Batte il suo tempo sempre esatto
il forte tamburo del petto.
Cuore di guerra sempre attento,
cuore di quercia nel vento.
L’imbrunire ormai imperversava, e la temperatura iniziava a colare a picco rapidamente, imponendo a Misha di cercare al più presto un riparo per la notte, prima di rischiare il congelamento.
A perdita d’occhio, solo vegetazione. Fitta, oscura, tetra. Intervallata di rado da qualche sentiero sterrato, lungo il quale i segni lasciati dai carri e dagli zoccoli dei cavalli iniziavano a svanire sotto i nuovi strati di terra depositati dal vento.
Stimò che in quella zona non dovesse essere passato nessuno da più di qualche giorno.
Anche lì, solo desolazione. Anche lì, come in ogni altro luogo lasciatosi alle spalle, lo spettro della morte aleggiava inquietante. Da mesi, nel suo incessante vagare senza meta, non si era imbattuto in un solo luogo risparmiato da quella tremenda sventura. Non sapeva a cosa fosse dovuta la malattia, in quale modo si stesse diffondendo così rapidamente e se esistesse un modo per contrastarla. Sapeva solo di dover fuggire da essa, il più lontano possibile. Ma, per quanto ci provasse, quel ‘lontano’ sembrava non esserlo mai abbastanza.
Poco più tardi, inoltratosi per qualche centinaio di metri all’interno della foresta, scorse un riparo nei pressi di piccoli arbusti intrecciati dal vento. Le loro fronde si erano talmente aggrovigliate da formare quasi una sorta di capanno naturale. Era stato fortunato, non avrebbe dovuto perder tempo a costruirsi un rifugio di fortuna, il fato aveva provveduto in sua vece.
Non ebbe, però, neppure il tempo di gioire di questo, che un rapido movimento alle sue spalle catturò la sua attenzione. Un passo felpato, un fruscio furtivo, un’ombra svanita tra i cespugli. Ci mise solo un istante a voltarsi nella direzione dalla quale provenivano quei suoni. Eppure, non fu abbastanza lesto. Il silenzio si impadronì nuovamente della zona. Un altro secondo, e perse completamente coscienza di ciò che gli accadeva intorno. Qualcosa gli avvolse strette le caviglie, facendolo finire per terra. Neppure il tempo di rendersene conto, che avvertì un peso sulla schiena, e due braccia piccole ma forti premergli la lama affilata e scintillante di una sciabola contro il pomo d’adamo.
Sorpreso e spaventato, non ebbe la prontezza di tentare una reazione. Si limitò a bisbigliare un flebile ‘Che diavolo succede?’, tentando di inquadrare, con la coda dell’occhio, chi lo avesse aggredito alle spalle.
‘Ti manda Teodoro?’, gli ringhiò una voce dal tono incattivito.
‘Non so di cosa parli’, rispose, confuso, Misha.
‘Non hai un accento della zona’, continuò, senza allentare la morsa attorno al suo collo.
‘Io’ vengo dai dintorni di Caffa. Mi sono imbarcato clandestinamente per Costantinopoli. Non mi sono fermato un solo istante. Ma’ non serve a niente’ a niente!’.
‘Da cosa stai scappando, straniero?’.
‘Non lo so’ non lo so! La gente muore ovunque. E’ terribile. E’ arrivata anche qui, dobbiamo andarcene!’, concluse Misha, in tono concitato.
‘Voglio crederti’, fu la replica che giunse alle sue orecchie in tono imperturbabile, ‘Ma fa’ una sola mossa sbagliata e ti riduco a fettine’.
Un momento più tardi, la presa si allentò e il peso sulla sua schiena svanì. Misha rotolò sul terreno fino a mettersi in posizione seduta, con ancora il fiato corto e uno sguardo smarrito.
Dopo un altro istante, i suoi occhi si posarono sulla giovane donna in piedi davanti a lui. Avvolta in un attillato e sgargiante kimono dorato, di pregevole fattura sebbene a tratti lacero e sporco di fango, vi era una ragazza presumibilmente poco oltre la ventina, di qualche anno più piccola di lui, dall’aspetto tanto dolce quanto inquietante. Lunghissimi capelli scuri e mossi ricadevano su un corpo di altezza appena inferiore alla media. A una muscolatura tonica ed atletica, si contrapponevano forme sinuose e abbondanti, atte a conferire femminilità e sensualità ad un essere che, nonostante l’apparente fragilità, aveva già dimostrato di essere agile, forte e decisamente pericoloso. Ma ciò che immediatamente catturò la sua attenzione, furono gli occhi di quella sconosciuta. Scuri. Profondi. Magnetici. Un fuoco ardeva maestoso dietro uno sguardo gelido. Misha avvertì un brivido lungo la schiena, mentre era perso a fissare quelle due piccole stelle oscure che lo scrutavano di rimando.
‘Parlami ancora di questa pestilenza’, riprese la donna, prima di rifoderare la sciabola e sedersi su un masso di fronte a lui, a poche decine di centimetri di distanza.
L’uomo riprese in tono più pacato. ‘Ti ho detto tutto quello che so. E’ morte. Sofferenza. Atroce sofferenza. Colpisce tutti. La gente patisce le pene dell’inferno, vomita sangue, ha dolori dappertutto. E non c’è niente che funzioni per tenere chi in vita chi si ammala’.
‘Non ho mai sentito parlare di nulla di simile. E tu, comunque, non sembri stare male’.
‘Sto bene, infatti. Il mio maestro mi ha detto di non toccare mai un ammalato a mani nude. E di tenere una fascia di stoffa intorno al naso e alla bocca quando sono in mezzo ad altre persone. Non so se è fortuna, o se ha ragione lui. Ma fino ad ora sono riuscito a evitare quella dannata malattia. Lui invece non ce l’ha fatta’.
‘Il tuo maestro? Di cosa ti occupi?’, chiese, perentoria, la donna.
‘Sono un guaritore. Era una vita meravigliosa la mia. Aiutavo la gente. Ma poi la malattia ha sterminato il villaggio’ e adesso ”.
‘Mi sembri sincero, voglio fidarmi. Sparisci di qui ora, prima che cambi idea. E non parlare a nessuno del nostro incontro’, concluse la donna, freddamente.
‘No’, replicò Misha.
Lei lo guardò interdetta, trattenendo a stento un moto irato.
‘Io so leggere la sofferenza negli occhi delle persone. E tu ne hai tanta dentro di te. Quindi no, non me ne vado finché non me ne avrai parlato’.
‘Perché dovrei”, ribadì, spazientita, la sconosciuta.
‘O lo fai, o dovrai avermi tra i piedi per molto tempo. E in tal caso’ piacere, io sono Misha’.
‘Potrei anche ucciderti subito però’, sentenziò la donna per tutta risposta.
‘Se avessi voluto, l’avresti già fatto. Ti spacci per cattiva senza esserlo, ma con me non attacca. Quindi ora vuota il sacco. Io ti ho raccontato di me’.
La sconosciuta schiuse la labbra, con l’aria di chi si appresta a ricoprire di improperi il suo interlocutore. Poi, però, il loro continuo gioco di sguardi la distolse dalle sue intenzioni. Misha ebbe la sensazione di cogliere un sorriso impercettibile dipingersi su quel volto duro.
‘Io mi chiamo Nihal. Avevo una vita perfetta. Ma da poco più di sei mesi mi nascondo nella foresta, a causa del mostro che me l’ha rovinata’.
‘Teodoro?’, chiese Misha. Nihal annuì, e questo per il ragazzo rappresentò un tacito invito a chiedere di saperne di più. ‘Chi sarebbe?’, aggiunse.
‘Teodoro II. Il governante del mio villaggio’, continuò lei, ‘E’ il nipote dell’imperatore Giovanni VI. Fu messo al governo da suo zio, spodestando senza motivo la mia famiglia, che regnava ormai da generazioni, amata da tutti. Lui, invece, ha affamato me e i miei concittadini, ci tiranneggia da anni. La scorsa primavera, durante l’esilio dell’imperatore stavamo per liberarcene, volevamo assaltare la fortezza e riprendere il potere. Ma poi”.
Nihal si interruppe per un momento, guardò Misha mentre si alzava, mettendosi a sedere accanto a lei. Quando si fu accomodato continuò: ‘Giovanni Cantacuzeno rientrò dall’esilio, si mise a regnare assieme a Giovanni V e, una volta arrivate alle sue orecchie le indiscrezioni sull’agguato, ne informò il nipote’ la notte seguente i suoi soldati massacrarono tutti coloro che tramavano contro di lui. Inclusa la mia famiglia. Io sono riuscita a scappare e, per ora, a restare in vita’, concluse la donna, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
‘E’ una storia molto triste”, replicò Misha, accarezzandole i capelli. Nihal trasalì, ma decise di non sottrarsi a quel contatto, piacevole quanto inaspettato. ‘Sai combattere’, riprese lui, cambiando discorso per tentare di sdrammatizzare, ‘E’ insolito per una donna’.
‘Era una mia passione fin da bambina. Negli anni ho seguito lo stesso addestramento dei cavalieri. Nonché dei samurai. Ho sempre amato la lotta e la disciplina orientali. Essendo una donna non posso andare in guerra, ma mi reputo molto più capace di tutti i cavalieri dell’Impero che abbia mai incontrato sino ad ora’.
‘Confermo”, scherzò Misha, sfiorandosi il collo con le dita della mano libera.
Nihal lo guardò, lasciandosi andare ad una risata sincera. Poi, posò la testa sulla spalla dell’uomo, che ne approfittò per cingerla con un braccio.
Continuarono a parlare a lungo, a raccontarsi, ad aprirsi sempre più. Misha carezzava ora i capelli, ora le braccia, ora i fianchi di Nihal. Attenzioni che lei sembrava apprezzare, e che di tanto in tanto le donavano qualche brivido. I loro volti e i loro corpi, come attratti da una forza invisibile, si avvicinavano attimo dopo attimo, finché le loro labbra non furono così vicine da solleticarsi a vicenda con i loro respiri.
‘Abbiamo parlato molto”, sussurrò il ragazzo, guardando negli occhi quella donna piccola ma energica.
‘Troppo”, replicò lei, sorridendo appena.
Quella fu l’ultima parola che risuonò nella foresta. Le loro labbra si sfiorarono. Si toccarono. Si schiusero le une contro le altre, in un bacio che fu tenero solo per una manciata di secondi, tramutandosi presto in un selvaggio intreccio di lingue. Una lotta sensuale e passionale che per diversi minuti portò i due a scambiarsi saliva e sapore, a mordersi, a cercarsi sempre di più e più a fondo. Almeno finché Misha non decise di abbandonare quelle labbra di fuoco, e scendere lungo il mento e il collo di Nihal, per gustare la sua pelle infuocata e il suo corpo fremente. Con la donna rapita da quelle labbra e quella lingua che percorrevano ogni centimetro della sua pelle, il ragazzo fu libero di slacciarle il kimono, scoprendola completamente nuda sotto di esso. Con le mani saggiò la consistenza di due seni grossi e sodi, stimolando due capezzoli già eretti. Strinse tra le dita quei prominenti bottoni, esercitando una pressione che strappò a Nihal un gemito di piacere. Con la lingua seguì poi i contorni delle areole, prima di stringere nuovamente, ma stavolta tra le labbra, quei due invitanti e turgidi chiodi di carne.
Con la donna completamente abbandonata al piacere, semiriversa di schiena sul masso, Misha continuò la sua erotica esplorazione. In un tempo infinito, giunse dall’addome al sesso di Nihal. Quando insinuò il suo volto tra le cosce di lei, la trovò già bagnata. Allargò le sue labbra, succhiò il suo clitoride, bevve avidamente le abbondanti secrezioni da lei prodotte. La fece godere stringendo tra le labbra e i denti un clitoride gonfio e sensibile, e allargando la sua vagina prima con due e poi con tre dita, portandola a gridare e contorcersi sotto il suo tocco, e liberandola dallo stesso solo quando fu completamente paonazza e senza fiato.
Ma la lasciò in pace solo per il tempo necessario ad alzarsi in piedi e porsi accanto a lei. La tirò su dalle braccia, riportandola a sedere con, davanti al suo viso, un inequivocabile bozzo. Nihal alzò gli occhi. Sorrise, mentre liberava il grosso membro di Misha dalla stretta dei calzoni. L’asta, in completa erezione, finì a colpirle il viso, e la donna non tardò nell’afferrarla tra le mani, masturbando con foga quel pene largo e duro. Non tardò neppure ad imboccarlo. Riuscì a farne scomparire tra le labbra poco meno di metà, rischiando quasi di slogarsi la mascella per contenere la sua circonferenza. Cominciò a succhiarlo e leccarlo con passione. Dallo scroto, lungo tutta l’asta e sino al glande. Misha, intanto, le accarezzava il volto e i capelli.
Dopo qualche minuto di quell’eccitante trattamento, però, il ragazzo fu al limite. D’istinto, strinse tra le mani la folta capigliatura di Nihal. Lei si bloccò di colpo, con il grosso glande di Misha a riempirle la bocca. Volgendo gli occhi in alto, lo guardò. Le sue intenzioni erano chiare ormai. E anche quelle della ragazza, che si limitò a spalancare quanto più possibile la bocca, per consentire all’uomo di dar libero sfogo ai suoi istinti. Fu allora che Misha cominciò a scoparle con forza la bocca. Con colpi rapidi e profondi la riempiva sempre di più, sentendo il suo membro quasi annegare nel mare di saliva che Nihal stava producendo, e che iniziava in parte a colarle sul mento. Quando avvertì il suo pene pulsare, lo piantò tanto in fondo da invaderle quasi la gola, riversandoci numerosi fiotti di sperma caldo e denso. Nihal non ne perse una goccia, raccogliendo anche quello che le colò ai lati della bocca.
Misha, però, non le diede tregua. Non appena la donna ebbe ingoiato ogni residuo di quella crema gustosa e abbondante, il ragazzo prese nuovamente possesso di quella bocca vorace, con il suo membro ancora parzialmente eretto. Riprese da dove aveva interrotto poco prima, mimando un amplesso quasi furioso, finché il suo pene non tornò al massimo dell’erezione.
Nihal sembrava frastornata. Ed eccitata come mai nella sua vita. La dolcezza dimostrata da Misha nel parlarle era almeno pari all’autoritarismo col quale stava letteralmente possedendo il suo corpo, facendola sentire completamente sua.
La sollevò, l’attirò a sé voltata di schiena. Mentre le sue mani vagavano sul corpo caldo e prorompente della ragazza e il suo membro premeva contro due natiche sode e carnose, Misha sollevò il volto di Nihal regalandole un nuovo, intenso ed interminabile bacio, che li lasciò quasi a corto di fiato. Successivamente, la fece chinare con le mani sul masso sul quale erano seduti in precedenza. D’istinto, la donna allargò le gambe, e il suo amante non perse tempo a strofinare il suo membro lungo l’entrata, fradicia e gonfia, di un sesso che non attendeva altro che essere penetrato. E non dovette attendere a lungo. Misha, dopo aver gustato i voluttuosi movimenti di bacino di Nihal, la riempì per tutta la sua lunghezza, trattenendola per i fianchi mentre affondava in lei con colpi veloci e decisi che facevano sussultare il suo esile corpo e i ballare i suoi grossi seni penzolanti, di tanto in tanto preda di una delle mani dell’uomo. Quell’angolo di mondo si riempì in fretta dei loro odori, dei loro versi, del rumore dello scroto di Misha, che sbatteva rapidamente contro le labbra zuppe di umori di Nihal, e dei gemiti e delle urla della donna, completamente estasiata dall’essere violata in maniera così brutale. Mentre la ragazza si irrigidì, lasciandosi travolgere da un secondo, squassante orgasmo, l’uomo capì che a breve sarebbe toccato anche a lui. Serrò una mano attorno al fianco di Nihal, con l’altra le afferrò nuovamente i capelli, per attrarla il più possibile a sé. Aumentò il ritmo in maniera forsennata, tra le urla sempre più intense della donna, ormai intontita dal piacere, e non si fermò finché non l’ebbe riempita di una nuova ondata di sperma. Solo allora i due ripresero fiato, lasciandosi cadere abbracciati e nudi sul terreno compatto.
Il resto della notte trascorse completamente in bianco, fra tenere confidenze e improvvisi impeti di passione. Fu solo alle prime luci dell’alba che Nihal, sfinita ma felice, gelò il sangue nelle vene di un incredulo Misha.
‘Dove hai visto gli ultimi morti?’, gli chiese.
‘Ho notato dei corpi abbandonati qualche chilometro a nord. Perché?’.
La donna non rispose, solo lo guardò fisso per un momento, prima di abbassare gli occhi a terra.
‘Nihal’ cos’hai in mente?’.
‘Voglio tentare di contrarre la malattia’.
Il ragazzo era incredulo. ‘Sei impazzita? Ti condanneresti a morte. Patiresti le pene dell’inferno. E per cosa, poi?’.
‘Per liberare la mia gente’, replicò lei, serafica.
‘Non capisco”.
‘Il mio villaggio non è ancora stato colpito. Lo so perché amici fidati mi tengono informata quasi quotidianamente sulle loro condizioni. Non sanno nulla di questa malattia. Cercherò di contrarla. Mi farò catturare e, una volta nel castello di Teodoro, farò in modo di contagiare lui e i suoi uomini. Moriranno tutti, e il mio popolo sarà libero’.
‘Ma’ morirai anche tu”, aggiunse Misha, basito.
‘Si, lo so. Ma la mia famiglia ha giurato di agire sempre per il bene comune. Io sono l’unica rimasta, e non voglio tradire quella promessa. Li salverò, anche a costo di sacrificare la mia vita. E’ questo che mi è stato insegnato. E questa è la migliore occasione che potrò mai avere per farlo’.
‘Ma’ Nihal”, protestò Misha.
‘No. Ho deciso. Nulla che dirai potrà farmi cambiare idea. Tu però verrai con me al villaggio. Sei l’unico ad essere sopravvissuto. Dovrai insegnare ciò che sai ai miei amici, per dare loro l’opportunità di salvarsi. Battiti per proteggerli, e per assicurargli prosperità e benessere. Fallo per me’.
La donna non gli lasciò neppure il tempo di replicare. Lo baciò ancora, con passione, trasporto. Fu un bacio lungo, intenso. Ma, purtroppo, finì. E, purtroppo, Nihal si staccò da lui per l’ultima volta.
‘Vado a cercare quei corpi. Tornerò presto. E appena si manifesteranno i primi sintomi, ci muoveremo verso il villaggio’.
L’uomo non ebbe la forza di replicare. La guardava, con gli occhi lucidi e un nodo alla gola. Nihal fece qualche passo prima di voltarsi. Si fissarono per un momento che sembrò eterno. ‘Misha’ non dimenticarmi. Io non lo farò. E nella prossima vita, nulla potrà dividerci’, disse lei. Poi, svanì a passo sicuro tra le fronde e i cespugli.
Batte il suo tempo strano e stretto
il forte tamburo del petto.
Cielo pesante come roccia
l’ultima notte di caccia.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…