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Erotici Racconti

Un cenno d’intesa

By 19 Giugno 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

In questo momento sono accomodata allo scrittoio ed esamino i vari plichi che l’assistente mi ha consegnato mentre sto sorseggiando il caffè. L’impianto stereo crea una bella e gradevole atmosfera distensiva e rilassante, perché in sottofondo si sente il brano ‘High and Mighty’ di John Scofield che io peraltro adoro, eppure in quest’istante lo ignoro, fino a quando il suono di quel pezzo s’inserisce prepotentemente dentro di me avvolgendomi e trascinandomi. Note musicali e richiami apparentemente lontani riemergono, per il fatto che sembrano scritti da noi, la musica è coinvolgente e invitante, quella magia di note e di poesia sembra nata come una colonna sonora al nostro amarci, sì, perché siamo noi, l’angoscia, l’ossessione e il panico che c’invade, ma che ci sorregge confortandoci azzardata e rischiosa a ogni incontro, dal momento che il cuore è in perenne parapiglia, in continuo scompiglio, con quello sguardo alienato e dissennato di chi non riesce a opporsi né a resistere alla tentazione che emerge. Quell’insensata dismisura, quell’irragionevolezza e quella stoltezza che ci libera l’intelletto dalla sistematicità lasciando all’essere vivente l’impareggiabile e la straordinaria conduzione, soltanto l’istinto, il senso d’appartenenza, il bisogno obbligatorio che ci spinge a combinarci fondendoci in maniera audace, imprudente e spericolata. Noi che non ci apparteniamo, perché siamo diversi come il sole dalla luna, eppure inseparabili e somiglianti, però amanti, sì, questo noi siamo: cuori in tempesta e in tumulto, anime dominate da una necessità d’emozioni che oltrepassa il senso di colpa.

Noi due siamo come due corpi affamati che si calmano rabbonendosi unicamente dopo l’amplesso, i cervelli rimangono scompigliati e sconvolti dalla passione, giacché vivono nell’attesa dell’arrivo d’una nuova fusione. Pensieri che filtrano indecenti e intriganti, richiamando in tal modo alla mente l’ultimo intreccio di membra imbevute d’affamata golosità. In realtà &egrave passato soltanto un anno dalla prima volta che t’ho visto, così inesperto e spudorato, con quell’espressione beffeggiata e convinta, quel sorriso impertinente con il quale tu m’hai avvolto affascinandomi mentre ci presentavano accanto all’androne del sorvegliante:

‘Loredana, ti presento il nuovo direttore di marketing, il referente di cui ti avevo parlato’.

Quel sorriso amichevole e benevolo, in effetti, mi è entrato nell’addome così come un maglio d’acciaio e non ho più avuto scampo, perché tu non hai dovuto faticare né sforzarti molto per ottenere la mia resa, giacché facevo parte di te addirittura molto tempo addietro che tu me lo domandassi. Io ero allettata da te, incorporata nella tua epidermide, disorientata e spaesata nelle tue riflessioni, frastornata e sconcertata da quelle innumerevoli trepidazioni fino a quel momento per me anonime e inesplorate, perché ricordo quei primi approcci irridenti, con quell’ironia usata per sottintendere l’attrazione, il tuo provocarmi con quegli sfioramenti e con quegli sguardi che sembravano accidentali, ma che casuali non erano per nulla. E poi il primo bacio, un incendio divampato e non più governabile, mi ricordo che eravamo in riunione nell’ufficio del responsabile e tu non mi toglievi gli occhi di dosso per un istante. Io m’incantai nella presentazione della relazione, avvertii un comportamento da frescona e da ingenua adolescente, distratta e completamente sbadata dalla sensazione fisica dei tuoi occhi sulla mia pelle, ricordo molto bene che arrossii vistosamente e tu mi sorridesti partecipe, come se conoscessi già i miei focosi, indecenti e spudorati pensieri, che in quel momento attraversavano la mia testa scompigliandomi notevolmente.

Appena terminata l’assemblea, argutamente con un vago pretesto, tu mi rincorresti frettolosamente nel reparto non concedendomi neppure il tempo di conversare, perché le tue labbra già ben incollate assaporavano amabilmente le mie. Io ti cercavo, la chiusura lampo delle tue braghe era spalancata, il tuo cazzo non molto grande però robusto, era duro e svettante, giacché reclamava la sua razione per dimostrarmi quanto intensamente mi desideravi. In quell’occasione mi strappasti i collant e spostando le mutandine mi scopasti infilandomi il tuo cazzo con furia proprio lì, sì, appoggiata alla scrivania come un indemoniato uscito di senno, senza più la capacità né l’idoneità d’attendere oltre, ebbene sì, una manciata di minuti dove la lussuria imperò oscenamente autonoma e libera sconquassando entrambi. Dopo ci guardammo increduli, scioccati e sconvolti, però incredibilmente contenti e sorprendentemente soddisfatti. Da quella volta, fra di noi &egrave sempre stato così, un richiamo arcaico, un segnale innato ancestrale, con quella carnalità intemperante e quella lussuria sfrenata ed eccezionale, fantasiosa e impossibile da contenere. Al presente io mi ridesto sennonché da quegli incantevoli ricordi, perché lo squillo del cellulare mi distoglie spezzando quegl’incantevoli pensieri, dal momento che l’eccitazione m’assale invadendomi nuovamente nel riconoscere il tuo numero. Io attendo trepidante: tre sono gli squilli, il nostro segnale stabilito, un simbolismo del nostro codice segreto: mi vuoi? Tre squilli di risposta: ti voglio.

Io mi preparo lisciandomi la gonna, afferro da sopra lo scrittoio un plico di documenti da consegnare in direzione, un’esauriente giustificazione per la mia fuga, in tal modo m’avvio con passo sicuro fuori dalla succursale. In seguito cammino per il corridoio sorridendo ad alcune colleghe che parlottano accanto alla macchina del caff&egrave procedendo rapidamente verso il secondo ascensore. In questo preciso istante capto l’emozione scorrere nelle mie vene al pensiero che fra poco saremo di nuovo assieme, io so che tu m’aspetti lì all’ultimo piano, perché mi condurrai in un luogo appartato e impensato che hai peraltro individuato da tempo per noi due, giacché l’idea del repentaglio che ci possano vedere e in ultimo trovare mi disorienta e mi stordisce oltremisura, per l’intensità e per l’eccitazione che nel frattempo si risveglia attanagliandomi. Quando l’ascensore s’apre la mia bocca &egrave asciutta per l’emozione, lì infatti ci sono già tre uomini, cosicché io rimango bloccata dallo stupore nel riconoscerti, però tu mi saluti amichevolmente:

‘Salve Loredana’ – mentre io ribatto con altrettanto distacco e con la stessa semplicità.

La terza persona &egrave il responsabile del reparto delle vendite che ci saluta cordialmente uscendo dall’ascensore, però appena la porta si chiude dietro alle sue spalle tu mi sei già addosso. Il tuo bacio mi risucchia nel vortice della passione più profonda, le tue mani s’infilano rapidissime sotto la mia gonna e bruciano la pelle dove la toccano. Sì, tu sei il fuoco che m’incendia e che m’avvolge, per il fatto che sposti con decisione le mutandine e infili le dita dentro alla mia vagina, io gemo mentre m’abbraccio al tuo corpo. Io m’apro alle tue dita e libera da qualsivoglia resistenza ti cedo il controllo del mio corpo, perché tu ne prenda possesso. Il mio seno preme sotto alla stoffa, preda della smania di quelle invitanti carezze, la schiena s’inarca in maniera innaturale creando un vuoto contro la parete che mi sostiene, io mi sporgo per cercarti favorendo la penetrazione delle due dita che mi stanno scopando. Al momento sto chiaramente tremando, perché vorrei rivendicare strillando all’intero creato tutta l’ebbrezza e l’eccitazione che vivo, un godimento così talmente intenso, in quanto &egrave indescrivibile da delineare. L’ascensore attenua la sua discesa, entrambi ci ricomponiamo, prima che le porte si riaprano tu sorridi sussurrandomi:

‘Va’ nello studio del professore, fidati, perché oggi lui si trova a dirigere una conferenza’.

Bastano poche parole fra di noi, solamente quelle indispensabili, dal momento che sono i nostri occhi che si scambiano decifrando discorsi interi, introduzioni d’esaltanti sensazioni che ben presto sperimenteremo. In quel momento ti scosti per lasciarmi uscire, senza guardarti io mi dirigo velocemente verso il luogo stabilito. Lo studio &egrave vuoto, io mi volto attorno imprevedibilmente spaventata, poiché sono incosciente nel rischiare così tanto, lo so. Tu sei però incontestabilmente e innegabilmente la mia droga prediletta, una tentazione inalienabile e sacrosanta alla quale non voglio resistere né rinunciare. La responsabile della succursale quale io sono, inflessibile, puntigliosa e rigorosa che tutti conoscono svanisce, lasciando spazio alla donna assatanata senza scrupoli, sfrenata e valorosa. In questo momento sono la tua magnifica fica, la tua mala femmina, la tua troietta e sgualdrina capricciosa, ingorda e smodata, che attende il padrone impaziente e inquieta d’essere domata. Noi due siamo identici, per il fatto che la libidine ci sfregia, la lussuria ci segna, l’erotismo ci accende modellandoci, il desiderio ci abbaglia frastornandoci, perché ci piace il vigore e la pura essenza. Il rivestimento del tavolato incamera il suono dei miei indumenti che finiscono per terra, dato che soltanto il ciondolo d’onice fra le mie tette rimane lì coprendomi.

Io passeggio attorno alla scrivania, sposto alcuni oggetti da essa creando un po’ di spazio adagiandomi al di sopra, appoggiando in ultimo le gambe e divaricandole su d’una seggiola. Un piede sopra ogni sostegno, perché la mia pelosissima fica è adesso in vista come piace a te, adesso è spalancata e gocciolante di voglia, le mie labbra arrossate sono diventate gonfie per l’impeto dei tuoi baci, i capezzoli si sono induriti e sono diventati dolenti al tatto. Al momento ho la pelle d’oca, causata dal freddo della nudità e dall’erotico terrore d’essere scoperta. Il mio respiro è affrettato, i minuti sembrano interminabili, giacché annullano ogni logica, poiché l’attesa mi fa diventare molle, le membra e le mie dita scorrono lievi sulle cosce, dal momento che mi creano brividi e fremiti durante il loro passaggio.

La porta s’apre, avverto il tuo respiro, i tuoi passi, capto la tua nitida essenza approssimarsi, con le mani mi sollevi la capigliatura come per raccoglierla sulla sommità della nuca, traendoli con più forza di quella che m’aspetto rubandomi perfino un breve gemito. Quando appoggi le labbra sulla mia collottola per poco non svengo per l’intensità del brivido che mi fai provare, dopo mi trascini su di te. Nello stesso momento io sospiro e tremo estasiata, perché sono debolmente adagiata su di te, poi un tuffo inaspettato della tua mano fra le mie cosce spalancate mi toglie il fiato, con gli occhi chiusi mi lascio travolgere dal tuo assalto gustandomelo vogliosa.

Dopo ti scosti, passi dietro la scrivania, sposti la poltrona e ti siedi alzando un piede. Resti così, affondando gli occhi nella mia fica spalancata e bagnata di fluidi, poi poggi le mani sotto alle mie cosce e m’attiri verso di te. Io sono come agganciata, le chiappe sono accostate in parte sullo scrittoio, nel momento in cui il tuo viso &egrave immerso dentro di me. Nello studio i miei gemiti s’espandono propagandosi, nel tempo in cui la tua lingua accuratamente m’esplora mi manometti con dovizia l’ano, mentre io mi spengo nella tua bocca, i tuoi pantaloni scivolano per terra, cosicché tu punti deciso verso il mio buchetto inviolato. Il tuo cazzo attualmente svetta imperioso, poiché lo sento vibrare fra le mie natiche sostenute dai tuoi palmi, la cappella s’insinua decisa e sicura, intuisco che mi dilata penetrandomi, sì, mi fai un po’ male, è sopportabile, eppure te lo dico.

Tu mi serri la bocca con la lingua, in quanto la fragranza del sesso intensifica rafforzando il mio desiderio, la tua cavità pelvica si muove imprimendo spinte costanti e rapide, a ogni affondo sei sempre più dentro le mie viscere. In seguito resti fermo, sento unicamente le contrazioni del tuo cazzo dentro il mio organismo, i nostri occhi conversano e gridano l’intensità di quel piacere che proviamo attualmente. In tal modo ricominci a muoverti con spinte dapprima lente, che successivamente diventano man mano sempre più decise e veloci, io favorisco ogni affondo contraendo i muscoli anali per gustarti completamente. Tu senti il mio corpo tendersi, mi guardi e vedi sul mio viso l’ondata che sopraggiunge, mi baci per degustare i miei sospiri, mentre io mi lascio condurre dall’imminente e irrefrenabile orgasmo. Frattanto che gli ultimi fremiti mi sconvolgono, tu esci mugolando da me, sborrandomi interamente addosso tutta la tua candida e densa esuberanza, mentre il tuo sperma scende appiccicoso posandosi sul mio ventre e sopra la mia pelosissima fica.

Noi restiamo insieme in questo modo ancora per pochi istanti, scambiandoci baci e carezze tenere prima di rivestirci per suggellare a modo nostro bollando l’opera appena compiuta. Dopo tu esci dal dipartimento, controlli accortamente che il corridoio sia vuoto prima di farmi un cenno d’intesa per poter proseguire. L’ultimo bacio ce lo diamo vicino all’ascensore e poi ognuno ritorna al suo ruolo e alla sua vita quotidiana.

Fino al prossimo incontro naturalmente, fintanto che uno dei due riceverà tre squilli.

{Idraulico anno 1999}  

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