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Erotici Racconti

Ti renderò felice

By 1 Dicembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

A ventitré anni d’età per circa due anni ho vissuto una storia solamente di carattere meramente sessuale, visto che m’incontravo con una compagna di lavoro di nome Laura, conosciuta e in seguito frequentata a tempo pieno nella stagione estiva lavorando fino a tarda notte nei bar dei numerosi locali del litorale tirrenico. Tre volte ogni mese, avevo circa un’ora e mezzo di tempo per scopare in macchina, lei era innamorata di me, io al contrario per nulla: lei mi riempiva di pensieri, stipandomi di regali, stava al telefono per ore nel raccontarmi esponendomi in modo accurato i suoi avvenimenti e le sue vicende, viceversa io l’ascoltavo solamente quando volevo scoparmela.

La prima volta che siamo usciti ho voluto farlo a tutti i costi, lei era vergine, s’affliggeva esasperandosi e torturandosi di continuo patendo maledettamente la mia insistenza. Io ho voluto avere con lei dei rapporti anali, però lei s’angosciava e soffriva: lei per me, infatti, cercando di favorirmi nel migliore dei modi si era completamente depilata persino l’inguine, anche se io devo francamente ammettere e confessare che a me le donne piacciono con la fica bella pelosa, giacché le trovo più arrapanti e maggiormente libidinose, da vere femmine, in quanto questi aspetti sono in linea di massima questioni generali e unicamente gusti personali aggiungerei in ultimo. A dire il vero, lei ha inghiottito tanto sperma per me, giacché l’avevo quasi convinta incoraggiandola nel portare ai nostri successivi incontri addirittura sua cugina, favolosa fica anch’ella. Dopo due anni però, decisa e risoluta, sebbene completamente in lacrime, lei in maniera spiccata volle dare un taglio netto a quella storia, su di me non sortì alcun effetto, in quanto non mi fece né caldo né freddo lasciandomi indolente e neutrale.

Non fu realmente così però, dal momento che dopo qualche mese io ricevetti inaspettatamente una lieta telefonata da parte sua: lei si era fidanzata e acutamente mi confidò che con il proprio partner aveva finalmente raggiunto l’inatteso e bramato orgasmo: per me, quella rivelazione fu un colpo secco, un vero impatto che mi cambiò radicalmente la vita. Quella sera stessa mi precipitai a casa della mia fidanzata Linda, giacché non le diedi neanche il tempo d’aprire la porta, dal momento che le misi una mano sul viso e la baciai violentemente, mentre con l’altra mano cercavo di sfilarle infervorato com’ero qualsiasi indumento avesse addosso. Lei curiosamente turbata m’aiutava e in pochi secondi si ritrovò completamente nuda abbracciata a me, io mi staccai da lei e rimasi meravigliato fissandola. I suoi occhi erano un misto d’emozioni fra l’innaturale e il morboso e persino tra lo sbigottito e lo spaventato: in tal modo lei s’avvicinò per cercare di spogliarmi, io però in modo energico le bloccai le braccia e l’inchiodai contro il muro tenendola ben salda, dopo la morsicai con tenacia sul collo, la leccai facendo scendere la lingua sui capezzoli, intanto che il suo inguine spingeva verso di me, appresso abbassai la testa verso la sua fica e guardandola negli occhi l’indirizzai con dovizia verso la stanza da bagno continuando a baciarla in bocca la feci adagiare sul bidet:

‘Dai così, adesso bagnatela per bene’ – le dissi io allupato all’inverosimile in quella circostanza.

‘Di’ un po’, come faccio più di così? Come la vorresti?’ – chiese lei alquanto sbalordita per l’inattesa occasione.

In quel ripiego capii che non sarebbe stato accomodante né facile, per il semplice fatto che dovevo sapientemente farle percepire la condizione senza che potesse afferrarne appieno il significato, cosicché mi slacciai la cerniera, tirai fuori il cazzo puntandoglielo in conclusione verso le labbra, lei non esitò un attimo e lo inghiottì interamente nella sua accogliente cavità. A dire il vero mi faceva male, giacché succhiava troppo forte in maniera accanita e vigorosa non dosando bene i tempi, intanto mi spogliai:

‘Che cosa ne pensi, facciamo la doccia?’ – sollecitò lei.

‘Aspetta un istante’ – ribattei immediatamente io.

Dai pantaloni acciuffai il mio rasoio da barba, mi depilai accuratamente i peli accanto al pene e lo scroto: lei era allibita, eccitata e sbalordita al tempo stesso giacché non capiva, tuttavia conclusa la rasatura glielo feci sfiorare con le dita:

‘Sentilo, ti prego. T’accorgi com’è liscio? Dai, adesso prova a succhiarlo, è tutto per te’ – l’invitai io ormai accalorato a dovere. 

Lei si chinò e continuò quello che aveva tralasciato prima, poiché mi stava facendo ancora male, tuttavia non era precisamente quello che volevo. La riavvicinai al mio viso e la baciai dolcemente, le mie mani premevano sulla sua schiena, le braccia l’avvolgevano, sennonché le sussurrai all’orecchio:

‘In questo momento spetta a te’ – e le mostrai il rasoio.

Io credo che, di tutte le volte che ho aperto bocca su questa terra, mai come in quel momento ho saputo pretendere rivendicando una cosa con tale maestria. Dopo un attimo lei era in piedi appoggiata sul bordo del lavandino con un piede sulla lavatrice, io invece, inginocchiato ai suoi piedi avevo iniziato la mia prima replica del barbiere di Siviglia, il ben noto Figaro, dato che in nessun caso come allora quel nome fu più appropriato. Dopo averla fatta sciacquare abbondantemente la condussi sopra il tavolo della cucina, adesso lei era sdraiata davanti a me con le gambe spalancate, io ero dentro di lei, mentre i colpi delle reni scandivano quegli insoliti e quei lussuriosi ansimi.

Lei godeva di quella penetrazione spassandosela, però non avrebbe mai raggiunto l’orgasmo. Era abituale, direi convenzionale che lei prendesse l’iniziativa, perché ogni qualvolta riteneva fosse giunto il momento dell’apice finale si scatenava urlando, io provavo piacere con il mio orgasmo e lei individualmente con il suo. Io notavo che in quelle movenze non esisteva affetto, non c’era attaccamento né coesione né dedizione, soltanto un puro atto meccanico, un’azione ripetitiva per gratificare lo svuotamento puntiglioso e sistematico delle viscere, dato che le uniche perversioni erano quelle della dominanza e della supremazia. Io onestamente eseguivo quella condotta facendomi cavalcare adeguatamente e debitamente per fare venire lei, visto che lei si faceva penetrare o mi succhiava il cazzo per farmi sborrare, come se questi atti fossero dei processi robotizzati da ripetere a menadito: unicamente in quel momento io avevo capito assimilando quanto poteva essere monotono, noioso e privo di brio, un rapporto sessuale vissuto in quelle paragonabili contingenze.

Io avevo avuto tempo addietro dei rapporti con cinque o sei donne, e in tutti quei paragoni che in quel momento mettevo in atto, mi stavo accorgendo d’avere trovato solamente qualcuna che m’aiutasse a svuotare irrimediabilmente i testicoli senza piacere alcuno. Io in quel preciso momento me lo imposi intimandomelo indiscutibilmente di netto, basta, non dev’essere più così, ripetevo rimuginando verso me stesso, intanto continuavano i miei battiti e le mie spinte. Io guardavo quella donna su quel tavolo, era improbabile, alquanto inverosimile, dato che non era lei che desideravo in quel momento, oppure, per meglio dire non l’ambivo in questo modo. In seguito la feci alzare, la trascinai in bagno tenendola per mano, nel tempo in cui lei continuava a non comprendere. Dopo ritornammo nella vasca, acciuffai lo spruzzatore della doccia e aprendo l’acqua fredda irrorai prima il mio cazzo in seguito la sua fica. Lei urlava sennonché un po’ divertita, addirittura moderatamente infreddolita, senz’altro all’oscuro delle mie bizzarre e strambe intenzioni. Lei si fidava, stava però al gioco, questo mi piaceva e in un certo senso m’agevolava, affinché tra breve tempo avrei eseguito alcune cose che avrei di certo richiamato alla memoria per tutta la vita, per il fatto che la mia donna faceva assegnamento ai miei intenti:

‘Ritorniamo su quel tavolo?’.

Lei continuava a non capire, sdraiata, perché appoggiata sui gomiti di sua spontanea volontà aveva allargato in ultimo le cosce. Io mi sedetti di fronte a lei, la guardavo negli occhi dal basso all’alto, al momento non la stavo toccando, respiravamo soltanto. Il cuore iniziò ad accelerare, restai immobile come quasi per contare i respiri e guardai la sua fica, giacché si contraeva, addirittura i muscoli addominali si restringevano, un po’ per la situazione e un po’ per la temperatura guardavo delinearsi i brividi sulla sua pelle raggrinzendosi. Le piccole labbra carnose sporgevano dalle grandi, così finalmente potevo vedere quella vulva in tutta la sua completa bellezza, poiché la bella peluria non l’avrebbe più tenuta nascosta: tutto questo voleva dire qualcosa, io la zittii con uno sguardo. In seguito ritornai a fissare quel magnifico doppio paio di labbra che continuavamo a respirare di vita propria sempre più affannosamente.

La sua fica continuava a contrarsi e piano s’apriva, si dilatava, si gonfiava. Al presente si era schiusa e da poca distanza io guardavo con attenzione quelle secrezioni che adagio dipingevano quelle pieghe: adesso luccicava. Per la prima volta sentii il sano e intatto odore della voglia d’una donna, della mia donna. Tante volte, mi ero trovato prima di quel momento in situazioni in cui la mia partner eccitandosi si era bagnata all’inverosimile, eppure giammai mi ero soffermato ad ascoltarne saggiandone il profumo: ebbene sì, non c’era dubbio, acuto e pungente quel profumo, impossibile sbagliarsi, perché dalle narici picchiava forte innalzandosi fino alle mie tempie. Le mani, in seguito appoggiate sulle sue ginocchia iniziarono ad accarezzarle la pelle delle cosce e con cautela scendevano verso quel centro del piacere.

Le contrazioni muscolari aumentarono rincarando l’intensità, io sfiorai quelle piccole labbra e lei rudemente sobbalzò: sommessamente le carezze con la punta delle dita iniziarono a farsi più pigianti, girando dalla vagina all’ano. Io mi bloccai e sentii il suo corpo fremere per la delusione, quasi un senso di sconforto l’assalì, perché percepivo ogni cosa amplificata e adesso potenziata migliaia di volte rispetto alle precedenti esperienze, cosicché avvicinai il viso alla sua fica, lei lo voleva. A pochi centimetri di distanza incominciai a soffiare amabilmente, il mio tentativo peraltro vano era quello d’asciugare leggermente la sua fica per renderla ancora un po’ più ricettiva e sensibile: inutile però asciugarla, perché la concretezza e la sensibilità avevano ambedue raggiunto cime elevatissime.

Questa volta fu la punta della lingua a sfiorarla, lei sobbalzò nuovamente, così come le dita, con la punta della lingua io giravo magistralmente intorno a quella splendida fica, arrivando a importunarle inevitabilmente pure il buchetto. Dall’ano, infatti, percorsi in verticale tutta la fessura e prima d’arrivare a quello che credevo fosse il clitoride, mi fermai prima, perché sulla mia lingua io avevo raccolto accuratamente i suoi preziosi e succulenti fluidi di femmina, i suoi naturali liquidi. Io mi risollevai guardandola in viso con la lingua di fuori, impregnata di quel tanto piacere catturato dalle sue intimità e rimasi qualche secondo a scrutarla negli occhi: in conclusione deglutii il suo piacere, lei sobbalzò di nuovo nel guardarmi. Questo adesso era diventato un nuovo gioco e mi piaceva, gradiva addirittura assai anche a lei, in tal modo ripercorsi la vagina, però questa volta proseguii sul clitoride. Una volta raggiunto, oltre a sobbalzare le sfuggì un gemito, quello era il clitoride. Io mi soffermai leccandolo con la punta prendendolo completamente in bocca, iniziai così a succhiarlo e mordicchiarlo lievemente. Con cautela sentivo crescere la tensione di Linda, dato che lei s’agitava a ogni bacio, a ogni leccata e a ogni piccolo morso. Alla bocca accompagnai le dita, ogni mio senso ascoltava captando gli effetti e le reazioni di quel corpo. Lo compresi soltanto più tardi, non era infatti né coscienza né impegno né cervello, perché quella finezza e quella sensibilità proveniva da dentro, per il fatto che la bocca succhiava e le dita massaggiavano e penetravano.

I gemiti si trasformarono rapidamente diventando flemmaticamente dei brevi strilli, la lingua massaggiava con forza il clitoride, le dita erano mani piene, appoggiate sui suoi fianchi e sul suo ventre, la mascella mi faceva male, eppure succhiavo sempre con fermezza: al momento lei ansimava, apprezzava, gemeva, gradiva e urlava, sì, in uno strillo totale di pura e di schietta primitiva liberazione. In conclusione rientrando verso casa, m’accorsi spiccatamente che avevo la mascella indolenzita e i genitali allo stesso modo nitidamente intorpiditi, come se si fossero anestetizzati. Io le avevo di proposito impedito avvedutamente e consapevolmente di toccarmi, perché quel lascivo e lussurioso momento doveva essere esclusivamente e totalmente suo.

Io ero veramente felice, perché arrivando a casa rapidamente da ultimo mi masturbai sborrando abbondantemente di gusto sopra una sua recente fotografia, essendomi trattenuto intenzionalmente per lungo tempo, gioioso e raggiante d’aver fatto felice Laura, no anzi, mi correggo, Linda. Adesso, rettamente visto che ci ripenso, con franchezza me ne sono rigorosamente in ugual modo vergognato per il tempo passato, per aver badato a un’altra donna, eppure non sarebbe più stato così.

Al momento c’era un inedito, novizio e gradevole mondo che s’interessava a me, che m’attendeva gioioso e pacifico là di fuori tutto da perlustrare e d’approfondire.

{Idraulico anno 1999}  

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