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Erotici Racconti

Un campari

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un autunno nebbioso, che avvolgeva con le sue brume i palazzi grigi di Milano, e faceva tanta malinconia, forse ne provavamo ancor più a causa delle tristezze delle nostre vite. Gli alberi erano spogli, abitavo con mia sorella all’ultimo piano di un grattacielo in periferia, uno di quegli edifici a tanti piani, con la scritta pubblicitaria CAMPARI sul tetto.

Non era lontano dalla stazione, ricordo che quando mi affacciavo alla finestra, o stavo sul terrazzo, tenendo la mia cara compagna di giochi tra le braccia, vedevo le guglie lontane del Duomo, i tetti imbiancati dalla gelata notturna, le strade piene di macchine, i cartelloni pubblicitari che attiravano gli occhi dei passanti, e sentivo la vita volare via.

Non andavamo più a scuola. Non ci andavamo più da tanto tempo, ormai.

– Ci crederesti, Elénoire? La nostra mamma &egrave partita per un lungo viaggio, l’hanno rapita le fate, su una carrozza turchina, tirata da cavalli bianchi’ E forse un giorno ci rivedremo ‘ le dicevo.

Lei allora mi guardava languidamente con i suoi occhini verdi, che tanto facevano risaltare i suoi lunghi capelli rossi e ricciuti, e mi batteva i pugni sul petto, dicendomi:

– Tanto lo sai che non &egrave vero! Non &egrave vero’ Mamma non tornerà più’ mai più!

Quasi piangeva.

E purtroppo l’avevo vista piangere tante volte, non soltanto sulla tomba della nostra mamma.

Ricordo delle grosse lacrime d’argento, che le brillavano sulle guance bianchissime, mentre il mio tesoro guardava passare l’autobus delle diciassette, che luccicava con le sue luci cupe nelle prime brume della notte. S’udivano appena i rumori del traffico’ e le luci dei lampioni illuminavano le strade a malapena, soffocate dalle nebbie.

Adoravo baciare amorevolmente quelle lacrime. Elénoire mi lasciava fare, era talmente graziosa, in quel suo vestitino color crema, le belle gambe accavallate, ma era talmente triste’

– Oh, mamma ‘ diceva ‘ darei qualunque cosa per riaverti’ Ma io lo so che tu non puoi sentirmi, che sei viva soltanto nel mio cuore’

– Ma ci sono io qui con te ‘ le rispondevo. ‘ Il tuo fratellino &egrave qui che ti abbraccia’

– Oh, non lasciarmi’

Aveva le labbra ricoperte di rossetto, e nel buio, lì, davanti alle luci della città, le mie toccarono le sue’ fu un bacio.

E le promisi che gliene avrei dati degli altri, degli altri e degli altri. Vivevamo soli in quell’appartamento all’ultimo piano, nostro padre era sempre al lavoro, e non lo vedevamo quasi mai. Il mio angelo poteva avere all’epoca diciott’anni.

Passavamo interi pomeriggi sul sofà, e le leggevo le favole tenendola per mano. Le piaceva quella vecchia storia del principe azzurro, che all’improvviso arrivava sul suo cavallo bianco e salvava la sua Cenerentola da una vita di tristezze.

I suoi lunghi capelli rossi carezzavano morbidi la mie spalla, sulla quale lei spesso appoggiava la testa. E con che occhi languidi mi guardava!

Uscivamo di rado per andare al parco.

Non avevamo amici, eravamo soli, come una volta, quando ci arrabbiavamo e ci contendevamo il vecchio cavallino di legno. Ci piaceva tanto ricordare la mamma, la nostra amatissima mamma, che ci aveva lasciato per sempre.

Elenoire accavallava spesso le belle gambe per me’

Amava mostrarmele, e quando mi avvicinavo a lei, arrossiva, perché sapeva che la guardavo con passione.

Oh, cielo, a questo mondo c’&egrave chi soffre e chi muore, ma c’&egrave anche chi gode dei baci di una fanciulla!

Le piaceva disegnare.

E disegnava per ore, a matita, quei bei paesaggi nebbiosi, il Naviglio grande, e le case grigie di Milano.

A volte, ci capitava di affacciarci dall’altro balcone, che permetteva di vedere di lontano Corso Buenos Aires; oh, quante macchine c’erano, la sera, quante luci tristi, nell’ultimo fuoco malinconico del tramonto’ Lei mi guardava con quegli occhi pieni di sogno, la prendevo in braccio, mentre sorseggiavamo il nostro ‘campari”

Poi chiudevamo gli occhi, e ci addormentavamo insieme.

Oh, e quanto ci piaceva masturbarci reciprocamente! Potevamo spendere delle ore, così facendo, anzi, a dire il vero, vi dedicavamo degli interi pomeriggi, quei lunghi pomeriggi, altrimenti noiosi, che non passavano mai. E la mia mano correva sulle sue curve, sulle sue gambe, spiava i suoi tacchi a spillo, le sue giarrettiere nere, le sue calze a rete.

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