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Racconti Erotici Etero

Accadde a Mandeville

By 25 Ottobre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

E’ una storia vera, raccontatami a Mandeville, in Giamaica, dalla stessa Maline. Era commossa, Maline, mentre ricordava gli eventi, e non era facile seguirla nell’esposizione, perché a un discreto inglese alternava il ‘Patois’, la lingua locale, quasi esclusiva della gente di colore, la maggioranza.
Lei, prima, abitava in una casupola ancora più lontana dal centro, poi, subito dopo la nascita di Marcus, si era trasferita in un’abitazione migliore, grazie anche alle rimesse di Jonatan, il marito, che lavorava nelle miniere di bauxite.
Aveva diciotto anni, allora, e Marcus quasi due.
Maline riuscì ad avere un lavoro di guardarobiera al ristorante, quindi le cose andavano benino. Marcus cresceva forte e robusto, ben presto superò in altezza la madre che, in fondo raggiungeva appena il metro e sessantacinque.
Erano passati alcuni anni, da allora, e anche dall’avvenimento che le aveva sconvolto la vita.
Tremava, raccontandomelo, Maline, e ogni tanto mi guardava con i suoi occhioni velati dal pianto. Si alzò, andò a prendere una foto.
Mi voltava le spalle. Non era corpulenta, ma aveva fianchi sodi e, a giudicarla così, anche il seno doveva essere prosperoso. Aveva da poco superato i quaranta, e, nel suo genere, era una bella donna e benissimo conservata.
Tornò, mi mostrò la foto.
”Questo &egrave Marcus, nel giorno dei suoi diciotto. Vede di quanto mi supera almeno di venticinque centimetri. Era forte, vigoroso, e un gran bel ragazzo. Peccato che suo padre non lo abbia potuto vedere, era rimasto in miniera, sepolto dalla frana, tre anni prima. Gli feci una bella festa, anche perché tra la pensione di Jonatan e il mio guadagno, potevo fare anche qualche risparmio.
Marcus era bravo anche a scuola, e le ragazze non lo lasciavano in pace’
Le ragazze’ tutta colpa loro’ Queste giovani, prima eccitano il toro e poi’ cercano di scappare’ o forse fingono’ Perché fu così.”
Andò a sedere, di fronte a me, tenendo stretta la foto sul cuore.
”Probabilmente Marcus aveva bevuto un po’, e lui non era uso a farlo o’ Jane lo aveva stimolato e provocato oltre il punto di ‘non ritorno” ‘scosse la testa, desolatamente- ‘non so, ma ad un certo punto lei voleva ritrarsi, rifiutarsi’ eppure, come Marcus mi aveva confidato, lo avevano fatto tante volte’ insomma”’
Si alzò, andò a rimettere la foto sul mobile da dove l’aveva presa, tornò a sedere.
”Da noi le feste terminavano presto, ognuno tornava a casa sua.
Marcus mi disse che accompagnava Jane.
Tornò molto tardi, stranamente tardi, e andò subito al bagno e poi nella sua camera. Di solito origliava alla mia porta, se vedeva lo spiraglio di luce filtrare sotto l’uscio, e mi sussurrava la buona notte. Quella sera no.
Ora potevo riposare, Marcus era a casa.
L’indomani feci tutto con molta attenzione, per non svegliarlo con qualche rumore. Era domenica, poteva dormire quanto voleva. Di solito io andavo alla messa, ma preferii attendere, tanto c’era quella del pomeriggio.
Dopo un po’ un leggero bussare alla porta d’ingresso.
Era Jane, volto teso, indurito, labbra sottilissime, quasi esangui.
Entrò, andammo in cucina.
‘Come va, Jane?’
‘Come vuoi che vada dopo quello che m’ha fatto tuo figlio!’
La guardai stupefatta.
‘Cosa mai ha potuto farti, siete usciti insieme, vi tenevate per mano, ha detto che ti accompagnava”
‘Tuo figlio &egrave un bastardo’ non lo denuncio solo perché rimarrei marchiata per sempre”
‘Ma cosa dici?’
‘Dico che quel porco di Marcus mi ha presa per forza’ mi ha violentata”
Ero veramente sbalordita. Non potevo crederci.
‘Scusa’ma’ io credevo che tu e Marcus’ insomma tra voi c’era stata’ qualche cosa”
‘E questo che c’entra? Quando non voglio non voglio’ E’ stato un vero e proprio stupro, ed anche brutale’ Che dio lo maledica!’
Andò alla porta, uscì sbattendola.
Ero seduta, in cucina, senza fiato, basita, attonita, senza la forza di reagire. Ero rimasta così come m’ero alzata dal letto. Una semplice leggera vestaglietta di cotone, di quelle che si chiudono a libretto, sovrapponendo un lembo all’altro e tenendola con una cintura della stessa stoffa. L’avevo indossata dopo la doccia, rinviando a dopo di vestirmi normalmente.
Marcus apparve sulla porta, ancora un po’ insonnolito, imponente nell’aspetto, con addosso solo un paio di shorts. Era statuario, robusto, una vera bellezza maschile. Il viso era alquanto cupo, accigliato’
Mi guardò con un senso di insofferenza.
‘Cos’&egrave sto cavolo di rumore?’
Lo fissai, duramente.
‘Jane che &egrave andata via, sbattendo la porta”
‘Ah! E cosa voleva quella puttanella?’
‘Perché la chiami così?’
‘E come dovrei chiamarla!’
‘Mi sembrava che era un po’ la tua ragazza”
‘Non dire cretinate’ quella &egrave una che va con tutti”
‘E tu cosa le hai fatto, ieri sera?’
Alzò le spalle, infastidito.
‘Marcus, guardami negli occhi, cosa le hai fatto?’
Seguitò a tacere.
Mi alzai, gli andai di fronte, incollerita, furiosa, quell’atteggiamento, pur essendo la prima volta che lo riscontravo mio figlio, mi fece perdere la pazienza. E anche per me fu la prima volta che alzai una mano su di lui, e gli detti uno schiaffo.
Fu come gettare un cerino acceso in una pozza di benzina.
Gli occhi di Marcus si spalancarono, divennero cattivi, iniettati di sangue, mi guardò con astio, odio’. Mi afferrò un polso, stretto.
‘Vuoi davvero sapere cosa le ho fatto? Cosa le ho fatto? Tu che mi hai picchiato come fossi uno schiavo? Vuoi proprio saperlo?’
Annuii, con impeto..
‘OK, ma” ora te lo faccio vedere!’
Sempre tenendo stretto il mio polso, con l’altra mano tirò la cinta della vestaglia, la sciolse, spalancò la vestaglia’ Ero nuda’ nudissima’
‘Marcus, ma che fai, sei pazzo?’
I suoi occhi mi avevano esaminata dall’alto in basso.
Non disse nulla. Mi sollevò decisamente, avendo cura che non battessi nei mobili, si inginocchiò, mi depose per terra. Si alzò un po’, pose un piede sulla mia pancia, senza premere, seguitando a stringermi il polso. Con una mano fece cadere giù gli shorts. Ne sbucò il suo sesso, enorme, eretto come obelisco. Non sapevo se urlare o meno. Ma tanto nessuno mi avrebbe sentito.
‘Marcus’ ti prego’ cosa ti passa per la mente’ sono tua madre’.’
Aveva divaricato le mie gambe ed ora era tra esse, in ginocchio, col fallo svettante.
Mi guardò, con aria cattiva.
‘Sei una femmina, ma” servi a questo’ lo capisci?’
‘Marcus, non farlo’.’
Con entrambe le mani mi afferrò le mammelle, strinse i capezzoli, su chinò e voracemente si mise a succhiarne uno, con forza, a lungo’
Ero terrorizzata, ma nel contempo sentivo qualcosa che mi turbava sempre più’
Con l’altra mano era sceso in basso’ seguitava, con le ginocchia, a mantenere aperte le mie gambe’ ecco’ stava carezzando il folto cespuglio del mio pube’ seguitava’ ora aveva introdotto un dito tra le grandi labbra, trovò subito il clitoride’ quel disgraziato di clitoride che si erse non appena fu sfiorato’. No’ stava entrando nella mia vagina’ lo sentivo che andava bagnandosi, maledetta vagina’ ma cosa poteva fare’ era’ digiuna da tempo immemorabile’ la mano di Marcus si allontanò’ feci un sospiro’ troppo presto’ aveva afferrato il glande e, con risolutezza, lo aveva portato all’ingresso caldo e inerme della mia scivolosa vagina’
Con attenzione e lentezza esasperante lo affondò in me’ sentii che aveva raggiunto la cervice dell’utero’ oddio’ mi aveva dilatato’ ed ora titillava la parte più interna del mio sesso’
Aveva sempre le mani abbrancate alle mie tette, e con le dita tormentava i capezzoli.
Cominciò un andirivieni lento e cadenzato.
Cercavo di stare ferma, immobile, ma sentivo che l’interno del mio grembo si muoveva, palpitava, le pareti della vagina si contraevano’ inutile’ non potevo farci nulla’ e lui seguitava, impassibile, con foga crescente’ non mi ero accorta che le mie mani erano sul suo dorso atletico’ e il mio respiro era divenuto affannoso’ Marcus ci dava dentro sempre più potentemente, i suoi colpi mi facevano fare piccoli spostamenti, batteva sempre nel fondo della vagina’ oddio’ oddio’. Ma cosa mi accadeva’ stavo godendo’ sì’ stavo godendo’ e lui che seguitava’ sì’ pensavo dentro di me’ non fermarti’ sì’ così’ oddio’ che bello’ così’ ora gli graffiavo il dorso’ inarcavo la schiena’ tremavo’ sobbalzavo.. e lui’ con un roco rumore della gola’ dette un tremendo colpo di schiena, si fermò un istante, e poi mi invase col suo seme bollente’. Tanto seme’ mi aveva allagata’.
Giacque su me, esausto’
Respiravo a fatica’
Scossi la testa.
Nella mente una ridda di pensieri.
Che scopata, dio mio, che scopata, la più appagante della mia vita, ma come poteva essere, quello era Marcus, mio figlio, era in me, il suo sesso aveva invaso la parte di me dalla quale era nato’ dio mio’ e dire che avevo goduto’ come non mai”’
Maline mi guardò, come in trance.
”Capisce? Avevo goduto’.!
Marcus mi baciò forte, sulla bocca, mi dette una carezza sul volto, si alzò, indossò gli shorts, e così com’era, scalzo, infilò l’uscio di casa e andò via.
Non so quanto tempo restai distesa per terra, col seme di Marcus che colava dal mio sesso. Mi misi a sedere, poggiai braccia e testa sulle ginocchia.
Ma cosa era accaduto in Marcus, come aveva potuto’.
Riuscii, alla fine, ad alzarmi, a rassettarmi alla meglio, andare nel bagno.”
La guardai fissamente.
Le chiesi.
‘E Marcus, Maline, quando tornò?’
”Lo portarono la sera tardi, lo avevo atteso tutto il giorno.
Lo avevano ripescato nello stagno.
Sembrava che dormisse.
Venne il prete a benedirlo.
Il medico legale gli dette una rapida scorsa.
Al funerale pensò il prete, io non capivo nulla’
In chiesa c’era anche Jane, piangeva”’
Scuoteva la testa, senza parlare.
Ad un tratto, dall’altra camera si udì la voce di un bimbo.
‘Mamma!’
Maline si alzò.
”Il bambino s’&egrave svegliato. Vado a prenderlo.”
Dopo un po’ tornò tenendo per mano un bellissimo bambino di circa tre anni. Aveva un volto allegro.
Lo condusse dinanzi a me, che ero restato seduto.
”Questo &egrave Marcus. Mio figlio’ mio nipote’ E’ tutto quello che mi ha lasciato l’altro Marcus’.!”
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