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Erotici Racconti

Zitta, zitta

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Sogni e nel sogno sorridi.
Fa caldo, la finestra &egrave aperta e sopraggiungono i rumori della notte a
sovrapporsi alle sue parole. Un lontano latrare di cani litigiosi, un gallo
impazzito, auto che sfrecciano a velocità elevata.
I rumori si fanno strada pian piano, diventano sempre più reali. Prima si sovrappongono al sogno, cercando di fondersi con le sue immagini, poi prendono il posto di ciò che il tuo subconscio stava creando.
Cominci ad avvertire l’odore nauseante della scatola di biscotti che hai sul comodino.
Il sogno si fa sempre più confuso, i suoi contorni più vaghi. La sensazione di benessere vacilla, poi scompare, lasciando il posto a quella di allarme.
Apri gli occhi di scatto, come se un lampo avesse squarciato improvvisamente il buio della stanza.
Cerchi d’istinto il cellulare e lo individui grazie al led verde lampeggiante.
Non ha chiamato.
Fai scivolare giù il flip, una breve sequenza di tasti e la solita voce
“Omnitel, stiamo trasferendo la sua chiamata alla segre…”
Ti accasci sul letto, imponendo al tuo corpo e alla tua mente una calma che non provi. Soffochi il coro di mille pensieri che cominciano ad agitarsi, onde pronte a strapparti via dallo scoglio a cui sei aggrappata.
Zitta. Zitta. Non pensare.
Che ore sono lì? Un rapido calcolo, le nebbie del sonno si diradano
velocemente. Dov’&egrave?
Lo immagini disperato, preoccupato, sorridente, a cena con i colleghi,
magari sul punto di staccare tutto e chiamarti.
Zitta. Zitta. Non farlo, non pensare.
Dormi e il tempo passerà più velocemente.
Lo stomaco si ribella. Sete. Caldo. Sensazione di soffocare. Angoscia.
I latrati si fanno più vicini, il gallo ha deciso di essere la tua nemesi e
l’alba &egrave ancora lontana.
Cedi, accendi il computer.
La luce del monitor illumina solo il tuo viso, quasi abbagliante, ma non riesce a rischiarare la stanza e gli oggetti, normalmente familiari,
assumono un aspetto inquietante, minaccioso.
Da bambina la tua fervida fantasia li trasformava in mostri dormienti e la sedia con i vestiti del giorno prima appoggiati sulla spalliera era il più terribile di tutti. I suoi contorni irregolari, indefiniti sembravano
ingigantirsi davanti ai tuoi occhi spalancati, fino ad inghiottirti.
Ma se li chiudevi e ti abbandonavi al sonno, quelle creature figlie della
notte sparivano, come per incanto.
Sei grande ora, preda di altri mostri che non si fanno abbindolare
facilmente.
Cominci a scrivere, la tastiera &egrave silenziosa e non rivela ad altri la tua
insonnia.
Hai sempre invidiato il suo non essere schiavo del sonno, quella capacità di lavorare tutta la notte.
Tu che dicevi di aver bisogno delle tue otto ore per essere lucida, del tuo sonno di bellezza. Ti chiamava dormigliona, affettuosamente, scompigliandoti i capelli.
Lo stomaco brucia. Cosa stavi sognando?
Zitta. Zitta. Concentrati, lavora.
Ma l’articolo perde presto importanza, sbiadisce, ondeggia mentre le lettere cominciano a cadere giù, sulla barra dei comandi.
Prima le “A”.
Le hai sempre detestate. Loro, prime nell’alfabeto, prime tra le vocali, in seguito l’iniziale del suo nome. La lettera che campeggiava sul tuo display, solitaria, quando lui ti chiamava.
Poi le “I”, una sottile e fitta pioggia che attraversa lo schermo, ma non fa in tempo a bagnarlo perch&egrave il caldo la fa presto evaporare.
Cadono le “U”, cacofonici e incompleti fiocchi di neve che ti hanno sempre affascinata, sollecitando il tuo istinto protettivo verso di loro, ultime vocali, bistrattate dal dizionario.
Precipitano tintinnanti le “T”, sbilenche, incastrandosi l’una nell’altra a
formare strani disegni geometrici.
Osservi quell’ecatombe di lettere che ha mutilato le parole sullo schermo, mentre l’angoscia serpeggia lungo la tua schiena, fino a diventare un peso che ti schiaccia al suolo.
Un virus, dev’essere un virus.
Zitta. Zitta.
Smettila e torna a letto, non sei mai stata capace di studiare n&egrave di
lavorare di notte.
Di notte i tuoi pensieri vanno per la loro strada, a briglia sciolta.
Piccoli zingari dispettosi.
La mente apre i suoi cancelli ai neuroni in fuga, anarchici e indipendenti.
Cosa stavi sognando, perch&egrave sorridevi?
Torna a letto, chiudi gli occhi. Riafferra quella sensazione di benessere
che, ormai, puoi trovare solo nei sogni.

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