Skip to main content
Erotici Racconti

Una punizione singolare

By 13 Febbraio 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Nella soffitta del vecchio albergo è stata ricavata la stanza che Carlotta occupa da poco più d’una settimana, mentre il rigore dell’inverno si coglie intuendosi molto bene soltanto dal rumore del vento che spazza via quasi ogni cosa. Dentro la stanza fa fin troppo caldo e Bruna in quelle condizioni stenta a dormire, lei è alquanto contenta del suo lavoro anche se non si è ancora ben capito in che cosa esso consista esattamente. Un giorno le ordinano di rifare i letti nelle stanze, il giorno dopo la spediscono in cucina per dare una mano, l’altro ancora per lavare le verdure per svariate ore, in cucina almeno si diverte, viceversa quando rassetta le stanze la direttrice controlla, critica e minaccia licenziamenti.

In cucina però è un’altra cosa, perché il cuoco essendo un uomo corpulento come il suo mestiere impone, tutti ridono a non finire. Bruna, a dire il vero, nei primi giorni non gradiva molto i suoi scherzi, ma quella mattina dovette in conclusione ammetterlo perché si era in fondo notevolmente divertita. Il cuoco ama le donne, non ci sono dubbi e predilige fare degli scherzi delle volte molesti e pesanti, perché è un vero supplizio sopportarlo per le due donne che lavorano con lui in cucina, dato che Maria è una napoletana intorno ai cinquant’anni d’età, certo abbondante se non proprio grassa, mentre Vincenza è una giovane allegra e sorridente sempre pronta all’ilarità e alla risposta arguta e scaltra. E’ difficile passare nelle vicinanze del cuoco o lasciarlo accostare a meno d’un metro senza ritrovare le sue grandi mani sempre sporche di sugo, di carne, di cipolla incollate a un seno o al sedere. Le donne visibilmente s’oppongono, protestano palesemente, lo chiamano maiale, eppure sembrano attirate e polarizzate da quell’uomo come se fosse una calamita. Lui le fa ridere tutto il giorno, perché afferra una salsiccia, se la chiude nel palmo della mano, poi la fa spuntare fra il pollice e l’indice e se l’infila in bocca, oppure prende un’arancia, ne taglia con il coltello uno spicchio e con il dito inizia a percorrere il solco così creato facendone colare il succo. Alcuni di questi scherzi piacciono talmente alle due ausiliarie, che pur di vederglieli fare gli concedono qualche palpata supplementare. Con Bruna l’uomo non è mai andato oltre alle battute, ma la ragazza sa che non ci metterà molto ad allungare irreparabilmente le mani anche su di lei, perché quel lascivo pensiero le mette in moto una bizzarra e insolita sensazione che la turba. Stesa sul letto, infatti, Bruna immagina che un giorno le due cuoche d’intesa decidano d’immobilizzarla contro il tavolo della cucina, mentre l’uomo le farebbe il solletico, poi di colpo il solletico cede il posto a un’esplorazione famelica e smodata del suo corpo, in tutti i punti che le donne suggeriscono alla fantasia e alle voglie dell’uomo. 

Bruna sennonché si dimena, protesta, tuttavia non fa nulla in realtà per sottrarsi alle mani invadenti del cuoco che soppesano tastando i suoi piccoli seni, frugano sotto la gonna, raggiungono il bordo delle mutandine, stringendo fra le dita e pizzicando oltre la stoffa leggera le labbra ingrossate del suo giovane sesso. Bruna è accaldata e s’accorge quasi con sorpresa che le sue dita ripetono sotto la camicia da notte i giochi immaginari e inesistenti del cuoco, la punta del suo dito indice percorre il solco fra le labbra umide della sua pelosissima fica, le dischiude, risale verso il bottone gonfio di desiderio del clitoride. Lei ha bisogno di fare la pipì, con un sospiro la ragazza s’alza, esce dalla stanza senza fare rumore nel lungo corridoio di marmo e raggiunge il bagno. Dalle scale in fondo al corridoio, insieme con una tenue luce giungono dei suoni confusi delle voci sommesse, Bruna s’avvia con circospezione verso le scale: chi ci sarà mai laggiù in quell’ala deserta dell’ultimo piano? Il capriccio e il piacere del mistero assieme le regalano uno strano brivido e la sua innata curiosità la spinge fino in fondo al corridoio, dal bordo delle scale s’accorge per la prima volta che è possibile vedere l’interno d’una stanza attraverso la finestrella che s’apre proprio sopra la porta, e a ben vedere in quella stanza generalmente disabitata e chiusa a chiave attualmente c’è qualcuno. Il cuore di Bruna batte forte, la ragazza si sposta cambiando prospettiva, s’appoggia al passamano e s’abbassa lentamente fino a sedersi su d’uno degli ultimi gradini, perché ciò che finalmente vede la lascia per un attimo incredula facendola arrossire, sì, perché su d’una poltrona avvolto in una vestaglia scura c’è un uomo che Bruna conosce piuttosto bene: è il padrone dell’albergo. Inginocchiato lì ai suoi piedi c’è un ragazzo a torso nudo che volta le spalle alla porta, in quanto la posizione delle sue braccia e i movimenti della testa non lasciano alcun dubbio su ciò che sta avvenendo. Bruna s’immagina senza però vederlo il cazzo del vecchio padrone sbucare dalla vestaglia per immergersi nella bocca del giovane che Bruna crede di riconoscere, dal momento che è uno dei figli del portiere, un ragazzo che spesso dà una mano come cameriere all’occorrenza. L’uomo di tanto in tanto dice qualcosa d’indecifrabile, ride, stringe fra le mani la testa bionda del ragazzo. In quell’istante le ginocchia di Bruna si dischiudono e la sua mano s’incolla sulla fica, adesso il ragazzo ha alzato la testa, si è accovacciato sui talloni e Bruna può distinguere il risultato del suo abile e sapiente lavoro, perché tra le dita il giovane stringe un cazzo che appare incredibilmente duro e grande, certo ben diverso da come avrebbe supposto d’essere il sesso d’un uomo di quell’età.

Le dita del cameriere stringono quell’asta di carne alla base, risalgono verso la cappella lucida e rigonfia, la strofinano, tornano a ridiscendere tirando verso il basso la pelle liscia e sensibile, Bruna geme, nel frattempo stringe forte la sua mano contro il proprio ventre, poi un dolore acuto e insopportabile la coglie di sorpresa costringendola ad alzarsi in piedi fra le lacrime, perché là a testa bassa implorante vede una lunga gonna con due scarpe appuntite, malgrado ciò riconosce la voce della donna che le torce l’orecchio chiamandola piccola curiosa e sporcacciona: è la direttrice dell’albergo che l’ha scoperta in toto. Un istante dopo seguendo l’orecchio che la donna sembra volerle strappare, Bruna si ritrova in ginocchio sopra un tappeto nel bel mezzo della stanza in fondo alle scale. Sprofondato nella poltrona con il cazzo ancora eretto sotto il nodo della vestaglia socchiusa, il vecchio padrone giace la guardandola con un’aria sorpresa e certo stizzita, fa rapidamente un cenno al giovanotto che s’alza in piedi arretrando di qualche passo e scuotendo la testa l’uomo s’avvicina alla direttrice, che finalmente ha liberato Bruna dalla dolorosa presa:

‘Signore, l’ho sorpresa qui sopra che vi spiava. Si stava toccando impudicamente sulle scale, credo che abbia visto tutta la scena’ – gli spiega la direttrice, una donna alta e magra intorno ai quarant’anni d’età, acidula e criticona nei modi di fare, in quanto ha sempre dimostrato nei confronti di Bruna un’asprezza e una severità esagerata, mescolato a un ambiguo, bizzarro e per di più controverso atteggiamento materno. L’uomo annuisce, rimane per qualche istante in silenzio, per un tempo che sembra a Bruna interminabile fissando il tappeto con gli occhi pieni di lacrime:

‘Brava, a questo punto dovrò dunque rispedirti all’orfanotrofio spiegando che t’abbiamo sorpreso a spiare i clienti per di più masturbandoti’ – esordisce infine il padrone con un tono che non promette niente di buono.

Bruna comincia a supplicare con un filo di voce ammettendo la sua scorrettezza tentando di discolparsi, in quanto la prospettiva di tornare in quel luogo di fame, di patimenti e di sevizie d’ogni sorta l’atterrisce terrorizzandola oltremisura, perché il vecchio padrone questo lo sa bene. L’uomo si mette a camminare nervosamente per la stanza, fermandosi a un certo punto davanti a una parete da cui pende un frustino da equitazione, l’uomo lo afferra con dei gesti calcolati e lenti, poi volgendosi verso la ragazza che frattanto non osa sollevare gli occhi dal tappeto la esorta esponendole in modo amichevole:

‘Naturalmente, se lo preferisci, potremmo anche sistemare tutto fra di noi, in cambio d’una piccola ma direi lieve meritata punizione, poi ritorneremo amici come prima’.

E’ solamente allora che Bruna scorge il frustino, la ragazza ha paura, si vergogna mortificandosi considerevolmente per il modo in cui si è fatta sorprendere, eppure non le restano grandi possibilità di scelta, trova sennonché la forza d’annuire senz’alzare la testa, il vecchio padrone s’avvicina con la punta del frustino e le tocca il mento facendole alzare gli occhi:

‘Sei proprio adorabile, lo sapevo, anche se delle volte sei molto curiosa e impertinente’ – ammette lui con un velo sottinteso di lussuria e di celata voluttà.

La punta del piccolo frustino di cuoio scende lungo il collo di Bruna, segue la curva dolce d’un seno, si sofferma sul capezzolo che tende la stoffa ruvida della camicia da notte, e nonostante la paura Bruna avverte la punta del seno gonfiarsi fino a sembrare di voler bucare la stoffa che lo ricopre. L’uomo se ne accorge ed emette un mugolio divertito, fa roteare fra le dita il frustino impugnandolo a metà dell’asta e puntando verso Bruna quell’impugnatura rigida fabbricata d’osso. Il manico del frustino scivola verso il basso, segue il solco fra i seni, s’insinua fra la stoffa e la pelle, sotto il bottoncino che chiude lo scollo della camicia. Una piccola pressione e il bottoncino salta, Bruna sente l’impugnatura liscia del frustino scivolare sotto la stoffa, scostarla offrendo allo sguardo eccitato dell’uomo la vista d’una piccola rotondità rosa, orgogliosamente alta e sormontata da un capezzolo lungo e scuro. Nella penombra della stanza, dietro all’uomo, la direttrice e il giovane cameriere si godono lo spettacolo con gli occhi incollati su quel seno che la carezza del frustino fa fremere come un animaletto impaurito, perché quella liscia impugnatura riprende la sua esplorazione verso il basso, raggiunge l’inguine, fa aderire la camicia da notte all’interno delle cosce rivelando la forma precisa del pube, poi con decisione spinge dal basso contro la fica pelosissima della ragazza, quasi nel volerla penetrare in tal modo. Bruna è spaventata, eppure quella pressione le fa dischiudere la bocca e un gemito che non è di paura le sfugge dalla gola. La rotondità levigata dell’impugnatura spinge la stoffa delle mutandine fra le labbra umide della fica, le dischiude e ne segue il rigonfiamento, poi il frustino torna a scendere, s’insinua sotto il bordo della camicia da notte, risale verso l’alto scoprendo le ginocchia, le lunghe cosce affusolate e le minuscole mutandine bianche. Bruna sente gli sguardi brucianti incollati a quel pezzetto di stoffa, troppo esiguo e leggero per non lasciar trasparire quel pelosissimo triangolo di peli ricci e scuri che ricoprono il suo pube:

‘Siediti’ – le ordina il padrone, lasciando ricadere la camicia da notte e indicandole con il frustino una sedia, che la direttrice s’affretta a sistemare al centro della stanza di fronte all’uomo. Bruna si siede in maniera mite e obbediente con la schiena dritta e con le ginocchia ben serrate, dal momento che ha l’aria d’una scolaretta seduta nella prima fila del coro. Al presente si domanda contro ogni probabilità se la sua umiliazione non sia per caso finita e la sua speranza rende tanto più bruciante la richiesta, che come da un pianeta lontano la ragazza sente giungere all’improvviso, cruda, inclemente e inaspettata dalle labbra dell’uomo.

‘Adesso fa’ da brava, perché ci farai vedere quello che stavi facendo sulle scale, perché sarà un vero piacere per noi poterti ammirare nel tuo intimo splendore’.

Bruna si sente mancare, le pare di vivere un sogno assurdo, illogico e paradossale che finirà da un momento all’altro: l’uomo sta certo scherzando, vuole soltanto spaventarla, in quanto non possono davvero pretendere che lei esegua i loro capricci lì davanti, scuote la testa e con un filo di voce sussurra:

‘Questo no, la prego, questo non posso farlo. Prometto che non succederà mai più, mi comporterò bene, però mi lasci andare adesso, la scongiuro’. 

Il padrone fa una smorfia di disappunto, leggermente contrariato si rivolge verso la direttrice come per cercare una qualche soluzione all’inaspettato e inatteso rifiuto della ragazza:

‘E’ un po’ ostinata, però posso provare a convincerla se lei è d’accordo’ – osserva la donna in maniera avveduta.

Il padrone china la testa da un lato e la direttrice interpretando quel gesto come un segno di consenso si porta alle spalle di Bruna. La ragazza attualmente è seduta, giacché non può vederla, eppure avverte le sue dita posarsi sulle spalle e scendere lentamente lungo le braccia facendo scivolare fino ai gomiti la camicia da notte. Le mani a forma di coppa si chiudono sui piccoli seni, li sollevano e li stringono l’uno contro l’altro, Bruna sospira e trattiene il respiro. La donna agguanta delicatamente fra il pollice e l’indice le punte scure dei seni, le sfrega solleticandole abilmente, poi di colpo le sue dita si serrano sui capezzoli rigonfi torcendoli con un’inaspettata brutalità. Con il viso bagnato di lacrime Bruna s’incolla contro la sedia gemendo, fino a quando le dita della direttrice non mollano quella stretta amara e dolorosa, intanto che il padrone allarga le braccia con un gesto di palese sconforto:

‘Credo che alla signora direttrice piaccia molto pizzicare i tuoi capezzoli. Lei crede che le punizioni dolorose si ricordino meglio, però tu non vuoi che lei si occupi del tuo castigo, non è vero?’.

Bruna scuote la testa tenendo gli occhi bassi e l’uomo continua, invitante e suadente:

‘Allora su, da brava, ti conviene ascoltarci. Lo sai che cosa devi fare. Vedi, noi siamo curiosi’.

Il vecchio padrone si fa più vicino, poiché la sua eccitazione è del tutto evidente, il cazzo di nuovo duro tende la stoffa della vestaglia e Bruna rivede la scena spiata attimi prima dalle scale, lentamente solleva la camicetta scoprendo il grembo:

‘Togliti le mutandine’ – le ordina l’uomo, Bruna obbedisce, accomodante e docile com’è, poi senza che l’uomo debba dirle più nulla come in un sogno in cui è spettatrice più che protagonista, la ragazza socchiude gli occhi e divarica lentamente le ginocchia lasciando che i presenti si appaghino deliziandosi convenientemente di quello spettacolo improvviso e indiscreto. 

Le guance infuocate, la testa china a spiare se stessa Bruna inizia a masturbarsi, si tocca con entrambe le mani aprendo le labbra umide, stimolando il clitoride e penetrandosi con un dito, nella stanza attualmente non si sente nient’altro tranne che il suo respiro, giacché diventa sempre più rapido:

‘Sei proprio una bella porcellina, se ti lascio fare ho l’idea che vieni subito. Adesso faremo un gioco e vedrai che ti piacerà’ – mugola il padrone alquanto euforico per l’occorrenza. La fa sollevare, le sfila del tutto la camicia da notte che scivola per terra guidando la ragazza verso la scrivania, la mette di spalle e appoggiandole le mani sulle spalle le impone di chinarsi con i gomiti con la testa appoggiata al ripiano del tavolo:

‘Ecco, sì, rimani china così, perché hai un bel sedere’ – commenta divertito e manifestamente soddisfatto il vecchio padrone, accarezzandole le natiche e sfiorandole con la punta del dito le labbra gonfie che quella posizione assunta mette in mostra indecentemente.

‘La signora direttrice e Georges adesso verranno qui accanto a me, a turno suoneremo il campanello e tu dovrai indovinare chi è stato. E’ facile, no? Alla decima risposta esatta il gioco finisce e tu potrai ritornare nella tua stanza, ma se sbagli per tre volte di seguito pagherai un pegno. Mi raccomando però: non devi spiare come fai tu di solito, perché altrimenti non vale e si ricomincia da capo. Sei pronta Bruna? Chi vuole iniziare?’.

Senza tuttavia dare ai compagni di gioco il tempo di farsi avanti, l’uomo inizia a percorrere con la punta del dito il solco fra le labbra umide e trovata la calda apertura della fica immergendolo lentamente. La direttrice ridendo agita allora un campanellino facendolo squillare più volte, mentre l’uomo tenendo fermo il dito ben conficcato nella carne fremente di Bruna chiede:

‘Allora piccina, chi credi che sia di noi tre il briccone che ha suonato al tuo cancello?’. Il cuore di Bruna batte forte.

‘La direttrice?’ – tenta in maniera incerta d’azzeccare la risposta, mentre sente i tre individui ridere divertiti.

‘Eh no, protesta l’uomo, questa volta hai sbagliato, eppure era semplice: non hai davvero riconosciuto il mio dito sul tuo bel campanello? Riproviamo ancora, vuoi?’.

Questa volta anche se Bruna non lo sa è il turno della direttrice, perché passato senza far rumore il campanello al padrone la donna indica al cameriere un vasetto collocato su d’una mensola, se lo fa passare, lo dischiude e ne trae una punta di crema densa e trasparente, perché con l’indice e il pollice dell’altra mano dischiude le natiche sode della ragazza scoprendo il buchino inviolato e stretto, ci gioca per qualche istante depositandovi un po’ di crema, poi con decisione spinge due dita in fondo al sedere. Il padrone adesso fa squillare il campanello che accompagna con il suo tintinnio il gemito prolungato di Bruna, poiché è sempre il padrone a guidare il gioco.

‘Oh, chi è adesso che suona alla porticina per la servitù? Ce lo sai dire Bruna, chi è che ha suonato?’.

La ragazza certa che si tratti ancora dell’uomo sbaglia nuovamente. Adesso è il turno del cameriere: il ragazzo raccoglie da terra il frustino, ne immerge l’impugnatura nel vasetto che la direttrice gli porge e se ne serve per violare ancora una volta il più stretto degli orifizi che la posizione di Bruna offre ai tre giocatori. Bruna geme forte, perché l’oggetto duro e liscio che forza il suo buchino tendendo le pareti del sedere le trasmettono un’inconsueta sensazione di piacere misto al dolore, dopo quando il giovane inizia a muovere il frustino facendolo scivolare dentro e fuori, la ragazza inizia a dimenare il sedere senza ritegno, generando e suscitando l’ilarità dei presenti:

‘E’ molto duro, vero?’ – chiede la direttrice ridendo. Bruna non risponde, tuttavia continua a mugolare e muove la testa appoggiata al piano del tavolo annuendo:

‘Non riesci a indovinare chi è? Non è difficile’ – insiste la donna’.

‘Georges?’ – azzarda la ragazza con un filo di voce. Alle sue spalle i tre ridono, battono le mani, fanno commenti sulla virilità del giovane cameriere:

‘Non era esattamente Georges, mi dispiace Bruna’ – dice il padrone.

‘Non ricordi il frustino di prima? Te l’avevamo detto che giocava anche lui, vero? O ce ne siamo dimenticati? Comunque hai sbagliato per la terza volta e devi quindi pagare un pegno e quest’ultimo sarà la direttrice a deciderlo’.

La donna accetta con un sorriso di piacere il compito assegnatole, sorridendo si sfila con gesti essenziali la camicetta bianca e la lunga gonna, cosciente dell’effetto che il suo corpo bianco e maturo ha sui due uomini. Al momento lei non indossa le mutandine né il reggiseno, giacché al vecchio padrone piace toccarla nei luoghi e nei momenti più imprevisti: quando l’incontra in ascensore, per esempio, o quando vuole dimostrare a qualche cliente speciale le doti segrete accompagnato dall’obbedienza della sua preziosa collaboratrice, perché in quei frangenti indossa solamente un paio di calze velate, sorrette da un reggicalze di pizzo nero che ne esalti pienamente il colore bianco della sua pelle, infine lentamente voltando la schiena agli uomini, la donna si distende sull’ampio tappeto persiano con le ginocchia sollevate e le braccia tese verso la ragazza:

‘Vieni qua, perché voglio leccarti la fica fino a farti impazzire e voglio sentire la tua lingua dentro di me’.

Bruna ha il capogiro, la stanza ruota intorno a lei come in un sogno e come in un inedito miraggio la ragazza s’alza dal tavolo, si porta dietro la donna che stesa sul pavimento l’invita, lentamente s’inginocchia sopra di lei accostando il grembo alla lingua vogliosa che la donna sporge, infine quando la punta di quella lingua incontra le labbra già bagnate dei fluidi del suo piccolo sesso, Bruna si lascia cadere sulla donna e gemendo si mette a succhiare il clitoride gonfio che le dita tremanti offrono alla sua bocca. Bruna percepisce la lingua della sua amante penetrarla, frugarle il solco fra le natiche, insinuarsi nel buchino del sedere, poi mentre la donna continua a leccarla Bruna contraccambia al meglio quel bacio, giacché le dita della direttrice dischiudono le labbra di quel giovane sesso, scoprendone l’umido accesso e senza smettere di leccarla la donna geme:

‘Vieni Georges, adesso è tua. Prendila così, perché voglio vederti bene mentre te la scopi’.

‘Sì, ragazzo, dai scopatela’ – ripete l’albergatore accalorato e animato più che mai.

‘Quando eiaculi, ricordati che devi metterglielo in bocca a quella troia della tua direttrice e fartelo succhiare fino all’ultima goccia’.

Il ragazzo non si fa pregare e sfilati in fretta i calzoni s’inginocchia alle spalle di Bruna ricoprendola con il suo corpo muscoloso e affondando il volto fra i lunghi capelli profumati. Le dita della direttrice si sigillano sull’asta di carne che il giovane spinge contro la pelosissima e nera fica di Bruna, stringono forte alla base del cazzo massaggiando le palle, poi guidano la cappella gonfia e lucida nell’umida intimità della ragazza. Bruna sente il cazzo introdursi prepotentemente nella sua stretta fica, dilatarne le pareti e conficcarsi profondamente in lei, Bruna strepita di piacere senza smettere di leccare la donna, la direttrice ansimando frasi rotte, incomprensibili e scurrili continua a stringere fra le dita la base del cazzo, che a pochi centimetri da lei pompa con forza la ragazzina.

La donna beve ingordamente il fluido che cola fra le labbra dischiuse della fica, infila un dito nel sedere del ragazzo, lecca e accarezza le palle che s’agitano sopra di lei, ma tutto questo per il vecchio padrone è troppo, perché con la vestaglia aperta e con la verga enorme stretta in una mano l’uomo pone le sue ginocchia fra quelle del cameriere e afferrandolo per le reni affonda il cazzo teso fino a scoppiare nel sedere del giovane, trovando in breve il suo stesso ritmo. Bruna senza vederlo sa ciò che sta accadendo: lo capisce dai gemiti confusi e dalle poche parole dei tre che riesce ad afferrare, giacché le sembra che i due uomini l’agguantino insieme, i loro cazzi uno dentro all’altro, così come certe bambole russe che la facevano sognare da bambina, sì, li vuole, li vuole così.

Bruna viene ridendo mentre si sente d’improvviso da sola, orfana, quando il ragazzo sulla soglia dell’orgasmo si ritira rapidamente per infilare la cappella nella bocca, che sotto di lui lo aspetta con la bocca dischiusa e accogliente, pronta per ricevere quel gustoso e denso sperma che all’istante zampilla lavandole inevitabilmente il viso.

Bruna sa in modo categorico, che d’ora in poi la sua vita in quell’albergo prenderà un’altra piega, sarà differente, in quanto le occasioni e i pretesti per essere nuovamente percossa e punita fortunatamente non le mancheranno più di certo.  

{Idraulico anno 1999}  

Leave a Reply