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Erotici Racconti

Superflue scusanti

By 5 Aprile 2017Febbraio 2nd, 2023No Comments

Si dice abitualmente e sovente si afferma che il mondo sia per lo più del colorito e dell’espressività con cui tu lo ammiri e infine lo consideri, perché alcune volte è così, altre ancora sfortunatamente non lo è. Ecco, a ben vedere, il mondo io l’ho visto precisamente attraverso i tuoi occhi e ciò che ricordo lo porterò sempre con me. Io chiudo gli occhi e ciò che vedo sono le alte scogliere coperte dalla macchia mediterranea che ripide si tuffano nel mare, o forse s’innalzano al cielo. 

Sopra quelle scogliere lassù di notte, invero, tu m’hai detto che il mare è quanto di più vicino a Dio possa esistere. Forse hai ragione, però io credo che ciò che Dio voglia e che si prefigga più similmente a lui sia unicamente l’amore. Ricordi? Tanti discorsi e numerose favole raccontate e ripetute al telefono, buoni propositi, mille progetti, sogni realizzati, ambizioni e speranze talvolta paragonate e in conclusione rubate ai cassetti altrui nell’attesa ansiosa e frenetica, che l’infinita distanza che ci separava all’improvviso diventasse un muro di carta velina sottile, a tal punto da essere strappata dai nostri semplici sospiri. 

Io t’ho sentito ogni giorno più vicino a dispetto degli oceani che separavano i nostri corpi e ho voluto sentire vicino anche il tuo cuore, sì, forse l’ho voluto sentire soltanto io, così t’ho raggiunto e come due linee parallele abbiamo vissuto per alcune ore vicini a pochi chilometri l’uno dall’altra senza poterci vedere, aspettando solamente l’ora del nostro primo e vero incontro. Aspettando, pazientando, perché per me è stata un’attesa, una di quelle attese da toglierti il fiato che bloccano il tempo, che impietose e toccanti ti fanno pensare e perfino scervellare che non sarai mai alla sua altezza. Che cosa sia stato in conclusione realmente per te io non lo saprò mai, perché è appropriato, conveniente e giusto che ognuno nasconda e racchiuda nel proprio cuore ciò che non vuole far conoscere né scoprire né svelare all’altro.

Poi di sera, in una piazza coperta di nebbia irreale, morbida e ovattata t’ha toccato. Ebbene sì, soltanto piccolo bacio dato sulle guance e il tuo profumo lieve che accarezzava il mio corpo, in tal modo abbiamo passeggiato come due ragazzi normali e tu non hai sentito la tensione nel mio corpo, la paura di sfiorarti senza che tu lo volessi, il ritmo del mio respiro che avrebbe voluto sentirti ancora più vicino. E’ vero, troppi discorsi, numerose faccende da raccontarsi, tante risate da far risuonare tra noi, mentre il mare ci osservava scuro e immobile in una notte troppo umida perché sembrasse estiva. Abbiamo bevuto, ubriachi non di gioia, ma di tensione, come gli equilibristi che cercano di non cadere sapendo che poi non si rialzeranno più. Tu mi hai portato là per vedere il mare su d’una scogliera a strapiombo: io che odio le altezze, io che ho paura di cascare negli abissi troppo profondi, io che adesso non so più come estirparti e scalzarti dal mio cuore. 

E proprio lì tu m’hai baciato, perché quello è stato un bacio dolce, tenero e lungo, iniziato per tapparmi la bocca, dato che ho percepito le tue labbra morbide cercare le mie, trovarle e morderle leggermente. Io le ho dischiuse, ho lasciato che la mia lingua cercasse la tua e insieme iniziasse una danza, un’intima sintonia da cui il mondo era completamente escluso, in seguito ti sei fermato e m’hai guardato, successivamente un sorriso afflitto e triste ha illuminato i tuoi occhi, perché neppure gli occhiali che indossavi hanno potuto mascherare quello che soltanto io non ho voluto vedere. 

Dopo sono tornata in albergo confusa, però felice e positiva per una notte romantica appena accennata, che desideravo vivere dal primo giorno in cui la tua vita ha incrociato la mia. Io ho dormito pochissimo, quasi nulla, perché il primo pensiero sei stato tu in mare con la tua barca, unicamente con le onde che la sera prima ci accarezzavano e adesso m’appaiono così lontane, per questo motivo t’ho scritto quel messaggio bizzarro e insolito: 

‘Quell’ultima dissennata, folle e imprudente notte volevo trascorrerla con te. Il solo pensiero di rivederti ha reso la mia giornata più allegra e tutto ciò che ho visto non aveva soltanto i colori della natura, ma tutti i dettagli e le sfumature che tu m’avevi demandato e propagandato conversando in mia presenza’.

Tu hai accettato, hai approvato, hai assentito e ti sei uniformato. A dire il vero individuare e in seguito scegliere l’abito non è stato per niente facile cercare d’essere bellissima ai tuoi occhi e a quelli del mondo che ci avrebbe guardato in modo curioso, impiccione e pettegolo; l’abito era nero, semplice, eppure talmente provocante e seducente da farmi sentire unica, con quei capelli lunghi sciolti sul viso e le rose nere che scendevano lungo il collo in un filo sottile. L’appuntamento era fissato sulla stessa piazza: io che t’aspettavo guardandomi intorno e tu in ritardo come di consueto, con il semplice pretesto di parcheggiare l’automobile.

Con tutta franchezza e in completa spontaneità non abbiamo percorso né visitato per lungo tempo la città: il mare scuro ci attendeva, il molo con i suoi frangiflutti e le barche ancorate nonostante il mare sembrasse non voler cullare nessuno. Ci sono stati i nostri sguardi e poi di nuovo le nostre bocche si sono incontrate, giacché è stato un bacio immobile, fatto d’ansimi appena accennati e di labbra indecise. Questa volta però io ho voluto di più, così le mie mani dolcemente hanno sciolto i tuoi bottoni e ho sentito la tua pelle calda sotto le mani, la tua bocca esplorava il mio corpo, lentamente tu m m’hai agguantato il seno riempiendolo di piccoli baci come se fosse vetro delicato, io ho sentito il tuo respiro diventare più forte. Io t’ho morsicato la schiena, poi lentamente più giù assaporando il tuo corpo affinché la mia pelle ne conservasse interamente il profumo. Il tuo alito era caldo, dolce, del ragazzino più giovane che in fondo tu sei, quel ragazzo che ansimava stringendomi a sé, mentre io con una mano esploravo il tuo desiderio, visto che l’ho sentito crescere, ho percepito il tuo corpo volermi e la tua voce rivelarmi:

‘Io credo che al momento sia la cosa migliore se ci conteniamo e interrompiamo il tutto’.

Tu m’hai fermato, m’hai dissuaso e in conclusione m’hai paralizzato volutamente trafiggendomi il cuore con questa frase e con tutte quelle andate, inservibili e inutili giustificazioni, proprio di chi non ha il coraggio né la fermezza né la spregiudicatezza d’affrontare prendendo di petto ciò che la vita in maniera bizzarra, dispettosa, indisponente ci sfodera, in quanto talvolta le situazioni sono attraenti, incoraggianti e addirittura insperate che essa ci propone.

Abbiamo visto l’alba su quel molo come dei vecchi amici che vorrebbero parlare, ma che d’improvviso sfortunatamente non hanno avuto molto da dirsi.

Io sono in verità ritornata su quel molo stamattina, per vederlo alla luce del sole, affollato e frequentato di turisti in costume per allontanare, per scacciare e in ultimo per respingere la forza di questa notte, che non avrebbe dovuto essere né sarà mai più come avrei realmente desiderato e in cuor mio coscienziosamente e fortemente voluto.

Onestamente e con immenso malincuore, seriamente affranta e desolata, adesso io tornerò alla mia vita, dopo aver trascorso e persino volato un poco, anche solamente per una notte sopra quell’ardua, difficile, intricata e ripida scogliera.

Ebbene sì, senza dubbio, mentre continuo a riflettere intensamente proprio lì su quella granitica e resistente scogliera, mentre irremovibile e salda è la tua ostinazione, assieme e in compagnia persino della tua aspra, dolente e tormentata testardaggine che facevano il resto. Addio.

{Idraulico anno 1999} 

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