.
All’improvviso vidi mamma alzarsi dal letto e li ricacciai veloce dentro il sacchetto mettendomi a urinare, con il mio sesso diventato rigido. Mi sentivo strano e non capivo perché mi comportassi in quel modo verso mamma e soprattutto perché mi piacesse farlo.
Lei si rivestì, era di nuovo bella nonostante il viso cupo, fece cambiare anche a me e quando fui pronto con gli occhi lucidi mi guardò e accarezzò il volto e la fronte e mi abbracciò forte forte, stringendomi, e ancora avvertii il suo corpo su di me e il suo buon profumo intenso, solo che percepivo tutto in modo diverso, vedevo e avvertivo in lei una donna e non la mamma. Quella violenza mi aveva danneggiato psicologicamente perché mi scoprii a desiderare sessualmente mia madre.
Come se non fosse accaduto nulla, con la morte nel cuore andammo giù a tavola sulla terrazza a cenare, tutto doveva continuare come prima.
Non avevo fame, ero teso, spaventato era stato troppo quello che avevo visto e fatto e soprattutto scoprire in me il desiderio morboso verso mia madre.
“Mangia qualcosa!” Mi sollecitava accarezzandomi sui capelli.” Lo so che quello a cui hai assistito è stato terribile. Ma devi mangiare qualcosa…”
Non risposi, l’unica cosa che dissi fu: “Ma tu non mangi mamma?” Anche lei non cenava.
“No, non ho fame stasera Matteo.” Rispose.
E nel riprendere quel parlare tra noi le domandai:
“Ma perché non vuoi che lo diciamo a nessuno, al papà, allo zio o alla polizia che lo cercano e lo prendono? Tu stessa gli hai detto che lo denunciavi…”
Restò ferma impassibile a guardarmi poi esclamò:
“Ti raccomando Matteo non dire a nessuno quello che è accaduto, soprattutto al papà quando sei solo con lui, mi feriresti molto e mi faresti piangere. Nessuno lo deve sapere!” Affermò aggiungendo:
“Ci sono cose che si possono dire e altre che non si possono né dire né fare. E ci sono altri aspetti per non parlarne e compierle.”
“Me li puoi dire mamma?” Domandai serio.
“Non stasera Matteo, non mi va di parlare dell’accaduto, più avanti te le dirò. …tra qualche mese forse, quando sarò più calma e questa storia sarà lontana.” Fece una pausa e continuò: “So che hai visto tutto, ed è stato senz’altro terribile e traumatizzante per te, ma io ti aiuterò a superarlo e voglio fare con te una discussione franca, senza mentirti. Ma ora aiutami, aiutiamoci a vicenda, capiscimi… non mi sento di parlarne.”
“Va bene mamma!” Risposi educatamente seppur dispiaciuto.
La guardavo, ma non ero più io, il Matteo di prima, in quel momento avrei voluto che mi baciasse, abbracciasse ancora e sentire il mio corpo vicino al suo, il profumo della sua pelle, dei capelli e stringere ancora dolcemente il suo splendido corpo maturo che mi attraeva e mi faceva impazzire.
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Quella sera mamma comprensibilmente era in uno stato di prostrazione, gli occhi umidi e lo sguardo assente e io ero intimorito dell’accaduto e di quello che ancora poteva accadere. Mi avvicinai a lei, la guardai e l’accarezzai sulla mano.
“Ti voglio bene mamma!” Esclamai.
“Lo so amore!” Rispose stringendomela e sorridendomi con gli occhi lucidi in una smorfia spenta e triste.
“Sei pallidissima, non stai bene?” Le domandai guardandola alla luce del lampione sulla terrazza.
“No sto bene ora! Stai tranquillo non è niente, è stato solo un momento di malessere, un capogiro.”
Diceva così per non spaventarmi.
Presi il bicchiere e le versai un po’ di vino che so a tavola le piaceva e a casa lo beveva. Mangiammo poco e male, poi ci alzammo camminammo verso la ringhiera della terrazza, all’aria aperta guardando il cielo e respirando e io poco dietro di lei.
La vedevo pensosa guardare il mare scuro di sera, ogni tanto mi guardava e poi sorrideva come a tranquillizzarmi. Si accese una sigaretta e la vidi aspirare forte, la fumò nervosamente tutta in un attimo e si sedette fuori con me vicino, dopo pochi minuti ne accese un’altra e la fumava assorta sempre guardando avanti, probabilmente pensava a quello che era successo, a me soprattutto, finché sentimmo fresco e tornammo dentro.
Erano quasi le 22.00, in quel momento intanto che rientrammo con lei davanti a me le guardai il sedere muoversi sotto la gonna e non riuscii a non pensare a quello che avevo visto, vissuto, scrutai mamma bellissima quella sera, con la sua testata di capelli castani sulle spalle lavati da poco, in un abito blu scuro ed era molto affascinante.
Si voltò e vedendomi che la guardavo mi sorrise e io ricambiai, ma era strana, con lo sguardo fisso e basso e non mi guardava mai negli occhi. Si sentiva in colpa verso me per l’accaduto. Mentre io non vedevo l’ora di parlare con lei di quanto era successo, per dirle anche di me, di quello che avevo provato. Ci eravamo sempre detto la verità e glielo avrei detto anche quella volta.
Andammo in camera, due letti separati, io mi misi nel mio, lei andò in bagno a spogliarsi, poi uscì a luce spenta e si infilò nel suo.
“Dormiamo ora Matteo e cerchiamo di dimenticare tutto. Domani torniamo a casa.”
Non ebbi il coraggio di dire qualcosa e ci addormentammo stanchi e provati.
La mattina seguente, com’era programmato, ripartimmo per tornare a casa.
Lei non mi disse nulla dell’accaduto il giorno prima, non ne volle più parlare e non fece nessuna denuncia al contrario di quello che urlava a quell’uomo là dentro, e a me ribadì determinata:
“Non diremo mai nulla a nessuno che siamo stati sorpresi da quell’uomo e io sono stata violentata.” Disse. Annuii. Sarebbe stato un nostro segreto.

Tornati a casa riprendemmo la vita di prima, io tornai al liceo e iniziai il terzo anno scolastico e lei al lavoro.
Ma io non riuscivo a non pensare a quella scena di lei piegata sul tavolo a pancia in giù, con le mutandine srotolate alle ginocchia mentre veniva posseduta da quell’uomo, anch’egli con i pantaloni e gli slip ai piedi e ogni volta che la ricordavo, mi turbavo.
“I giorni passarono cercai di farmene una ragione e di tenermi il mio segreto, ma mi veniva difficile, perché avevo assistito a tutto.
Dopo un mese sembrava che non fosse accaduto nulla, avevamo ripreso almeno in apparenza la nostra normalità quotidiana, ma ci pensavamo sempre sia io che lei, difficile dimenticare accadimenti e fatti che ti cambiano radicalmente la vita per sempre.
In quel periodo non smettevo di pensarla e, non sapevo il perché, ero eccitato dalla fantasia dell’accaduto e ripresi con più ardore di prima a spiarla nei suoi momenti intimi, in bagno o in camera quando si cambiava, e in me cresceva sempre più il desiderio di lei.

Con il tempo crescendo, leggendo su internet e chiacchierando con i miei coetanei più grandi, capii che quello che avvertivo verso mamma era un’attrazione morbosa, sia mentale che sessuale. Una forma d’amore diversa tra madre e figlio, e a volte ci fantasticavo sopra ricordando l’accaduto o le sue forme nude che spiavo in quel periodo, iniziando a masturbarmi per lei, e godere di mamma finché non eiaculavo pensando io di praticare sesso con lei.
Probabilmente trovandomi in quella situazione a osservarla nel subire l’abuso carnale, si era scatenato in me qualcosa che non saprei definire, ma che mi portò a desiderarla nell’inconscio fantasticando, facendo diventare mio malgrado quelle immaginazioni reali nella mente, e con la fantasia imparai e mi perfezionai nel masturbarmi.
Anche se all’inizio mi rendevo conto che era una brutta azione, morbosa e incestuosa e volevo fuggirla e allontanarla da me, alla fine involontariamente ne fui attratto e risucchiato.
Il ricordare la capacità di dominanza nel darle piacere di quell’uomo, incisero sulla mia psiche e risvegliarono in me il desiderio di provare, di essere al suo posto realmente, non per violentarla ma per amarla, per prendere il posto di mio padre, fantasticando e desiderando che succedesse davvero qualcosa di sessuale tra me e lei. E speravo che anche per mia madre come per me fosse così, visto che dopo la prima reazione negativa con quell’individuo provò piacere. Che inconsciamente prevalesse in lei il desiderio di avermi, cancellandole tutti i valori etici e morali di donna, mamma, moglie separata e di imprenditrice, facendo in modo che si lasciasse andare e si concedesse realmente in un amplesso sessuale con me, suo figlio.
Sogni, fantasie, immaginazioni che sapevo non si sarebbero realizzate e che mi portavano solo a masturbarmi pensando a mia madre, eppure ci credevo e speravo.
Passarono circa 8 mesi in una vita quasi normale, dove io oltre a scoprire la sessualità la perfezionai e non ero più il ragazzino ignorante di poco meno dell’anno prima, oramai facevo la terza liceo ed eravamo quasi sotto gli esami e chiesi a mamma di aiutarmi nello studio.
In quel periodo ero combattuto dentro di me, non mi capacitavo di averla vista in quel contesto brutale e di avere quei pensieri morbosi e osceni su di lei. Sapevo che era una cosa brutta e riprovevole fantasticare di lei, ma non riuscivo a non averli, a scacciarli da me.
Quello che immaginavo di essere e praticamente ero diventato con le attenzioni morbose verso mia madre mi stava logorando.
Anche mamma se ne accorse che ero cambiato, mi vedeva taciturno, pensoso e strano, e dava colpa allo studio.
“Sei giù! Cerca di divagarti, di pensare a qualcosa di diverso e non sempre allo studio. Vai con gli amici, in compagnia … esci con i tuoi amici e le tue amiche.” Mi diceva.
Già le amiche? Non ce n’era una che mi piaceva, era inutile, io mi sentivo attratto da lei, e poi non sapevo come fare con loro, ero impacciato, timido inesperto, non sapevo nemmeno baciare, non avendo mai baciato una ragazza.
“Sì!… Sì!” Rispondevo, sapendo bene anche lei che era quello accaduto l’anno prima la causa di tutto quello che mi capitava.
Ma anche mamma era presa e assillata da quei pensieri, perché dopo qualche mese scoprii in casa di nascosto da lei, che era andata dal medico e aveva fatto degli esami ematici e delle visite ospedaliere a che non fosse stata contaminata da qualche malattia.

Una sera dopo che avevo finito di studiare e cenavamo come sempre soli io e lei in casa, la vidi ancora pallida e pensierosa, a volte improvvisamente veniva presa dalla tristezza e solitudine e sembrava smarrita.
“C’è qualche problema mamma? Qualcosa che ti assilla?” Domandai.
Mi tranquillizzò e ringrazio della mia preoccupazione: “Sto bene Matteo!” Rispose: “Sono solo un po’ stanca, tutto qui!”
Durante la cena, come altre volte la osservavo, era bella mamma, una bella donna e in molti la corteggiavano a partire dai suoi colleghi, fino ai nostri conoscenti, ma lei non si concedeva a nessuno o almeno per quello che sapevo io, era sempre innamorata di papà nonostante l’avesse lasciata per un’altra.
Quella sera intanto che cenavo non perdevo occasione di gettare occhiate al suo abbigliamento da casa, naturale e semplice, ma abbastanza disinvolto visto il caldo che iniziava ad arrivare con il mese di giugno, che accentuava la bellezza materna e casalinga delle sue forme femminili.
Cenammo come sempre parlando del più e del meno, chiacchierando dei miei studi, come mi trovassi ora a scuola, degli scrutini essendo al liceo, ma intanto continuavo a guardarla. Quella sera era come se la desiderassi ancora di più delle altre volte.
Anche mamma vedendomi diverso e meno disposto a dialogare mi domandò:
“Cos’è che hai Matteo? Hai una faccia…! Non stai bene!? Sei preoccupato per qualcosa?” La tranquillizzai, anche se avrei voluto gridarle in faccia che mi piaceva non solo come mamma, ma anche come donna. “No mamma sono pensieroso per gli scrutini.” Risposi.
“Non ti preoccupare, sono sicura che andrà tutto bene, sei un ragazzo intelligente e hai studiato molto.” Replicò.
Mentre io intanto continuavo a pensare ancora a quel momento, a quello che avevo assistito quasi l’anno prima in quella casupola, e quel pensiero ora che ero cresciuto mi eccitava portandomi ad avere anche l’erezione, fino a masturbarmi pensando di possedere io a lei.
Rivangando quei ricordi ancora vivi e lucidi nella mia mente, mi vergognavo di essere stato lì a pochi metri da lei senza intervenire mentre lui ne abusava. E glielo dissi:
“Sai mamma quel giorno in quella casupola…”
Mi guardò capendo cosa intendevo senza dire nulla.
“Mi è dispiaciuto non aver potuto aiutarti.” Pronunciai.
“Ci hai provato amore, lo so e l’ho visto e sei stato meraviglioso e sono fiera di te ma non crucciarti, non potevi fare niente di più. Lui ti ha sopraffatto, ma è stato un gesto bellissimo il tuo, difendere la mamma, di cui sono orgogliosa e ti fa merito. Un gesto di difesa che apprezzo molto anche se non è servito.” Mi sorrise e accarezzò sul viso. E visto che sembrava disponile iniziai a parlare:
“Ma tu mamma perché non l’hai denunciato?” Chiesi
Esitò, sospiro: “Ero intimorita …” Rispose: “… avevo vergogna che se si venisse a sapere… che lo sapesse la gente e il papà… che si creasse uno scandalo… e così ho preferito lasciare perdere tutto.”
E approfittando di aver incominciato quel discorso, continuai dicendo:
“Ma cosa provavi in quella situazione?”
Mi guardò sorpresa ed evasiva:
“Come cosa provavo Matteo? …Niente! …Non provavo niente, non avevo il tempo di pensare, ero sottomessa fisicamente da quell’uomo e preoccupata per te, che ti facesse del male, più a te che a me e mi tormentava che ti costringesse ad assistere alla sua violenza carnale su di me. Purtroppo come sai anche tu non potevamo chiedere aiuto, eravamo soli non c’era più nessuno…” Mormorò continuando: “Speravo solo che finisse in fretta e se ne andasse via…”
Per un attimo sentendola parlare ricordai quegli istanti e mi sembrò di riviverli realmente, io in quel piccolo locale con mamma, quell’essere che l’aggrediva e possedeva e io che osservavo.
Con il senno del poi, del pensare e del ripensare, sono sicuro che se fosse stata sola sarebbe stato lo stesso avrebbe goduto, e domandai curioso e quasi ingenuamente:
“Ma perché provavi piacere mamma se non volevi e lui ti picchiava sul sedere?” Chiesi sempre più indiscreto.
Lei mi guardò sorpresa e scandalizzata di quella domanda, restò silenziosa qualche secondo esclamando poi smarrita … “Ma Matteo… che dici?! Che domande fai?!”
Restò in silenzio, imbarazzata senza rispondere e io senza volerlo con contrarietà e provocazione insistetti chiedendo di più, facendo domande più specifiche e impertinenti e le chiesi improvvisamente: “Ma ti è piaciuto? …”
Mi guardò ancora più sorpresa, come se non avesse capito, ma io senza volerlo fui più preciso ripetendo la domanda: “Ma a te, ti piaceva?… Perché alla sua richiesta hai detto a lui ” Insistetti imbarazzandola di più.
Lei guardava in avanti il bicchiere, che prese e diede una sorsata al vino rosso, mentre io vedendola contrariata della mia domanda, per giustificarmi ingenuamente ripetei:
“Lo hai detto tu che ti piaceva quando lui te lo ha chiesto.” Facendo invece con quella puntualizzazione ancora più danno e imbarazzandola di più.
Lei diventò rossa, insicura, con il viso impacciato e mi ripeté contrariata e scandalizzata:
“Ma che domande mi fai? Non essere volgare e impertinente Matteo! Come poteva piacermi quella brutalità carnale su di me
” Non so!… Avevo sentito che lo dicevi tu!” Ripetei ingenuamente.
“Non mi va di parlare di queste cose Matteo… per favore!” Esclamò seccata sorseggiando ancora il vino.
Visto che tra noi c’erano sempre stati rapporti personali e confidenziali molto aperti basati sulla sincerità reciproca e oltre tutto lei mi aveva promesso che ne avremmo parlato più avanti, glielo ricordai:
“Sei stata tu che mi avevi detto che ne avremmo parlato con calma più avanti mamma… e adesso non vuoi, forse non mi ritieni maturo per fare questi discorsi?”
Restò sorpresa:
“No amore!” Rispose: “Tu sei molto più maturo dei tuoi coetanei… è che mi sento in imbarazzo, mi vergogno a parlare di queste cose, di quello che è accaduto…”
“Non devi esserlo con me mamma…” Replicai: “Io non ti giudico, ti voglio bene… io sono e sarò sempre con te!”
E dopo averle fatto quella domanda, lei sapendo che intanto l’avevo ascoltata quando alla richiesta di quell’energumeno rispondeva che si, le piaceva fare sesso… rispose un timido:
“Sì!… Ma non volevo.”
Fece una lunga pausa, si guardò in giro e le mani che le iniziarono a tremare non sapendo come e dove metterle, era come se non volesse rispondere, dicendomi poi quella che era la sua verità, e sussurrò:
“Qui il discorso è più complesso Matteo, ma cercherò di spiegartelo con parole semplici e comprensibili, oramai sei grande e sono sicura che capirai. Non voglio che per il mio silenzio tu possa interpretare o pensare a qualcosa di diverso della realtà su quello che ho provato o farti idee sbagliate su mamma. Hai visto e sentito tutto, quindi non c’è niente di meglio che la sincerità.” E prendendo il pacchetto di sigarette ne accese una e iniziò:
“Quella forma … chiamiamolo di piacere … che provai in seguito ad essere posseduta da quell’uomo, era solo una reazione fisica, del mio corpo alle sue manipolazioni, dovuta primo fra tutto all’astinenza sessuale di qualche anno…” Fece una pausa e tirò una boccata alla sigaretta proseguendo: “Sai, da quando ci siamo lasciati con tuo padre, non ho più avuto rapporti sessuali con nessun altro uomo, non ne sono stata capace e non ho voluto soprattutto, ed essendo anch’io una donna come tutte le altre il desiderio sessuale che avevo in me lo reprimevo, accumulandolo e controllandolo, e in una situazione normale l’ho sempre saputo gestire. Invece in quella condizione, l’impossibilità di reagire ha fatto sì che alla sua manipolazione dopo un certo momento la reazione del mio corpo diventasse incontrollata dalla mia mente e indipendente dalla mia volontà, e si trasformasse dà disgusto e repulsione in piacere.”
Alzò il capo e mi guardò, e cercando di giustificarsi continuò:
“Hai visto anche tu Matteo che ero sottomessa e umiliata da quell’essere, e la mia è stata solo una reazione fisica e psicologica, senza volontà da parte mia al piacere, cioè è stata una partecipazione assente, solo fisica, dovuta solo a una reazione del corpo e non mentale. Come hai visto anche tu, eravamo in balia di quell’uomo che con la forza poteva fare di me ciò che voleva.” Fece una pausa prendendo il bicchiere con la mano tremante, diede una sorsata al vino e riprese:
“Io non lo vedevo!” Continuò: “In quella posizione non riuscivo a muovermi e a vederlo, sentivo solo il suo corpo contro il mio, le sue mani su di me sfregare sul mio corpo e il suo pene strusciarsi sul sedere. Ero spaventatissima di quella situazione e quando mi penetrò, mi sentii come trafitta da una pugnalata, vinta, perduta.”
Si fermò ancora a sorseggiare il vino e a dare un’altra aspirata alla sigaretta.
E notando che la seguivo attento e silenzioso nel suo sfogarsi, forse complice il vino si soffermò anche sui particolari, le sensazioni emotive e quelle fisiche che aveva provato, e proseguì:
“A un certo punto avvertii come una scossa elettrica dentro di me, che si spandeva in tutto il corpo e procurava calore e mi mandava in estasi e non capivo più niente. Lo sentivo dentro riempirmi la vagina e lo avvertivo quando andava avanti e indietro dentro di me, percepivo il battito dei testicoli sotto la vagina e la sua pancia contro il mio sedere. Sensazioni nuove per me, che non avevo mai provato prima, nemmeno con tuo padre.”
Esponeva con la voce rotta dall’emozione e dal ricordo, guardando il vuoto o il calice sulla tavola che teneva per lo stelo e muoveva facendo oscillare il vino all’interno mentre parlava. Seguitando: “Mentalmente mi sentivo sopraffatta da lui, mi sentivo come una preda presa dal cacciatore, ma nello stesso tempo non riuscivo a controllarmi, lui emanava tanto calore con il suo corpo e con il suo pene da elettrizzarmi, specialmente quando mi baciava dietro il collo e la schiena, mi dava i fremiti… In quei momenti purtroppo ero talmente confusa e accaldata che avrei fatto qualunque cosa mi avesse chiesto. In quel momento non ero più io Matteo e se il rapporto fosse durato più a lungo, avrei dimenticato tutto. Mi sentivo come drogata…stordita.”
“Lo so mamma! …” La interruppi… “ti ho vista per un momento che non capivi più niente e avevi gli occhi girati in alto!” Aggiunsi io.
Ascoltandola intuii che il suo più che una narrazione dell’accaduto era uno sfogo personale su sé stessa e gli anni vissuti, forse per liberarsi interiormente, avendo trovato in me quella sera, per quella situazione l’interlocutore adatto, e continuò:
“Quel pomeriggio maledetto purtroppo, involontariamente provai un piacere che mi mancava da tempo, completamente diverso da quello che conoscevo…” Mormorò quasi parlando da sola, prendendo ancora il bicchiere e sorseggiando il vino, dicendo quasi vergognandosene:
“In fin dei conti sono una donna anch’io…”
Poi lo posò e mi osservò abbassando lo sguardo e restammo in silenzio alcuni secondi.
“Sai Matteo, per me è umiliante darti questa spiegazione!” Mormorò: “Specialmente doverla fare a mio figlio. Ma è la verità e non voglio mentirti sul perché ho avuto poi quella reazione e mi sono comportata in quel modo. E perché ho detto che mi piaceva…”
“Non devi sentirti umiliata mamma… io non ti giudico. Io ti ascolto.” Risposi: “Sono solo curioso.”
Inconsciamente si guardò in giro come a vedere se ci fosse qualcuno, ma eravamo a casa nostra e non c’era nessuno, solo io e lei e tirò un sospiro di pazienza e tolleranza alle mie domande sempre più impertinenti, poi abbozzò un sorriso solo con le labbra, senza mimica facciale.
“Vedi Matteo, tu sei grande oramai e puoi capire …” Ripeté “… a volte la volontà di resistenza sessuale si può trasformare in eccitazione carnale e poi in piacere, e può capitare anche agli uomini.” Disse proseguendo:
“Può capitare che molte donne nell’inconscio durante la costrizione e la prepotenza, vivano la sofferenza della brutalità della violenza come una forma di eccitazione che si trasforma in piacere. Ma questo non significa assolutamente che approvino la violenza sessuale che subiscono, tutt’altro, ne sono vittime due volte, proprio perché nel sottostarvi obbligatoriamente con la forza, ne soffrono anche il piacere che involontariamente ne deriva. Ed è come se fossero oltre che violentate fisicamente, anche psicologicamente, con i mille dubbi, rimorsi e vergogne che ne seguono per quella reazione fisica non desiderata.”
E mi guardò dicendo: “E tu hai assistito a una di queste manifestazioni inconsapevoli con me.”
Fece una pausa e precisò ancora:
“Non credere assolutamente che mi piacesse essere posseduta brutalmente da quella bestia, tutt’altro, ne ero disgustata, costretta, schifata … ma sottostavo sottomessa alla sua brutalità. Mai mi sarei accoppiata con un uomo del genere, se si può chiamare uomo un essere simile che violenta una madre davanti al proprio figlio, e come ti ho detto fino a quel momento non ero stata di nessuno se non di tuo papà…” Aggiunse ancora con una espressione di orgoglio come a rimarcarlo.
La guardai senza dire nulla mi faceva un po’ pena quella sua difesa ad oltranza, doversi giustificare con me perché aveva provato piacere dalla prepotenza sessuale di quel tipo, ma in fondo era vero, era stata vittima di quell’uomo, aveva subito un abuso sessuale. E per farmi capire meglio e spiegarmi e giustificarsi fino in fondo, dopo aver dato un’altra sorsata al calice con il vino rosso, posando il bicchiere tornò su quell’avvenimento precisando:
“Non so cosa mi sia successo, ma sì… è vero… all’improvviso e inaspettatamente ho provato piacere, ma ti ripeto contro la mia volontà. Ma ero presa e sottomessa. Non me l’aspettavo nemmeno io di reagire fisicamente e sessualmente in quel modo, e quello è motivo di vergogna per me. Ero costretta sdraiata su quel tavolo a pancia in giù e con la coda dell’occhio guardavo sempre te e mi sono accorta che osservavi, e deve essere stato terribile anche per te vedere la mamma sopraffatta da quell’uomo.” Ripeté ancora seguitando: “Se mi voltavo ancora di più, oltre che sentirlo su e dentro di me, vedevo la sua ombra alle mie spalle.”
Si fermò, sorseggiò ancora il vino rosso, forse per darsi coraggio e parlare, e riprese:
“Hai visto anche tu Matteo … Gli dissi di andarsene, lo minacciai e lui per risposta iniziò ad allungare le mani su di me, sulle cosce e il sedere, fino a percuotermi.”
Poi guardandomi con il calice in mano esclamò assoluta:
“Mi ha violentata!… Qualsiasi cosa sia successo o comunque in qualsiasi modo io abbia reagito, lui mi ha violentata!” Dichiarò forte con un tono che sembrava dover convincere più sé stessa che me, che non aveva bisogno di farlo.
Poi abbassando il tono della voce continuò sconsolata e veramente dispiaciuta mormorando:
“Anche se dopo è successo quel che è successo.”
Era come se rivivesse tutto in quel momento, che parlasse da sola, e come dicevo sopra quelle spiegazioni le diede più a sé stessa che a me che in silenzio la guardavo ed ascoltavo, e seppur giovane ragazzo, capii che quelle giustificazioni erano rivolte a sé stessa, a lei.
Proseguì muovendo il capo e guardando il vino dentro al calice che come giocando con il movimento della mano faceva ondeggiare circolarmente. Ripetendo:
“Come ti ho già detto, poi quando mi ha preso, non so cosa mi sia successo, ho sentito un gran calore dentro di me formarsi nel ventre e nella pelvi e mi è piaciuto quel calore e non so nemmeno io perché mi sono lasciata andare sotto di lui.” Precisando rattristita: “Non pensavo mai che mi potesse succedere una cosa del genere.”
E restò in silenzio dando un’altra sorsata al vino, mentre io le dicevo:
“Sì è stato terribile anche per me mamma.”
L’ascoltavo con attenzione e interesse, ma non afferravo tutto quello che diceva anche se era interessante, soprattutto alcuni aspetti psicologici femminili, non li capivo, ma avevo capito il senso del discorso e del perché di quella sua reazione.
Poi oramai travolta da quella discussione che la coinvolgeva sempre più, forse aiutata dalle sorsate di vino riprese:
“Io, come molte altre donne non ho denunciano il fatto di essere stata abusata, non per ignoranza o pudore, ma per lo scandalo che si sarebbe creato. Mi immaginavo i titoli dei giornali , saresti stato coinvolto anche tu, interrogato dalla polizia per sapere se era vero quello che dicevo, avresti dovuto dire cosa avevi visto e confermare o no quello detto da me, anche i particolari e ho pensato che alla fine sarebbe stato peggio, avrebbero violentato psicologicamente anche te e l’ho fatto per proteggere entrambi… Lo so che ho sbagliato ma era la soluzione migliore credimi. Lo avrebbero saputo i tuoi compagni. Anche nella riservatezza della privacy e della cronaca, prima o poi si sarebbe venuto a sapere chi erano i protagonisti.
Inoltre avevo anche paura di non essere creduta, che mi dicessero che lo avevo provocato prima io, che mi domandassero se avevo provato piacere e se proprio per quello, per l’aver provato piacere avessi acconsentito volontariamente a lui?”
“Avrebbero interrogato anche te Matteo, ti avrebbero chiesto cosa avevi visto. Domandato … … E ancora forse … …. E se tu avessi detto la verità, che mi avevi vista godere, sarebbe stato terribile.
Capisci perché non ho voluto denunciare… a parole fanno presto, denuncia… ma poi ti trovi sola.
Sono già in difficoltà e prostrata adesso che lo sappiamo solo io e te e mi vergogno di quello successo con me stessa e nei tuoi confronti, figuriamoci se lo sapessero gli altri, il compatimento… la pena verso noi, le occhiate e qualcuno la derisione…
Questo che ti ho spiegato è il deterrente psicologico che mi ha bloccato nel denunciare quello che è accaduto.” Fece una pausa sospirando e proseguì: “Almeno per me è così.”
Aggiungendo al mio sguardo un po’ sperduto: “Questo non vuol dire che volevo o mi piacesse essere violentata, ma è successo…” Disse dando un’altra sorsata al vino. “E non vedo l’ora di dimenticare tutto se mai un giorno ci riuscirò!” E ci fu una pausa di silenzio.
“Chissà quante turiste ha violentato quell’uomo…” Dissi io: … “bisognerebbe denunciarlo.”
Mi guardò dicendo: “Se è così come dici tu, prima o poi qualcuna più coraggiosa di me lo farà, lo denuncerà qualche altra anche per me.”
Rispose fredda e distaccata convinta della sua posizione.

Quella sera a cena, a un certo punto vedendo che riempivo sempre il bicchiere di entrambi, mise la mano sopra al suo, dicendo con quel suo magnifico sorriso:
“Eh… ma che fai Matteo? Stasera vuoi farmi ubriacare?!”
“No!” Risposi arrossendo, smettendo di guardarla. Mi metteva soggezione e riposai la bottiglia sulla tavola lasciando il suo bicchiere a metà. Fu lei a dire togliendo la mano:
“Beh, …allora …non lo riempi?” E sorrise porgendomelo, in modo che le versassi ancora del vino e vedendo il suo stato disinibito, quasi ebbro, facendomi coraggio esclamai con decisione:
“Mamma … hai mai tradito papà in tutti questi anni di matrimonio?”
Restò sorpresa, con il calice in bocca, della domanda. Lo staccò dalle labbra e deglutì il vino che aveva in bocca, poi pulendosele con il tovagliolo disse:
“Assolutamente no… no mai… te l’ho detto, ti ho detto la verità prima. Ho avuto e ho molti corteggiatori questo è vero e ne ho ancora, ma non ho mai accettato la corte di nessuno … finora! Tuo padre è stato l’unico uomo per me e dopo di lui, soltanto quell’energumeno…” Aggiunse, forse appositamente maliziosa.
“Io non voglio che vai con altri uomini mamma!” Esclamai subito guardandola all’improvviso negli occhi.
Mi guardò stupita e contenta della mia gelosia giovanile verso lei ed esclamò curiosa e sorpresa:
“Perché? È normale per una donna rifarsi una vita. Tu tra qualche anno sarai grande, avrai la fidanzata e poi la moglie e io resterò sola.”
Ma invece di rispondere ribadii: “Perché non voglio!” Con una punta di rabbia e gelosia: “E non resterai sola. Voglio che resti con me!… Non ti lascerò mai!!” Esclamai.
“Ooohhh!!!!… Ooohhh!!” Rispose con un sorriso. “Ma io resterò sempre con te… anche quando sarai sposato e di un’altra…” Aggiungendo subito maliziosamente, forse per il vino, come a voler giocare e provocarmi “Ma sarò sola come donna!”
Restai con il boccone in bocca, e smisi di masticare e la guardai stupito, non capivo se parlava così perché aveva bevuto oppure ero io che morbosamente interpretavo quello che diceva come dei segnali.
“Tu non resterai mai sola mamma ci sono io!” Ripetei guardandola.
Mi accarezzò affettuosamente.
Riprendemmo a cenare, ed ero felice, finalmente per la prima volta avevamo parlato di quel pomeriggio di quell’accadimento e mamma si era liberata, avrei voluto farlo anch’io, ma probabilmente non ne avrei mai avuto il coraggio di confessarle quello che avevo vissuto io e che sentivo attrazione per lei più delle mie coetanee.
Fu mamma senza volerlo a darmene l’opportunità, forse rasserenata per aver parlato con me ed essersi liberata interiormente a chiedermi:
“E tu?… Dimmi tu cosa hai provato, come ti sei sentito? … Parlami di te!”
E allora innocentemente la volli mettere a conoscenza di quello che avevo provato io nel sentirmi turbato nell’osservarla. Che avevo avvertito in me qualcosa mai provata prima. E fui sincero, come lei lo era stata con me ed eravamo sempre stati tra noi.
“Mamma anch’io ho provato qualcosa quel pomeriggio durante quell’avvenimento…” Dissi.
“Hai provato qualcosa? … E che cosa?” Mi chiese, probabilmente curiosa.
“Mi sentivo turbato.” Pronunciai.
Restò in silenzio a guardarmi smettendo di sorseggiare, poi chiese:
“Ma in che modo ti sentivi turbato?”
“Anch’io nel vedervi sentivo caldo dentro di me e ho avuto l’erezione. “Esclamai innocentemente d’improvviso, senza rendermi conto dello sconcerto che provocavo.
Mi guardò meravigliata:
“Ma dici davvero Matteo o scherzi?” Rispose seria.
“No davvero mamma… sono sincero!”
“Ma…ma… in che modo turbato? Spiegami il significato di come lo intendi tu, di come lo hai vissuto? Cosa significa che hai avuto l’erezione?”
“Eh… sessualmente mamma… Nel guardarvi ho provato calore, pulsazioni al cuore e ho sentito l’erezione…Non so perché…. Forse perché anche se non volevi ti vedevo provare piacere con quell’uomo e inconsciamente mi piaceva guardarvi…”
Restò in silenzio, poi portando il bicchiere alla bocca dando un’altra sorsata al vino rosso esclamò:
“Dio mio!… Ma davvero ti piaceva guardarmi con lui o scherzi!?”
“No! No! Non scherzo mamma assolutamente, è vero, non so perché è successo. mi piaceva quella sensazione che avvertivo nel vedervi. Non so come spiegare.” Precisai ingenuamente imbarazzandola e scandalizzandola di più.
“Ma hai avuto l’erezione?” Domandò.
“Sì!” Risposi sinceramente.
Restò ancora in silenzio con il bicchiere sulle labbra senza bere, poi lo staccò esclamando decisa:
“Perché non me lo hai detto subito?”
“Volevo farlo, ma avevo paura che ti arrabbiavi!”
“Che stupidaggini…” E cercando di giustificare quella mia reazione affermò:
“Sei nell’età dello sviluppo e probabilmente si è manifestata in te la libidine dell’adolescenza. Non credo che sia una cosa grave…” Dichiarò cercando di minimizzare il mio comportamento e quello che dicevo, la mia reazione fisica a quel pomeriggio per non farmelo pesare.
“Continua ancora…” Aggiunsi all’improvviso, aiutato anch’io dal poco vino bevuto con l’acqua che mi era concesso.
“In che modo continua ancora?” Chiese.
“Che ti penso sempre che fai sesso con quell’uomo.” Restò ferma incredula mormorando:
“Sono visioni che hai perché sei restato impressionato, shoccato.” Disse. “Vedrai che poi ti passano.”
“Ma ce l’ho tutti i giorni…” Replicai.
“E tu cacciali via questi pensieri, allontanali da te. Non fai nulla per allontanarli?” Domandò curiosa diventando seria.
“Si, io li caccio, ma ritornano da soli, mi piacciono, ci penso tutti i giorni …” Ripetei spontaneamente, continuando con voce bassa e timorosa, ma decisa: … “Ci ripenso spesso… tornano. “E facendo un respiro aggiunsi istintivamente: “E mi sono masturbato a pensarti in quella situazione e anche in altre.” Affermai subito dopo facendola scandalizzare.
Restò stupita, in silenzio e incredula di quelle mie parole.
“È la verità mamma, non volermene, mi viene d’istinto di pensare a quelle cose e a te.” Dissi vedendola realmente turbata.
“No.… no… non me la prendo con te stai tranquillo, ma non è giusto che tu abbia di questi pensieri, non è regolare, io sono tua madre…”
Era sconvolta della mia confessione e io la osservavo quietato di quello che avevo detto.
“Ma non provi disgusto?” Mi chiese poco dopo.
“Di te no! Ti vedevo godere e ti sentivo… ansimavi sotto di lui … e mi hai eccitato.” Dissi e aggiunsi scellerato: “È pensare a te che mi eccita!”
“Pensare a me? E perché e come?” Chiese ancora rompendo il su silenzio.
“Mi sento attratto da te…”
Diventò ancora più rossa unendo le mani.
“Ma Matteo…tu non devi eccitarti a queste cose, al pensiero di mamma violentata o con un altro uomo.” Disse e come confusa diede una grande sorsata al bicchiere di vino deglutendo due volte mentre io le osservavo la gola muoversi al passaggio. E come intuendo qualcosa mi chiese sospettosa:
“E cosa altro fai?”
Restai io in silenzio.
“Non me lo vuoi dire?” Disse.
“Mi vergogno.”
“Dimmelo stai tranquillo.” Dichiarò accarezzandomi sulla fronte e dicendo: “Non devi mai avere paura o vergogna a parlare con mamma delle tue cose personali.”
E mentre lei era in attesa io dall’altra parte del tavolo imbarazzato risposi sottovoce:
“Ti spio!”
Capì subito e ripeté: “Mi spii?… Dove e come?” Domandò fingendo una calma e un controllo che si vedeva che era di facciata e a fatica.
E dissi la verità: “In casa!… Quando sei in bagno o ti cambi!”
Ci fu un lungo silenzio, si sentiva solo il sottofondo del programma televisivo e le loro voci sorde, poi domandò:
“E cosa provi quando mi spii? Dimmi!” Mi chiese diretta alzando la voce e mettendomi in soggezione e difficoltà.
E vedendo la mia esitazione aggiunse:
“Cosa provi!? … Non vuoi dirmelo? …Ti piace spiarmi!?…”
Subito non risposi, ero impacciato, timoroso e mi vergognavo a sentirla parlare così diretta e sicura, a farmi le domande con quel tono di voce severo, e lei se ne accorse, capì che mi intimoriva e mi sorrise.
“Guarda che anche io non sono qui per giudicarti anche se mi hai spiata e vista nuda, ma vorrei però che mi dicessi la verità Matteo, tutta la verità come ho fatto io con te, visto che ti considero un ragazzo maturo.” E mi domandò ancora: “Cosa hai provato? Provi piacere a pensare che mi ha violentata? A guardarmi nuda? O che sono sessualmente con un altro?” Chiese.
Oggi posso dire che con quelle domande cercava di analizzarmi, apprendere la parte di me che non conosceva per potermi aiutare e risolvere lei quella mia tendenza giovanile comune a molti ragazzi, di essere attratti dalla propria mamma. E comunque era turbata da quella mia rivelazione. Il vivere soli io e lei non era certo d’aiuto nel mio sviluppo sessuale giovanile, essere sempre stato sotto di lei e con lei, la mia chioccia, mi aveva fatto diventare un “mammone”, sempre attaccato e dipendente dalla mamma e questa era una delle conseguenze e lei lo sapeva. E come mi aveva educato lei risposi con sincerità:
“No mamma, non questo, non provo piacere nell’immaginare che quell’uomo ti violenta, ma è la conseguenza che mi attira, che vorrei essere al posto suo.” Mormorai.
“Vorresti violentarmi tu?” Chiese seria e preoccupata.
“No… no… assolutamente, io mamma vorrei essere solo al suo posto, fare sesso con te ma con dolcezza, non farti male. Anche se non saprei nemmeno come fare, non avendolo mai fatto ed essere stato con una ragazza sessualmente.” Mi guardò in silenzio, oggi posso dire che era davvero una situazione imbarazzante per lei districarla e per conquistarmi di più la sua benevolenza aggiunsi:
“Io non ti giudico mamma, odio la violenza e rispetto le donne e non farò mai una cosa del genere, ma il desiderio che ho di te è dolce, delicato. E non ho mai detto niente a nessuno dell’accaduto, neanche a papà come mi hai detto di fare tu! Io ti voglio bene!” Esclamai con impeto.
Abbozzò un sorriso spostando solo le labbra, ma restando seria.
Era uno di quei momenti che mamma mi intimoriva perché mi guardava e non riuscivo a capire cosa pensasse e al mio silenzio e alle mie esitazioni dichiarò:
“Noi supereremo questa fase se ci diremo la verità Matteo.”
“Ma io te l’ho detta mamma, che mi ha turbato vederti ma non violentata da lui, ma godere come donna in un rapporto sessuale.”
“Sì ma tu hai anche detto che ti piaccio io, che mi desideri e che mi spii. Giusto?”
Arrossii e risposi: “Sì mamma!”
“E non devi avere assolutamente questi pensieri verso di me, non voglio!” Esclamò autoritaria.
Vidi che si versò da sola ancora un po’ di vino e capii che pur essendo una donna intelligente e di cultura, non sapeva come affrontare quella situazione, quelle confidenze e confessioni tra me e lei, quelle ammissioni e quel tipo di discussione trattandomi come un adulto ci aveva turbati. Senza volerlo, entrambi, eravamo stati risucchiati da quel discorso.
Il liberarci dei nostri segreti, aprirci confidandoci le nostre emozioni e sensazioni, i nostri segreti e paure, aveva fatto sì che si trovasse in una situazione imbarazzante. Ormai quella conversazione era passata dalla confessione alla morbosità e allo scoramento per le mie rivelazioni, alterando la percezione e la realtà del suo rapporto di madre e figlio tra noi.
Si rendeva conto di essere in una situazione quasi incestuosa e non ne sapeva uscire con risposte precise come era invece suo solito quando era in difficoltà.
E di colpò chiudendo quella conversazione esclamò:
“Allora Matteo di queste cose non ne parliamo più! Ci siamo confidati ma ognuno resta nel suo ruolo, io di mamma e tu di figlio e basta… e chiudiamo questa pagina qui! Tu sei giovane un bel ragazzo a detta di tutte e troverai senz’altro qualche ragazza che ti farà dimenticare mamma … e ti insegnerà quello che non hai mai fatto. Le cose le imparerai da solo.”
“Noh!!” La interruppi dispiaciuto che non voleva più parlarne.
“Sì invece…!” Ribatté decisa posando la mano sul tavolo dicendo:” Ubbidiscimi…” Per poi prendere nervosa un’altra sigaretta dal pacchetto e accendersela con la mano quasi tremolante, e dopo aver dato una lunga aspirata e fatto uscire lungamente il fumo dalla bocca riprese:
“Perciò cerca di non avere più di questi pensieri su di me, cancellali… e non spiarmi mai più che non voglio e non mi piace, ché quello che fai e desideri si chiama incesto. Se no sarò costretta a prendere dei provvedimenti che non voglio, a castigarti, perché intanto non ci potrà mai essere niente di reale tra me e te… chiaro?”
E vedendo che non rispondevo ripeté decisa: “Chiaro Matteo?! Mi hai capito!”
“Sì… sì mamma!” Mormorai.
“Quindi smetti di spiarmi e di avere questi pensieri su di me, te lo proibisco!” Ripeté guardandomi autorevole… sorseggiando ancora il vino: “E di fare tutte le altre cose che fai. Il discorso è chiuso!”
Vide che non risposi e la guardai con enorme tristezza. E forse rendendosi conto di essere stata troppo severa, fu lei stessa a riaprire il discorso, e cambiando tono mi comunicò:
“Ma ti rendi conto?!” Disse: “Sono tua madre… sarebbe un incesto quello che desideri tu, anzi lo è già anche quello che fai tu di spiarmi… Trovati qualche ragazzina!” Ribadì: “Che le occasioni non ti mancano e impara e cresci sessualmente con lei!” Era sconvolta dalla mia dichiarazione di desiderio sessuale verso lei.
L’unica cosa che mormorai fu … “Ti voglio bene!”
“Anch’io Matteo, ma in modo diverso, quindi ti ripeto discorso chiuso, non ne parliamo più d’accordo?”
Restai in silenzio e lei ripeté: “D’accordo?” Annuii con il capo guardando in giro, ma lei non soddisfatta ribadì a voce alta e autoritaria: “D’accordo Matteo? Hai capito? E guardami in faccia per favore quando ti parlo.”
Mi voltai e la osservai seria e rigorosa e risposi: “Sì… sì … d’accordo mamma ho capito!”
Era diventata severa e autorevole nei miei confronti.
Ad aver ascoltato le sue rivelazioni e confidate le mie, alla sua rigidità mi sentii sconfortato, ma soddisfatto di aver parlato in quel modo, che lei si fosse confidata con me e io lo stesso con lei. Era chiaro che quella reazione significava che non sapeva che fare, ero suo figlio, mi voleva bene e non voleva punirmi, ma la nostra era diventata una situazione imbarazzante per lei verso di me, che altro poteva fare? Portarmi da uno psicologo? Non lo avrebbe mai fatto.
Risolvere con severità e coercizione gli atteggiamenti e modi di pensare non era da lei, soprattutto verso di me suo figlio, la sua vita come ripeteva spesso abbracciandomi. Ma si vedeva in volto che le dispiaceva avermi parlato severamente in quel modo e vedermi in quello stato abbattuto. In fin dei conti lei anche mi amava, anche se come figlio, ero la sua vita, era sempre stata gelosa di me con gli altri, dalle amicizie alle conoscenze voleva sapere tutto, praticamente mi aveva cresciuto lei non solo fisicamente, ma anche intellettualmente e caratterialmente, ed ero il ragazzo che voleva lei.
E notavo che mi guardava fissa fumando e sorseggiando il vino, a piccoli sorsetti…
All’improvviso cambiò discorso rimettendosi a parlare di scuola e dei miei amici e io sempre rattristato la segui e conversai di quello con lei.
Finito di cenare e quant’altro seguiva, verso le 20 e 30 mamma alzandosi esclamò:
“Non ho voglia di lavare i piatti stasera …lo faccio domani mattina…”
“Se vuoi ti aiuto! Lo faccio io mamma!” Mi proposi.
“No.… no… faccio tutto domani mattina che mi sveglio presto; ci alzammo e andammo in soggiorno a vedere la televisione e a parlare ancora. Fingemmo di guardare la TV per distrarci dalla tensione di quello che c’eravamo detti e aleggiava in aria intorno a noi, ma ci pensavamo tutti e due, io con il mio dispiacere per quello che aveva detto e lei con la sua preoccupazione. Guardammo un film, durante la visione ogni tanto mi giravo di lato e la scrutavo in viso, osservavo il suo bel profilo e quando se ne accorgeva che si voltava lei a guardare me in silenzio senza dirmi nulla, io mi rigiravo subito verso lo schermo della Tv.
Il film finì verso le 23.00, mamma si alzò spense il televisore, prese la sua bottiglietta dell’acqua in cucina e disse:
“Andiamo a dormire. “

Come d’abitudine fece il giro delle stanze e chiuse le tapparelle e la porta d’entrata con la sicurezza e mise l’antifurto e io l’aiutai, poi andai in bagno a urinare e lavare i denti mentre lei continuava chiudendo il gas e il resto e andammo verso le nostre camere, una di fronte all’altra, stanchi e silenziosi, senza parlarci, con me che la guardavo in silenzio.
Quando fummo davanti alle porte delle nostre camere, nello stretto corridoio con mobili e quadri di decoro che le divideva, presi coraggio a due mani, non so nemmeno io come feci, il cuore mi batteva fortissimo e senza guardarla in faccia mentre mi dava le spalle per entrare mormorai imbarazzato e intimorito:
“Non posso dormire con te?!”
Lei si voltò lentamente e mi guardò seria in silenzio chiedendomi: “Perché vuoi dormire con me!? Non sono stata chiara?”
Non sapevo più cosa rispondere, ero a disagio e imbarazzato e lei lo sapeva, non dissi nulla, tirai solo su le spalle.
“Dico Matteo, mi pare di essere stata chiara, non metterti idee strane in testa con me, io sono tua madre e tu mio figlio… le fantasie lasciale da parte.”
Restai ancora in silenzio come rassegnato e lei ripeté: “Perché vuoi venire a dormire con me?”
Non sapevo che dire: “Per stare vicino.” Balbettai.
Lei mi guardò rigida dicendo:
“Ti ripeto Matteo… togliti dalla testa certi pensieri … che non mi piacciono.”
Ci fu un silenzio di gelo e stavo per girarmi ed entrare nella mia camera, quando mormorai:
“Una volta ci dormivo sempre con te.”
La sua risposta fu pronta e veloce.
“Una volta eri un ragazzino Matteo, ora sei quasi un uomo.”
“Ehh…” Precisai: “Un ragazzo… non un uomo…”
“Appunto, sei già sviluppato e poi mi hai detto tu poco fa che hai certi pensieri su di me. Quindi meglio evitare. Sei d’accordo?” Ribadì ferma.
“Va bene! Buonanotte mamma!” Dissi avvicinandomi e dandole il bacino sulla guancia come facevo tutte le sere prima di andare a letto e rassegnato mi voltai per entrare in camera mia, quando sentii la sua voce che dire come per accontentarmi:
“Va bene vieni! Ma solo per dormire! E dovremmo stare distanti, non più come quando eri piccolo, anche perché ora fa caldo e lo sai che lo soffro il caldo”.
Non ho mai capito perché proprio all’ultimo momento accettò che dormissi con lei, certo non era la prima volta, fino a poco tempo prima ci dormivo saltuariamente, anche in albergo, stesso letto matrimoniale o stessa camera anche se in letti separati. Secondo me forse si rese conto di essere stata troppo dura con me e avendo paura che con quel comportamento mi allontanassi da lei e forse mi perdessi socialmente sentendomi solo, accettò. Oppure fu il rimorso o il fatto che con la sua sicurezza potesse gestire tutto come al solito.

Ero incredulo del suo consenso e felice con un sorriso risposi: “Grazie mamma.”
Ma lei gelò subito il mio entusiasmo: “Ma a dormireee!!!” Ribadì seria: “Sia ben chiaro! Ci siamo capiti Matteo!?”
“Sì! Sì!” Risposi.
“Guardami bene in faccia e negli occhi!!” Esclamò ancora.
Diceva sempre così quando era rigorosa e intransigente nei miei confronti.
“Sì… sì… mamma! Ho capito!” Ripetei.
Non mi aspettavo quella concessione e restai un attimo smarrito, la mia richiesta di dormire con lei era stata una boutade, una battuta detta senza speranza e invece…
Entrai nella sua camera imbarazzato, mentre mi guardava in silenzio. Poi si voltò dicendo:
“Vado in bagno!” Allontanandosi.
Sapevo che, come tutte le sere anche per averla spiata più volte, andava in bagno a fare toilette e i suoi bisogni, e io entrai in camera accendendo l’abatjour e spegnendo il lampadario, e dopo aver guardato il letto e aspirato l’odore materno che vi aleggiava, iniziai a spogliarmi.
Faceva davvero caldo e il vino stordiva di più, anche me che non ero abituato e l’avevo bevuto con l’acqua. Restai con le mutandine e mi sdraiai dalla parte dove dormiva mio padre quando c’era e avevo già dormito altre volte con mamma tempo prima e coprii la parte bassa del mio corpo dall’ombelico in giù con il lenzuolo leggero, lasciando il torace scarno e glabro scoperto.
Ero stranamente agitato più che eccitato ed ero timoroso di quella situazione che si era creata, ma non mi facevo illusioni, mamma era stata chiara e la temevo, “solo dormire” aveva detto, ma io ero lì sdraiato che fantasticavo.
Quando ritornò avvertii il suo profumo, come ogni sera si era lavata i denti per togliersi il sapore del vino in bocca e quella sera anche la faccia per togliersi da addosso il torpore provocato sempre dal vino, che sorsetto dietro sorsetto aveva bevuto discretamente. Aprì il cassetto e frugò dentro, e tirò fuori un telo di seta a filato leggero e trasparente, poi lo richiuse e lo portò sul suo comodino.
Ero imbarazzato, ad essere lì con lei, oramai mi sentivo grande e i miei pensieri per lei erano diversi da prima, solo, sdraiato nel suo letto avevo il batticuore e aspettavo che si sarebbe spogliata, ma lei prima di farlo guardandomi esclamò:
“Girati dall’altra parte e spegni l’abatjour.”
Ubbidii intimorito ed eccitato, mi voltai dandole le spalle, restando al buio voltato verso il comò con la specchiera e lei nell’oscurità si spogliò.
Andò a spogliarsi in fondo al letto, dove io, a quel poco chiarore della strada che entrava dalla finestra, vedevo la sua forma reale rispecchiata denudarsi, e poco più in là, la figura della sua ombra proiettata e ingigantita insieme al movimento delle braccia riflettersi sulla parete.
La vidi prendere il bordo inferiore della maglietta e, tirando su le braccia tese sopra la testa, la sfilò da esse, facendo uscire per ultimi il capo e i lunghi capelli, e nel silenzio della camera sentivo lo strofinio del tessuto sul suo corpo. Poi riabbasso le braccia, e ordinata piegò e posò la maglietta sulla sedia da camera lì vicino.
Portando le mani sul fianco, abbassò la cerniera e tolse la gonna tenendola con una mano, facendola scendere lentamente sulle cosce alle ginocchia, togliendola una gamba per volta e ancora ascoltai il fruscio del tessuto sulla pelle. La piegò in modo ordinato e la mise sullo schienale della poltroncina da camera.
Era in mutandine e reggiseno e intuivo cosa facesse, ma non riuscivo a vedere bene, la sua forma si era piegata in avanti. In quel semi buio mi sforzavo con gli occhi, non smettevo di guardarla riflessa nella specchiera e non seppi mai se lei lo sapesse. Avrei voluto avere gli occhi di un gatto per vedere nel buio.
Vidi dal movimento delle braccia che portò le mani sulla schiena sganciando il reggiseno, per poi far scorrere le spalline su di esse e toglierlo, per posarlo in modo ordinato anch’esso sulla sedia, intravvedendo nell’oscurità il profilo del suo seno dondolante ai movimenti e come le ombre cinesi, la sua sagoma scura sulla parete illuminata dal reverbero della luce della strada riflessa allo specchio.
Me la immaginavo nuda, come l’avevo vista tante volte spiandola, il suo bel corpo maturo, il suo seno prosperoso, il sedere protruso e armonioso e il sesso grande e peloso. Mi batteva forte il cuore, fortissimo ed ero eccitato e in erezione dentro lo slip.
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Me la immaginavo nuda, come l’avevo vista tante volte spiandola, il suo bel corpo maturo, il suo seno prosperoso, il sedere protruso e armonioso e il sesso grande e peloso. Mi batteva forte il cuore, fortissimo ed ero eccitato e in erezione dentro lo slip.
Si avvicinò al letto senza parlare e salì, sentii il materasso vicino a me dalla sua parte piegarsi e sprofondare sotto il peso del suo corpo che gravava sul ginocchio appoggiato per salire, poi mise l’altro e quando fu sopra, si ruotò, sdraiò e assestò sotto il suo peso.
Quando fui a letto, avvertii ancora il suo profumo forte, inebriante.
Mi accorsi che venne a dormire con le mutandine e si coprì le gambe con il lenzuolo, il seno era nudo e per pudore di me se lo coprì con quel telo ricamato finissimo che aveva messo sul comodino.
Ci fu silenzio. La finestra era socchiusa per il caldo e si sentiva il vociare esterno dalla strada e il rumore del passaggio di qualche auto e moto.
All’improvviso disse: “Buonanotte Matteo!”
“Buonanotte mamma!” Risposi.
E restammo fermi e in silenzio. Restò parecchio tempo a pancia in su con quel telo leggero sopra il torace per timore che anche al buio le vedessi le mammelle, poi inconsciamente presa dal sonno, si voltò sul fianco dandomi la schiena e il sedere. Quella schiena che molte volte avevo visto spiandola nuda desiderando di accarezzarla.
Non sapevo cosa fare, come comportarmi, provavo emozioni e sentimenti contrastanti, di vergogna, desiderio ed eccitazione, non riuscendo a prendere sonno.
Faceva un caldo tremendo anche con la finestra socchiusa, si sudava.
“Hai troppe fantasie Matteo!” Mi dissi: “Ora che è capitato davvero quello che fantasticavi, non sai cosa fare, hai paura.” Ed era vero e mi angosciava, avevo paura che se l’avessi toccata anche soltanto per caso e avesse interpretato male il mio gesto, mi fossi preso qualche schiaffo in faccia nel buio.
Poi ci addormentammo, ma ero teso ed eccitato, sentivo forte il suo profumo. Non diceva nulla, come se non ci fossi, dormiva girata e staccata da me.
Eravamo agitati entrambi, sia io che mamma.
Il passaggio di una moto ad alta velocità con il rumore della marmitta acuto mi svegliò, guardai la sveglia sul comò era passata appena un’ora, ero sudato e sentivo in lontananza i rumori delle auto e le voci della strada sottostante.
Mamma invece dormiva, o almeno così a me sembrava, mi dava sempre la schiena. Mi chiedevo come facesse a dormire con quei rumori esterni e con quel caldo di giugno, io non ci riuscivo. Ma sudava anche lei, lo sentivo dall’odore buono e forte che emanava il suo corpo, il suo profumo evaporare mischiato al sudore, che si spandeva nell’aria intorno a lei, e lo respiravo.
Quel telo di seta leggero nel sonno con il caldo lo aveva spostato, ma non potevo vedere niente lo stesso essendo girata.
Avendo gli occhi già abituati al buio, vedevo meglio con le pupille dilatate, mentre prima con l’oscurità improvvisa dello spegnere la luce non mi ero adattato.
Intravedevo il suo sedere rotondo dentro le mutandine, bello, voluminoso e probabilmente caldo e tenero e lo guardavo in penombra. Anche il lenzuolo sulle gambe, come io con il mio, lo aveva spostato e potevo osservare il retro delle cosce.
A osservarla mi agitai di più, la sentivo respirare.
Pensavo a quello che aveva fatto quell’uomo quando l’avevo vista abusare, ma non mi dispiaceva, assurdamente e scelleratamente mi eccitava.
Ce lo avevo duro, lo toccai e poi visto il buio e lei che era girata lo tirai fuori dallo slip e lo scappellai, ripensando alle frasi di quell’uomo su di mamma al suo sedere nudo e le sue volgarità.
“Hai un bel culo…”
Me lo accarezzavo fuori dallo slip, durissimo e tutto scappellato. Pensavo a mamma, avvertivo il suo profumo e mi era passato il sonno, e con il caldo e l’eccitazione ce l’avevo duro che svettava alto come un pennone davanti a me. Il fatto che ce l’avessi in erezione vicino a mamma mentre dormiva era elettrizzante.
Restai fermo in silenzio con quell’asta eretta nel buio che teneva su il lenzuolo e l’accarezzavo lentamente. Mamma non si muoveva, la sentivo respirare, avrei voluto toccarla, ma avevo paura. Restai ancora fermo e immobile e poi con il cuore che mi batteva fortissimo bisbigliai: “Mamma!… Mamma!”
Ma non rispose. “Dorme!” Pensai e inconsciamente ne ero contento.
Sapevo che rischiavo tantissimo, ma non resistevo ero ipereccitato, sudato e in tachicardia.
Feci trascorrere ancora qualche minuto, poi spostandomi lentamente allungai il braccio e le battei l’indice sulla schiena, facendo scorrere la mano verso il sedere, strisciando le dita sulla sua pelle in modo da farlo sembrare un gesto casuale se si fosse destata, dello spostamento del braccio durante il sonno. Ma non si mosse e sempre con il mio sesso fuori dallo slip, accarezzato dalle altre mie dita, feci scorrere la mano sinistra sul lenzuolo finché non raggiunsi il suo sedere e tremolante con la falange leggerissima lo sfiorai sulle mutandine, osando di più alla sua mancanza di reazione fino a toccarlo con le dita.
Sudavo con il cuore impazzito e una sensazione mai provata, bellissima.
Come dicevo sopra non lo vedevo appieno in quel buio, ma lo immaginavo come glielo spiavo sempre, e iniziai a toccarlo con i polpastrelli con la leggerezza di una piuma per paura che mi sentisse e si svegliasse, fermando addirittura il respiro quando lo accarezzavo, mentre con la mano destra simultaneamente accarezzavo la mia asta di carne diventata dura come il ferro che pareva esplodere.
Sicuro che dormisse, con l’incoscienza dell’età, in preda all’eccitazione osai oltre facendomi più audace, con le dita raggiunto l‘elastico della mutandina sulla schiena, con attenzione lo presi pinzandolo tra l’indice e il pollice e tirai un po’ giù il tessuto sfiorando la sua pelle liscia, vellutata, calda e morbida. Era tutto molto esaltante. Non sapevo fino dove potevo spingermi senza che se ne accorgesse.
Ma ero sempre più accalorato e feci scorrere le dita piano dalla natica in giù fino sul retro delle cosce facendo attenzione che lei non si svegliasse.
Volevo tirarle giù le mutandine e masturbarmi toccandole il sedere, ma non sapevo come fare e avevo paura che preso dalla foga avrei fatto qualche errore, e mi misi ad accarezzarle posteriormente il lato esterno delle cosce con la mano sinistra, mentre con la destra continuavo ad accarezzarmi l’asta eretta e svettante. Preso dalla passività del suo sonno, dall’enfasi e dalla esagitazione, in quel buio sfioravo le cosce piene e compatte e la mutandina sul suo sedere in quella posizione laterale, sporto indietro verso me, pieno e morbido, come se inconsciamente mi invitasse ad accarezzarlo.
Eravamo in penombra, con quel poco chiarore che filtrava dalla finestra e lentamente, adagio e piano piano, leggermente come una piuma appoggiai la mano aperta sul sedere, sfiorandole con essa delicatamente la natica, facendo attenzione che non si svegliasse e se per caso fosse successo, le avrei detto che era stato un gesto casuale, un mio movimento inconscio nel sonno, nel girarmi nel letto e mi sarei scusato.
Lei continuava a restare ferma, pareva che dormiva, io la toccavo e per la prima volta toccavo il culo di una donna che era quello di mia madre.
Ero eccitato e mi piaceva farlo, era bello, carnoso, rotondo e morbido.
Avevo l’asta dura, tanto dura che la tolsi da sotto il lenzuolo e la lasciai libera, e in controluce alla finestra, sembrava davvero un obelisco.
Pensavo sempre a quell’uomo e alle sue parole volgari verso mamma e mi eccitavo di più e incurante del rischio, accarezzavo di più.
Iniziai a masturbarmi accarezzandomelo lentamente.
Sapevo che era un incesto quello che facevo, ma volevo compierlo, mamma mi piaceva molto, troppo, oramai preferivo lei a qualsiasi donna o ragazza che esistesse. Ero innamorato di lei e dentro di me lo sapevo anche se non avevo avuto il coraggio di dirglielo.
Poi tirai adagio la mano sinistra sulla schiena nuda e la sfiorai dolcemente, appena percettibilmente in modo circolare, aveva la pelle vellutata.
A un certo punto senti la sua voce nel buio rompere il silenzio e dire:
“Che fai Matteo?”
Mi venne un colpo, restai pietrificato. Tolsi subito la mano dalla schiena e mi coprii il pene eretto e le gambe con il lenzuolo. Il cuore si mise a battermi fortissimo. Non sapevo che rispondere avevo paura e pensai:
“È finita, si arrabbierà e mi caccerà.”
E invece inaspettatamente fu lei a rispondersi da sola, aiutandomi: Mi massaggi la schiena?!”
Feci una breve pausa e timoroso risposi:
“Sì, se vuoi mamma ti massaggio, non riesco a dormire e dici sempre che hai mal di schiena e cosi…” In quel momento avrei voluto sprofondare. Ci fu un lungo silenzio e all’improvviso la sentii muovere e girarsi sul materasso con la pancia in su dicendo:
“Intanto che dormo massaggiami un po’ lo stomaco che non ho digerito …ho bevuto troppo vino stasera…”
Tremante allungai la mano nel buio e senza volerlo le toccai una mammella.
“E’ più in giù lo stomaco Matteo … qui!” Disse prendendomi la mano e portandosela lei sopra lo stomaco.
Mi mancava il respiro, avevo la mia mano sotto la sua.
A pancia in su, intravvedevo il profilo del viso, ma non le vedevo gli occhi, non si accorse della mia erezione e mi voltai mettendomi io di fianco verso di lei per massaggiarla meglio, con la testa leggermente in su. Lei mi lasciò la mano e stese il braccio.
Vedevo il suo corpo scuro e le mammelle gonfie e superbe che tendevano a portarsi con il capezzolo turgido verso i lati. Sentivo il suo cuore agitato battere quasi sotto la mano che si alzava e abbassava con il respiro agitato nelle sue escursioni respiratorie.
Restai ancora qualche secondo fermo, scioccato, sudato.
“Beh, allora me lo massaggi lo stomaco!?” Mormorò la sua voce nel buio e lentamente iniziai a muovere pima le dita e poi il palmo della mano, facendolo scorrere sullo stomaco sotto e tra le mammelle, che nel massaggiare urtavo con le dita.
Lei in silenzio lasciava che io frizionassi delicatamente la sua pelle. Per un po’ restai sullo stomaco, poi vista la posizione scomoda che avevo e il braccio indolenzito, eccitato, ma più audace mi allargai e scesi con la mano fino ad arrivare al suo fianco destro e la pancia, senza che lei dicesse nulla.
A parte la mutandina era nuda e senza dire nulla né se potevo farlo, vista la sua autorizzazione e passività, fingendo di allargarmi in ampi massaggi circolari intorno, dallo stomaco passai a massaggiarle l’ombelico, con lei silenziosa e all’apparenza indifferente, che me lo lasciava fare. Avvertivo la sua pancia calda e morbida sprofondare sotto le dita, tanto soffice che se premevo affondava, e nel massaggio poco dopo scesi ancora di più. Passai alla parte inferiore sotto l’ombelico, e con le dita negli ampi cerchi che compivo, con i polpastrelli andai in basso, fino ad arrivare e urtare il margine superiore dell’elastico della mutandina e sotto le dita avvertii i peli della parte superiore del suo sesso uscire dal bordo superiore del tessuto e li toccai e immaginandomeli. Fu una sensazione meravigliosa. Non so come il torace riuscisse a trattenere i battiti del cuore tanto veloci che erano.
Vista la sua passività, fingendo di allargarmi in ampi massaggi circolari scesi ancora di più, verso il bordo dello slip e con i polpastrelli dal margine superiore dell’elastico sentii i peli del suo sesso sotto le dita e li toccai.
Mi si mise a pulsare il cuore forte, fortissimo tanto che sono certo che lo sentisse anche lei battere, avevo il suo sesso a pochi centimetri dalle mie dita, se avessi spinto più giù, sotto l’eleatico delle mutandine, avrei potuto toccarlo…
Restai fermo ed ebbi una strana sensazione, sì di eccitazione, ma non ero felice che lei si lasciasse toccare lì da me, mi dispiaceva in fondo che mi lasciasse fare, perché avevo paura, perché non sarebbe più stata la mamma di prima. E per un attimo desiderai che reagisse, che mi fermasse, che prendesse la mano e me la togliesse e mi desse anche uno schiaffo mandandomi in camera mia, e invece ero vittima di quello che avevo creato io, della mia eccitazione. In un estremo tentativo di non rovinare tutto risalii con la mano, fino ad arrivare sulla pancia, e la aprii a raggiera sul suo ventre, che sentivo muovere sotto il respiro affannoso.
Mi piaceva toccarlo, premerlo, era caldo e morbido, appena pronunciato al centro, residuo della mia gravidanza, ed era quel ventre che mi aveva generato che toccavo, e lo accarezzai piano, con tenerezza e amore, avrei voluto baciarlo.
Lei restava sempre ferma, l’unica cosa che si muoveva era il torace e l’addome sotto le sue escursioni respiratorie agitate.
Non riuscivo a vederle gli occhi, se li aveva chiusi o aperti.
Certamente era eccitata anche lei perché all’improvviso con un filo di voce rotta disse: “Più giù!”
Solo quella parola e basta risuonò nell’aria calda del buio e nel silenzio della notte.
Capii che oramai era coinvolta anche lei, che avevamo passato entrambi senza accorgercene il punto di non ritorno.
Trattenendo il respiro con delicatezza rifeci scendere le dita piano, strisciandole leggermente sul ventre fino ad arrivare giù a toccare l’elastico della sua mutandina di seta, e premendo sul ventre morbido creai una depressione e infilai le dita sotto l’elastico, spingendomi più giù, arrivando fino nella sua foresta di peli neri e toccarli, sentirli con le dita vivi, ribelli e tanti. Ebbe un fremito, sentii lo scatto del suo corpo che si irrigidiva alla sensazione di piacere nel sentirsi toccare in sesso da me, e restai fermo e inebriato a godermi quel contatto meraviglioso, i peli della vulva di mia madre tra le mie dita, i miei polpastrelli. Fu uno dei momenti più belli della mia vita.
Spinsi maggiormente la mano dentro le mutandine e arrivai più giù, sul folto dei peli e avvertii che il suo cespuglio denso e gonfio era eccitato. Avevo i suoi peli tra le dita, li sfregavo dolcemente e li accarezzavo tra i polpastrelli, ero eccitatissimo con la mia asta eretta. Non li vedevo ma li sentivo e li immaginavo scuri, ricci e soffici come quando spiandola le osservavo la figa. Sfregandoli più giù, avvertii che non erano più asciutti come sui margini, ma al centro attaccaticci e umidi del suo silenzioso piacere.
Sinceramente restai sorpreso, non me l’aspettavo ed ebbi una strana percezione, di gioia e dispiacere nel sentirli umidi sulle dita.
Ma per reazione mi eccitai di più, il mio cazzo duro oscillava da solo davanti a me e lo sentiva anche lei contro la sua anca, urtare forte sul lenzuolo, sembrava volesse esplodere.
Attorno a noi solo i rumori filtrati dalla strada e la penombra, e premetti le dita di più, finché sentii la fessura tra le grandi labbra. Ebbe una reazione come un sussulto, si scosse e mi prese l’avambraccio con le man a fermarmelo.
Ci fu qualche secondo di silenzio e la sua voce calda e rotta dall’emozione dire:
“Aspetta!”
Mi spostò il braccio e quello che fece non me lo sarei mai aspettato, nel buio piegò le gambe portando le ginocchia verso sé sul torace, alzò il sedere staccandolo dal lenzuolo, prese l’elastico della mutandina e la tirò giù, sulle cosce, la fece passare dalle ginocchia piegate, i polpacci e i piedi e la tolse, stirando ancora le gambe dritte allargandole. E in silenzio riprendendo il mio avambraccio, appoggiò ancora la mano a lambire il suo cespuglio di peli rigogliosi. Quella volta senza ostacoli e avvertii tra le dita, la sua figa grossa, calda, umida e pelosa.
Mi vennero le palpitazioni al cuore e l’eccitazione aumentò maggiormente facendomi perdere la ragionevolezza, quella poca che può avere un ragazzo adolescente riguardo al sesso, e quasi d’istinto, senza averlo mai fatto prima osai di più e col dito medio cominciai ad accarezzare lentamente e superficialmente la fessura di mamma sotto il suo pelo pieno e denso. Avvertivo che era lunga e delineava un sesso carnoso, premendolo quel tanto che permetteva alla falange di inserirsi e toccare le grandi labbra.
Il mio dito era sopra il solco del suo sesso e il mio cuore in gola, non sapevo più se era vero quello che accadeva o un mio sogno. Spinsi la falange tra la peluria e sentii di più l’umidità dei peli dischiudersi centralmente. Lateralmente ad esso sentii le due grosse labbra vaginali carnose, umide, gonfie, calde e palpitanti, ricoperte di soffice pelo e le immaginavo rosee come le foto e i video hard che vedevo al computer, evidenziarsi tra lo scuro dei peli mostrando il pallido della pelle chiara sottostante.
Per un attimo incredulo che si fosse realizzata la fantasia e di essere inspiegabilmente giunto a quel punto con mamma, ebbi come una vertigine, un senso di calore forte al volto e una sensazione di svenimento, mi mancò l’aria, forse per la tensione e la pressione sanguigna salita alle stelle. Sudavo molto.
Le accarezzavo la figa sempre girato sul fianco verso lei, preso da una morbosità che non pensavo di avere, che aumentava sempre più e si impadroniva di me. Premetti ancora di più il dito nel centro della fessura umida, impregnata di umori vaginali e inserii una e poi due falangi in lei, che sussulto e ansimò nel buio, avvertendo lei all’interno della sua cavità la penetrazione e il piacere sottoforma di calore e umidità consistente.
La sentii muovere, spostare le gambe e allargarle e all’improvviso nel buio sentii la sua mano posarsi sopra la mia, comprimendola forte sul sesso, sulla fessura bagnata.
Ero sorpreso, sbalordito e intimorito, non sapevo come comportarmi, un conto è pensare, fantasticare qualcosa e un altro trovarcisi, e una scossa mi pervase tutto il corpo, nel sentire la mia mano prigioniera della sua, tenuta forte a premere sui peli della sua grossa vulva.
Lei restava ferma e in silenzio, non diceva nulla e neppure io, sudato e accaldato, restai fermo e silenzioso con la mia mano sotto la sua, sopra il suo sesso.
Avevo sempre il batticuore, e credo anche lei.
A un certo punto la sentii sospirare forte, poi per alcuni secondi che mi sembrarono una eternità non sentii nessun altro rumore, se non quelli sordi e lontani della strada che entravano dalla finestra.
Avevo il viso congestionato dall’emozione e dal calore, avevamo perso il senso del limite, del rispetto di noi stessi, dell’amore materno trasformandolo in sessuale e incestuoso, e avvertivo sempre più distintamente il respiro di mamma farsi affannoso.
Sempre tenendo premuta la mia mano sotto la sua sul suo sesso carnoso e bombato, sentii il fruscio sul lenzuolo sotto i suoi piedi, piegare le gambe, allargarle e tirare su i talloni verso il sedere e la sua voce impacciata e tremolante, appena sussurrata dirmi:
“Vieni!… Vieni sopra di me!”
Capii cosa attendeva, stava accadendo il momento tanto desiderato da me, ma ora ne avevo paura e alla mia esitazione toccandomi il braccio nell’oscurità mi chiese:
“Che hai? Sei agitato?!”
Restai in silenzio sempre con la mano trattenuta sul suo sesso, sì in effetti ero agitato, avevo paura, ma anche lei ne aveva.
D’istinto per giustificarmi della mia esitazione e inquietudine, mormorai:
“Non l’ho mai fatto mamma! Non sono capace!… Non ho mai fatto sesso!” Ripetei con apprensione: “È la prima volta e non sono capace …non so come si fa!”
Solo allora nel buio sentii la sua mano libera accarezzarmi la testa e la fronte sudata: “Sei sudato!” Mormorò maternamente, e passandomi il telo trasparente che metteva sul seno per celarlo al mio sguardo mi esortò: “Asciugati!” Esortandomi prendendo il mio braccio: “Vieni non ti preoccupare, ti insegno io…”

Mi sembrava impossibile, ero incredulo, tanta severità e autorevolezza da parte sua poche ore prima a tavola e ora era lei che mi chiedeva di farlo. Soltanto dopo avere detto quelle parole attenuò la pressione sulla mia mano lasciandola libera, invitandomi a dispormi su di lei, tra le sue cosce divaricate.
La tolsi da sopra il suo sesso con le dita umide e come un automa tremolante mi portai verso di lei che abbassò la coscia destra per farmi passare e la scavalcai, e mentre la ritirava su, mi ritrovai imprigionato tra le gambe larghe, in mezzo alle sue cosce.
Era la prima volta con una donna ed era mamma, e avevo paura… paura di non essere all’altezza e di deluderla. Mi trovavo in una posizione come avevo visto tante volte nei video hard.
Non una parola, solo il caldo e qualche rumore sordo dalla strada nella stanza e il nostro respiro diventato affannoso con lo strofinio delle mie gambe contro le sue.
Sentii la mano calda di mamma toccarmi l’addome e poi scivolare in basso a toccare il mio sesso eretto e duro, ebbi un fremito a sentire la sua mano stringermelo e lei un sospiro di piacere ad avvertire la mia virilità tra le dita, poi accarezzarlo nel buio, prenderlo in mano e stringerlo ansimando forte portandolo verso la vulva.
Vedendomi affannato e agitato accarezzando sulla fronte bisbigliò:
“Ora fai solo quello che ti dico io… Stai calmo, tranquillo.”
“Sì mamma!” Risposi.
“Una cosa importantissima Matteo…” Continuò:” …. non eiacularmi in vagina, quando senti che stai per eiaculare dimmelo e tiralo fuori!”
“Sì mamma…” Ribadii.
“Sei capace? …Guarda che è importante se no mamma resta incinta.”
“Sì lo so fare, lo faccio sempre anche quando mi masturbo che sto per venire che mi trattengo.”
“Mi raccomando Matteo, è importante.” Ripeté.
“Stai tranquilla mamma.” Replicai io.
Eravamo tutte due eccitati, anche lei oramai era accalorata.
Ero in mezzo alle sue gambe larghe, tutti e due incoscienti ma eccitati da quello che stava per accadere. Stavamo per commettere un incesto madre e figlio, ma in quel momento non ci importava. Infervorato le domandai:” Posso baciati mamma?”
“Si, ma non in bocca…” Rispose.
Portò ancora il mio sesso verso il suo e sentii il mio torace appoggiarsi sulle sue grosse mammelle. Avvertendo il mio disagio a quel contatto sussurrò ancora: “Toccale, accarezzale se vuoi… puoi anche baciarle!”
Lo feci, sentii la loro morbidezza e calore sotto le dita e mentre le accarezzavo con le dita urtai i capezzoli che le sentii duri e sporgenti segno che era eccitata.
“Baciali, succhiali se vuoi… sono i tuoi.”
‘istinto abbassai il capo e come avevo sentito dire e visto fare, prima le bacia, poi li leccai e alla fine presi il capezzolo in bocca succhiandolo. Fu esplosivo farlo, diedi alcune suzioni veloci preso dall’enfasi, ma lei mi corresse subito.
“Non così Matteo, meno foga, lecca e succhia con calma, devi sentirlo tra le labbra e sulla lingua, devi essere dolce e delicato.”
In quel momento entrambi sudati, avvertii nel buio che strusciava la mia cappella sopra i suoi peli. La fece più volte lentamente passare su e giù sulla fessura, sfregandola, probabilmente le piaceva sentirla in quel modo.
Vedendomi rigido e agitato mi sollecitò:
“Lascia fare a me! Tranquillizzati, calmati, non essere teso!” Ripeté sussurrando.
Fermò il glande contro e al centro delle grandi labbra mentre lo teneva saldo con la mano sulla fessura vaginale.
All’improvviso facendo girare il braccio e mettendomi l’altra mano sulla schiena all’altezza dei lombi, mormorò ansimante con le labbra sul mio orecchio:
“Ora è contro la vulva… Spingi ora! … Spingi!… Infilalo dentro che entra!”
Mentre lei mi attirava a sé premendo la mano larga sui lombi e sul mio sedere. Sentivo le sue labbra vaginali aprirsi alla spinta del mio glande, e mentre entravo in lei, la sentii lasciare con la mano il mio cazzo a proseguire da solo e penetrare in lei, portando il braccio restato libero su in alto dietro il mio collo. Tenendo sempre la mano sul sedere a spingermi a sé, io incredulo e con il cuore che mi batteva a mille lo sentivo entrare sempre di più nel caldo umido della sua vagina, tutto, fino in fondo. Ebbi una strana sensazione all’aprirsi della sua vagina a riceverlo, mi parve come se lo infilassi nel burro caldo, e mi dava una bella sensazione bellissima piacevole e di benessere.
Ebbi una scossa, mi sembrò di entrare in paradiso.
Nel sentirlo penetrare tutto, mamma ebbe un sussulto, un gemito forte di piacere inarcandosi verso di me.
Ero eccitatissimo e felice, non potevo crederci, l’avevo messo dentro a mamma con il suo consenso e la sua partecipazione. Non potevo credere che si era realizzato quello che tantissime volte avevo desiderato masturbandomi.
Distinto le accarezzai e baciai ancora le mammelle, che intravvedevo ampie e pallide nella penombra alla luce della strada, sussurrandomi lei: “Adesso muoviti! Fai avanti e indietro… ma piano! Lentamente!”
Seguivo quello che mi diceva di fare in silenzio, conscio che in quel momento stavo possedendo mia madre e iniziai a muovermi adagio, senza foga, come mi suggeriva di fare e nel buio mi stringeva iniziando a baciarmi sul viso e sulle spalle, dandomi istruzioni e i tempi per il ritmo.
Ansimante sentivo il suo alito dolciastro e di menta del dentifricio sul mio viso, bisbigliando:
“Infilalo tutto!! Infilalo fino in fondo…” E mentre lei gemeva ed eseguivo i suoi comandi, continuava: “Più forte adesso!… Più forte Matteo!… Muoviti più veloce ora!”
E ubbidendo, aumentando il ritmo e la foga il materasso iniziò a dondolare sotto di noi.
Mamma era infervorata, iniziava a godere e a continuarmi a dire come fare, io ubbidivo contento di quello che mi diceva ed ero felice, mi stava insegnando a praticare sesso, come muovermi, cosa fare. E la sentivo ansimare, capivo che stava provando piacere, era mia madre che stava godendo con me… ed ero io che la facevo godere, e per la prima volta in vita mia chiavavo una donna, la facevo godere ed era mamma.
Si muoveva anche lei col bacino venendo incontro ai miei colpi, in un godimento crescente portò le sue cosce stringere i miei fianchi e i piedi dietro le mie gambe per tirarmi maggiormente verso di lei.
La sentivo godere e baciarmi il viso e io ricambiai baciando il suo, finché inevitabilmente come doveva succedere, anche se lei non voleva, nel godimento le nostre labbra si incontrarono e ci baciammo in bocca con la lingua dentro, una contro l’altra. Fu un’altra esplosione di calore e sensazioni bellissime e gradevoli, avvertire la sua lingua insalivata contro la mia. Non ero capace, non avendo mai baciato nessuna ragazza, ma muovevo la lingua come faceva lei, e con la mia, succhiavo la sua e le leccavo le labbra.
Ce l’avevo durissimo e lei la vagina dilatata e fracida di umori e la sentivo gioire a ogni colpo che davo.
Credo che come quella volta con quell’uomo che l’aveva violentata non capisse più niente tanto era accalorata e coinvolta, l’astinenza, la voglia e il desiderio inconscio di me, suo figlio, avevano prevaricato il suo pudore, la sua vergogna, come la mia.
All’improvviso esclamò “Matteo!”
“Sì!” Risposi io e la sentii stringersi forte a me baciandomi dappertutto. Ansimando e gemendo. Mi stringeva forte con le braccia, muovendo anch’ella il bacino contro di me e dal piacere mi chiamava, esclamava il mio nome.
Sentivo per la prima volta, gli spasmi della vagina godere stringersi attorno alla mia asta di carne eretta, e lei che sussurrava parole belle verso di me, fino a dirmi a un certo punto con voce preoccupata:
“Non venire dentro Matteo, stai attento… eiacula fuori, sulla pancia.”
“Sì mamma …stai tranquilla…” Risposi sentendola in preda all’ebbrezza del piacere, coinvolta come me in quell’amplesso incestuoso.

Ero preoccupato essendo la prima volta, non sapevo come fare, avevo paura ed ero a conoscenza che se eiaculavo dentro la vagina mamma sarebbe restata incinta da me, ma seguivo tutto quello che mi diceva, lei sapeva come fare e mi stava insegnando.

Ero affascinato e ammaliato da mamma. La sua astinenza sessuale si era manifestata pienamente e all’improvviso anche con me, il desiderio era prevalso sulla moralità e la sessualità sull’amore materno e per entrambi si era trasformato in amore carnale. Non era più una vedova bianca come si dice di certe donne sole che non hanno rapporti sessuali per scelta loro, ora aveva il suo maschio, ed ero io.
L’amplesso non fu lungo, io ero troppo eccitato e poi era la prima vota che sentivo il caldo umido meraviglioso della vagina sul mio fallo eretto, non so quantificare, ma certo più di cinque minuti. Poi lei ebbe l’orgasmo, fremendo e tremando tutta si inarcò stringendomi, accarezzandomi dappertutto e baciandomi sul viso e ancora in bocca lingua a lingua, trascinandomi in quelle emozioni e sensazioni piacevoli mai provate prima. Avvertivo le contrazioni della sua vagina stringere il mio pene e poco dopo sentii i testicoli contrarsi a ripetizione in un modo che non avevo mai provato masturbandomi, capii che stavo per eiaculare e lo capì anche mamma.
“Tiralo fuori! Tiralo fuori!” Esclamò concitata.
E io su suo ordine lo tirai fuori iniziando a eiaculare, riversando il mio seme con getti forti e potenti, che le superarono il ventre fino ad arrivare sul seno gonfio, sporcandolo sull’areola del suo capezzolo dritto e turgido.
Eravamo fradici di sudore, caddi stanco e sfinito su di lei, sul mio stesso sperma, mentre lei mi abbracciava e accarezzava baciandomi sul viso, massaggiandomi la fronte sudata, e restammo così fermi e per qualche minuto ansimando i nostri fiati uno addosso all’altro, mentre lei mi stringeva e coccolava continuando a lisciarmi i capelli, dandomi dei baci a stampo con lo schiocco sulle varie parti del volto.
Ero felice, estasiato, avevo goduto con una donna, avevo avuto il mio primo rapporto sessuale con mamma.
Poi nel buio caldo, sudati, nessuna parola, solo il silenzio e noi abbracciati. Fui io a romperlo chiedendole con l’enfasi dei ragazzi:
“Come sono mamma?”
Capì subito cosa intendevo, sorrise e mi baciò la fronte dicendo: “Sei bravo!”
“Ti sono piaciuto mamma?”
“Sì, tanto amore…più di tuo padre!”
“Davvero?” Domandai contento.
“Si!” Rispose:” Più di lui e di quell’uomo se lo vuoi sapere. “E restammo così per alcuni minuti accoccolati mamma e figlio.
Era accaduto, dopo quella discussione accidentale l’incesto era stato consumato per un susseguirsi di fatti e situazioni non programmate e non volute, ma avvenute.

“Ora spostati …vai dalla tua parte…” Disse:” …che mi vado a lavare.” E appena lo feci si alzò al buio, nuda, sudata prese un asciugamano sulla sedia e me lo passò dicendomi:
“Asciugati!” Poi bisbigliò: “Io vado in bagno a lavarmi, dopo vai tu.”
E aprendo la porta per uscire dalla camera e accendendo la luce del corridoio per un attimo come in un lampo la vidi completamente nuda, con le mammelle penzolanti, il sedere pieno e carnoso la sua pancetta da signora. Era bellissima.
Quando fui solo accesi la luce e mi guardai il pene si stava sgonfiando, ero soddisfatto e felice, oltre ad aver fatto sesso con mamma l’avevo fatta godere, e mi sentivo grande, mi sentivo uomo, soprattutto ad aver sentito che ero più bravo di mio padre.
Pochi minuti dopo ritornò lavata e profumata.
“Spegni la luce che dalle finestre di fronte ci vedono, e poi entrano le zanzare.” Disse. Ma prima che spegnessi l’abatjour restò nuda sulla porta quel tanto perché potessi rivederle le mammelle il suo sesso grande e peloso e si sdraiò vicino a me al buio dicendomi:
“Vatti a lavare tu ora! E insaponati bene!”
Andai, quando tornai mi sdraia al buio accanto a lei. Mi accarezzò i capelli e mi diede la mano dicendo: “Ora dormi!”
E stanco com’ero, mi addormentai subito tenendole la mano…

Il mattino seguente mi destò la sveglia di mamma alle sette, accesi la luce, lei non c’era, mi guardai attorno ero nella sua camera nel suo letto matrimoniale dove dormiva un tempo mio padre. Ancora assonnato mi alzai e andai in cucina da dove venivano i rumori e si sentiva la TV accesa e vidi mamma in piedi in mutandine e reggiseno preparare la colazione. Sentendomi arrivare si voltò e vedendomi sorrise da me ricambiata, dicendo:
“Vieni siediti! È pronta la colazione e mise sulla tavola caffelatte e biscotti. Poi mi guardò a lungo in silenzio, mentre io guardavo lei e all’improvviso mi accarezzò il viso dicendo:
“Su mangia, ti devi ancora preparare, che se no fai tardi a scuola!”
Mi sedetti con un sorriso e masticando i biscotti la guardai fare lo stesso, osservandomi e sorridendomi mentre faceva colazione. Esclamai solo.
“Mamma ti voglio tanto bene.”
“Lo so!” Rispose, aggiungendo: “Di quello che è successo non deve venire a conoscenza nessuno.”
“Sì certo mamma … stai tranquilla.” Risposi. Feci una pausa e appena deglutito il biscotto con il viso ansioso e in attesa domandai: “Ma lo faremo ancora!?”
“Vedremo! … Ora mangia che vado a prepararmi, ti accompagno e poi vado in ufficio.”
Mi preparai felice, uscimmo senza parlare e con l’auto mi condusse all’istituto. Prima di scendere mi accarezzò la mano ripetendomi:
“Non dire nulla a nessuno Matteo!”
“No mamma stai tranquilla …fidati.”
“Mi fido di te, oramai sei un uomo…” Affermò.
Mi diede un bacio sulla guancia e scesi avviandomi verso i miei compagni, ero contento.

Quella relazione proseguì, quella sera lo facemmo di nuovo e poi ancora e ancora e nacque un rapporto intimo tra noi, e io restai a dormire stabilmente in camera con lei al posto di papà nel suo letto, al suo fianco, diventandone oltre che suo figlio, anche il suo uomo.
Mamma prese i suoi accorgimenti, pur facendomi sempre interrompere il coito come faceva con mio padre, e dal suo ginecologo si fece prescrivere anche la pillola anticoncezionale per essere più sicura, anche se si stava avviando alla menopausa.
Era bello vivere così, in casa eravamo una coppia di amanti, come marito e moglie e dormivamo assieme e fuori, madre e figlio.
Intanto crescevo, mi formavo fisicamente, iniziò a crescermi la peluria sul viso e poi la barba che regolarmente radevo. Con il tempo mi istruì su tutto quello che sapeva… e io le feci provare tutto quello che scoprivo senza tabù di sorta.
Imparai tutto da lei, mi creò e plasmò per il suo piacere, per come le piacesse facesse un uomo con lei, mi insegnò a baciare come piaceva a lei, a muovere la lingua, a come metterla in bocca e a succhiarla in un determinato modo, sempre come soddisfaceva a lei. Lo stesso con il sesso, Appresi a penetrarla e possederla come deliziava a lei, prima a inserirne una parte e solo in un secondo tempo spingerlo tutto dentro e penetrarla completamente che la appagava di più.
La deliziava a volte che introducessi solo il glande tra le labbra vaginali e giocassi così avanti e indietro sulle piccole labbra. Mi educò durante il rapporto sessuale a seguire i tempi e i ritmi che compiacevano a lei, che le davano godimento e grazia fino all’orgasmo. La soddisfacevo con contentezza e anche bene avendo imparato i suoi punti deboli e la facevo godere molto.
Su mia insistenza che volevo provare e imparare, mi spiegò come leccarle la vulva e succhiare le labbra vaginali e lo stesso il clitoride. Ad accarezzarla nel modo e dove piaceva a lei, leggermente senza pressione, a massaggiarla sul corpo, il collo e anche i capelli. Ero il suo maschio perfetto, sessualmente creato da lei per lei a sua soddisfazione personale, ed io ne ero contento.
Ero giovane e pieno di vigore e avevo sempre voglia di fare sesso, al punto che mamma a volte mi doveva dire no. Lei quando aveva le mestruazioni o era indisposta per qualsiasi motivo, mi soddisfaceva lo stesso in altro modo voluto da lei. Sdraiati sul letto, mi faceva avvicinare a lei abbracciandomi e mi porgeva una mammella facendomi prendere in bocca il capezzolo e succhiare abbracciato a lei come se mi allattasse:
“Come quando eri neonato…” Mi diceva sorridendo scherzosamente: “…mamma ti allatta di nuovo!” Ma nello stesso tempo mentre glielo succhiavo con passione, lei con la mia asta eretta in mano facendo su e giù con le dita mi masturbava, ed era bellissimo quello che provavo, una sensazione meravigliosa quasi più del chiavare… il piacere materno dell’allattamento e quello sessuale della masturbazione fusi assieme.
Ci furono due fasi nella nostra relazione, la prima, fu quella che lei mi educò in tutto quello che sapeva e gli aveva insegnato mio padre e che durò tre anni circa. La seconda che fui io a voler fare con lei pratiche sessuali, dal giocare e sperimentare quello che io apprendevo o vedevo sui video, alle posizioni, alla fellatio e oltre. Si può dire che sessualmente crescemmo insieme, e praticammo congiuntamente anche gli atti più spinti e osceni che apprendevamo, tutto con passione, senza volgarità o pornografia.

Quando incominciammo la relazione mamma aveva quarant’anni e io ero uno studente della seconda liceo scientifico, e finì, o meglio si attenuò circa dieci anni dopo, terminata l’università, quando conobbi una ragazza che piaceva anche a mamma, educata e rispettosa. E come diceva mamma una moglie che andava bene a me e con il suo consenso alla fine dell’università la sposai.
Saltuariamente dopo il matrimonio ci incontravamo ancora a casa sua, soprattutto durante le due gravidanze di mia moglie, ma mamma era ormai cinquantenne, bella ma formosetta. Ora non convive ma ha una relazione separata con un suo collega (come dire, ognuno a casa sua) si incontrano solo per cene, gite, passeggiate, teatro e tante altre cose e forse anche per praticare sesso… Mia madre è sempre andata molto d’accordo con mia moglie, in fin dei conti la scelsi su suo consiglio, di buona famiglia, senza grilli per la testa come piaceva anche a lei che fu favorevole al matrimonio, vergine, laureata e seria.

Questa è la mia storia personale, dove da abuso carnale nacque un incesto, un amore nuovo e diverso tra madre e figlio. Forse, anzi certamente se non ci fosse stato quello stupro, probabilmente avrei vissuto quella fase della giovinezza come migliaia di miei coetanei che spiano la mamma o i genitori anche masturbandosi, ma poi rientrano nei canoni convenzionali, nel dimenticatoio della coscienza. Invece a me crearono dei disturbi di comportamento sessuale futuri, che si esplicarono nel desiderio di mia madre.
La ricostruzione dell’accaduto è stato un atto liberatorio per me. Ripercorrere le tappe della mia giovinezza e del rapporto con mia madre mi ha aiutato ad analizzare e superare alcuni schemi comuni, e problemi morali ed etici. Quello che accadde non fu un avvenimento indistinto, lontano e calcolato, ma la nascita di qualcosa di nuovo, imprevedibile, non comune nella società di oggi ma vecchio come il mondo, biasimato e condannato, ma tra il segreto delle mure domestiche praticato ancora da molti.
L’osservazione del tempo trascorso, dei cambiamenti che si sono succeduti in me, ma potrei anche dire in noi, anche in mia madre e dei momenti importanti, hanno segnato e condizionato la mia vita futura, e mi hanno fornito la possibilità di comprendere alcuni aspetti della vita che ad altri per ottusità è precluso.
Spero che con questa mia narrazione reale non abbia scandalizzato o offeso qualcuno, se così è stato me ne scuso. Ognuno può pensare quello che vuole, è libero di farlo, ma ci tengo a precisare che non ho problemi di ordine psicologico, né morale o etico, e vivo tranquillamente la vita con mia moglie e i miei figli in modo naturale e normale e soprattutto convenzionale.
Un saluto a tutti.
Matteo.

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Grazie.

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