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Racconti Erotici Etero

127 – La confessione di “Esse”

By 10 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019One Comment

Avevo ventotto anni e cinque anni prima ero partita dalla mia città per trovare lavoro in una importante metropoli del nord ovest dell’Italia. Trovai dunque impiego come responsabile dell’ufficio estero in una grande azienda del settore automobilistico. Il mio compagno Francesco, laureato in ingegneria, si era arruolato nell’esercito italiano con il grado di sottotenente. Così lui spesso veniva trasferito ed io vivevo per lo più da sola, spersa in quella grande città del nord.
Dal momento della mia assunzione, trascorsero cinque lunghi anni, fatti di incontri settimanali e anche quindicinali, con Francesco. Lui arrivava il sabato mattina e se ne andava la domenica pomeriggio.
Dentro a quello spazio di tempo, consumavamo i nostri rapporti d’amore, in modo alquanto frenetico, con l’intenzione reciproca di recuperare il tempo perduto. Certo che io durante la settimana di astinenza subivo pressioni esterne da questo o quell’altro che sapendomi sola, cercavano di approfittare per abbordarmi e naturalmente per portarmi a letto. Insomma, forse io ce l’avevo proprio scritto in faccia che a partire dal martedì avevo una voglia pazzesca di scopare!! Durò quindi cinque anni questa estenuante e frustrante tortura, poi finalmente Francesco riuscì a congedarsi dall’esercito senza pagare le pesanti penali previste per chi si congeda anticipatamente e così da lì a poco lui trovò un lavoro importante in Friuli, patria di entrambi noi, io mi dimisi dal posto di lavoro e dopo il regolare preavviso partii con il mio amore per la nostra ‘patria’ natia.
Adesso però vorrei iniziare da cinque anni prima. Come ho già scritto in precedenza, venni assunta in questa azienda e il primo giorno di lavoro, io mi presentai sul posto di lavoro e uno dei titolari mi condusse nell’ufficio a me destinato. Assieme a me una ragazza alta, un po’ robustina, simpatica e cordiale. Io, mi chiamo ‘S’a’ e fisicamente sono magra, ma con le giuste forme al loro posto, biondina con i capelli corti, un bel culetto e anche delle gradevoli gambe. Occhi chiari e visino molto femminile.
Durante quel mio primo giorno di lavoro, mi presentarono e si presentarono la quasi totalità degli altri dipendenti. Uno di questi fu ‘S’o’ , lui, a metà mattinata, scese dal primo piano, vidi davanti a me un uomo sui quaranta, pelato, alto oltre il metro e ottanta, ben piantato, un bel viso, sorridente e a sua volta molto gioviale. Ecco, voi consideratemi pure una maialina, ma di quell’uomo, io notai subitamente la forma del suo grosso e lungo pene. Indossava dei jeans azzurro chiaro che diventavano quasi bianchi nel punto saliente. Con il trascorrere del tempo, entrando in confidenza con le ragazze del magazzino e delle officine, compresi che tutte erano curiose di sapere se quel rigonfiamento così prepotente, era una semplice imbottitura oppure se era realmente il suo importante cazzo. Alcune, studiarono un piano e incaricarono una di loro di ‘toccare con mano’ magari fingendo un ché di accidentale o assolutamente involontario e casuale. Successe quindi che la ragazza tettona di nome ‘D’a’ vedendo arrivare il nostro uomo finse di inciampare e appoggiò la mano sul pene di ‘S’o’ . Naturalmente si scusò immediatamente ma purtroppo il contatto fu troppo rapido e lei non ebbe modo di constatare se era un pene vero oppure no. Poi, un pomeriggio, una donna, già piuttosto anziana di nome ‘A’.a’ ci disse che avrebbe risolto lei l’annoso problema. Quando vidi scendere dal suo ufficio ‘S’o’ mi precipitai in magazzino per assistere alla scena. Lui, che era il responsabile agli acquisti, le si avvicinò per motivi di lavoro e lei senza alcun motivo glielo toccò pizzicandolo tra il pollice, l’indice e il medio, proprio sulla punta. Lui la guardò con aria interrogativa, incredibilmente sorpreso, le chiese cosa cazzo stesse facendo e lei gli sorrise dicendogli che stava solo scherzando. Per farla breve quella cosa che si vedeva dentro ai suoi jeans non era affatto una imbottitura ma era certamente un gran bel cazzo!!
Ho alcuni ricordi di quanto io in quegli anni, mi industriassi per provocarlo, per vederglielo diventare duro dentro ai pantaloni e devo dire che alcune volte ci sono anche riuscita.
Ad esempio, una volta che dovevo fare un lavoro su al primo piano, mi sedetti alla scrivania di fronte alla sua e quindi al tavolo del pc. La scrivania, davanti aveva una copertura e lui non poteva vedere nulla ma il tavolino del pc era tranquillamente aperto e allora, io che indossavo sempre vestitini leggeri e molto corti, fingendo di non sapere che lui mi poteva vedere, tenni le cosce spalancate mostrandogli le mie ridottissime mutandine che celavano a malapena la mia tenera intimità. Sempre in quella occasione, lo provocai ulteriormente lasciando cadere una manina distratta fra le gambe e sfiorandomi la fighetta, scostai un po’ il perizoma.
Lo vidi alzarsi in piedi, il cilindro che si espandeva sulla sua destra, una mazza incredibile, che voglia quella volta di seguirlo in bagno dove lui sicuramente eccitato stava andando per masturbarsi.
Nacque comunque tra di noi, anche un fortissimo legame di vera e leale amicizia. Io gli piacevo e lui, per quella sua magnifica esuberanza piaceva a me, ma lui purtroppo fin quasi alla fine mi considerò solo e sempre una grande amica e una collega di lavoro.
Con il nascere dell’amicizia io spesso mi confidai con lui, per i problemi più disparati, compresi quelli che riguardavano la coppia formata da me e da Francesco. Gli parlai della lontananza, della mancanza di rapporti, delle dimensioni del pisellotto del mio compagno, di tantissime cose anche molto intime e personali. Assieme al mio amico e collega, trascorsi giornate e serate indimenticabili, specie durante le fiere all’estero, dove regnò l’amicizia, lui mi ricordo che una volta, a Parigi, in boulevard Sebastopol, si tolse la giacca e per ripararmi dal freddo, mi abbracciò attirandomi a se e camminammo a lungo abbracciati. Insomma le occasioni non mancarono, io lontana da Francesco e lui lontano dalla moglie, avremmo potuto fare l’amore un sacco di volte. Io ci provavo a fargli capire qualcosa ma lui, pur confessandomi la sua ammirazione, forse per rispettare l’amicizia, non volle mai tentare qualcosa che andasse oltre ad uno stretto abbraccio o ad un ammiccamento significativo.
Arrivò così il penultimo giorno di lavoro, a pranzo portai i pasticcini, delle bibite e dello spumante, i colleghi mi consegnarono un loro regalo e tutti assieme brindammo alle mie esperienze lavorative future. Salutai uno per uno tutti gli altri e lasciai per ultimo il mio amico e collega ‘S’o’ . Dissi davanti a tutti che ‘dulcis in fundo’ salutavo il grande ‘S’o’ . Lo abbracciai strettissimo, e lui mi accolse tra le sue possenti braccia in modo altrettanto affettuoso. Comparvero anche le lacrime e restammo abbracciati a lungo. Quando ci sciogliemmo da quell’abbraccio, la sala mensa era ormai vuota. Il giorno seguente, io avrei lavorato solo fino a mezzogiorno, poi con il permesso dei titolari sarei partita per nuovi lidi.
Mi ricordo che alle nove di quella mattina, salii al primo piano, nell’ufficio di ‘lui’ per fare delle fotocopie. Indossavo un vestito rosso come sempre molto corto, voltavo le spalle a ‘S’o’ che se ne stava seduto alla sua scrivania, sbagliai la prima fotocopia e la appallottolai buttandola nel cestino che stava alla sinistra della fotocopiatrice. Ero in effetti una scarsissima cestista e la pallina di carta uscì fuori dal cestino. Apposta, ci tengo a ribadire apposta, mi chinai a gambe tese per raccogliere la carta accartocciata, consapevole che il vestito sarebbe salito fin oltre le mie natiche. Rimasi in quella posizione qualche secondo in più del dovuto e quando mi sollevai percepii dietro di me la sua presenza. Mi abbracciò da dietro, le sua mani vigorose sulle mie tette. Imprigionata da quella maschia stretta, voltai solo il viso e trovai le sue labbra che si poggiarono ansiose e febbrili sulle mie. Dischiusi la bocca mentre lui mi lasciava momentaneamente libera, mi girai, lui mi strinse ancora contro di lui, sentivo la sua virilità premermi sullo stomaco, ci baciammo ancora, poi lui mi prese per mano e letteralmente mi trascinò in sala riunioni, chiuse dietro di noi la porta a chiave e mi sollevò facendomi sedere sul tavolo scuro, mi sfilò le mutande portandomi la figa oltre il bordo del tavolo, con una sola mano armeggiò con la zip e slacciò poi la cintura dei pantaloni, li lasciò cadere a terra, fece fuoriuscire lateralmente dalle mutande il suo magnifico obice e mi appoggiò la gigantesca cappella contro il mio piccolo buchino. Madre mia, che differenza tra il minuscolo pistolino di Francesco e il gigantesco cazzo di ‘S’o’ , non capii più nulla fin dal primo secondo, mi sussurrò che ero strettissima, gli dissi che stavo morendo, che mi piaceva troppo, lo pregai di non smettere mai, mi feci giurare che mi avrebbe raggiunta anche in capo al mondo. Mi fece venire un paio di volte, poi un attimo prima di riempirmi la figa con il suo seme, mi chiese conferma di una cosa che già sapeva da tempo, volle saper se prendevo sempre la pillola, gli risposi con un lunghissimo si e lui mi sborrò dentro un fiume di sperma caldo. Quando lo tolse mi mise la mano sopra per evitare che la discesa della sua filante sborra colasse sul tavolo macchiandolo.
Mi aiutò a pulirmi e si pulì il cazzo, quindi mi strinse e mi baciò con trasporto, mi confessò di amarmi da sempre e in quel momento gli dissi che anche io l’amavo fin dal primo giorno.
Vidi che si stava alzando i pantaloni, io velocemente mi abbassai e glielo presi in bocca, sentivo intanto che qualcuno lo stava cercando dentro al suo ufficio, me ne fregai e iniziai un pompino regale, cercando di usare tutti i metodi e le tecniche per farlo godere di più. Lui, ad un certo punto, mi prese per i capelli mi fece alzare in piedi, poi mi girò come se fossi un fuscello e mi fece appoggiare le tette al tavolo, mi accarezzò e mi sculacciò le chiappe, poi sentii il suo siluro sul mio minuscolo buchetto posteriore, con le dita mi spalmò un po’ di saliva fuori e dentro il culo poi me lo spinse dentro. Io già lo prendevo dal mio compagno nel sedere, ma il mio sfintere non era abituato a quel gigantesco cetriolo. Sforzò dolorosamente fin quando superò con la larga cappella l’anello del mio ano, spinse ancora e iniziò ad incularmi prepotentemente. Mi diceva sottovoce parole di fuoco, che avevo un gran culo, che me lo stava aprendo, che me lo sfondava, che mi avrebbe riempito l’intestino di sborra. Poi compresi dai suoi affondi sempre più ravvicinati, che stava per venire, portai le mani dietro e mi separai meglio le natiche e lui me lo ficcò dentro fino alle palle. Sentii che improvvisamente lo sfilava, prendendomi nuovamente per i capelli mi fece girare ed abbassare, il suo cazzo che ora aveva uno strano gusto amarognolo ancora in bocca, poi lui sborrò dapprima nel mio cavo orale e poi tirandolo fuori se lo menò fino a schizzarmi anche un po’ sul viso, lo leccai avidamente e poi mi alzai in piedi. Lui amava terminare una gara alla pari e così mi rifece sedere sul tavolo, mi sollevò le gambe in aria e insinuò la sua bocca a ventosa sul mio buco del culo e sulla mia fighetta allagata, poi si mise a leccarmi il grilletto, io, non fui capace di resistere troppo a lungo e a mia volta venni, bagnandogli copiosamente la bocca e il viso.
Uscimmo uno per volta dalla sala riunioni ed io scesi giù deviando direttamente verso i bagni mentre lui entrò subito nel suo che era adiacente alla camera del nostro peccato.
A mezzogiorno salii per salutarlo e purtroppo da lui c’era il titolare, lo abbracciai affettuosamente comunque e me ne andai. Sotto per la strada, prima di salire in macchina, guardai verso la sua finestra, lui era lì che mi salutava con la mano.
La morale è : Meglio tardi che mai!! Certo se fosse successo prima””..

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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